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Autore: Matilde di Shabran    14/05/2014    1 recensioni
Un altro seguito di Tonight - L'incontro.
"Tonight, you're gonna know how much I miss you
And I miss you so"
Genere: Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Era stata brava.

Non aveva tradito emozioni.

Neanche una lacrima.

Non davanti a lui, almeno.

Era quello che si era prefissata e ci era riuscita.

Adesso di tempo per piangere ne avrebbe avuto a volontà.

 

Trascorse il resto della giornata come in trance. Le pareva di vedersi scorrere tutto davanti senza poter fare nulla, come se stesse guardando un film.

Le ore passarono velocemente. Presto fu il momento di andare a dormire. Al risveglio riprese a muoversi come un automa. Doccia. Colazione. Bagagli chiusi. Aeroporto.

In tutto questo, incredibile ma vero, Viky quasi non aveva aperto bocca. Francesca le aveva detto cos'era successo a casa del cugino il pomeriggio precedente, ma era stata evasiva sulle spiegazioni e l'aveva pregata di non mettersi in mezzo.

L'avvenimento e il tono in cui era stato espresso l'avevano talmente colpita che non sapeva come comportarsi. Doveva fare qualcosa? Doveva parlare con lei? Doveva parlare con lui? L'amica l'aveva pregata di non farlo.

Qualcosa non andava, era chiaro. Non poteva essere cambiato tutto in un paio di giorni. Aveva visto questa storia sbocciarle sotto il naso e ora era appassita in un secondo. Aveva pensato alle possibili ragioni e non ne era venuta a capo. Alla fine decise che era meglio lasciar stare, almeno per il momento: forse c'era bisogno di un po' di tempo per far assestare le cose e temeva che un suo intervento avrebbe potuto peggiorare la situazione e magari distruggere l'amicizia che sia era instaurata tra di loro.

 

La accompagnò in aeroporto e la salutò con l'affetto che di solito si riserva ad una sorella.

“Torna presto!” disse abbracciandola.

“Vedremo... tu, piuttosto! Devi assolutamente venire a trovarmi!”

“Farò il possibile... magari in compagnia...”

“Vicky...” mugugnò Francesca.

“Va bene, va bene” tagliò corto.

Lei le sorrise. Dio solo sapeva dove ne avesse trovato la forza. L'ultima cosa che avrebbe avuto voglia di fare in quel momento era sorridere. Si meravigliava di se stessa. Si era talmente concentrata sulla sua idea e su come portarla a compimento che era riuscita ad isolare la parte di lei che stava soffrendo, impedendosi di esporla.

 

“A presto perfettissima!”

“Ciao sbadatona”.

 

Anche questa era fatta.

L'ultimo addio.

Prendendo posto sulla sua poltroncina sull'aereo sapeva che stava chiudendosi dietro una porta.

Una volta decollata tirò un sospiro di sollievo. O forse, piuttosto, di sconforto.

Era finita.

Si era lasciata alle spalle un capitolo importantissimo della sua vita. Un capitolo felicissimo.

Se ne sarebbe aperto uno nuovo. Certamente diverso. Probabilmente doloroso. Quanto, l'avrebbe capito nei prossimi mesi.

Sapeva che sarebbe stata dura, ma sapeva anche che aveva preso la decisone giusta. Dopo i primi mesi di infatuazione, sicuramente il rapporto avrebbe iniziato a perdere vigore. Si sarebbero allontanati. Magari avrebbero avuto tanti buoni propositi, ma non ce l'avrebbero fatta. Era inevitabile. Due mondi e due vite troppo diverse. Non poteva durare. Lo sapeva fin dall'inizio, ma si era illusa del fatto che avrebbero potuto trovare una soluzione. Poi aveva iniziato a sentir parlare di promozione, tv, interviste, tour, e la realtà la colpì, con la violenza di un ceffone ben assestato. Aveva capito di essersi sbagliata. Per quanto si fossero potuti impegnare, non ce l'avrebbero fatta. Purtroppo... Era orribile dover troncare così. Sapeva che avrebbe portato sofferenza ad entrambi, ma dopo lo schiaffo iniziale le cose sarebbero migliorate. Il ritorno alla routine, alle vecchie abitudini, avrebbe riportato tutto alla normalità. Qualcuno di nuovo sarebbe entrato nelle loro vite e allora si sarebbero dimenticati l'un l'altro.

