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Autore: Lauretta Koizumi Reid    25/05/2014    2 recensioni
C’è qualcosa che mi fa impazzire più del freddo. Più dei topi o dell’oscurità, più delle urla e dei pianti di Peeta, delle botte e delle domande delle guardie e dei carcerieri. Ed è una semplice domanda: perché sono viva? Perché non mi uccidono e basta? Non servo a nessuno, sanno che non collaborerò, non hanno nulla per farmi davvero del male. Sono un fantoccio rotto e inutile in una cella. Ma forse è questa la mia punizione... la vita. Nonostante tutto.
Johanna Mason, Distretto 7. Prigioniera di Capitol City per un tempo che ella non può contare. In un luogo terrificante. Che forse, però, si può immaginare.
Genere: Dark, Introspettivo, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Johanna Mason, Nuovo personaggio, Peeta Mellark
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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 Mi sveglio dentro una stanza bianca, la stessa dell’altra volta. Non mi ero resa conto di essere svenuta. Mi tocco il collo dolorante e capisco che hanno usato qualche arnese del cazzo per togliermi la coscienza.
La luce di questa stanza è fortissima.

- Ben ritrovata, Johanna. Allora, oggi cosa mi dice?
Resto zitta. Oramai resterò zitta per sempre. Lo farò per Peeta. Per tutti, ma soprattutto per lui.
- Non vogliamo dire niente? Be’, certo che se lei spreca tutte le sue energie per ribellarsi contro i nostri due amici, non troverà mai la forza per parlare.
Non guardo nemmeno in faccia il mio interlocutore. Fisso insistentemente la sua camicia nera e la sua cintura.

D’improvviso qualcuno mi blocca le mie braccia libere e le immobilizza. Fanno lo stesso con le gambe e fissano una cintura alla sedia perché non possa sollevarmi.
- Parli ora, Johanna. Lo so che lei sa. Non come il ragazzo.
- Vaffanculo - mormoro.
- Ultima possibilità - e vedo le sue mani in tensione.
- Andate a farvi fottere. - mi sto quasi divertendo.

Tirano fuori un arnese bianco. Lo accendono e parte un ronzio. Qualunque cosa sia, farà male.
Stringo i denti, ma non sono preparata a sentirmi tirare ogni singolo capello dalla sua radice. Usano quella macchinetta sulla mia testa, ma non si limita a tagliarmi i capelli, li tira con forza.

- Piace? Sa, le donne a Capitol City lo usano per togliere i peli superflui, ma noi l’abbiamo modificato in modo che risulti molto più utile.
E parte la giostra.
Tirano ciocche intere di capelli, io urlo, si fermano, fanno le domande e io non parlo. Mi limito a pensare a Plutarch che ci descrive la possibilità di essere catturati e uccisi. Penso al mio Distretto. Penso, non parlo. Al massimo grido. E quando non ce la faccio più per il dolore, quando penso che morirò, finalmente, mi prendono di peso e mi riportano il cella a calci. Vorrei piangere di nuovo, ma allo stesso tempo non voglio.
-Ci vediamo, Johanna.
Spero di no, penso trascinandomi sul materasso, dove c’è uno scarafaggio che mi aspetta.
 
Mi risveglio. Prendo il cibo che mi hanno lasciato. Disgustose polpette di carne e altro pane. Una mela che stranamente si è conservata bene. Vado alla latrina per urinare e so che dall’altra parte non sentirò nulla.
Invece, nonostante il dolore alla parte destra della testa mi tappi l’orecchio, sento qualcosa. Tonfetti sul muro. Li conto. Dodici.

- Ehi - è l’unica cosa che riesco a dire.
- Johanna! Finalmente! E’ un ora che busso!
- Peeta? Peeta, ma sei vivo!
- Sì!
Un mattone mi si toglie dallo stomaco.
- Cosa ti hanno fatto, Peeta?
- Non ci crederai, ma mi hanno...intervistato. Mi hanno pulito, pettinato e profumato, rinchiuso in una stanza con la bella compagnia di un mazzo di carte e poi mi hanno mandato in tv. Mi hanno....mi hanno ordinato di chiedere un cessate il fuoco.
- Sanno che i Ribelli sono al 13?
-Non ancora. Ma stanno indagando a fondo, e finora solo a Capitol City. Ritengono sia il posto più adatto a nascondersi. Mi hanno detto di esercitare al meglio il mio potere di oratore delle folle, e che se facevo il bravo potevo dipingere Katniss come una ragazza incinta e indifesa che non sapeva ciò che stava facendo. Per inciso, è quello che lei è davvero, visto che come me non sapeva nulla. Ah, be’, tranne che essere incinta, ovvio.
- Non lo è? - mi domando stupita.
- Figurati. Era un espediente per cercare di rimandare l’Edizione della Memoria. Che ha davvero funzionato, come vedi.
E’ inopportuno, ma mi sfugge una risatina che non riesco e non voglio trattenere.
- Che ore sono, Peeta? Lo sai?
- Era sera quando mi hanno rispedito qui. Dovrebbero essere circa le dieci.
Annuisco.
- Tu? - mi chiede Peeta.
- Io cosa?
- Cosa ti hanno fatto? Hai la voce arrochita.
- Niente che non possa sopportare.
Segue un momento di silenzio.
- Ci uccideranno comunque, lo sai, vero? - mormora.
-  Io sarò uccisa di sicuro. Tu no. Tu sei troppo...

Vorrei dire “utile” ma non lo faccio, per non offenderlo. “Utile” per essere usato come oratore, “utile” per essere trasmesso in tv. Ma fino a quanto potrà essere utile? E’ davvero probabile che se Capitol City scoprirà dove sono nascosti tutti, noi finiremo sulla forca.

Lui non completa la mia frase, non mi chiede nulla. Forse ha già capito da solo. Lo sento allontanarsi dal muro con passo malfermo.

La notte passa insonne.

 






Il Silk-Epil nella testa deve fare davvero male... :3 mi sono sempre chiesta perché Johanna fosse tornata dalla prigionia con la testa rasata a zero, ebbene, ho immaginato questa tortura. Fa un po’ ridere, lo ammetto. E qui fu Peeta, dall’altra parte del muro: usagainst_theworld e la sua fan fiction à http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=1898741&i=1 è bella davvero, non lasciatevela sfuggire :)
  
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