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Autore: Aliceclipse    15/05/2014    1 recensioni
Persone familiari. Troppo. Un abbraccio diverso, impacciato. Sapeva di casa. E quel profumo, quel dopobarba. Kurt non voleva andare a casa. Ovunque, ma non a casa. Non con due persone che chiamava famiglia, ma che erano estranee. Ormai erano estranee.
Mani, troppe mani. Kurt Non era più responsabile delle sue azioni, e se ne rendeva conto solo in quel momento. Tentando di bloccare quelle mani disperatamente, si stava affannando in cerca del verde. E poi lo afferrò, il verde. Disperatamente.
***
Non sembrava cattivo. Non sembrava vuoto.
Sembrava solo fuori luogo, nonostante il suo modo di vestire e tutti quei piercing non sembrassero strani, su di lui.
Si chiese da quanto li aveva. Si chiese che musica ascoltava, quali fossero le sue materie preferite.
E, improvvisamente, l’ora di storia non sembrava così noiosa.
Quella scuola non sembrava tanto spaventosa, nonostante le sue paure. Le paure a cui non voleva dar voce, ma che lo tormentavano nel sonno, senza tregua, ogni notte. Quelle che lo segnavano profondamente, la causa delle sue occhiaie pronunciate.

***
BadBoy!Kurt, Klaine, Kurt/Puck friendship, Quinn/Puck friendship, Faberry, Blaine/Santana friendship, Blaine/Rachel friendship.
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Blaine Anderson, Kurt Hummel, Un po' tutti
Note: AU, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 20
Demoni.
Quinn lanciò uno sguardo nella direzione di Rachel, mentre si dirigevano verso la loro prossima lezione, insieme. La mora sembrava particolarmente tesa. Teneva il telefono in mano come se stesse attendendo una chiamata importante,  ma entrambe sapevano che non ne avrebbe ricevuta nessuna. Aveva detto a Blaine quello che doveva, durante l’ora di pranzo. Non si era lasciata prendere dalla sua solita parlantina, al contrario di quanto Quinn aveva creduto. Semplicemente, aveva parlato, lentamente e senza troppi particolari. Aveva spiegato a Blaine che Azimio aveva detto più o meno a tutta la scuola di aver trovato un vecchio articolo di giornale che lo riguardava, che avrebbe dovuto evitare di tornare a scuola, almeno per un paio di giorni, di fingersi malato, che era meglio così. Le era sembrata così seria, così calcolatrice e fredda, eppure così piena di significato, che Quinn seriamente aveva stentato a riconoscerla. Ed era rimasta al suo fianco per tutta la chiamata.
Rachel sarebbe diventata una bravissima attrice, ecco cosa stava pensando in quel momento, mentre si passava una mano nella chioma tinta di rosa.
L’aveva osservata, suo malgrado, con una punta d’invidia. Quinn aveva sempre pensato di avere una marci in più rispetto a Rachel, perché riusciva a nascondere benissimo tutto ciò che provava, dote che Rachel Berry non avrebbe mai potuto possedere, perché non riusciva a tenersi dentro assolutamente niente. E Quinn, lei aveva sempre pensato che per un’attrice, essere in grado di nascondere i suoi reali sentimenti fosse una di quelle doti imprescindibili, quelle che non puoi permetterti di non avere, aveva sempre pensato che Rachel non sarebbe mai stata capace di arrivare dove voleva perché per lei quello rappresentava un enorme difetto. Da un bel periodo a quella parte, però, si stava ricredendo. Quello che a Quinn era sempre apparso come un handicap, il peggiore che Rachel potesse avere, adesso era tutt’altro: era la sua arma più grande. Rachel viveva tutto così intensamente da riuscire ad esprimere in maniera palpabile anche il più insignificante dei sentimenti, la più inutile delle sensazioni, nella vita reale, e anche attraverso la sua voce. Cosa che Quinn non avrebbe mai potuto fare, perché si impediva sempre, sempre di mostrare quello che le passava per la testa. E quello rappresentava un enorme blocco. Che le aveva chiuso tutte le porte che avrebbe sempre desiderato tenere aperte.
