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Autore: _joy    20/05/2014    4 recensioni
«E di me ti fidi?»
«Posso fidarmi?» rispondo «Dimmelo tu» 
«Sì» risponde senza esitazione. 
 
Gin/Ben
[Serie "Forever" - capitolo IV]
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Forever'
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Questi giorni a Venice sono un regalo.
 
Una mini luna di miele.
Nessuno che ci disturba, nessun amico strano, nessuna sensazione di inadeguatezza.
Solo io e Ben.
 
È incredibile come, con lui, qualsiasi posto o situazione sia perfetta.
Non ho mai bisogno di altro.
Non sono mai triste, stanca, infelice o annoiata.
Ben mi completa.
Di più. In un certo senso, mi riempie.
È come se in me non mancasse più niente, come se fossi piena di felicità, come se rabbia o mancanza o odio non potranno mai affliggermi, perché non c’è una stilla libera dentro di me che possano attaccare.
 
 
Ben si riprende.
Si rilassa e torna quello di sempre.
Però io voglio sapere di più del suo lavoro e di quello che c’è attorno al suo mondo.
Capisco di aver sottovalutato la sua professione e, peggio, di aver sottovalutato i suoi dubbi e le sue paure.
E non posso perdonarmi di aver sottovalutato qualcosa che riguarda Ben.
Quando gli chiedo di spiegarmi, lui è generoso come sempre.
All’inizio fa un po’ di resistenza, ma poi mi parla a cuore aperto.
Mi spiega che questo ambiente è molto diverso da quello inglese.
Che qui il cinema è titanico ma competitivo all’ennesima potenza.
Che la concorrenza è senza pari.
Ma se sfondi a Los Angeles sei a posto.
Il problema è che meno sei inserito nel giro e più fai fatica ad entrarci.
Di norma, quelli che ingranano con una buona parte, poi devono stare certo attenti a non scegliere brutti copioni, ma hanno moltissime occasioni di scelta.
Invece, se hai fatto qualcosina, se sei bravino, se hai recitato in qualche filmetto, è davvero difficile.
E dal tono con cui dice “qualcosina”, “bravino” e “Filmetto” intuisco che non deve avere avuto molti riscontri positivi.
 
 
E c’è un’altra cosa, a quanto pare, ma quella viene fuori due giorni dopo.
 
Siamo a letto e Ben è sul fianco, voltato verso di me.
Con le dita traccia delle spirali immaginarie sulla mia pelle nuda e accaldata.
Di norma farei fatica a seguire il discorso… ma stavolta no.
«In che senso, è difficile?» chiedo, seria.
«Oh, dai, Gin» sospira lui «Sono miei amici e io ci sono affezionato… Ma sono tutti attori con grandi ruoli e grandi conoscenze. A volte è difficile essere loro amico, ecco»
«Non capisco» obietto «Quale amico ti farebbe pesare i suoi ruoli e le sue conoscenze?»
«Non me li fanno pesare. Ma ovunque andiamo… Tutti li conoscono, i paparazzi li inseguono, i fan li fermano. Conoscono registi e produttori, non devono chiedere per fare casting. Sanno sempre tutto. Conoscono tutti»
Esito per un attimo, mentre accarezzo la sua spalla nuda, poi dico:
«Ben, sono nati qui. Sono figli di attori famosi, o di agenti importanti, o di grandi registi. Per forza conoscono tutti. Tu sei nato a Londra, hai studiato all’Università, sei figlio di due psicologi che volevano altro da te che non party e vita sregolata. Hai dovuto lottare per convincere i tuoi che questo è il mestiere che vuoi fare. Hai un sostrato diverso»
Gli poso la mano sul viso e lo guardo negli occhi, prima di scandire chiaramente:
«Per tua fortuna»
Lui non ribatte, ma io insisto:
«Per fortuna che ce l’hai. Questo fa di te una persona educata, preparata e che sa stare al mondo. Nel mondo vero, intendo, non nel mondo di Hollywood»
Lui sospira.
«Ma se voglio fare l’attore è qui che devo stare»
«Non necessariamente…»
Si alza sul gomito, improvvisamente agitato.
«Gin, è importante per me. Ho 32 anni. È già tardi! Se non sfondo adesso…»
Mi tiro a sedere e mi copro con il lenzuolo.
«Va bene, allora stai qui. Siamo qui insieme. Però non mi piace questa cosa»
Mi fermo prima di dire che i suoi amici non mi piacciono proprio.
Non è giusto dargli anche questo peso.
Cerco di essere obiettiva.
«Ben, so che non sei il tipo da chiedere aiuti. Se però stare con queste persone ti frustra, allora devi cambiare approccio. Non voglio che diventi uno schizzato depresso, capito?»
Lui sorride.
«Non lo diventerò. Ma, amore… Mi spiace essere insopportabile, ma la vita di un attore è fatta di lunghe attese… e io lo so che le gestisco male»
«Posso capirlo. Non me lo immaginavo, tutto qui, ma sono stata io a valutare male la situazione: l’incertezza mette ansia anche a me. Solo che non l’avevo associata a questo tipo di vita… sembra tutto così glamour!»
«È solo apparenza» bisbiglia lui, tirandomi su di sé «Solo apparenza…»
 
