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Autore: BurningIce    29/05/2014    2 recensioni
La caccia alle streghe, a Borgonero, infuria più che mai.
Per le ragazze che sono riuscite a sfuggire alla morte sul rogo, l'unico posto sicuro si trova sottoterra.
La Colonia ospita le presunte streghe e dona loro rifugio, ma adesso la loro segretezza è irrimediabilmente compromessa.
Troveranno la chiave del loro problema con l'arrivo di Matt, studente universitario americano, catapultato misteriosamente nel tempo e nello spazio fino al loro covo sotterraneo.
Ginevra, il capo della Colonia, e Matt scopriranno di essere stati legati dal destino fin dalla nascita.
E capiranno che, forse, quella magia a cui nemmeno le ragazze della Colonia credono esiste davvero.
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Da un telo non molto distante, fece capolino la testa di una ragazza all’incirca della sua età, illuminata dalla luce di una torcia. Solo che Kelly non andava spesso in giro trascinandosi dietro torce accese. Non indossava abiti… medievali, forse, o qualcosa del genere.
E, dettaglio ancor più importante, quella decisamente non era la ragazza che quella notte aveva dormito nel suo letto.


*

 
La sconosciuta cacciò un urlo spacca timpani e sguainò una spada lunga almeno una cinquantina di centimetri. Indossava dei pantaloni mal rifiniti di pelle di animale, una camicia da uomo che doveva essere stata in voga negli anni Settanta o giù di lì e una borsa sfilacciata che somigliava parecchio a quella di Peter Pan. No, non poteva essere Kelly.
“Fermo lì, straniero!” Gli intimò. Stava palesemente cercando di apparire disinvolta e sicura di sé – Matt conosceva le ragazze, anche se generalmente non dimostravano la loro spavalderia brandendo un’arma dall’aspetto letale.
La lingua in cui aveva appena parlato non era inglese. Eppure riusciva a capirla perfettamente – strano, non era mai stato un asso in quelle cose.
“E chi si muove” Pensò, prima di rendersi conto che, effettivamente, il fatto di essersi risvegliato in una sorta di grotta era alquanto inquietante. Forse Kelly era una specie di satanista che abbordava i ragazzi e poi li rapiva per farne sacrifici umani… Matt rabbrividì al solo pensiero.
Ma quello era un sogno, giusto? Anche se la lama della ragazza lo avesse trapassato, nel peggiore dei casi si sarebbe svegliato accanto a un’altra ben più dolce e disponibile.
Si squadrarono per un attimo, Matt ancora assonnato, la pazza assassina più vigile che mai.
“Chi siete” Ringhiò, prima che Matt potesse chiedere lo stesso. “E cosa siete venuto a fare qui alla Colonia?"
Il ragazzo si guardò intorno in cerca di un’ipotetica comitiva, prima di capire che Peter Pan-femmina gli dava del voi per qualche imperscrutabile ragione.
La ragazza si avvicinò di qualche passo.
“Siete una spia?” Gli puntò la spada contro il collo scoperto.
Matt si accorse di star tremando di freddo. Solo di freddo.
Forse quello non era un sogno.
In effetti i boxer e la canottiera non erano l’abbigliamento più indicato per una gita sottoterra.
“Siete venuto qui per conto dell’Inquisizione?”
Matt arretrò istintivamente sulla branda e deglutì piuttosto rumorosamente. Quella era matta da legare.
“Oh, non scappate” Rise. “Non mi faccio di certo ingannare dai bei giovani come voi” Esitò verso le ultime parole, capendo di aver detto qualcosa di estremamente imbarazzante.
“Volevo dire…” Si corresse, quasi rivolta a se stessa. “Oh, non importa”
Matt sbatté le palpebre stupidamente.
“Ehm… ci… ci dev’essere un errore.” Azzardò, altrettanto stupidamente. La voce gli uscì in un rantolo strozzato senza troppa convinzione.  
“Io sono Matt, vengo da New York e l’unica Inquisizione che conosco è quella di mia madre quando mi becca sbronzo”
 La ragazza aggrottò le sopracciglia. Poi fece uno scatto felino e si portò a pochi centimetri di distanza da lui.
“E questa la chiamereste una presentazione?” Lo schernì, abbassando per un attimo la guardia. Se ogni conquista si basava sulla prima impressione come aveva sempre sostenuto, Matt aveva paura di aver iniziato col piede sbagliato.
“Facciamo così” Propose Matt in un inverosimile scatto di coraggio. “dimmi prima chi sei tu”
Matt si rese conto che anche lei riusciva a capirlo. Doveva essere sotto qualche strano incantesimo. Magari era finito in qualche libro fantasy tipo – per quello che poteva saperne – Harry Potter.
La ragazza più fuori moda che avesse mai visto abbassò istintivamente la spada e, per un attimo, non sembrò poi così ridicola con quegli stracci addosso.
“Io sono Ginevra, Comandante e Fondatrice della Colonia delle dimenticate. E desidero battermi con voi in un duello alla pari.”
Beh, non tanto alla pari. Lei aveva la spada.
“Io sono Matt Lynch” La scimmiottò lui. “Capitano della squadra di football della Columbia e fondatore del Comitato Feste Clandestine”
Ginevra sembrò confusa da tutte quelle informazioni. Matt non era sicuro che comprendesse il significato della parola football. Niente di nuovo, alla fine era una ragazza.
“In guardia!” Esclamò, assumendo d’un tratto un’espressione feroce che stonava un po’ con i suoi lineamenti quasi infantili. Non dimostrava più di sedici anni. L’urlo belluino risuonò per tutta la stanza, se così si poteva definire, sovrastando lo sgocciolio costante dell’acqua dal soffitto.
Matt non aveva mai picchiato una ragazza, ma si preparò all’idea di farlo, fino a quando Ginevra non gettò la spada sul pavimento di pietra, con un clangore metallico che si propagò per tutto l’antro.
Prima di poter anche solo pensare di esser salvo, si ritrovò a terra, con l’indemoniata a cavalcioni su di lui.
Possibile che dovesse finire sempre così?

