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Autore: Eneria    03/08/2008    2 recensioni
Dopo due anni dall'evasione da Azkaban, Sirius Black è in un'altra prigione: il quartier generale di Grimmauld Place. Intanto una brillante Auror indaga su possibili collegamenti tra la sua evasione e l'evasione di dieci tra i più pericolosi Mangiamorte. Come se non bastasse il tempo fa brutti scherzi, riapre vecchie ferite e ne cura alcune.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: James Potter, Lily Evans, Nuovo personaggio, Sirius Black
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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Per i lettori (precedente edizione): noto con piacere che il numero di letture della mia fan fiction è piuttosto elevato. Sono molto felice che continui a  piacervi. Se desiderate essere informati sui nuovi aggiornamenti potete lasciarmi il vostro indirizzo e-mail nel commento e io vi avvertirò quando inserirò nuovi capitoli.
Ringrazio nuovamente tutti coloro e che leggono e tutti coloro che commentano.
Buona lettura!
 
III
 
Sara e Frank uscirono dall’ufficio della donna chiudendo la porta alle loro spalle.
-          Facciamo così, tu vai a prendere del caffè, tantissimo caffè, e io vado in archivio – propose Sara.
-          D’accordo, ci rivediamo nel tuo ufficio – rispose Parker.
Sara prese un respiro e si avventurò verso l’uscita dell’open space. Era ormai pomeriggio inoltrato. Il turno di giorno era finito e il Dipartimento era meno frenetico. Nonostante questo Sara si muoveva tra i cubicoli dell’open space cercando di evitare gli altri Auror. Davvero non aveva nessuna voglia di parlare in quel momento.
L’archivio si trovava allo stesso piano dell’ufficio del Primo Ministro. Chissà se il capo aveva detto a Caramell che aveva affidato il caso Black a lei. Forse quando l’avrebbe saputo si sarebbe pentito di aver fatto togliere il caso a Shakelbolt, il Ministro la considerava poco più di una piantagrane.
L’archivio del Ministero era protetto da un complesso sistema di sicurezza ed era suddiviso in più livelli. Il primo livello era accessibile a tutti comprese le reclute, conteneva per lo più materiale necessario per lo studio e la preparazione dei nuovi arrivati. Il secondo livello era accessibile a tutti tranne le reclute. L’accesso al terzo livello era consentito solo agli Auror di terzo grado e così via. Le informazioni che servivano a Sara erano considerate tra le più riservate ed erano contenute al quarto livello. Solo il Ministro, il suo capo e i pochi Auror di quarto grado potevano accedervi.
Sara aveva ottenuto la promozione al quarto livello solo un anno prima. Il terzo grado le dava la possibilità di gestire una piccola squadra di Auror di secondo e primo grado e, dopo la promozione, avrebbe potuto ambire ad avere una squadra più grande, composta dalle sottosquadre degli Auror di terzo grado ma aveva preferito rimanere con il suo piccolo gruppo. Una squadra troppo grande avrebbe significato una marea di burocrazia e troppo poco tempo per compiere effettivamente il lavoro operativo, che era quello che lei amava.
Dopo aver percorso alcune rampe di scale Sara giunse nel corridoio giusto. Lì si aprivano solo due porte una imponente e massiccia dalla quale si accedeva alle stanze del Ministro e una più piccola, dello stesso colore delle pareti con una strana serratura. La serratura presentava un foro a cinque punte. Sara estrasse dalla tasca una chiave molto particolare, fatta apposta per quella serratura. Esistevano poche copie di quella chiave, custodite dagli Auror di grado più elevato. Tutti gli altri, quando ne avevano bisogno, dovevano farne espressa richiesta ai superiori.
La chiave entrò nella serratura senza sforzo e scattò con un suono limpido e metallico. Sara fu accolta nella prima stanza da una voce femminile che diceva:
-          Archivio di livello 1. Benvenuta Sara White.
-          Buon giorno – rispose Sara.
La camera era ingombra di scaffali carichi di fascicoli, fogli sparsi, raccoglitori, giornali. Sul fondo c’era una porta con scritto in lettere dorate “Secondo Livello”. Sara si avvicinò e fece per aprire ma la voce la fermò:
-          Si prega di procedere al riconoscimento prima di accedere alla stanza successiva.