Inoltre aveva un presentimento. Un altro valido motivo per tagliare i ponti... Ma anche per questo ci sarebbe voluto tempo. E questo la spaventava più del resto: non sapeva nemmeno se voleva che quello che immaginava fosse vero o no...

 

 

 

Non era possibile. Non era vero. Non poteva essere vero!

Quello che era successo un minuto prima gli sapeva di irreale.

Era un incubo. Doveva essere un incubo, non sapeva spiegarselo altrimenti.

Il modo in cui era arrivata. L'aveva appena salutato. Non un bacio. Non l'aveva nemmeno sfiorato. Sembrava provasse ribrezzo nei suoi confronti. E la freddezza. Come se stesse recitando un copione che non condivideva. E poi perché così all'improvviso? Non c'erano state avvisaglie di questo suo disagio. O, almeno, lui non le aveva notate... Cosa stava tralasciando?

Aveva detto di non amarlo.

Per quanto quella frase l'avesse ferito, non riusciva a crederci. Non era lei a dirlo. Come non aveva esitato un istante a crederle quando le aveva dichiarato i suoi sentimenti, così non poteva credere a quell'io no che aveva praticamente gridato. Non era da lei. Ok, l'autocontrollo, la timidezza, ma quel gelo era troppo innaturale. No. Non erano i suoi sentimenti il vero problema: c'era qualcos'altro. Qualcosa che la tormentava e l'aveva spinta a prendere quell'assurda decisione di punto in bianco.

Trascorse una notte insonne. Pensava a ripensava al pomeriggio appena trascorso. Riviveva quella scena secondo per secondo, ne analizzava anche i più piccoli dettagli. Non era stata solo fredda. Quello avrebbe potuto capirlo, era un suo modo per camuffare la timidezza. No. C'era qualcos'altro. Aveva avvertito un astio, un desiderio di ferire che non era da lei. Tutto gli sembrava come una recita accuratamente progettata per raggiungere il suo scopo. Quel pomeriggio doveva essere arrivata da lui col preciso intento di tagliare i ponti. Non cercava un dialogo, non voleva discutere di un problema per trovarvi una soluzione. Era andata da lui col solo scopo di chiudere una pratica. Poche parole dirette e secche per annunciargli la sua decisone e niente spazio per replicare.

E quell'astio, quella falsa condiscendenza, quel pronunciare quelle parole con espressione impassibile. Non era da lei. Era un atteggiamento costruito. Sembrava quasi che avesse cercato deliberatamente di ferirlo, di trattarlo come un imbecille, in modo che lui si irritasse, e concordasse sulla sua decisione di chiudere il rapporto.