 

*


L’adunata generale prima dell’Ora del Sonno era un appello a cui nessuna poteva mancare.
Quindi l’assenza di Ginevra suscitò non pochi sospetti, soprattutto in Beatrice, che si vide catapultata in una folla di ragazze vestite come dei vagabondi. Non ne conosceva nessuna, ma alcuni volti le sembravano stranamente familiari, come se le avesse incrociate al borgo oppure viste su qualche ritratto di gente smarrita…
In ogni caso, la ragazza che l’aveva tratta in salvo non si faceva vedere. E lei non aveva bisogno di quella stupida ora del sonno, visto che aveva dormito praticamente tutto il giorno. Ma si sentiva così stanca… in fondo non era sua consuetudine rischiare di morire al rogo a ora di cena. Era naturale che fosse quantomeno distrutta.
Una di coloro che occupavano le prime file, vestita con dei pantaloni da uomo e con una giacca che ormai le andava corta da quelli che supponeva essere anni, avanzò e prese la parola. Non sembrava particolarmente turbata dall’assenza di Ginevra, né interessata a quello che succedeva intorno a lei.
Aveva lo sguardo perso in lontananza e un’espressione dura.
“Colonia” Esordì. “Oggi è stato un giorno duro per ognuna di noi.”
Guardò in particolare Minerva e le sue arciere, tutte straordinariamente piccole. “Ma, ancora una volta, la giustizia ha trionfato. Abbiamo conquistato una nuova amica. Una nuova recluta. Una nuova sorella.”
Si voltò verso Beatrice. Le fece quasi paura, con quella chioma corvina e con lo sguardo grigio e intenso.
“Vieni avanti, Beatrice.” Tuonò. Nessuno osò parlare.
Angelica, questa volta, si guardò intorno. Ancora nessuna traccia di Ginevra – aveva bisogno di lei per rendere valido il giuramento. Evidentemente anche le altre ragazze se ne erano accorte, perché si scambiavano sguardi di confusione.
In quel momento Ginevra apparve dall’apertura che portava ai dormitori. Mimò qualcosa che faceva pensare a una grave emergenza e per un attimo Angelica apparve titubante. Scosse leggermente la testa e si apprestò a proseguire la cerimonia di iniziazione.
“Ginevra?” Esclamò Minerva, accortasi del suo ingresso. Istintivamente il resto della colonia puntò gli occhi sulla ragazza. Poi accadde quello che nessuna di loro poteva immaginare: affianco a lei, apparve quello che era senza dubbio un… un maschio.
Vestito in maniera ridicola, certo, ma estremamente affascinante. Alcune delle più piccole arrossirono, altre presero a confabulare.
Come Ginevra aveva previsto – portarlo lì era stata una mossa azzardata – si scatenò il panico. Le arciere di Minerva si disposero in posizione di attacco e incoccarono le frecce.
Alcune ragazzine scapparono, altre si limitarono a ridacchiare, mentre le più grandi si scagliavano contro di lui riempiendolo di invettive.
Qualcuna diede della traditrice a Ginevra, considerando che la loro prima regola imponeva il divieto di portare i ragazzi nella Colonia.
Erano stupidi, inaffidabili e limitati. Indegni della loro compagnia.
Ginevra si frappose tra Matt e la folla inferocita. Le capitava spesso di salvare la gente dall’ira popolare, ultimamente.
“Colonia!” Tuonò. Questa volta la ascoltarono. Se proteggeva quel ragazzo, le altre sapevano che doveva esserci una buona ragione.
“Abbiamo un problema.”
Uno? Si chiese mentalmente Angelica. Quel posto era una fonte inesauribile di problemi.