Sarà obbedì sbuffando, appoggiò la mano destra sulla porta e attese.
-          Riconoscimento completato. Archivio di livello 2. Benvenuta Sara White.
-          Grazie.
La seconda stanza era del tutto simile alla prima con una porta sul fondo con su scritto “Terzo Livello”. Sara si avviò decisa verso la porta e vi appoggiò la mano destra. La porta si illuminò leggermente e la voce ripeté:
-          Riconoscimento completato. Archivio di livello 3. Ben…
-          Sì, sì, lo so che sono la benvenuta. Possiamo procedere con un po’ più di rapidità.
-          Non se la prenda così – disse la voce – Io sono solo una voce, faccio quello che mi è stato ordinato.
-          Senti Voce, sono qui quasi ogni giorno, dovresti conoscermi ormai! – sbottò Sara.
-          E’ soltanto per fare quattro chiacchiere di tanto in tanto – disse la Voce spalancando la porta successiva senza richiedere ulteriori riconoscimenti – E’ piuttosto ripetitivo essere una voce.
-          Posso immaginare – rispose Sara più comprensiva mentre attraversava la stanza per raggiungere l’ultima parte dell’archivio.
La donna cercò un po’ tra gli scaffali prima di trovare ciò che le interessava. Sullo scaffale contrassegnato con una grossa B c’erano tre faldoni interi dedicati alla famiglia Black, uno per Bellatrix Lestrange, uno per Regolus Black e due per Sirius Black. Sara estrasse la bacchetta e sollevò dallo scaffale solo i fascicoli sulla famiglia Black e su Sirius in particolare, ignorando gli altri due.
Uscì dalla stanza tenendo il carico di informazioni sospeso davanti a sé e proseguì fino alla prima stanza mentre le varie porte si chiudevano alle sue spalle.
-          Grazie per la collaborazione – disse Sara rivolta alla Voce.
-          Prego! E’ sempre un piacere. Arrivederci Sara White.
Sarà lasciò l’archivio sorridendo tra sé e si diresse verso l’ascensore. Non aveva intenzione di fare tutte quelle scale carica di fascicoli. Quando le porte dell’ascensore si aprirono ne uscì Percy Weasley.
-          Signorina White – disse quello pomposamente.
-          Signor Weasley – replicò lei sperando che non la bloccasse con inutili chiacchiere.
-          Cosa la conduce da queste parti?
Ecco, come non detto.
-          Come può vedere sono appena stata  in archivio. Arrivederci – cercò di tagliare corto Sara salendo sull’ascensore.
-          Prima che vada, il Ministro ha saputo che le è stato affidato il caso Black. Confidiamo tutti che il suo lavoro sia all’altezza.
Sara lo guardò come si guarda uno scarabeo stercorario, non si diede neppure la pena di rispondergli. Non riusciva a capacitarsi del fatto che quell’individuo sciocco e arrogante fosse il figlio di Arthur Weasley, una persona di una gentilezza squisita.
Quando arrivò al piano del Dipartimento si diresse verso il suo ufficio senza più cercare di evitare i colleghi e ignorò completamente Phil Tarrentin che cercava di fermarla per chiederle chissà cosa.
Nel suo ufficio trovò Parker seduto alla scrivania con otto tazze di caffè.
-          ­Non mi dirai che dobbiamo leggerci tutta quella roba?! – domandò inorridito.
-          E invece sì…
-          Ma… ma... i fascicoli sull’evasione di Sirius Black li hai scritti quasi tutti tu!
-          Potrebbe esserci sfuggito qualcosa. Io comincerò dalla famiglia al completo. Tu studia a fondo il soggetto specifico. Al lavoro!
 
*^*^*^*^*
 
Le vacanze di Natale erano terminate e Harry e tutti i ragazzi erano partiti proprio quella mattina. Per Sirius era stato straziante vedere i saluti tra il suo figlioccio e James e Lily. Negli occhi del ragazzo c’era il rimpianto tremendo di non poter restare con i suoi genitori, anche se la promessa di lunghissime lettere lo aveva in parte confortato. Sirius l’aveva accompagnato fino alla porta, lo aveva abbracciato e gli aveva detto:
-          Ti prometto che quando tornerai per le vacanze di Natale saranno ancora qui.
Harry non aveva detto nulla, ma aveva sorriso, poi aveva seguito gli altri alla volta di King’s Cross.