Sì, riusciva a distaccarsi da ciò che la circondava con molta, forse troppa facilità, ormai le veniva naturale. Ma se non riusciva a mostrare i suoi sentimenti a nessuno, come avrebbe mai potuto farlo con il mondo intero?
Rachel non era così, lei aveva una dote, una dote importante. E ostentava il suo esserne cosciente, ma Quinn poteva perfettamente capire che Rachel apparisse molto più sicura di quanto fosse in realtà. Era sempre una ragazzina, e il mondo la spaventava. Quindi, adottava il metodo inverso a quello di Quinn per proteggersi.
Erano così differenti, loro due. Eppure legate, in un modo o nell’altro. Non sapeva nemmeno lei perché.
Sì, Quinn invidiava Rachel, ma non c’era solo questo di mezzo. C’era molto di più. Qualcosa che non avrebbe saputo spiegarsi nemmeno se avesse voluto. E, di fatto, non era sicura di volerlo.
 Ma per ora andava bene così. Anche se, a dirla tutta, vedere Rachel così agitata non era per niente piacevole, e lei avrebbe seriamente voluto poter fare qualcosa per calmarla. Solo che, come al solito, era così preoccupata per se stessa che i problemi dell’altra passavano in secondo piano. Aveva sempre pensato, in realtà, che quella cosa le accomunasse, eppure adesso Rachel era seriamente preoccupata per Blaine, e chissà per cos’altro, a tal punto da dimenticarsi dei suoi problemi per aiutare il ragazzo ad affrontare i suoi.
Lei non sentiva di esserne in grado, per nessuno. Si sentiva così inferiore all’altra, e non lo avrebbe mai creduto possibile, mai. Eppure, ecco che era lì, pensierosa. E perfino la sua preoccupazione per Kurt era scemata. E lei voleva davvero bene a Kurt come se fosse stato sangue del suo sangue.
Eppure aveva smesso di chiedersi dove fosse e cosa stesse facendo nell’esatto momento in cui quella consapevolezza l’aveva colpita, così profondamente da lasciarla senza fiato.
Rachel le aveva sempre fatto quell’effetto?
Quinn ne aveva paura. Ne aveva sempre avuta. Prima, perché la riteneva una rivale. Non al suo livello, ma comunque temibile, in campo affettivo e anche in ambito scolastico, prima per la media di voti, poi per il numero colossale di attività che stava seguendo, infine al Glee, e, quando ancora le interessava sul serio, a livello popolare.
Perché indubbiamente, Rachel spiccava. E lei la temeva.
Ma adesso provava una paura diversa, una paura rassegnata. Per quanto non riuscisse a spiegarsene il motivo, ciò che veramente la spaventava adesso era il non riuscire ad essere un buon punto di riferimento per l’altra. E lo voleva, Dio, lo voleva da morire. Non le importava che tipo di punto di riferimento. Una sfidante, qualcuno con cui avere un confronto, una spalla su cui piangere, qualcuno di cui fidarsi, qualcuno in grado di capire ed ascoltare. Ma lei non era in grado di essere nessuna di queste cose, specialmente non per Rachel. Perché, seriamente, non sembrava averne bisogno.

***

-Che significa “Lo sanno”?- Sussurrò Kurt, irrigidendo le spalle. Improvvisamente, una folata di vento lo colpì in volto, forte come uno schiaffo, assieme alla consapevolezza di quello che stava per succedere. E alla rabbia.
Rabbia nei confronti di Rachel, che li aveva interrotti. Rabbia nei confronti di chi poteva spaventare Blaine al punto da lasciargli un’espressione simile in viso. Rabbia anche verso se stesso, perché non sembrava capace di intendere e di volere, quando aveva quei riccioli al fianco.
Trasalì leggermente al pensiero di tutto quello che con un solo, semplice bacio avrebbe potuto gettare via: tutti i suoi sforzi nel rimanere lontano alle persone che più amava, ferendo loro e anche se stesso, erano scemate in un secondo, gli era bastato perdersi in quei dannati occhi nocciola. Tutte le sue paure, di ferire ed essere ferito di nuovo dalla vita, gli stavano di nuovo piombando addosso, ed era tutta, tutta colpa di Blaine.