Rotoliamo tra le lenzuola, ma una parte del mio cervello sta ancora valutando le sue parole.
Pensavo che i suoi amici non mi piacessero perché appartengono a un mondo che a me non interessa, non piace e di cui non condivido le abitudini e i valori.
Certo, il mio fidanzato lavora in quel mondo.
È solo che… lui è Ben.
È una categoria a parte.
Ha una testa, dei valori.
E ora interviene anche questo pensiero: lui si sente inferiore a loro, perché non ha lo stesso successo.
Non lo ammetterebbe mai, ma so che è così.
Non inferiore in termini competitivi, perché Ben non è uno che ragiona così, ma temo che si senta inadeguato al contesto.
I suoi amici mi piacciono sempre meno.
Sono io che sbaglio, se credo che Ben e Los Angeles siano su due pianeti molto lontani l’uno dall’altro?
Vorrei rifletterci su, ma Ben si mette sopra di me e affonda il viso nel mio petto.
E ogni altro pensiero mi esce di mente.
 
*
 
Quando torniamo a Los Angeles, mi colpisce il pensiero che questa città non mi sembra più così bella.
 
Cioè, sì… Il cielo, le palme, il sole.
Ma non c’è molto altro.
So che non devo farmi suggestionare dai miei pregiudizi.
Aspettiamo i risultati del casting.
Ben si sforza palesemente di tenere a bada l’ansia e io cerco di aiutarlo tenendolo occupato.
Andiamo al cinema, a teatro.
E usciamo con i suoi amici.
Non c’è modo di evitarlo, naturalmente.
Usciamo per locali, andiamo a ballare.
Ben è sempre al mio fianco e, con lui vicino, è facile ignorare il fatto che gli altri mi ignorano.
Soprattutto le ragazze.
I ragazzi prendono atto del fatto che Ben sta con me e mi parlano.
Se proprio volessi essere puntigliosa, potrei dire che mi guardano come se fossi tappezzeria e certamente non come guardano le ragazze di qui… Ma evitiamo la puntigliosità.
Non posso non ammettere che le ragazze americane sono in generale bellissime.
Finte, magari, ma bellissime.
Ma pazienza.
 
Dicevo: in generale, i ragazzi sono abbastanza simpatici.
Profondi quanto una pozzanghera e completamente insensibili, ma simpatici.
Le ragazze, invece, sembrano odiarmi.
E non so perché, io non ho fatto niente.
A tratti mi chiedo se non sia per Ben e, per quanto io sia gelosa, potrei anche capirlo.
Spicca tra gli altri in un modo che non ha uguali.
Qui sono tutti alti, abbronzati e muscolosi; lui è elegante, educato e composto.
È unico e senza pari.
Sono così orgogliosa di lui… Vorrei solo che potesse vedersi nel modo in cui lo vedo io.
 
I locali che frequenta di solito sono chiassosi e glamour.
Non molto da Ben, per la verità.
La sua aria non del tutto rilassata me lo conferma.
Ma, a quanto pare, questi sono i locali in cui si deve bazzicare per fare gli incontri giusti.
Insomma, mi sembra anche un po’ eccessivo.
Il lavoro è una cosa, lo svago un’altra.
Tranne che a Los Angeles, dove non c’è nulla, nulla, che non sia finalizzato a essere scelti per il film della vita, evidentemente.
 