Ora Sirius, Remus, James e Lily sedevano nella cucina di Grimmauld Place e sembrava che non fosse passato neppure un giorno da quando erano stati tutti insieme l’ultima volta.
-          E così Sara è diventata un’Auror – disse Lily affrontando cautamente l’argomento.
-          Già – rispose laconicamente Sirius.
James e Lily sembravano ancora ragazzi. In effetti lo erano. Lui invece si sentiva stanco e più vecchio di quanto non fosse in realtà.
-          Chi l’avrebbe detto – intervenne James – Sembrava più il tipo che avrebbe fatto l’impiegata o qualcosa del genere, non l’Auror Capo.
Sirius non era del tutto d’accordo. Già a undici anni aveva qualcosa di estremamente combattivo, qualcosa di affascinante e inquietante insieme.
Ricordava bene la prima volta che l’aveva vista. A Hogwarts. Lui e gli altri stavano per cominciare il sesto anno, erano arrivati da poco a scuola, affamati come lupi e si erano assiepati nella Sala Grande insieme a tutti i compagni. James, Remus, Sirius e Peter erano seduti all’estremità del tavolo di Grifondoro più distante dal tavolo dei professori. Non erano ancora sistemati che già confabulavano a proposito delle prime uscite serali che avrebbero fatto. Da quando, l’anno prima, erano diventati Animagi per aiutare Remus, tutto era cambiato in meglio.
Quando tutti i ragazzi si furono sistemati in Sala Grande, la professoressa McGrannitt fece entrare una lunga fila di spaventatissimi ragazzi del primo anno. Sirius si sorprese a pensare che fino ad un paio d’anni prima lui e i suoi amici seguivano lo Smistamento con estremo interesse, soprattutto per adocchiare le nuove arrivate. Ora invece era molto più coinvolgente parlare di avventure notturne che osservare un branco di bambini terrorizzati. Perché in confronto a loro erano quello: bambini.
Passando accanto a loro la McGrannitt li guardò con disappunto, così i ragazzi smisero di parlare e si misero ad osservare lo Smistamento.
Uno ad uno i ragazzi e le ragazze sottostarono al giudizio del Cappello Parlante, alcuni tremavano, altri faticavano ad arrivare allo sgabello senza inciampare. Sirius ricordava perfettamente il momento del suo smistamento. Seduto sotto il Cappello supplicava di non finire a Serpeverde come il resto della sua famiglia, qualunque altra cosa sarebbe andata bene, anche Tassorosso, ma non Serpeverde. E il cappello l’aveva accontentato.
Sirius stava di nuovo per voltarsi verso James e ricominciare a parlare, quando la sua attenzione fu attratta dalla ragazzina che stava salendo i gradini verso il Cappello Parlante. Sara White, così aveva detto la McGrannitt. Lei sembrava diversa dagli altri, sembrava più grande. Non tanto per l’aspetto fisico, ancora acerbo e tipico della preadolescenza, quanto per lo sguardo, l’atteggiamento. Era l’unica a non apparire terrorizzata, anzi sembrava serena e tranquilla. Prima che i suoi occhi scomparissero sotto la falda del Cappello Parlante, Sirius la vide guardarsi intorno con interesse e con un vago sorriso sulle labbra.
Il ragazzo non seppe dire se fosse una tranquillità derivante dalla totale inconsapevolezza dell’importanza dello Smistamento, oppure se fosse vera e propria sicurezza di sé. In ogni caso qualcosa in quella ragazzina lo incuriosiva e lo preoccupava al tempo stesso.
Il Cappello Parlante impiegò parecchio per decidere ma poi strillò “GRIFONDORO!”. Il tavolo esplose in un applauso di benvenuto, come per tutti gli altri, e Sirius non capì perché quella decisione lo irritasse.
Questi pensieri però furono questione di pochi attimi, dopo di che fu completamente assorbito dalla conversazione con i suoi amici, e si dimenticò di Sara White.
La ragazza ricomparve nel suo campo visivo durante la cena. James non faceva che continuare a voltarsi a guardare Lily Evans e ad un certo punto Sirius notò che Sara era seduta accanto a lei. Parlavano animatamente, come se si conoscessero da tempo e Sirius non poté fare a meno di notare che Sara era l’unica dei suoi compagni ad avere intavolato una conversazione animata con uno studente più grande.