Ed avrebbe dovuto provare anche un po’ di rabbia nei suoi confronti, a quel punto. Il vero problema era che, di rabbia nei confronti di Blaine, non c’era assolutamente traccia.
Eppure era tutta, assolutamente tutta colpa sua. Di quegli occhi spaventati. Di quel profumo. Di quella pelle perfetta, e del suo modo di parlare, così tenero e sensuale assieme.
Accidenti.
- Niente. Lascia perdere.- Era freddo, si rese conto. Era terribilmente freddo, lì, in quell’angolo, e non era solo a causa del vento che si stava alzando. Ed anche la voce di Blaine sembrava fredda, mentre sussurrava quelle parole cariche di angoscia. La verità era che avrebbe veramente voluto raccontare cosa Rachel gli aveva detto, ma non poteva, semplicemente.
Per qualche strano motivo, sentiva che Kurt avrebbe potuto capirlo molto più di altri, ma non era pronto. Non aveva voluto parlare con i dottori, non aveva voluto parlare con gli agenti della polizia che avevano gravitato attorno a lui prima in ospedale e poi a casa, durante la convalescenza. Non ne aveva parlato sul serio ne’ con i suoi, ne’ con suo fratello. Non aveva voluto farlo, si era limitato a  spiegare a grandi linee, sempre. Perché non voleva ricordare, non ci teneva affatto. Eppure adesso Kurt lo guardava in quel modo così profondo, intenso, e avrebbe semplicemente voluto piangere, gridare ad alta voce tutto ciò che in quel periodo si era accumulato nella sua testa.
Sembrava l’unico ad aver capito, senza nemmeno sapere sul serio cosa avesse passato.
Però l’unica cosa che era in grado di fare era respingerlo, costringerlo a disinteressarsi.
Tanto, presto lo avrebbe saputo anche lui. Non era certo un segreto, era tutto reperibile su internet, o su una vecchia copia dei periodici locali. E, se Rachel gli aveva detto la verità, presto l’intera scuola avrebbe saputo esattamente tutto ciò che lui tentava di evitare come la peste, il suo incubo personale, che lo avrebbe perseguitato a vita. Il motivo per cui non si sentiva degno di essere un Anderson, perché gli Anderson non si lasciano sconvolgere da niente, gli Anderson possono tutto. Ma non lui, lui non riusciva mai a fare niente di buono, non riusciva mai a far passare niente. Rimaneva tutto lì, e faceva male, terribilmente, un terribile peso alla bocca dello stomaco che si allargava ogni giorno di più.
Kurt assottigliò lo sguardo, avvicinandosi di nuovo. Stavolta, però, la punta di malizia era scomparsa, sostituita da qualcosa che Blaine non riusciva veramente a distinguere. Si allontanò istintivamente, come scottato, e Kurt si bloccò.
- Che significa? - sussurrò, la voce leggermente più acuta del solito. Sembrava agitato. Ed, in effetti, lo era. Si stava realmente preoccupando, in quel momento. Blaine abbassò lo sguardo, stringendosi le mani al petto.
- Lascia perdere, Kurt.- Ripeté, con una punta di acidità nella voce. E, a quel punto, Kurt avvertire qualcosa spezzarsi, e, davvero, non sapeva se quel qualcosa provenisse dal suo cuore o da quello dell’altro, ma, in ogni caso, faceva male.
Rimase così, immobile, a fissarlo. Non seppe per quanto tempo rimasero così, e sentiva che c’era qualcosa di sbagliato, una tensione che proveniva da loro ma che non risultava giusta agli occhi di nessuno dei due. Non sapeva come comportarsi, ora. Avrebbe dovuto abbracciarlo? Avrebbe dovuto spronarlo a parlare, o rimanere in silenzio? Forse avrebbe dovuto semplicemente lasciar perdere, ma il vero problema era che gli interessava sul serio. Nonostante tutte le paure lo stessero assalendo fino al midollo, attraversandolo da parte a parte, prima tra tutte quella di avvicinarsi realmente troppo a quel ragazzo, lui voleva sapere, voleva conoscere, voleva Blaine. Voleva tutto di quel ragazzo, a quanto pareva.
Un’estate passata a sforzarsi per cancellare ogni cosa della sua vecchia vita, e poi ecco che arrivava Blaine, e tutto veniva spazzato via in un attimo.