*

 
La cerimonia si concluse più rapidamente del solito, mentre uno sbalordito Matt vi assisteva controvoglia, legato a una roccia piuttosto ruvido per precauzione. Forse, se fosse riuscito ad afferrare il cellulare…
Si guardò intorno. Erano tutte vestite più o meno come Ginevra Capitano di questo e quell’altro. Sembravano tante caricature al femminile di Robin Hood; notò con una certa preoccupazione che la maggior parte di loro possedeva delle armi.
Fu stupito di constatare che quella grotta era stata trasformata in qualcosa di unico e stupefacente dalle sue abitanti: passaggi di legno la attraversavano per tutta la sua profondità, sospesi in aria, collegati a dei lampadari di candele. Candele. Doveva essere piombato tipo nel Trecento avanti cristo.
Tubi e condotti si intrecciavano ovunque a formare un sofisticato ed elaborato sistema idraulico che riforniva in continuazione alcune fontanelle d’acqua e faceva girare una grossa ruota in fondo alla stanza. Quella di una sorta di mulino, forse. Le pareti erano cosparse di librerie stracolme di pergamene, stoffe imbrattate di inchiostro e addirittura qualche libro. Matt non ne riconobbe nessuno, ma era piuttosto sicuro che a Management non studiassero niente che si chiamasse “Malleus Maleficarum: versione rivista e riscritta con relative critiche alle tesi di Quelli di Sopra”
Era ancora perso nell’analisi della sala sotterranea quando Ginevra lo riportò alla realtà. Ah, bene, stavano per scegliere il suo destino. Avrebbe finito i suoi giorni assassinato da una banda di ragazzine straccione che vivevano come le formiche.
Oppure lo avrebbero condannato a non rivedere mai più la luce del sole.
“Matt Lynch, Capitano di un reparto e fondatore di un Comitato” Snocciolò Ginevra rapidamente. Sembrava quasi un eroe di guerra, così. La ragazza doveva aver frainteso.
Pronunciò il suo nome in modo strano, come se non avesse mai sentito nulla di simile.
“Prima dell’ora del Sonno, voglio che il consiglio si riunisca nuovamente per prendere una decisione al riguardo. Qui e ora.” Non avevano mai fatto riunioni al di fuori della Stanza del Consiglio, ma quella poteva essere catalogata sicuramente come una dovuta eccezione.
Alcune ragazze fecero dei passi avanti. Matt suppose che fossero i membri di questa specie di assemblea – sembravano così formali, in certe cose. Si chiese cosa avrebbero fatto quelle ragazze così seriose a quella baraonda che era il consiglio studentesco della sua università.
“Cosa ce ne facciamo di lui?” Intervenne una ragazza bionda molto carina. Matt si appuntò mentalmente di chiederle il numero. Quando il cellulare avrebbe ripreso a funzionare, magari.
“Mi sembra ovvio” Rispose una ragazzina alta non più di un metro e quaranta. “Lo usiamo come bersaglio mobile per gli allenamenti di tiro con l’arco!”
Alcune delle sue compagne approvarono. Quelle erano tutte fuori di testa.
“Oh, Minerva, non essere sciocca” Ginevra salvò la situazione prima che qualcun’altra potesse proporre un modo fantasioso di ucciderlo o torturarlo. “Io dico che potrebbe tornarci utile“
“Gli uomini non sono mai utili” Intervenne decisa la ragazza che aveva diretto l’iniziazione insieme a Ginevra. Le altre annuirono – si metteva male.
“Non è vero!” Protestò. “Cucino degli ottimi muffin”
Eh, no, la tattica simpatia non funzionava. Continuavano a guardarlo più torve che mai.
“Poche storie” Intervenne nuovamente la bionda. Le diresse un sorriso che implorava pietà. “Mettiamo la questione ai voti”
“Quante per l’esecuzione?” Chiese pigramente. A sorpresa alzò la mano anche lei, ma fu seguita solo dalla ragazza dal naso aquilino e da una delle più piccole. Gran parte del gruppo si limitò a scambiarsi sguardi perplessi.
Tirò un sospiro di sollievo.
“E sia” Ginevra sospirò come se sapesse di star commettendo un errore madornale. 
“Capitano Matt, da questo momento in poi siete in prova a tempo indeterminato.”
Si chiese quando avrebbe capito che non era capitano di un bel niente.
“Un solo passo falso e vedrò bruciare al rogo la prima persona che lo meriti veramente.”
Il rogo era senza dubbio una bella punizione. Obsoleta, certo, però…
“Potrei farvi una domanda?”
“La state già facendo” Rispose Ginevra, impassibile. Non smetteva di guardarlo nemmeno per un attimo, come se volesse disintegrarlo con il solo sguardo. Eppure lei si era detta contro la sua uccisione – bah, lunatica e acida, la peggior specie.
Matt la ignorò.
“In che anno siamo?”
Le ragazze lo squadrarono come si fa con uno svitato senza speranze.
“Inaudito” Sputò la simpatica ragazza che aveva cercato di istigare le altre ad ucciderlo seduta stante.
“Qualunque troglodita lo saprebbe… è l'anno di Nostro Signore Milleseicentoquattordici.”
Matt svenne. L’ora del Sonno, per lui, era arrivata prima del previsto.