Mentre parlavano Lily indicò un punto sopra la sua spalla e Sara si voltò a guardare. Il ragazzo distolse immediatamente lo sguardo sentendosi in imbarazzo.
Un momento? Imbarazzo? Lui imbarazzato? Fu in quel momento che comprese che Sara White sarebbe stata una persona da cui difendersi, una continua fonte di guai.
 
*^*^*^*^*
 
Erano due giorni che Sara e Frank erano chiusi nell’ufficio della donna a leggere una montagna di scartoffie e non avevano ancora trovato nulla che non sapessero già. Sara cominciava a spazientirsi, detestava perdere tempo.
Alle dieci del mattino del terzo giorno di inutili letture, decise di abbandonare Parker tra le scartoffie e mettere in pratica un’idea che le era balenata la sera prima, mentre andava a dormire. Voleva andare a parlare con Albus Silente. Poteva essere una scelta azzardata, non sapeva neppure se Silente sarebbe stato in grado di dirle qualcosa di nuovo, però valeva la pena tentare.
Lasciò a Frank le redini dell’ufficio e partì. Il treno era fuori discussione e con la sua macchina ci avrebbe messo tutto il giorno, così decise di prendere il Nottetempo. Estrasse la bacchetta dalla tasca e mormorò “Lumos” tendendola oltre il marciapiede. In pochi istanti comparve un enorme bus a tre piani viola melanzana.
-          Buon giorno! Mi chiamo Stan Picchetto e sarò il vostro… – salutò allegramente un ragazzo pallido e brufoloso saltando giù dal bus.
-          Buon giorno – tagliò corto Sara – Per Hogsmeade.
-          Sì. Sono diciotto falci.
Sara pagò e andò a sedersi il più lontano possibile da Stan, prima che lui potesse farle qualunque domanda. Il viaggio fu tremendo e come sempre punteggiato di scrolloni e scossoni, ma nel complesso non fu troppo lungo.
Quando scese dal Nottetempo, nella via principale di Hogsmeade, inspirò profondamente l’aria di quel posto. Il villaggio era molto tranquillo, in giro c’erano i pochi abitanti che entravano e uscivano dai negozi o tornavano alle loro case.
Sara camminò lentamente verso i cancelli di Hogwarts assaporando ogni ricordo che le era tornato alla mente. Lì aveva conosciuto un sacco di persone fantastiche, che le avevano insegnato tanto sull’amicizia, e aveva incontrato anche un sacco di persone orribili che le avevano insegnato a essere forte. Lì aveva conosciuto Lily, James, Remus… e Sirius. Lì aveva conosciuto la sua amica Rebecca, con cui aveva condiviso il dormitorio a scuola e poi l’appartamento a Londra, una volta terminati gli studi.
Quando arrivò davanti al pesante cancello quasi smise di respirare per le emozioni contrastanti che quel luogo suscitava. Ma lei era un’Auror, non una qualunque donnicciola sentimentale! Tirò su le spalle, sollevò il mento ed entrò nei territori di Hogwarts con passo sicuro.
Avvicinandosi al portone ripeté mentalmente il discorso che aveva deciso di fare a Silente, ammesso che lui avesse deciso di riceverla. Forse avrebbe fatto meglio ad avvertire del suo arrivo. Giunta davanti al portone di legno, afferrò una maniglia e fece ruotare la porta sui cardini. All’esterno c’era un venticello freddo, ma nell’ingresso Sara fu avvolta da un piacevole tepore. Quel posto era sempre così identico a se stesso che, nel guardarsi intorno, le si serrò lo stomaco e rimpianse di non avere con se gli occhiali da sole per nascondere lo sguardo.
-          Lei chi è? – domandò una voce gracchiante che Sara ricordava bene.
-          Buon giorno Mastro Gazza – salutò la donna cercando di sorridere – Sono Sara White, vorrei parlare con il Preside se fosse possibile.
L’uomo la squadrò con sospetto poi chiese:
-          Di che cosa deve parlare al professor Silente?
-          E’ una questione riservata, se non le dispiace.
-          Aspetti qui.