*
 
Dopo un po’, persino io inizio a risentire della tensione.
 
È tutta tensione, qui.
Tutta attesa, finti sorrisi, conoscenze utilitaristiche.
È uscire per farsi vedere e per vedere chi c’è.
Chi non c’è è out.
Inizio a capire le pressioni che TJ fa su Ben.
Visti i ritmi, immagino che ogni volta che lui scappava da me al suo agente prendeva un colpo.
Un’occasione sprecata.
Un’altra.
Un’altra.
 
E poi, alla fine, arriva l’esito del provino.
E non è un esito positivo.
Lo scopriamo una sera, dopo cena, ammassati in un locale pieno di gente.
Un attimo io e Ben siamo rilassati e abbracciati, con lui che mi mormora all’orecchio che il mio vestito è bellissimo ed è proprio ora di andare a casa, e un attimo dopo arriva un gorilla che gli dà il cinque e lo abbraccia come se Ben fosse il suo gemello perduto.
Presentazioni, strette di mano, complimenti a valanga… e poi arriva la staggiata.
«Oh, fratello, a proposito» fa il gorilla in tono fintamente dispiaciuto «Hanno preso me per quella parte, mi spiace amico. Mi ha chiamato poco fa il regista!»
A me cade la mascella, ma a onore di Ben devo dire che si comporta in modo ammirevole.
Sorride, naturale, e gli stringe la mano come se fosse davvero felice.
Quello si pavoneggia un po’ e poi se ne va a dare la notizia in giro.
 
Gli occhi di Ben si abbassano al pavimento e io gli prendo la mano.
Un attimo dopo arrivano Tom e Josh.
Per la prima volta posso dire che tra me e Tom passa un lampo di comprensione.
Tiro dolcemente Ben per la mano.
«Dai, amore» dico «Portami a bere qualcosa»
 
Saliamo in macchina mollando qui gli altri senza dire una parola e giriamo per le strade.
È tutto illuminato e aperto.
Josh sembra intuire che Ben non ha voglia di compagnia, perché guida fino a un bar lontano, abbastanza dimesso.
Dentro c’è pochissima gente.
Prendiamo un tavolo e ci portano birre (per loro), milkshake (per me) e patatine (per tutti).
Alla faccia della dieta che vorrei fare.
Ben non beve.
Io gli poso la mano sulla gamba.
So che di fronte agli altri lui è più riservato e io rispetto questa caratteristica.
Soprattutto adesso.
Josh e Tom lo forzano a bere, gli dicono che va bene così, che quello è un coglione, che ci saranno altre occasioni e che è ok.
Io mi devo ordinare di non urlare loro addosso.
«Ben, amore» dico, decisa, zittendo gli sproloqui di Tom «D’accordo, è andata male. Lo capisco e questa cosa non va certo sminuita, perché so che era importante per te»
Tom e Josh si scambiano un’occhiata perplessa: probabilmente non è nella loro tattica, parlare tanto.
O forse non sanno usare le subordinate, penso malignamente.
«Tuttavia, fa parte del gioco. E tu lo sai. E per quanto questa città voglia farti credere che è tutto facile e bello e veloce, chiaramente non è così. Non starò a dirti che non era l’occasione giusta e che ne capiterà un’altra perché è scontato e tu sei una persona troppo intelligente per tollerare delle ovvietà… Ma una cosa te la dico: non cadere nell’autocommiserazione perché è una cosa da idioti. Piuttosto, datti da fare»
Josh e Tom sono decisamente allarmati, a questo punto, ma Ben alza gli occhi e mi rivolge un sorriso tirato.
Io mi sporgo a baciarlo.
«Ti amo» mormoro, pianissimo.
Lui annuisce e allunga la mano verso la sua birra.
«Anche io» dice.
E mi bacia.
 
Tom e Josh mi guardano con nuovo rispetto, ma io ho occhi solo per Ben.

 

***
Buongiorno!
Come promesso, eccomi qui con i miei adorati Gin e Ben!
L'America non fa loro troppo bene, eh?! (Barnes, è colpa tua, sono suggestionata da quello che combini tu!)
Bene, che dirvi? Sapete dove trovarmi per qualsiasi informazione, dubbio o richiesta:https://www.facebook.com/Joy10Efp

Grazie, come sempre, a tutti voi!
Buona lettura,
Joy

   
 
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