 
*
 
 
“Copritemi le spalle, messaggero del futuro” Sussurrò Ginevra in tono di scherno. Si era intrufolata nel seminterrato di una piccola bottega di generi alimentari. Matt si chiese se avessero già inventato la pizza, ma si diede dello stupido il momento dopo. Era bloccato a più di quattrocento anni prima della sua nascita e si metteva a pensare al cibo?
Ginevra sgattaiolò tra gli scaffali e tornò  così velocemente da far sembrare che non si fosse mai spostata di lì.
Matt non aveva mai rubato in un negozio, ma evidentemente era un’attività abituale tra i suoi coetanei anche nel diciassettesimo secolo.
Ginevra tornò indietro in un batter d’occhio, con il sacco stracolmo e, a giudicare dalle sue smorfie, eccessivamente pesante.
Tornarono indietro dal tunnel da cui erano arrivati – aveva come l’impressione che quella missione fosse la più facile che potesse capitare e si sentiva un tantino umiliato ad essere trattato come una femminuccia da un branco di minorenni – e Matt si ritrovò a gattonare in un trionfo di terra umida, insetti e altri animali di cui non voleva nemmeno immaginare il nome.  
Nel buio pesto della galleria si udivano solo i loro respiri pesanti e i versi di quelli che dovevano essere… ecco, lo sapeva, topi.
Sapeva di non dover fare rumore, ma non resistette. Quella domanda lo tormentava da un giorno intero.
“Quindi voi siete… streghe?” Chiese, pregando in una risposta negativa. Ogni volta che apriva bocca si stupiva di quell’assurda traduzione istantanea che permetteva loro di comunicare senza alcun problema. Era inquietante. Tutta quella storia lo era.
Contro ogni sua aspettativa, Ginevra rispose.
“Streghe? Ma per favore! Noi ci definiamo donne dall’intelletto superiore. Abbiamo tutte qualità o capacità per cui veniamo invidiate o considerate poco adeguate. Minerva, per esempio. Sarebbe in grado di colpire qualunque bersaglio a decine di metri di distanza. O Angelica, lei è un’esperta di erbe medicinali. Quanto a me…” Si bloccò, lasciando cadere la frase. Matt era piuttosto sicuro che, in una vera e propria trasposizione letterale, quelle parole sarebbero suonate molto più antiquate di quelle che giungevano alle sue orecchie.
“Quella delle streghe è tutta un’invenzione degli uomini.” Quando lo disse Matt si sentì addosso il suo sguardo anche nell’oscurità più assoluta. Il tono della ragazza sembrava scaricare tutte le colpe del genere maschile su di lui.
“Beh, eppure dovete esserlo.” Obiettò Matt. “Altrimenti non si spiega come io sia finito in un altro continente e…” Si accorse di aver alzato la voce e fece una pausa.
“Oh, dimenticavo. In un altro secolo.”
Ginevra tacque. Sapeva benissimo che Matt, in qualche modo, aveva ragione.
Non parlarono più per il resto del tragitto. Il borgo addormentato era uno spettacolo affascinante e sinistro insieme: tra le vie deserte si faceva strada una delicata brezza estiva e le ombre degli alberi tremolavano sulle mura in pietra. Sembrava uno di quei film storici della BBC.
