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Autore: S O N I A    22/05/2014    1 recensioni
Ci sono situazioni che i tuoi genitori ti hanno insegnato ad affrontare, momenti in cui puoi semplicemente chiedere aiuto per risolvere un problema, volte in cui si può lottare per raggiungere un obbiettivo.
Ma che fare quando non puoi permetterti di fidarti degli altri? Quando ogni secondo può essere l'ultimo? Quando lotti con tutto te stesso senza sapere dove tutto questo ti porterà?
Genere: Avventura, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La rivelazione

«Questi maledetti rami! Questo non è un bosco, è una giungla» Cristina e Federico stavano camminando da giorni e la natura che li circondava era diventata sempre più selvaggia man mano che procedevano.

Avevano dovuto combattere contro giganteschi aghi, il quale unico scopo sembrava essere infilzarsi nei vestiti, con delle sabbie mobili del colore dell'acciaio e adesso avevano a che fare con dei rami che sembravano animarsi appena vi si passava di fianco.

L'unica cosa che non avevano trovato erano...animali.

Cristina, anche se molto turbata inizialmente, stava iniziando ad abituarsi alle insidie della foresta ma non credeva che sarebbe mai riuscita a farsi una ragione di quell'inquietante silenzio.

Aveva provato a chiedere al suo piccolo compagno di viaggio delle spiegazioni riguardo a dove si trovava o a dove stessero andando, e aveva riprovato giorno dopo giorno a ripetergli le domande che più la tormentavano:

Cos'è questo posto?

Perché mi trovo qui?

Come ci sono arrivata?


Tu chi sei?

Dove sono i miei genitori?


Ma lui si era limitato a scuotere la testa e a proseguire, oppure a sviare la conversazione o, più semplicemente a ignorarla.

Questi suoi atteggiamenti non avevano fatto che accrescere la curiosità della ragazza e, di certo, non erano riusciti a far acquietare la sua mente che la tormentava con le teorie più svariate.

In un momento poco precisato nei giorni precedenti aveva addirittura pensato di essere morta; aveva subito accantonato quel macabro pensiero dopo averlo formulato, rimproverando se stessa per essere stata così stupida, ma ora quella era una teoria che non le sembrava così improbabile.

Insomma, in quale strano posto sulla terra esistevano dei cespugli di tutte le tonalità dell'azzurro? E per quale strano motivo lei non era ancora morta, senza mangiare e senza bere per più di una settimana?

«Sono morta?» chiese all'improvviso al bambino che la stava precedendo.

«No» si limitò a dire Federico.

Cristina aveva notato che non era un tipo particolarmente loquace; rispondeva alle sue domande per lo più a monosillabi e non iniziava mai una conversazione spontaneamente.

Che fosse seccato per i suoi continui interrogativi?

Non sembrava; non parlava spesso ma tutte le volte che lo faceva il suo tono era gentile, e comunque, anche se fosse stato infastidito dalla sua curiosità lei non avrebbe potuto, e nemmeno voluto, sopprimerla.

Dopo aver schivato un ramo particolarmente veloce Cristina si ritrovò d'avanti ad uno spiazzo completamente ricoperto da margherite.

Chissà perché quei fiori erano gli unici ad aver conservato le loro normali fattezze; forse perché qualcosa di così semplice, puro e allo stesso tempo meraviglioso non poteva essere cambiato in nessun modo senza che si rischiasse di danneggiarne la bellezza.

«Ti piacciono molto le margherite vero?» le chiese Federico.

Cristina si voltò nella sua direzione e notò che lui si era seduto a gambe incrociate su quella distesa candida e che la fissava con uno sguardo quasi malinconico;

« Che cosa te lo fa pensare?» chiese, infastidita dal fatto che fosse così facile da decifrare;

Federico alzò le spalle.

Cristina si sedette difronte al bambino riportando la sua attenzione sul panorama.

«Mi hai chiesto molte volte perché tutte le cose che sono in questo luogo sono così diverse da quelle che sei abituata a vedere» la ragazza si girò di scatto con l'animo che traboccava di speranza.

Vuole finalmente spiegarmi tutto?

Un sorriso raggiante le si disegnò sul volto mentre annuiva attendendo che Federico continuasse ciò che aveva iniziato.

«Tu che idea ti sei fatta? Davvero non c'è nulla di famigliare nelle fattezze dei cespugli, degli alberi...» due occhi di un blu molto intenso la stavano fissando, come se riuscissero a guardarle dentro e come se tutte le risposte fossero custodite dentro di lei.

Il sorriso era scomparso dal viso della ragazza nel momento in cui aveva capito che Federico non le avrebbe concesso alcuna risposta.

In realtà tutto quello che le aveva dato erano state domande...

«In realtà...si, insomma qualcosa di famigliare in tutta questa eccentricità c'è. Sembra quasi la fantasia di un bambino. Sai, quando ero piccola, io e mio fratello facevamo spesso un gioco, si chiamava sogna un luogo. Consisteva nell'immaginare un luogo normalissimo a cui piano piano si aggiungevano delle caratteristiche molto strane, quasi magiche. Vinceva chi aveva immaginato il luogo più bizzarro ma io venivo sempre battuta; c'era sempre un particolare che mi rifiutavo di cambiare e...e...» un gelido dito invisibile le percorse tutta la colonna vertebrale trasmettendo dei brividi orribili per tutto il corpo « le margherite. È così? Stai cercando di dirmi che questo luogo non è altro che una mia invenzione?» scosse la testa cercando di schiarirsi le idee.

Se quel posto era davvero frutto della sua mente allora, allora anche Federico lo era .

Questo avrebbe sicuramente spiegato la sua somiglianza con suo fratello.

«Guardami Cris» la sottile voce del bambino la distrasse dai suoi frenetici pensieri.

Cristina alzò uno sguardo pieno di paura sul viso del suo interlocutore e aspettò che fosse lui a parlare per primo, che fosse lui a smentire tutte le sue assurde supposizioni;

«Questo luogo è un frutto della tua mente; inizialmente era un rifugio che tu stessa ti sei creata per sfuggire ad una realtà troppo difficile da affrontare, ma ora si è trasformato in una prigione da cui è sempre più difficile sfuggire».

«Anche tu sei un frutto della mia mente?» Federico allungò una mano e asciugò la lacrima solitaria ora solcava la guancia destra di Cristina.

Non ricordo di aver cominciato a piangere pensò confusa.

«No, io sono reale; sono qui per darti una mano a tornare alla realtà finché ti è possibile».

Avrebbe voluto formulare un'altra domanda, forse quella più importante di tutte ma per qualche ragione non ci riuscì.

Si limitò ad annuire e a sdraiarsi borbottando che aveva sonno e che avrebbero ripreso il cammino il giorno seguente.

Le tante emozioni di quel giorno l'avevano sfinita e qualcosa le diceva che i giorni seguenti non sarebbero stati più facili.
   
 
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