O in una serie di tanti, piccoli attimi in cui Kurt sembrava riconoscersi di nuovo.
Non voleva che il vecchio se stesso riaffiorasse, eppure sembrava impossibile che non succedesse, quando era con Blaine, e, soprattutto, quando succedeva sembrava semplicemente la cosa giusta.
Prima di rendersi conto di cosa stesse facendo, allungò la mano verso la spalla dell’altro ragazzo, e la strinse piano. Poi si morse un labbro, e si allontanò di nuovo, gattonando, verso le scalette. La testa di Blaine scattò verso di lui, ed il ricciolo ebbe improvvisamente paura. Temeva che se ne sarebbe andato, che lo avrebbe lasciato solo. Ma, prima che potesse anche solo dire qualcosa, o protrarsi verso di lui per fermarlo, Kurt si fermò, e si mise agilmente a sedere sul bordo del primo scalino, dando le spalle a Blaine, e frugando nella tasca dei suoi pantaloni.
Ne estrasse un pacchetto di Lucky Strike da dieci, piuttosto malridotto. Blaine nemmeno si era reso conto che le avesse con se’. Aggrottò la fronte, mentre lo osservava. Ne estrasse una sigaretta, assieme ad un accendino blu, poi ripose il pacchetto nella tasca, e se la portò alle labbra per accenderla.
Un alone grigio lo avvolse. Buffo, si ritrovò a pensare Blaine, come quell’alone rispecchiasse il modo in cui probabilmente Kurt si vedeva. Grigio.
Il colore in cui anche lui, al momento, si rispecchiava di più. Presto, l’odore del fumo arrivò alle sue narici. Storse un po’ le labbra.
Anche Cooper fumava. Si ricordava di quando era ancora un adolescente, e si nascondeva sul balcone della sua cambretta per non farsi trovare dai loro genitori, nei rari momenti in cui erano a casa, o dalla loro tata. Blaine era piuttosto piccolo, ma lo ricordava bene. Cooper aveva di recente ammesso di aver iniziato insieme ad un gruppo di amici alle superiori, per non passare per lo sfogato di turno, per essere notato dalle ragazze. Per cose stupide, insomma. Gli aveva sempre detto di essersene pentito, gli aveva ripetuto più e più volte di non fare mai niente per piacere agli altri, perché tanto non si può piacere a tutti. Ma questo, Blaine, lo sapeva bene, forse meglio di Cooper.
Cooper, che aveva cominciato a fumare per motivi futili, per essere quello figo, quello popolare. Ma lo era sempre, senza bisogno di crearsi dipendenze. Aveva anche detto di non essere mai andato oltre ad una semplice sigaretta, perché quelle bastavano ed avanzavano, per lui.
E Kurt? Anche lui aveva iniziato per piacere un po’ di più alle altre persone?
L’aria gelida e l’odore del fumo gli provocarono un brivido. Si sentiva a disagio, lì. Si sentiva solo. Improvvisamente, fu colto da un velo di nostalgia, che lo scosse dalla rabbia e dalla paura che lo avevano travolto pochi attimi prima. Si avvicinò a Kurt, e si mise a sedere al suo fianco. L’altro non lo guardò, ma si fece più stretto, per fargli un po’ di posto, aspirando, e poi voltando la testa di lato per non far arrivare il fumo addosso a Blaine.
- Perché fumi, Kurt? - Mormorò, portandosi le mani sulle ginocchia, e sfregandole per riscaldarsi un po’. L’altro allora si voltò verso di lui, leggermente sorpreso. Anche lui sembrava avvolto da una sensazione di inspiegabile malinconia. Sorrise debolmente, mentre scuoteva la sigaretta al di là delle scalette.
- Per provare qualcosa, suppongo. Non ci ho mai pensato sul serio, nessuno me lo aveva mai chiesto, prima. - Rispose, distogliendo di nuovo lo sguardo. Blaine fece lo stesso. Le risate dei bambini erano un’eco lontano, che rendevano quel parco giochi ancora più vuoto e freddo di quanto già non fosse. Anche il tempo stava cambiando. Il tiepido sole che li aveva accompagnati quella mattina era scomparso, nascosto da enormi nuvole scure. - Tutto quello che faccio, lo faccio per sentire qualcosa. Oppure, per non sentire affatto. - Continuò, portandosi di nuovo la sigaretta alle labbra.
