Fanfic su attori > Robert Downey Jr
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Autore: VeroDowney    21/05/2014    6 recensioni
Robert è cresciuto in un quartiere povero e malfamato della NY degli anni 60', l'unica sua aspirazione nella vita è quella di avere la sua dose giornaliera e sopratutto combattere, queste sono le uniche due cose che lo tengono legato allo schifo di vita in cui è costretto a vivere. Ma le sue prospettive cambieranno radicalmente quando troverà una vera ragione per cui combattere.
Dal testo:
Solo il dolore lo teneva a contatto con la realtà e sapeva che quei combattimenti avrebbero portato dei soldi, in caso di vittoria, e quel denaro sarebbe servito a comprare la droga che gli avrebbe fatto provare un piacere intenso, quello che gli suscitava l'eroina ogni volta che entrava in circolo.
Genere: Dark, Erotico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon, OOC | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
Capitoli:
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Capitolo 2- Thanks


La appoggiò sul letto senza curarsi del male che quel gesto avrebbe potuto procurarle.

Non era abituato ad avere a che fare con le donne, se non quelle che alla fine dei suoi incontri si presentavano nel suo spogliatoio per “omaggiare” il vincitore, quelle per lui non erano "donne" degne di essere definite tali.

L'unica che avesse mai definito "donna" era stata sua madre, una persona forte che aveva cresciuto lui e suo fratello, dopo che loro padre aveva preso la strada deleteria dell'alcol per non essere cosciente di quello che lo circondava ovvero la più totale disperazione e povertà.
Sua madre era stata la sua ancora di salvezza, lo aveva portato alla prima lezione di pugilato, mentre spendeva tutti i soldi per mantenere suo marito e per il fratello più grande di Robert che sembrava essere la copia sputata del padre.


Adesso era lì, in piedi, davanti al letto sul quale era sdraiata una conosciuta che aveva salvato, senza neanche sapere il perché, l'aveva fatto e basta. Non si era meravigliato tanto di quel fatto, era un tipo impulsivo, lo era sempre stato, la cosa che lo meravigliò fu quella sensazione che provava davanti a quella ragazza, non sapeva come comportarsi, gli era capitato raramente nella sua vita, di solito era un tipo molto deciso e risoluto.


Un odore acre e pungente arrivò alle sue narici, ridestando da quella condizione di stasi.

Sangue.

Notò che le lenzuola si stava impregnando del liquido rossastro, senza pensarci alzò il vestito della ragazza e notò solo in quel momento che aveva un grosso taglio appena sotto il ventre.
Si toccò istintivamente la spalla sul quale l'aveva caricata per portarla a casa. La maglietta era anch'esse impregnata della stessa sostanza.
Non se n'era accorto, ma non se ne meravigliò, del resto aveva imparato ad alienarsi da tutto quello che lo circondava, l'aveva imparato perchè gli tornava utile nei combattimenti, più riusciva a distaccarsi dalla realtà più continuava a combattere incurante delle ossa rotte e dei traumi.
Per questo amava tanto il dolore, perché era l'unica cosa che lo riportasse a contatto con la realtà.

Non perse tempo, si diresse istintivamente verso lo squallido cucinotto, illuminato appena da una lampadina che pendeva dondolando dal soffitto, aprì il cassetto dove teneva il disinfettante e le garze che usa per medicarsi dopo i combattimenti e tornò verso la camera da letto, separata dalla zona cucina solo dal un sottile muro giallastro, dall'intonato incrostato e che cadeva a pezzi.
Versò il disinfettante sopra la ferita e iniziò a tamponare, con tutto quel sangue non riusciva a vedere quanto fosse profondo il taglio.

Passò qualche minuto prima che il sangue iniziò a coagulare sotto l'effetto del disinfettante. Il taglio era molto profondo e dai bordi irregolari, non si sarebbe rimarginato facilmente e non era sicuro che quella ragazza avrebbe superato la notte.

Non ebbe altra scelta che prendere ago e filo e ricucire a mano la ferita.

Glielo aveva insegnato sua madre, non avevano mai avuto soldi per pagare un vero medico e così dovevano fare tutto da sé. Non passò molto tempo che Robert, appena ragazzino, iniziò a far pratica su sua madre, ricucendo i tagli che suo marito le infliggeva ogni volta che perdeva il controllo colpendola con qualsiasi oggetto si trovasse a portata di mano.