Gazza si allontanò imbronciato senza dire altro e Sara rimase nuovamente sola nel Salone d’Ingresso. Passeggiando avanti e indietro notò che la porta della Sala Grande era aperta, così si avvicinò per dare un’occhiata. Era completamente vuota, così come i corridoi. I ragazzi dovevano essere tutti a lezione.
A Sara venne in mente la prima volta che era entrata in quella sala.
Era il primo giorno del suo primo anno e non era mai stata così felice. Gli altri ragazzi erano eccitati e spaventati dalla prova ignota che avrebbero dovuto superare. Lei non sapeva niente di tutto ciò, non conosceva la storia e la fama delle quattro case, non sapeva cosa aspettarsi da quella scuola ma non le interessava. Sarebbe stato sicuramente meglio di quello che aveva lasciato alle sue spalle.
Vista dall’esterno la sua vita sarebbe potuta apparire perfetta, ma per lei era diventata insopportabile. Sara era di origini babbane: suo padre era un brillante chirurgo londinese, proveniente da una famiglia molto ricca e altolocata; sua madre, di origini più modeste, l’aveva sposato più per interesse che per amore. Dopo il matrimonio lui aveva continuato il suo lavoro di medico mentre lei aveva preso le redini del patrimonio di famiglia diventando una delle più brillanti manager di tutta Londra. Erano sfacciatamente ricchi e già di per sé questa cosa infastidiva terribilmente Sara. Anche se aveva solo undici anni sapeva che lo sfoggio di ricchezza che ostentava sua madre era arrogante oltre che maleducato.
Sara aveva una sorella maggiore, Grace, e un fratello minore, Derek. Grace era la copia di sua madre: bellissima, alta, bionda, occhi azzurri. Era solo un po’ più stupida. Derek era il figlio maschio, “l’erede al trono”, quindi il cocco di mamma. Lui aveva ragione sempre, incondizionatamente, e dall’alto dei suoi sei anni dettava legge.
Sara era il tentativo mal riuscito dell’erede maschio dopo la prima figlia femmina. Era un esperimento andato male. Assomigliava di più a suo padre: capelli scuri, occhi scuri, era sicuramente più intelligente della sorella. Ed era una strega.
Questa scoperta era stata il colpo fatale nel rapporto già precario tra lei e sua madre Elinor. Elinor aveva sempre avuto una predilezione per Grace e Derek e aveva sempre considerato Sara “non all’altezza”. All’altezza di cosa non era mai stato chiarito. Scoprire che era una strega era stato quasi impossibile da accettare.
Gerald, il padre di Sara, da quando aveva capito che tipo di donna aveva sposato, si era buttato anima e corpo nel lavoro rimanendo ai margini della famiglia. Era con lui che Sara andava più d’accordo, ma non c’era quasi mai e Sara si era sempre sentita terribilmente sola. Quando aveva saputo di essere una strega aveva pensato che forse, da qualche parte, avrebbe trovato un posto in cui si sarebbe sentita accettata per quello che era e non per quello che gli altri avrebbero voluto che lei fosse.
All’inizio Elinor si era opposta, non voleva che sua figlia diventasse una specie di fattucchiera e non sopportava che Sara, proprio Sara, fosse la più dotata tra la sua prole. In quel caso però l’intervento di Gerald era stato determinante, per la prima volta da che Sara aveva memoria si era opposto alla moglie e così lei era approdata a Hogwarts.
Il Cappello Parlante l’aveva smistata a Grifondoro. Sembrava il tavolo più vivace e questo piacque subito a Sara. Quando si avviò verso il tavolo per sedersi, quasi tutti i posti erano occupati. Era rimasto solo un posto libero accanto ad una ragazza con i capelli rossi e splendidi occhi verdi e Sara si sedette lì.
-          Ciao! Benvenuta a Grifondoro! Io sono Lily Evans – si era presentata la ragazza tendendole la mano.
Sara si era presentata a sua volta e avevano iniziato a parlare. Lily le aveva raccontato delle quattro case e delle loro storie e la ragazzina si era sentita onorata di essere stata scelta per Grifondoro, avevano parlato delle lezioni, dei professori, degli altri compagni. Ad un certo punto Lily le aveva detto:
-          Vedi quei quattro ragazzi seduti al capo del tavolo?
-          Sì – aveva risposto Sara guardando in quella direzione.
-          Ecco, sono i più arroganti e spocchiosi di Grifondoro, in particolare James Potter e Sirius Black.