- Come hai cominciato? - Blaine si fece un po’ più vicino, senza nemmeno rendersene conto.
- Un ragazzo mi ha offerto una sigaretta, la prima volta in cui sono entrato in un gay bar. Ce l’avevo con il mondo intero, sai. Non che ora sia diverso, solo.. ci ho fatto l’abitudine, suppongo. Comunque ero triste. E incazzato, terribilmente. Volevo cambiare, volevo essere qualcun altro. E così ho detto di sì, e lui mi ha trascinato nel parcheggio. Il primo tiro è stato un trauma, ho iniziato a tossire, e pensavo che sarei morto da un momento all’altro, e probabilmente è il motivo per cui ho continuato a fumare quella sigaretta. E, alla fine, quando ho smesso di tossire, mi sono reso conto che sentivo qualcosa, e che quel qualcosa era diverso dal solito. Che mi piaceva. Perché era nuovo, perché era diverso. Perché era una ribellione, credo. Contro me stesso, più che altro. - Sputò fuori, velocemente, e in modo un po’ confuso. Voleva spiegare, per la prima volta da un sacco di tempo. Voleva che qualcun altro capisse, perché gli altri non lo facevano mai.
Kurt ricordava perfettamente quella serata. Ricordava di come fosse passata una settimana dalla morte del padre, di come si era sentito. Perso, abbandonato, scosso. Voleva solo essere qualcuno di diverso. Voleva osare. Ed era terribilmente arrabbiato. Ricordò di aver pensato che la sensazione del fumo che lo percorreva, che gli entrava dentro, fin nei polmoni, bruciando la sua gola, lo aveva fatto sentire vivo per un momento, e lo aveva trovato grandioso. Aveva fatto male, ma era un dolore che lui voleva sentire, perché, mentre aspirava, il suo corpo si rilassava, e un brivido di piacer lo percorreva da parte a parte, lasciandolo lievemente intorpidito. Poteva sentire i suoi muscoli flettersi, poteva avvertire le sensazioni che il suo corpo gli mandava, e a cui lui non aveva mai realmente fatto caso. E, da lì a poco, si era ritrovato a cercare quella sensazione sempre più spesso. Fumare era diventato un modo per allentare la tensione, per scaricare i nervi. Era un sostituto delle sue solite ed inefficaci tisane rilassanti. Era un amico, in qualche strano modo. Quando la gamba di Blaine si fece così vicina da poterne sentire il calore attraverso i pantaloni, ruotò piano la testa, sbattendo le ciglia.
- Posso provare? - Sussurrò allora Blaine, timidamente, arrossendo. Le labbra di Kurt si schiusero leggermente, mentre la sua lingua vi passava attraverso con fare lascivo, per poterle inumidire.
- Tenti di nuovo di fare il cattivo ragazzo, eh? - Tentò di scherzare, spingendo la sua gamba contro quella dell’altro con delicatezza. L’altro sorrise leggermente, un sorriso un po’ sghembo.
- Voglio solo sentire. - Lo disse così piano che Kurt pensò di averlo solo immaginato. Ad ogni modo, fece un ultimo tiro, e poi passò la sigaretta a Blaine. L’altro la prese tra le mani tremanti. E gelide, aggiunse mentalmente Kurt, quando le loro dita si sfiorarono accidentalmente durante il passaggio.
Blaine inspirò a pieni polmoni, chiudendo gli occhi. Poi, mentre lasciava uscire il fumo dalla bocca, lasciò che la sua testa cadesse leggermente all’indietro. E lo sentì, quel qualcosa di cui parlava Kurt, mentre si sforzava di non tossire.
- Sexy. - Kurt alzò un sopracciglio in segno d’apprezzamento, e Blaine aprì di nuovo gli occhi, imbarazzato. Gli restituì la sigaretta, sorridendo di nuovo.
- Come mai sentivi il bisogno di provare qualcosa, adesso? - Lo rimbeccò Blaine. Anche Kurt sorrise, portandosi la mano libera tra i capelli, tirando leggermente il ciuffo verde verso l’alto.
