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Autore: Sheep01    24/05/2014    2 recensioni
Si concentrò sulla schiena solida del fratello. L’unica cosa concreta a dargli un senso di stabilità e calore.
Barney era tutto per lui. Fratello, amico, consigliere, padre e madre assieme. Lui che del padre ricordava solo la voce tonante e l’alito che sapeva di alcool e il peso delle sue percosse. Che della madre ricordava solo il profumo dei suoi capelli e i singhiozzi spezzati, umiliati, nella notte. Il fratello era stato il pilastro della sua vita, l’unico esempio da seguire. Protettore e cavaliere dall’armatura scintillante. Ed ora il suo salvatore.
[A Tribute to Clint Barton]
Genere: Avventura, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna, Het | Personaggi: Agente Phil Coulson, Altri, Clint Barton/Occhio di Falco, Natasha Romanoff/Vedova Nera, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 15

 

[Forgotten children]

 

Non dimenticare: due cose non conoscono limiti, la femminilità e i modi di abusarne.

(Nikita)

*

New York, 14 maggio

 

Questa faccenda dei supereroi proprio non riusciva a digerirla.

O super mostri, a seconda della prospettiva.

Divorava fumetti dall'età di sette anni, aveva amato le avventure di Batman, dei superamici, letto golosamente le gesta di Green Arrow, l'arciere di smeraldo (al quale si sentiva particolarmente legato) e di Wonder Woman, ma se mai gli avessero detto, che un giorno, avrebbe dovuto affrontare esseri del genere, in carne, ossa e metallo... sarebbe scoppiato a ridere. Sonoramente e con tanto di sberleffi offensivi.

Eppure adesso erano lì. Sotto i suoi occhi. Sotto gli occhi di tutti.

Prima quel bestione verde dall'aria spaventosa che con uno starnuto rischiava di fare fuori mezza Manhattan, e adesso Tony Stark.

Il miliardario. L'uomo più ricco di New York, capace di uscirsene fuori con una di quelle dichiarazioni che fanno impazzire il pubblico mondiale.

La notizia non aveva fatto altro che correre da un media all'altro senza sosta. E lo SHIELD non si era fatto sfuggire la ghiotta occasione di studiare il caso.

La famiglia Stark non era poi affatto estranea all'organizzazione: nonostante tendesse a rimuovere le nozioni di storia, Clint lo sapeva bene. Howard Stark era stato un pezzo grosso. Il pezzo grosso dello SHIELD. Ed ora suo figlio aveva appena fatto il botto con qualcosa di potenzialmente interessante. Di prodigioso...

“Iron Man. Per un ammasso di ferraglia volante... un nome piuttosto fantasioso.” aveva dichiarato sarcasticamente Clint, un venerdì mattina, al quartier generale dello SHIELD. I telegiornali si susseguivano tutti più o meno con la stessa notizia: Esclusivo! Tony Stark, è Iron Man.

“Se uno non ti conoscesse abbastanza bene, direbbe che sei invidioso.” Coulson si stava versando un caffè.

“Di cosa? Dell'armatura? Dell'attenzione dei media?”

“Un po' di tutti e due.”

“Più che di tutt'e due potrei essere geloso dei soldi di quel tizio. O del suo pizzetto... non riesco a farmi crescere una barba decente da quella missione in Giordania.”

“Quella era una barba decente?”

“Non mi provocare, Phil. Potrei cominciare con le battute potenzialmente offensive.”

“Le tue battute sono sempre offensive. Per il comune senso del pudore.”

Clint aveva scosso la testa e sedato la voglia di ribattere, rubando un biscotto al cioccolato dalla confezione di una delle tirocinanti chiacchierine che sostavano nella sala ristoro.

“Te ne devo uno.” le aveva fatto l'occhiolino e questa era arrossita fino alla punta dei capelli. Clint era ancora in una sorta di gongolamento interiore per via della reazione che era riuscito a suscitare nella ragazza, quando qualcuno si era messo fra lui e il corridoio, facendogli quasi rovesciare il caffè per la sorpresa.

“Ma che cazz-”

“Agente Barton, sempre intento a provocare i trigliceridi?”

“Natasha?”

La ragazza gli stava di fronte. Sguardo obliquo, capelli rossi e… curve. Erano... settimane, o forse mesi che non la vedeva. La trovava in gran forma.