La luna splendeva alta nel cielo, gettando deboli bagliori sul selciato. Matt fu contento di vederla come mai era stato in vita sua: passare un’intera ora in un tunnel da claustrofobia non è facile, per uno che è abituato a un loft con vista panoramica. Eppure avrebbe dovuto farci l’abitudine: vivere sottoterra era la principale caratteristica della Colonia – nessuno aveva riso alla battuta sul profumo, scappatagli in uno dei momenti in cui il suo cervello non voleva realizzare di vivere in un’epoca che non era la sua.
Guardò distrattamente la figura minuta di Ginevra che procedeva spedita con la sicurezza di chi va in giro da solo più o meno ogni notte. La sua ex chiamava un taxi anche per arrivare dall’altra parte della strada.
Non sembrava aver paura di niente, neppure dell’arrivo di un’ipotetica guardia.
Si sentì uno stupido ad aver temuto il controllore del tram, nella sua vita passata.
Perso nei suoi  personalissimi confronti tra Manhattan e quel borgo dimenticato da Dio, non si accorse che la sua guida si era improvvisamente acquattata dietro lo stipite di un pesante portone in legno. Quando la ragazza cercò di trascinarlo nel nascondiglio, era già troppo tardi. Una sagoma incappucciata che correva nella loro direzione si schiantò contro di lui in un placcaggio da rugby e lo scaraventò a terra.
Matt aveva i riflessi pronti per questo genere di cose: ribaltò la situazione prima che lo sconosciuto potesse capire cosa fosse successo e gli puntò il coltello contro la gola. Minerva, la bimba assassina che aveva votato per la sua uccisione, glielo aveva procurato dietro ordine di Ginevra.
Quando lo sconosciuto alzò il volto per guardarlo, lasciando cadere il cappuccio, vide chiaramente il suo sguardo terrorizzato. Ma c’era qualcosa che non tornava: quegli occhi erano identici ai suoi.
Stava per uccidere la copia seicentesca di se stesso



Angolo dell'idiotachenonaggiornapermesi

Scusatemi. Scusatemi davvero, so che è passato un bel po' di tempo - tipo, uhm, quasi tre mesi. Ma giuro che la vita universitaria - primo anno, capitemi! - mi ha risucchiata. In ogni caso, spero che vogliate continuare a seguirmi. Fatemi sapere cosa pensate dei nuovi sviluppi, ci tengo particolarmente a questa storia e ho paura di sbagliare ad ogni singola parola. 
Ringrazio chi ha commentato, messo tra le seguite/preferite/ricordate o semplicemente letto la volta passata. 
Dedico questo capitolo a una delle mie migliori amiche. Perchè lei sa come uscire dal tunnel. E lo dedico anche a Flaqui, la mia meravigliosa sorella a distanza. Ti voglio bene, anche se ultimamente non ci sentiamo spesso. 
Un bacio e buonanotte, 
-Iv.

 
  
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