- Sentivo il bisogno di capire cosa stavi provando tu. Immagino di averlo capito, adesso. - Blaine portò di nuovo lo sguardo verso il basso.
- Può darsi. Ho i miei demoni, Kurt, e tu hai i tuoi. Rachel mi ha solo riferito che i miei scheletri nell’armadio non sono più molto segreti, ecco tutto. - Si sentì in dovere di spiegare. Gli lanciò uno sguardo preoccupato. Non voleva che Kurt sentisse anche il peso dei suoi problemi sulle spalle, sembrava averne già abbastanza anche senza il suo aiuto.
- E nessuno dei due è pronto a parlarne. Lo capisco. - Kurt sospirò, alzandosi, e scendendo lentamente i gradini, mentre lasciava cadere la sigaretta a terra. Blaine lo seguì, schioccando le labbra. L’odore ed il gusto del fumo gli provocavano un leggero giramento di testa, ma, nonostante questo, stava bene. Meglio di quanto pochi minuti prima avrebbe pensato. Anche il petto faceva ancora un po’ male, ma ne era sicuramente valsa la pena.

***

Kurt si chiuse la porta dietro le spalle, e si diresse verso il salotto. Dal piano di sopra provenivano delle voci piuttosto concitate, eppure, una volta giunto al soggiorno, si rese conto di come la madre di Noah stesse dormendo profondamente sul divano, nonostante tutto quel baccano. Doveva aver fatto il turno di notte. Kurt sorrise leggermente, mentre avanzava verso il piano superiore. In quel preciso momento, dalla stanza di Puck uscì la sorella del ragazzo, infuriata. Nemmeno lo salutò, mentre si dirigeva a grandi falcate verso il bagno. Kurt ridacchiò, aprendo la porta della stanza senza nemmeno bussare.
- Che cosa le hai fatto, stavolta? - Lo accusò. L’altro era stravaccato sul letto, le braccia incrociate dietro la testa.  Fece spallucce, poi chiuse gli occhi, assumendo un’espressione di sufficienza.
- Non ne ho idea. Tu dove sei stato? Quinn ha passato la giornata a tartassarmi. Almeno hai scopato con qualcuno di decente? - Kurt avvampò improvvisamente, stupendosi subito di se stesso. Da quanto non arrossiva a causa di uno dei commenti non così tanto velati di Noah?
Anche lui sembrò notarlo. Spalancò leggermente gli occhi.
- Per la miseria, Hummel! Stai tornando alle origini? Sembri un peperone.- Scherzò, mentre Kurt si sedeva sul bordo della scrivania, incrociando le gambe.
- Non ho scopato proprio con nessuno, Puckerman. Ero solo troppo ubriaco per tornare a casa da solo. - Il ragazzo con la cresta gli laciò un’occhiata critica.
- Non hai vomitato nel Pick-up, vero? Perché potrei ucciderti. - Risero entrambi, mentre Puck imitava la voce di Quinn. Poi Kurt tornò pensieroso, come, d’altronde, era stato per l’intero viaggio di ritorno. Dopo aver lasciato Blaine a casa sua, era tornato nel parco giochi. E aveva pensato, pensato per un bel po’, così tanto che si erano fatte le cinque.
- No, no. A scuola è successo qualcosa di interessante?- Lo disse alzando un sopracciglio, come se potesse dubitare che fosse realmente successo qualcosa. In realtà, però, stava fremendo. Voleva sapere, voleva gettarsi addosso a Puck ed estorcergli tutte le informazioni che erano circolate sul conto di Blaine, per curiosità, ma anche e soprattutto per sapere come aiutare l’altro ragazzo. Non gli aveva detto molto, era stato criptico, cosa non molto da lui. E Kurt voleva assolutamente saperne di più. Voleva conoscerlo come non aveva mai voluto conoscere nessuno. Una parte di lui gli diceva che stava sbagliando qualcosa, che si stava rovinando con le sue mani, ma per tutto il giorno aveva avuto la sensazione persistente di doversi avvicinare a quel perso, adorabile ragazzo dagli occhi nocciola, e provare a salvarlo.