Non era stata la prima volta che Sara aveva sentito il nome di Sirius. Ne aveva già sentito parlare sul treno da due ragazze più grandi che avevano diviso lo scompartimento con lei. Si era fatta un’idea piuttosto precisa di come dovesse essere quel tipo, ma ancora non aveva idea di quanto avrebbe influenzato la sua vita.
-          Prego da questa parte.
La voce di Gazza riscosse la donna dai suoi ricordi. Seguì il custode fino all’ufficio del Preside, in un lungo corridoio apparentemente simile a tanti altri, dove c’era una scultura di pietra piuttosto brutta. Quando vi si pararono davanti, la scultura si spostò rivelando una scala a chiocciola che saliva verso l’alto.
-          In cima alla scala – disse solo Gazza prima di girarsi e andarsene.
Sara salì sulla scala, che prese a salire da sola come una scala mobile, e si fermò davanti alla porta. Bussò due volte e, invitata da una voce all’interno, entrò.
-          Buon giorno Professor Silente – esordì la donna leggermente in imbarazzo – Mi perdoni se sono piombata qui senza preavviso.
-          Buon giorno! Non si preoccupi signorina White, è sempre un piacere vederla – disse il Preside con calore alzandosi dalla scrivania per stringere la mano a Sara.
Tranquillizzata dall’accoglienza positiva, Sara si accomodò su una delle due sedie davanti alla scrivania del Preside e cominciò a parlare.
-          Forse immagina il motivo della mia visita…
-          Forse, ma in ogni caso perché non me lo dice lei?
-          So che lei è molto ben informato riguardo all’attività del Ministero, non voglio sapere né come né perché abbia determinate informazioni, non mi interessa e mi fido del suo operato, per questo ritengo che lei sappia già che mi è stato affidato il compito di dare una svolta alle ricerche di Sirius Black e dei dieci Mangiamorte evasi – proseguì Sara tutto d’un fiato.
-          Mi erano giunte delle voci – disse Silente vago.
-          Credo che possa immaginare che cosa significhi per me occuparmi di questa cosa, sa bene quello che ho passato.
-          Lo so, me ne ricordo bene – confermò il Preside.
-          Ho bisogno di scavare a fondo, il più a fondo possibile in questa storia perché così una volta che avrò finito forse riuscirò a non pensarci più. Sirius ha fatto una cosa orribile, più che orribile, talmente orribile che non ho abbastanza parole per definirla. E il tutto è peggiorato dal fatto che tra le persone che ha ucciso ci fosse anche uno dei suoi migliori amici. Ci ho pensato moltissimo, ho cercato di capire come la persona che ho conosciuto abbia potuto fare una cosa del genere ma non riesco a trovare una spiegazione logica. Non riesco a trovare neanche una spiegazione illogica a dire il vero. Così volevo sapere se c’è qualcosa che io non so e che lei potrebbe dirmi a questo proposito.
In realtà non era questo il discorso che Sara si era preparata da fare ad Albus Silente, ma le parole erano venute fuori spontaneamente.
Vide il Preside tentennare. Non era un buon segno.
-          Ci sono molte cose che potrei dirle – iniziò Silente – ma non tutte sarebbero utili alla sua causa. E’ vero, ha bisogno di scavare a fondo in questa storia, ma deve farlo con le sue forze se davvero vuole che il dolore svanisca. Quindi io non le posso dare tutte le risposte che vorrebbe, le risposte che potrei darle.
Allora Silente aveva delle risposte. E non gliele voleva dire. Aveva voglia di prendere a testate la scrivania, ma si trattenne per educazione.
-          E quali delle informazioni in suo possesso ritiene di potermi dare? – domandò Sara con una punta di irritazione.
-          C’è una cosa che non sai – Silente era passato dal lei al tu, bruttissimo segno – Ricordi, nell’ultimo periodo prima della loro uccisione, Lily e James erano particolarmente braccati? Gli davano la caccia giorno e notte, in tutto il paese. Avevo suggerito loro una forma di protezione molto drastica, l’Incanto Fidelius. Sai come funziona?
-          Sì… - rispose la donna mentre i suoi battiti acceleravano. Che cosa c’entrava la morte di Lily e James adesso?