“In carne e ossa.”

“Credevo fossi ancora a... perdonami, non ricordo per un cazzo dove tu fossi.”

“Istanbul.”

“Precisamente.”

“Ti trovo bene...”

“Anche tu non stai male.”

Clint aveva sorriso, considerando che sì, rispetto all'ultima volta, la vedeva decisamente meglio.

Lei gli sorrise di rimando. Era così raro vederglielo fare, che per un assurdo attimo si era illuso fosse merito suo.

Realizzò, con improvvisa consapevolezza, di quanto gli fosse mancata.

Non riuscì a fare di più che rimanere a guardarla, incapace di esprimere in altro modo il suo compiacimento: Coulson lo precedette con una rapidità sconcertante.

“Bentornata fra noi Romanoff…” gli era sbucato alle spalle.

“Ehi, Coulson…” la vide sorridere di nuovo e capì che si stava facendo inutili paranoie per niente.

Li guardò sciogliere la tensione in un rapido abbraccio e per un attimo si maledì per non aver pensato immediatamente ad esordire con quello, invece di restare fermo a fissarla come un baccalà con evidenti problemi di relazione.

“Mi hanno detto che Istanbul è stato un gran successo.” Ecco, Coulson se lo ricordava dove l’avevano spedita. Bè, bella forza era il suo lavoro, quello di supervisionare i lavori, no?

“Non ci si può lamentare.”

“Che pignola…” si era intromesso Clint, guadagnandosi uno sguardo di rimprovero da Natasha e una risata da Coulson. Eccolo il suo modo di sciogliere la tensione. Magari meno diretto, ma efficace in egual modo.

“Stavamo analizzando l’ascesa di Tony Stark.” La mise al corrente. “Coulson gli è stato dietro tutto lo scorso mese.”

“Hai conosciuto Tony Stark?”

“Più o meno”, rispose Coulson, rimanendo sul vago.

“Qualche coinvolgimento con lo SHIELD?”

“Informazioni riservate.”

“Lo odio quando fa così…” stronfiò Clint, dandogli un’amichevole pacca sulla spalla.

“Prendi qualcosa, Nat?”

La ragazza scosse la testa: “Ho già fatto colazione. Volevo solo salutarvi.”

“Woah, sei venuta qui apposta per noi?”

Natasha lo guardò a lungo: “Per chi altri?”

Clint nascose l’ennesimo sorriso dietro la tazza di caffè. Ustionandosi.

“Merda!” imprecò.

 

***

Bulgaria, sei mesi prima.

 

“Natasha! Natasha mi ricevi?” aveva perso il segnale solo da una manciata di minuti e la cosa lo aveva lanciato nel panico.

Se non poteva vederla, che almeno potesse sentirla. Ora che gli erano venuti a mancare tutti i collegamenti si sentiva totalmente impotente.

Aveva caricato arco e frecce e si era lanciato all’inseguimento. Lasciarla sola ed isolata, un’opzione da non prendere nemmeno lontanamente in considerazione.

Si erano divisi meno di un’ora prima ed ora tutto quello che riceveva era il verso gracchiante e vagamente canzonatorio dell’auricolare malfunzionante.

Se lo era strappato di dosso (Coulson lo avrebbe rimproverato per questo) e si era spostato.

L’avrebbe trovata. In un modo o nell’altro.

 

*

 

Natasha aveva dovuto forzare gli archivi per recuperare manualmente tutti i documenti riservati di cui aveva bisogno. Pochi e selezionati: quelli che lo SHIELD si era ripromesso di prelevare. Il segnale che la manteneva in contatto con Clint era saltato nel momento stesso in cui aveva avuto accesso al database di quel terminale preistorico, presso il quale si era augurata di ricavare informazioni sul materiale da cercare. Un sistema di protezione piuttosto brutale, ma altrettanto efficace. Aveva perso tutto. La sua memoria fotografica, però, era riuscita a registrare quello che le serviva.

Aveva sentito la voce di Clint che la chiamava un’ultima volta e poi più niente.

Aveva deciso di proseguire comunque: sapeva che avrebbe trovato il modo di raggiungerla.

Stava cercando da qualche minuto, aveva recuperato più della metà di quelle vecchissime cartelle, piene di calcoli che tanto sembravano aver destato l'interesse di Fury e compagnia, quando lo sguardo le cadde su uno scatolone carico di fascicoli dall’aria, se possibile, ancora più consunta.