E, a parte il modo in cui si era comportata, più di tutto lo preoccupava la motivazione che l'aveva spinta ad agire così. Cosa poteva averle fatto di tanto orribile? Era colpa sua? O era successo qualcosa che non dipendeva da lui? Magari a casa, nella sua famiglia. Ma allora perché non dirglielo, perché lasciarlo senza spiegazioni? E soprattutto, perché aveva sentito la necessità di lasciarlo? Di qualsiasi cosa si trattasse, quale influenza negativa poteva mai avere il loro rapporto su qualcosa che non li riguardava direttamente? No. Era troppo assurdo. Non aveva senso. Doveva trattarsi di qualcosa che aveva fatto. O qualcosa che indirettamente li riguardava. Ma cosa? Aveva forse parlato con qualcuno? Qualche sua ex gelosa? Qualche giornalista senza scrupoli? Aveva fatto tutto il possibile per cercare di proteggerla, almeno all'inizio, da certe persone, e pensava di esserci riuscito. Ma forse gli era sfuggito qualcosa... Aveva cercato in ogni modo di abbattere la barriera di timidezza e insicurezza che li separava. Aveva tentato in ogni modo di farle capire quanto lei fosse importante per lui, quanto si preoccupasse per il suo benessere e quanto volesse che tutto funzionasse al meglio. Aveva cercato di assecondarla in ogni modo, venendo incontro alle sue esigenze, ai suoi tempi, senza mai spingerla a fare niente per cui non si sentisse pronta. Forse qui stava l'errore. Aveva tralasciato qualcosa. Credeva di essere stato attento e di aver colto correttamente tutte le sue reazioni a quello che stava succedendo, ma forse gli era sfuggito qualcosa. Forse era proprio qualcosa che lui aveva fatto ad averla spaventata. Forse non aveva capito un suo disagio, magari perché troppo preso da se stesso e dalla sua felicità. Forse, per un attimo, aveva dimenticato il noi, per concentrasi sull'io, e così facendo aveva compromesso tutto...

Ciò nonostante lo feriva il fatto che lei non si fosse voluta confrontare con lui. Spiegargli il suo disagio. Cercare una soluzione. Non gli aveva concesso nemmeno la possibilità di scusarsi, di pentirsi di quello che aveva fatto, di capire il suo errore. Ma di scusarsi per cosa, poi? Ancora non riusciva a capirlo. Passò la parte restante della notte così, a riflettere sulle sue azioni, sempre più convinto di essere lui il responsabile della rottura. E questo gli spezzava il cuore...

 

 

Alla fine aveva deciso di andare. Gli aveva chiesto di non cercarla e lui avrebbe rispettato la sua volontà, almeno per il momento.

Però voleva vederla un'ultima volta. Non serviva che lei lo sapesse, ma doveva vederla.

Confondersi tra la folla in aeroporto non era poi così difficile: centinaia di persone andavano e venivano freneticamente. Bastava muoversi fra di esse con circospezione.

Lei era lì. Pantaloni neri, maglioncino rosso e borsetta e giacca tra le mani. Stava salutando Viky. La abbracciava. La distanza era troppa per esserne certo, ma gli era parso addirittura di scorgere un sorriso. I particolari che gli occhi non coglievano, li aggiungeva la sua memoria. Quel sorriso. Mai l'avrebbe dimenticato. Qualsiasi cosa gli riservasse il futuro sarebbe sempre rimasto stampato nei suoi ricordi.

Non poteva perderla. Non senza aver lottato per lei. Lottato per loro.

In quel momento aveva fatto un patto con se stesso: fosse stata l'ultima cosa che avrebbe fatto, avrebbe scoperto cosa l'aveva fatta scappare così, l'avrebbe sistemata e se la sarebbe ripresa. La SUA Francesca.

Era ora di salire sull'aereo. Si stavano scambiando l'ultimo saluto. È vero, forse poco fa aveva intravisto un sorriso, ma di certo non era il suo intimo a sorridere. I suoi movimenti, il modo in cui reggeva la borsa, tutto gli pareva strano. Traspariva un profondo disagio, e non era causato solo dal saluto all'amica. Era turbata. Lo stava mascherando in modo incredibilmente efficace, ma lui non ci cascava, la conosceva troppo bene. Non era felice. Non era neanche semplicemente triste. In quei gesti lui leggeva sconforto, paura.

Era sparita dalla sua vista. Si stava avviando verso l'aereo. Decise di lasciare l'area delle partenze e andare alla terrazza panoramica. Subito individuò il suo aereo. Si stava già muovendo, era in fase di decollo. Se n'era andata. Ma non per molto, si era ripromesso. L'avrebbe riportata indietro, ad ogni costo. 

   
 
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