Per fortuna quella ragazza era troppo debole per risvegliarsi e se anche fosse stata abbastanza forte avrebbe perso i sensi vittima del dolore che quell'operazione le avrebbe provocato.

Un'ora dopo, Robert aveva finito, i lembi di pelle erano tesi quanto bastava per far sì che non avrebbe avuto una cicatrice troppo vistosa che poco si addiceva ad una bellezza tanto dolce e naturale che caratterizzava quella ragazza.
Si meravigliò lui stesso di quel suo pensiero che poco si addiceva ad un uomo rude come lui.

L'aspetto esteriore, in quel momento non era importante, sarebbe stato sufficiente passare la notte senza complicazioni.

Le coprì le gambe con una coperta leggera, lasciando scoperto il corpo dalla ferita in su, l'ossigeno dell'aria avrebbe aiutato il processo di cicatrizzazione del taglio.


Si sedette sulla vecchia poltrona in fianco al letto, poggiandosi sulle gambe la sua inseparabile sacca.
Con un movimento meccanico, di chi sa già cosa vuole e dove la può trovare, estrasse il laccio emostatico e l'ago.

Sul tavolino di fianco alla poltrona c'erano tutto l'occorrente che gli serviva per entrare in un "stato sovrannaturale di lucidità", così la definiva Robert.

Su un vassoietto, erano posati con un ordine quasi maniacale, il cucchiaio, l'accendino, una bottiglia d'acqua e il succo di limone.

Era tutto pronto.

Iniziò quel rituale che conosceva tanto bene, non poteva farne a meno sopratutto quella notte, se quella ragazza avesse avuto delle complicazione, non avrebbe saputo affrontarle lucidamente, solo l'eroina poteva aiutarlo, solo così sarebbe stato davvero lucido e inebriato da un'ondata di adrenalina.
Sarebbe stato pronto a tutto.

Si legò il laccio emostatico attorno al braccio sinistro, nei momenti come quello preferiva iniettarsi la sostanza nel sinistro, perché sarebbe arrivata prima al cuore che l'avrebbe pompato velocemente in tutto il corpo.
Versò la quantità giusta della polvere tanto agoniata sul cucchiaio da minestra, accompagnato da acqua e qualche goccia di succo di limone per facilitare la solubilità dell'eroina.
Accese la fiamma e il metallo iniziò a scaldarsi facendo sciogliere e amalgamare il tutto, era pura chimica.

Controllò che non ci fossero grumi e aspirò tutto il contenuto con la siringa.
La guardò inebriato brillare alla flebile luce che illuminava la stanza.
Fece penetrare l'ago sottopelle e con calma studiata iniziò a premere lo stantuffo.

5 secondi, solo 5 secondi e sarebbe stato finalmente lucido.

Continuò a vegliare su quella ragazza per i successivi tre giorni.
L'eroina gli aveva tenuto compagnia, non aveva avuto bisogno di altro.




Becky si svegliò di soprassalto, un ultimo ricordo le tormentava la mente, due uomini la stavano aggredendo e uno l'aveva colpita con il coltello, poi un moro comparso dal nulla l'aveva salvato, dopo più nulla, il buio totale.

Forse era stato solo un sogno, o almeno questo si era augurato ripercorrendo quelle immagine ad occhi ancora chiusi.

Un formicolio la tormentava, guidò la mano fino al punto da cui proveniva, nel basso ventre e un dolore lancinante la pervase.
Aprì gli occhi e una luce poderosa la investì.
Ci mise qualche minuto a mettere a fuoco l'immagine che sipresentava alla sua vista.
Non riusciva a capire dove si trovasse.
Spostò lo sguardo intorno a sé e ad un tratto sobbalzò, in fianco al letto, seduto su una poltrona c'era l'uomo che l'aveva salvata nel suo incubo.

Pochi istanti più tardi dovette arrivare alla conclusione che il taglio sul suo basso ventre e la presenza di quell'uomo non potevano solo essere una coincidenza, non poteva essere solo un sogno bensì un brutto ricordo di quello che le era capitato.

La prese una irrefrenabile voglia di scappare.
Doveva andarsene.
Si trovava in una casa con un uomo del quale non sapeva nulla, è vero l'aveva salvata ma chi poteva dirle che non fosse un altro malintenzionato.