Sebbene la coscienza le dicesse di lasciar perdere, di concentrarsi sui documenti segnalati dal database, non aveva potuto fare a meno di cedere all’intuizione, all’istinto.

File riservati, microfilm, istantanee di polaroid.

Le informazioni si susseguirono rapide in quella che fu meno di una manciata di minuti.

La luce tremò un paio di volte, prima di saltare definitivamente, lasciandola completamente al buio. Come a voler celare la brutale, mostruosa realtà con la quale era appena entrata in contatto.

Il rumore di fogli sparsi al suolo.

Il buio l’avvolgeva come un sudario, soffocandola nel suo disagio interiore.

Bambini. Tutte quelle foto di… bambini.

*

 

Le sirene risuonavano per tutto l’edificio. A breve si sarebbero ritrovati addosso una montagna di merda.

Aveva raggiunto l’area degli archivi ad una velocità tale che si chiese se non avesse per caso volato davvero, come un falco. L’intero settore era completamente al buio. Aveva dovuto atterrare un paio di guardie, un piccolo inconveniente che aveva però mandato a monte la copertura di Natasha. Non che ora ne avesse più bisogno. Le telecamere di sorveglianza erano già state sapientemente messe fuori uso. E comunque, gli unici sorveglianti presenti (da quello che aveva potuto constatare) erano già al suolo con aria tutt’altro che sana, equipaggiati con armi da fuoco che sembravano essere uscite direttamente dalla seconda guerra mondiale.

Clint constatò che tutto in quell’edificio richiamava alle anticaglie, a partire dall’arredamento e dalle tecnologie tutt’altro che moderne.

“Natasha!” aveva esordito, un colpo secco ad aprire la porta bloccata dell’archivio.

Intravide la sua ombra, appena illuminata dalla luce di una torcia.

“Natasha, dobbiamo andarcene da qui!”

“Lo so.” L’aveva sentita dire, ma niente della sua postura sembrava pronta alla fuga. Al contrario stava raccogliendo fogli sparsi per tutto il pavimento.

“Sono i nostri file?” Clint le era venuto in aiuto, rapido.

“In parte.”

“Che significa in parte?”

“Significa che adesso mi aiuti e poi te lo spiego.”

Clint si rese conto, dal suo tono di voce, che per la prima volta dacché la conosceva, la donna appariva tesa durante una missione tanto ordinaria. Il suo viso, una maschera di cera.

“Natasha…”

“Muoviamoci.” Era pronta ancora prima che potesse chiederle cosa ci fosse di così importante in quei documenti malconci: era sicuro non si trattasse di quelli che avrebbero dovuto riportare all'organizzazione.

Gli furono addosso appena varcata la soglia di quel maledetto archivio. Almeno una ventina di guardie che, per quanto maldestramente armate, avevano fatto passare ad entrambi un pessimo quarto d’ora. Erano riusciti a liberarsi dell’inconveniente, ma non senza conseguenze.

Clint si era massacrato una spalla, Natasha gli stava dietro a fatica. Ma erano salvi. Se non altro… vivi.

 

*

 

La casa sicura, predisposta per l’estrazione, era piccola e acciaccata. Una topaia se rapportata a quella in cui erano stati accolti solo qualche mese prima.

“Mi occupo io del rapporto allo SHIELD.” Aveva dichiarato Natasha. Clint ebbe come l’impressione che avesse trovato la scusa perfetta per isolarsi, per non dover rispondere immediatamente alle sue domande.

Clint aveva messo al sicuro i file che servivano allo SHIELD e solo in seguito analizzato i documenti che Natasha tanto si era premurata di portare con loro.

Ben presto comprese di aver avuto una pessima idea.

Erano documenti che riportavano rapporti più o meno dettagliati di sperimentazioni umane su soggetti che non potevano raggiungere i sei anni d’età. Una serie di fotografie a documentare il processo, a catalogare i candidati, a decretarne i successi e i fallimenti, finanche la morte. Bambini rapiti, senza nome, apparentemente senza identità. Tutti orfani, da quello che aveva potuto comprendere.

“E’ mostruoso.” Aveva commentato a mezza voce, l’orrore che gli serpeggiava nello stomaco. Qualcosa in lui restio a voler proseguire, ma d'altro canto consapevole di non poterne fare a meno.