Anche se nessuno aveva mai salvato lui. Principalmente perché nessuno aveva mai salvato lui.
Puck arricciò le labbra, riflettendo. Poi s’incupì leggermente, e si passò la mano sulla cresta.
- Beh, sì, qualcosa è successo, a dire il vero. Per farla breve, tutta la scuola sa che Blaine gioca per la tua squadra, amico. Azimio ci andrà giù pesante, credo. - Il cuore di Kurt cominciò a pompare più veloce. Puck gli aveva confermato esattamente ciò che non voleva sentire. Lui sperava di avere qualcosa di nuovo in mano. Invece non gli aveva detto niente che fosse rilevante. O, almeno, niente che soddisfacesse il suo bisogno di conoscere il passato dell’altro.
- E come lo ha scoperto? - Forse la sua risposta fu un po’ troppo veloce, perché Puck lo scrutò in una maniera strana. Dopo alcuni secondi, però, rispose.
- Internet. Perché ti interessa? - Kurt scrollò le spalle. Per quanto si fidasse di Puckerman, non aveva alcuna voglia di confidarsi con lui. Non era nemmeno pronto ad ammettere a se stesso che c’era qualcosa di Blaine che gli interessava, come poteva spiegarlo a qualcun altro? Si voltò, dandogli le spalle, e si tolse la maglietta. Qualche ora prima era passato in farmacia assieme a Blaine, per comprare una pomata al pantenolo. Era un tubetto piuttosto piccolo, perciò era riuscito ad infilarlo in tasca senza difficoltà. Lo estrasse dalla tasca, e, dopo aver tolto la pellicola trasparente dal petto, se ne versò un po’ sulla mano per massaggiare l’area del tatuaggio. Puck nemmeno gli chiese cosa stesse facendo, non faceva mai domande sui nuovi piercing o i nuovi tatuaggi che aveva. Non che non gli importasse: semplicemente, sapeva perfettamente che l’altro non avrebbe risposto.
- Non lo so, è solo che mi infastidisce che quello stronzo rompa le palle al mondo intero solo perché non ha passatempi migliori.- Si decise a dire, alla fine. Puckerman lo scrutò per qualche secondo, soppesando le sue parole. Kurt era diventato un’incognita, ultimamente.
- Blaine è un tipo a posto.- Esclamò, osservando l’altro ragazzo, ancora di spalle. Kurt si bloccò, senza però voltarsi verso Noah. - Canta bene, e non parla mai troppo. E poi sembra un po’ ebreo, anche se non credo che lo sia.. comunque mi sta simpatico.- Kurt non capiva dove Puckerman volesse arrivare. Certo, le sue affermazioni senza un reale senso a volte somigliavano terribilmente a quelle di Finn, e ci si era abituato, però comunque a volte faticava a capirlo.
- E quindi?- Replicò, tentando di capire dove volesse andare a parare. Puck si alzò lentamente, stiracchiandosi, mentre rispondeva.
- Anche a te sta simpatico, no? L’altro giorno, quando è venuto Finn.. mi era sembrato di averlo intuito.- Poi, con noncuranza, si avvicinò alla porta e lo guardò un’ultima volta, prima di uscire.
Quando ebbe chiuso la porta dietro le sue spalle, Kurt sospirò rumorosamente.
- Già, potrebbe essermi simpatico-.

***
Cooper lo stava osservando. Se ne rese conto troppo tardi, occupato ad osservare il tatuaggio riflesso nello specchio del bagno. Tentò invano di coprirsi con un asciugamano, ma il fratello era lì da un paio di minuti. Abbastanza per osservare con attenzione il modo in cui Blaine stava spalmando con premura la crema sul suo petto.
- Fighter? - Sussurrò, un ghigno inquietante sul viso, mentre Blaine sbuffava, contrariato.
- I nostri genitori non ti hanno insegnato a bussare? - Sputò fuori, tentando di non arrossire. Cooper gli tolse l’asciugamano dalle dita, con uno scatto, e l’altro si ritrasse come se lo avessero punto. Il ghigno di Cooper si trasformò velocemente in un’espressione dispiaciuta, ma durò solo per alcuni secondi. Subito, gli fece la linguaccia, e lo scansò dal lavandino con un colpo d’anca. Blaine alzò gli occhi al cielo, ed incrociò le braccia, per poi sedersi sul bordo della vasca mentre suo fratello si lavava il viso.