Si alzò a fatica, la ferita pulsava oltre ogni misura provocandole ad ogni passo un dolore lancinante.
Guardò l'uomo, la testa reclinata in avanti nella mano destra teneva una siringa mentre il braccio sinistro era stretto nella morsa di un laccio emostatico. Mossa da un senso di compassione e gratitudine sciolse il laccio e sfilò la siringa poggiandola sul mobiletto lì vicino. Prese un bicchiere d'acqua e cercò di farlo bere, doveva essere disidratato e la droga di certo non l'avrebbe dissetato, o almeno non l'avrebbe fatto a livello fisiologico.

L'uomo aprì gli occhi e la fissò facendo un sorriso sghembo e poi ricadde nello stato in cui si trovava prima che Becky si svegliasse. Lo osservò doveva avere poco più di una decina di anni di lei, il viso era rilassato e sembrava essere davvero a suo agio in quello stato in cui si trovava, c'era qualcosa in lui che la affascinava, non capiva che cosa l'avesse spinto a rischiare la vita per salvarla ma sicuramente le era grata per averlo fatto.

Non indugiò ulteriormente, uscì velocemente dalla casa e si buttò in strada per capire dove fosse ed orientarsi.
Il sole iniziava a calare.
Era ora di tornare a casa, se così si poteva chiamare la baracca in cui viveva.



Erano passati ormai cinque giorni da quando si era risvegliata nella casa del suo salvatore, così lo chiamava, non aveva un nome per lei, era scappata troppo in fretta per chiederglielo o anche solo per ringraziarlo per quello che aveva fatto.

Era stato davvero un gesto disinteressato.

Non aveva mai smesso di pensare a quella notte, quando l'aveva salvata, e si era ritrovata spesso a sorridere accarezzando i bordi della ferita che stava ormai quasi guarendo. A giudicare dall'ampiezza del taglio sarebbe sicuramente morta dissanguata se quell'uomo non si fosse preso cura di lei.


Uscì quel pomeriggio con un grande cesto, pronta per recarsi al mercato settimanale e fare rifornimenti, per quello che il suo stipendio da sarta le permetteva, erano giorni ormai che non mangiava qualcosa di caldo.
Riempì il cesto di ogni tipo di verdure che aveva trovato a buon prezzo, poi si incamminò verso casa.

Ad un tratto rinsavì, non si ricordava come ci fosse arrivata ma si accorse che sovrappensiero si era incamminata fino alla casa di quel uomo.

Ebbe un attimo di smarrimento.

Tirò fuori dalla tasca un biglietto che aveva scritto durante i giorni che era rimasta a riposo a letto.
Era un biglietto di ringraziamento. Estrasse dal suo cesto un sacchetto di carta e lo riempì con alcune colorate verdure, che le mettevano allegria, lo appoggiò con il biglietto sull'uscio di quella casa.
Fece fronte retro sorridendo, contenta di aver ringraziato come poteva, quell'uomo.
Il sorriso le morì sulle labbra quando girandosi incontrò gli occhi di quell'uomo. Era lì davanti a lei, ricoperto di tagli e con il volto tumefatto in più punti.

Robert socchiuse le labbra come se volesse dire qualcosa ma in quell'esatto momento, cadde a terra come spossato dopo una fatica immane e vittima del dolore fisico che ormai il suo fisico non riusciva più a sopportare.




Note dell'autrice:
Finalmente sono riuscita a scrivere il nuovo capitolo e a pubblicarlo! Penso proprio che non sarà una long-fic, certe storie meritavo di essere scritte in maniera breve e concisa per rappresentare al meglio l'intensità dei personaggi e per descrivere al meglio uno spaccato della loro vita.
Poi sinceramente non ce la farei a tenere in piedi due fanfic dovendo scrivere il seguito/non seguito di "The lesson is: someone can hurt you, but it does not mean that everyone is like him"!
Ringrazio come sempre le fedelissime ragazze che hanno commentato il primo capitolo e tutti quelli che hanno letto:)!
Il prossimo aggiornamento sarà Mercoledì, mentre per quanto riguarda l'altra fanfic pubblicherò come sempre il Lunedì!

A presto:)
   
 
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