Natasha se ne era accuratamente rimasta in disparte, apparentemente estranea alle sue reazioni nauseate per il raccapricciante scempio umano.

Tutto materiale decaduto. Casi archiviati da così tanti anni che quasi si sarebbe aspettato di vedersi sfaldare fra le mani ogni singola pagina. Eppure Natasha li aveva voluti con sé. Strapparli da quegli archivi, portarli alla luce. Per cosa poteva servirsene lo SHIELD? Che Fury le avesse dato una missione parallela da portare a termine? Non gli sarebbe sembrato strano… e nemmeno la prima volta.

Tutto quello che Clint aveva capito, in quella lettura dell'orrore, era che nessuno di quei bambini era stato in grado di superare l’età anagrafica che era stata loro attribuita alla fine dei rapporti.

Bambini che avrebbero potuto avere almeno una sessantina d’anni a tutt’oggi.

Testati per cosa? Per diventare… cosa? Vita facile per i creatori di quel circo degli orrori, approfittare di chi non aveva avuto una famiglia a reclamarli. Nessuna adozione di fortuna per loro, nessuna liberazione. Una cella. Test clinici invasivi. Le foto di ragazzini sgomenti, smagriti, alienati, a raccontare una storia di dolore, paura e morte.

Clint aveva chiuso le cartelline, saturo di informazioni, disgustato dal solo pensiero di cosa fossero stati in grado di generare.

Natasha ancora scriveva al laptop, un piede fasciato, una borsa del ghiaccio sullo zigomo pesto.

Qualcosa gli disse che non c’era solo un'avversione momentanea a quell’improvviso silenzio, ma qualcosa che andava a scavare a fondo, nella sua anima, a ripescare nelle sue viscere qualcosa di sepolto. Ormai la conosceva abbastanza bene per saper dire quando qualcosa la turbava sul piano personale. Si trovò a farsi domande sul suo passato, su cose che aveva solo intuito.

Si era seduto e l’aveva guardata lavorare. L’espressione concentrata, lo sguardo rapito sullo schermo del portatile. Quando concluse la guardò richiudere con riluttanza il laptop. “Saranno qui a breve.” Disse con voce piatta. Aveva recuperato la sua freddezza, troppo impostata anche per lei. Stava simulando. Questo non fece che confermare brutalmente le sue ipotesi.

“Natasha...” cercò di attirare la sua attenzione, incassandosi in quella poltrona polverosa.

La ragazza era rimasta silenziosa, ancora una volta, si era rannicchiata sul divano, la mano a reggere il ghiaccio.

“Lo so, ti avevo promesso una spiegazione…” Erano parole così sottili che per poco Clint non si domandò se non le avesse solo immaginate.

Quando alzò lo sguardo su di lei, Natasha lo stava finalmente guardando.

 

Per come si erano messe le cose, Clint si trovò a considerare che non avrebbe mai forzato l’argomento di sua spontanea iniziativa. Natasha, però, adesso sembrava finalmente decisa a concedergli un chiarimento. Il tasso emotivo così volubile, pericoloso, fragile.

“Forse sarebbe il caso di tornare indietro di qualche… anno, prima di dirti a che mi servono quei documenti”, esordì, mettendo immediatamente in chiaro come stavano le cose: non era un ordine di Fury, ma qualcosa che nasceva direttamente da una sua scelta personale. “Non credo sia un mistero… il fatto di non aver vissuto un’infanzia… comune. Sono sicura che tu sappia già abbastanza di quanto ti dirò.” proseguì “Ero molto piccola. I miei ricordi non arrivano troppo lontano. Ricordo bene solo il viso del nostro primo supervisore”, la sua voce, di solito così incolore era diventata esitante, raccolta, “Non era… necessario conoscere il suo nome. Ci rivolgevamo a lui come il comandante. Era facile da ricordare… facile per tutti.”

Clint non si era mosso dalla sua postazione, la mera distanza fisica a separarlo da quella confessione.

“Ricordo le stanze in cui eravamo costretti a dormire, uno accanto all’altro, per riscaldarci, come fanno gli animali in branco. Ricordo gli allenamenti. I test fisici, mentali. Le sperimentazioni. Per accrescere la forza fisica, la memoria… All’età di dieci anni sapevo già parlare quattro lingue. Conoscevo le più letali tecniche di combattimento. Usare almeno una decina di armi diverse. Ci costringevano a dormire con un'arma per non averne paura, per reclamarla come migliore amica a protettrice.”