- Mi piace, comunque. Sembri molto più virile. Ti rende sexy, credo.- Blaine alzò un sopracciglio, arrossendo ancora. Si maledì mentalmente.
- Dici?- Sussurrò, guardandosi il petto, e poi tornando a osservare suo fratello.
- Sono etero, quindi non posso dirti cosa direbbe quel tuo ragazzo con esattezza, ma mi sembra un tipo trasgressivo. Il tipo da tatuaggi. Presto finirà nel tuo letto. - Blaine trattenne una risata. Avrebbe voluto rispondere che Kurt già sapeva del tatuaggio, e che, a dire il vero, nel suo letto già ci era stato. Certo, non nel senso che intendeva Cooper. Però sarebbe stato esilarante osservare la sua reazione.
- Non è il mio ragazzo, Coop. - Si limitò a precisare, grattandosi la mandibola con la mano sinistra. Quell’argomento lo agitava.
- Ancora per poco, Blainey, soprattutto se continui a seguire i miei consigli di moda. E poi di ha quasi fatto una sega in macchina, di fronte a me. Non sarà il tuo ragazzo, ma ti entrerebbe volentieri nelle mutande, fidati. E tu vuoi dirmi che non te lo scoperesti? Ho visto anche come lo guardavi, mentre ti allontanavi dalla macchina, caro.- Blaine, a quel punto, avrebbe solo voluto una pala per potersi sotterrare. O per sbatterla in testa a Cooper. E poi sotterrarsi.
- Forse. Da quando ti interessa chi mi scoperei, scusa? - Strinse più forte le braccia al petto, nonostante il caldo improvviso che stava sentendo.
- Da quando sei il mio fratellino. Digli pure che potete fare tutto il sesso violento che volete, ma nel momento in cui tornerai a casa e mi dirai che ti ha rovinato la vita lo prenderò per il ciuffo verde  e lo appenderò per le palle al soffitto.- Esclamò, un amabile sorriso in volto.
- Cooper! - Blaine spalancò la bocca, scandalizzato. Suo fratello a volte riusciva ad essere terribilmente imbarazzante. Prese una saponetta dal bordo della vasca, e gliela lanciò contro. Peccato che Cooper riuscì a schivarla senza problemi, scoppiando a ridere. Allora, Blaine si alzò, fingendo indignazione, e si diresse verso camera sua.
Nel momento in cui varcò la porta, tirò un sospiro di sollievo. Fortunatamente, suo fratello non aveva chiesto alcuna spiegazione sul tatuaggio. Non era stato in grado nemmeno di spiegare tutto a Kurt, che era la persona con cui si era aperto maggiormente nell’ultimo periodo. Figurarsi con suo fratello.
Kurt.
Kurt quel giorno lo aveva sorpreso.
Kurt quel giorno, diamine, lo aveva quasi baciato.
E lui lo aveva solamente trattato male. Per cosa, poi?
Prese il telefono dal comodino, e, prima di poter cambiare idea, digitò un messaggio veloce.
Mi dispiace per come mi sono comportato oggi. Avrei voluto spiegarti meglio. Forse lo farò.
La risposta arrivò quasi subito, facendolo trasalire.
Tu hai i tuoi demoni, io i miei. Un giorno riusciremo a raccontarceli entrambi.

Angolo di Alis.
Buonasera, gente. Ci ho messo un po', ma anche questo capitolo è pronto. Spero che vi piaccia, perchè è particolarmente importante. In ogni caso, come al solito, gradirei sapere cosa ne pensate. Cosa farà Azimio? Quinn e Rachel si avvicineranno ancora?
Kurt e Blaine scopriranno i demoni l'uno dell'altro?
Ogni commento, supposizione, suggerimento è ben accetto. Potete trovarmi, as Always, qui su efp, oppure su Facebook, Twitter o Ask.
Ringrazio per i commenti alla storia, per chi l'ha aggiunta alle preferite, alle ricordate o alle seguite, e ne approfitto per avvisare che a breve aggiornerò anche Nightmare. A presto, cupcakes.



   
 
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