-          Bè, ecco… Sirius era stato scelto per essere il Custode Segreto dei Potter. Quando furono uccisi Peter andò a cercare Sirius e lui l’uccise facendo saltare in aria la strada con tutti quei babbani. O almeno questo è quello che sembra.
Oh.
Wow.
Oh Dio.
E questo che voleva dire?
Che Sirius aveva consegnato il suo migliore amico e sua moglie a Voldemort?
Oh mio Dio.
Era molto peggio di quanto avesse pensato. Molto, molto, molto peggio.
-          Sara? – chiese dolcemente Silente dopo alcuni istanti di silenzio da parte della donna.
-          Sì? – chiese Sara con un sorriso spiritato e inquietante.
-          Stai bene?
-          Sto meravigliosamente. Mi ha appena detto che l’uomo di cui ero innamorata quindici anni fa ha tradito la mia migliore amica e suo marito consegnandoli a Voldemort. Non potrei stare meglio – con la voce più acuta del normale e gli occhi lucidi. Mai come in questo momento aveva rimpianto gli occhiali da sole.
-          Io non ho detto questo – replicò il Preside criptico.
Sara chiuse gli occhi e scosse la testa, poi li riaprì come per accertarsi di essere sveglia. Era la conversazione più surreale che avesse sostenuto nella sua vita recente.
-          Come sarebbe a dire “non ho detto questo”? Cosa significa? – chiese Sara stringendo gli occhi e sporgendosi verso Silente.
-          Mi dispiace ma non posso dirle di più.
Sara rimase a bocca aperta. Forse Silente era veramente impazzito. Forse aveva ragione Caramell quando diceva che la vecchiaia lo aveva colpito al cervello e non distingueva più la realtà dalla fantasia.
Sara si alzò dalla sedia, ostentando una atteggiamento calmo che non le apparteneva, si alzò, ringraziò il Preside per la sua disponibilità e gli strinse la mano. Uscendo lui le fece i suoi migliori auguri e Sara dovette reprimere nuovamente l’istinto di sbattere la testa al muro.
Scese la scala a chiocciola e uscì nel corridoio. Man mano che procedeva verso l’uscita camminava sempre più velocemente tanto che a un certo punto quasi si trovò a correre.
Sirius era il Custode Segreto dei Potter. E non gliel’aveva mai detto. Nessuno gliel’aveva mai detto. Né Remus, né Silente. Nessuno. E cosa diavolo significava quello che aveva detto Silente? Era un incubo, un incubo terribile e lei non vedeva l’ora di svegliarsi. Ma non poteva.
I corridoi della scuola non erano più deserti, erano pieni di ragazzi che andavano a pranzo nella Sala Grande. Sara cercò di calmarsi e di camminare più lentamente. Quando uscì all’aperto respirò profondamente, si appoggiò al muro del castello e si accese una sigaretta. Alzò gli occhi verso il cielo. Era una giornata limpida e fredda come solo fuori città si riuscivano a vedere, il cielo era talmente azzurro che sembrava disegnato.
Sara si guardò intorno. In fondo al parco si scorgeva il campo di Quidditch, la donna ricordò con affetto tutte le partite a cui aveva assistito, facendo un tifo sfegatato, preparando striscioni e intonando canti di incitamento. A dispetto dell’ora non era vuoto. Piccole figure vestite di oro e di rosso sfrecciavano sopra le tribune. A quanto pareva la squadra di Grifondoro aveva già cominciato gli allenamenti. Forse non era una buona idea, ma la tentazione di andare a dare un’occhiata era molto forte.
Sapeva che Harry Potter faceva parte della squadra, le notizie sulle sue prodezze, sportive e non, erano andate ben oltre il parco di Hogwarts. Sara si avvicinò al campo. Sembrava che fosse in corso una riunione tattica a bordo campo. Sul lato degli spogliatoi, i componenti della squadra erano disposti in cerchio e discutevano animatamente. Tra di essi c’era un ragazzo con i capelli neri, gli occhiali rotondi e gli occhi verdi. Era cresciuto molto dall’ultima volta in cui l’aveva visto, ma sostanzialmente non era poi così diverso da come lo ricordava Sara.
Harry si voltò verso l’ingresso del campo, come se si sentisse osservato, e per un attimo i loro sguardi si incrociarono. Poi Sara distolse il suo voltando le spalle al campo e avviandosi verso l’uscita del parco.        
   
 
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