Cercò di mettersi più comoda, allungando il piede malconcio. Emise un gemito sommesso.

“Non c’erano bambini in realtà, lì dentro. Solo macchine da guerra in miniatura.” La sua voce si era fermata per un lungo attimo.

“C’erano giorni in cui eri portato a credere che la testa ti sarebbe esplosa, che i muscoli si sarebbero sfaldati. Molti non sono sopravvissuti all’addestramento. Non ricordo il nome o il viso di nessuno di loro. Mi hanno detto che la mente tende a rimuovere ricordi… negativi.”

Qualcosa gli disse che non fosse proprio quello, l'aggettivo che andava cercando. Ricordi... dolorosi. Ricordi traumatici. Sono quelli che la mente tende a cancellare.

“Sono diventata operativa all’età di undici anni. Ci sono posti che solo un ragazzino minuto può raggiungere. Molti di questi non tornavano mai più. Chi invece ce la faceva, veniva modellato per portare a termine un’altra missione. Ho avuto così tante identità da aver scordato chi fossi. Diventavo ciò in cui mi chiedevano di trasformarmi. Niente di più, niente di meno. Un numero in una macabra tabella di marcia. Lo scopo era arrivare vivi alla fine della giornata. L’organizzazione ci nutriva, si prendeva cura di noi, in cambio noi mettevamo al loro servizio la nostra esistenza… e gli cedevamo la nostra anima.”

Socchiuse gli occhi, come a scacciare immagini non richieste, o forse, solo per non lasciarsi sfuggire il momento.

“Col passare degli anni le abilità si affinavano. Le ragazze venivano istruite per ricoprire ruoli più complessi. Gli uomini… tendono a diventare stupidi in presenza di una bella donna.”

Clint non era sicuro di voler sentire altro su quel particolare argomento. Natasha non proseguì.

“Ero fermamente convinta che non sarei mai arrivata a vedere la soglia dei vent’anni. Nessuno di cui fossi a conoscenza ci era mai riuscito. E in ogni caso... a nessuno di questi era mai stato concesso un ringraziamento, un riconoscimento per il sacrificio. I morti erano solo casi archiviati. Un fallimento da nascondere. Da dimenticare.”

Aveva voltato la testa nella sua direzione.

“Lo sarei diventata anche io, poco meno di niente.”

Clint ci lesse molto più di quanto avesse mai fatto in tutti quegli anni, in quello sguardo.

Rimpianto, dolore, frustrazione, rabbia. Tutto lì. Tutto concentrato in un paio di occhi verdi.

“Quei documenti magari adesso sono inutilizzabili. Un caso storico isolato. Archiviato... poco interessanti dal punto di vista di una qualsiasi indagine... ormai. Ma sono importanti. Importanti come lo sono stati quei bambini. E’ importante che qualcuno conosca la loro storia. Che sappia che sono esistiti. Cosa hanno passato. Chi avrebbero potuto essere... è importante che non vengano dimenticati, capisci? Qualsiasi sentimento… possano suscitare… saranno, agli occhi del mondo, non dei numeri in un archivio… ma degli esseri umani.”

Clint si era trovato ad annuire, ad accogliere quella confessione come il più greve e prezioso dei fardelli che Natasha potesse regalargli. Per quanto gli potesse sembrare forte e imperscrutabile, niente avrebbe mai potuto impedirgli di pensare a quanto fosse profonda la sua coscienza, quanto immenso il suo spirito. Di quanto le fosse costato raccontarglielo, di quanto fosse importante che lui avesse capito, di quanto lo sarebbe stato non dimenticarlo mai.

“Non ci sono mica riusciti a portarsela via, la tua anima…” le disse quando fu certo che non avrebbe più aperto bocca.

Lei si limitò a lanciargli un lungo sguardo, uno di quelli che ti arrivavano dentro, che ti costringevano ad abbassare gli occhi per impedirle di averti completamente in suo potere. Stavolta però, Clint non se ne sottrasse, sicuro del fatto che lo stesse guardando solo per renderlo consapevole di una cosa: del fatto che aveva voluto cederne un po' anche a lui, di quella sua preziosa anima.

 

***

New York, 14 maggio

 

“Riparti subito?” Clint aveva aperto la porta a Natasha, gesto che lei considerò fin troppo formale. Il cielo era terso. New York scintillava tutta sotto quel sole primaverile.

“No. Ho qualche giorno. Tu?”

“Faccio i bagagli per domani.”

“Dove?”

“E’ riservato.” L'uomo imitò – malissimo – la voce di Coulson.

“Mh.”

“Dai, scherzavo. Venezia.”

“Te ne vai in Italia? Sono anni che manco da lì…”

“Puoi fuggire con me. Chiedo a Fury una valigia più grande. Son sicuro che dentro ci staresti.”

“Insieme ai tuoi calzini sporchi? Che proposta romantica.”

“Ti sembrava una proposta romantica?”

“Una fuga a Venezia mi sembra abbastanza romantica.”

“Me lo devo appuntare…”

Natasha sorrise.

“Non dovresti essere tu l’esperto?”

“Il massimo del mio romanticismo l’ho esaurito portando una ragazza a vedere V per Vendetta.”

“E’ un bel film.”

“Puoi dirlo forte.”

“Meglio del fumetto…”

Clint si era fermato. Natasha aveva parlato di fumetti?

“Chi sei tu? Dove hai sepolto Natasha Romanoff, agente dello SHIELD?”

“Piantala...”

“Okay.”

“Ti arrendi così?”

“Che altro dovrei fare? Sono triste, hai appena rifiutato la mia proposta romantica.”

“Credevo non ti sembrasse una proposta romantica.” Clint le fece il verso, imitandola malissimo. “Maturo.”

“Dunque quando sarà la prossima volta che ci rivedremo, Romanoff?”

Natasha si era fermata, guardava la gente affrettarsi sui marciapiedi, ognuno in corsa verso la propria meta.

Si strinse nelle spalle, schermandosi gli occhi con una mano per poterlo inquadrare meglio.

“Magari la prossima settimana. Magari il prossimo mese.”

“Magari il prossimo anno.”

“Dovrò procurarti un bastone per la vecchiaia?”

“No, grazie, sono piuttosto ben attrezzato da quel punto di vista.”

Lei lanciò di nuovo gli occhi al cielo e non per seguire la scia di un aereo.

“Ti lascio alle tue illusioni e me ne vado. Ho un colloquio con la direzione appena dopo pranzo.” Tagliò corto.

“Sempre operativa, sempre all'erta.”

“Fa' buon viaggio, Barton.” lo stava davvero congedando.

Alzò una mano in un saluto appena accennato. Di nuovo provò quel senso di inadeguatezza. Lo stesso che gli impediva di salutarla agilmente come aveva fatto Barney prima di lui, come faceva Coulson, più o meno sempre.

Tentò di dire altro, ma fu ancora la titubanza ad avere la meglio. La mano andò a massaggiarsi casualmente la nuca.

“Ci vediamo, Romanoff.”

Nemmeno registrò lo spostamento d'aria e la massa di capelli rossi che gli finiva in faccia.

Natasha lo stava abbracciando.

 

___

 

N.d.A: Niente di trascendentale, solo un punto sul livello di intimità che hanno raggiunto negli anni i due agenti. Diciamo che Natasha aspettava solo il momento buono per raccontare a Clint quello che già intuivano o sapevano tutti. Tutti quelli che hanno accesso ai files della Vedova nera, comunque. Non sono entrata nello specifico, anche perché quando si tratta di Natasha e dei suoi trascorsi so sempre poco come muovermi (fra comics e film il tutto è parecchio incasinato e immagino vada trovato un giusto mezzo) e poi comunque questo è solo il punto di vista di Clint. Insomma... con questa si è conclusa la seconda fase della vita di Occhio di Falco. Con la prossima, parte la terza e più “conosciuta”. Dal punto di vista dei film, almeno. Nuovi (e noti, notissimi) personaggi all'orizzonte, dunque. Concludo con i ringraziamenti di rito e di nuovo a Sere, che le nostre chiacchierate portano sempre a qualcosa di molto buono (o molto pessimo!).

Ah... siete andati a vedere l'ultimo X-Men? Sono l'unica che ha trovato delizioso Quicksilver? Una nota che non c'entrava niente con il capitolo, ma dato che siamo sempre in universo Marvel...

Alla prossima!

  
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