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Autore: Soledad    04/08/2008    3 recensioni
E ora guardati. Che cosa vedi? Che cosa vedi oltre quello specchio? Oltre i tuoi occhi? Oltre il tuo corpo? Oltre mente e anima? Che cosa vedi? Credi davvero possa esserci qualcosa oltre il corpo e l'anima?
AVVISO
Aggiunto il 6 capitolo *-* Finalmente sono tornata U.U
Genere: Romantico, Drammatico, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: Alternate Universe (AU), OOC | Avvertimenti: nessuno
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Ademas el cuerpo y el alma
 
Hola! Eccomi ritornata con il terzo capitoletto...
Prima di tutto ringrazio Hachi92 e ichi_chan per continuare a recensire la mia storia...
e ringrazio i 141 lettori e andrea83_2007 per aver aggiunto fra i preferiti ^____^
Ragazze, ovviamente non date per scontato che non sia una IchixRyou...
ve lo dico che qua è tutto possibile, quindi iniziate a farbi tutti castelli possibili e immaginabili xD
muahahahahhahahha perchè niente è scontato u.u
Ok, basta rompere! Passiamo alla storia!
Podemos empezar

 

Tercer Capitulo

La "new-entry" Yuki aveva scombussolato molto le sei ragazze, in quanto nessuna si aspettava un tale arrivo al Cafè, soprattutto perchè pareva fosse una cosa importante, così, lo sembrava, come così sembrava stesse per accadere di nuovo qualcosa.

Retasu era ovviamente fra i suoi diecimila castelli, non appena aveva visto come Ryou guardava Yuki, ebbe subito il presentimento che fra quei due non poteva esserci solo una semplice amicizia, ma che molto probabilmente si stava striascicando dietro una lunga storia che certamente Ryou non aveva e non avrebbe mai raccontato; per quanto potesse sembrare strano per le altre, anche Ichigo ci era un po' rimasta... non si era mai immaginata una lei nella vita di Ryou, cioè a dire il vero non è che le importasse molto, però un po' la irritava, come se vedere Ryou con al fianco assolutamete nessuna poteva quasi darle una pseudo sicurezza, come se aspettasse qualcosa, come se aspettasse di esserci lei, eppure lei amava Aoyama, stavano ormai insieme da tre anni, mai un litigio, niente. Appunto, niente... Niente, semplicemente.

Il giorno seguente era di pausa. Tutto il locale era libero, un silenzio che quasi non li apparteneva e una quiete ambita che riusciva a riacquistare solo dalle sette di sera in poi... Una quieta completamente squarciata da attesa ed impazienza. Soprattutto timore. Si sentivano questre tre sensazioni vibrare e librarsi liberamente nell'aria. Che strana sensazione.

Ryou e Keiichiro erano nel laboratorio da ormai quasi tre ore. Dalle 8 alle 11 del mattino, e sembrava apprestarsi fino a mezzogiorno se non l'una; da quello che aveva capito Yuki, stavano facendo delle ricerche e degli accertamenti su un qualcosa a cui Ryou aveva preferito non acennare, perciò non fece domande, alle unidici uscì dalla stanza e cominciò a preparare qualcosa, convinta che quando sarebbero risaliti sarebbero stati morti di fame. Non era la prima volta che lo faceva, era quasi come rivivere il passato, un continuo Déja-vu. Solo che c'era qualcosa di rotto, inesorabilmente spezzato, in mille pezzi, che la divideva da lui. Da Ryou, appunto. Il loro era un amore strano, fatto di sguardi e intese, di piccoli o grandi geste, di parole, era un amore così, semplice, fatto di invisibile affetto e un sottile velo di malinconia che li aveva sempre legati. Un filo sottilissimo che li legava, quasi come fosse destino, li legava e non si slacciava mai, quel maledetto filo, era pura osessione.

Undici e mezza, quando pensava il tempo sembrava volare via, come una libellula che si libera nell'aria. Pensò a qualche mese fa. A quella corda, ai suoi pensieri avuti in quel momento, alla disperazione, alla voglia di lasciarsi la vita alle spalle e guardare verso l'infinito attraverso la morte... "No, non ci ha mai parlato di te" aveva detto la ragazza con i capelli rossi, sapeva perchè non aveva mai detto niente di lei, era una piccola ferita mai remarginata, la sconfitta, la malattia, il tentato suicidio, il filo sottile che passava attraverso le lettere, attraverso le parole al telefono, soprattutto le parole, quelle che avevano spinto Ryou a chiedere a Yuki di andare in Giappone:"Ryou, sto per suicidarmi". Lo aveva detto, così, semplicemente, voleva dirglielo. "Perchè?". Bisogna immaginare quel perchè detto con voce tremante, detto da una persona terrorizzata, da una persona ormai a pezzi. "Perchè... perchè... perchè non c'è niente per cui vivere e nemmeno niente che vive per me... e perchè mi sono stufata, davvero, di andare avanti a questa maniera". Sempre con la stessa semplicità lo aveva detto. La semplicità con cui si direbbe un semplice ti voglio bene. E quella corda e quella sedia, il mondo che hai intorno che sai non rivedrai più. E quella corda e quella sedia, il mondo che hai intorno che sai non rivedrai più, e la persona che a modo tuo ami e non potrai mai dirglielo perchè non ne avevi il coraggio. Un amore fatto a modo vostro, e quella corda e quella sedia, quasi ti chiamassero, quasi la morte attendesse solo te dopo aver rimandato all'infinito la tua ora per puro amore di qualcuno che non poteva sopportare di risentirti fredda e immobile; e quella corda e quella sedia, le labbra rosse che non avrebbero più dato il segno di un sorriso, quella era la cosa che faceva più male. Ma era un amore fatto a modo vostro. Lo amavi. Ti amava. Davvero. A modo vostro. Pura ossessione. E proprio per questo amore così, semplice, delicato, piccolo e fragile quella corda e quella sedia non avrebbero mai avuto il tuo ultimo tocco. "Non uccidermi". Glielo aveva detto. Così. Come si direbbe un ti voglio bene. Non uccidermi. Sì, sarebbe morto dentro se lei sarebbe morta, se si sarebbe suicidata per colpa sua. Così, così. Così Yuki lasciò stare e preparò le valigie per andare là, dove non tramonta mai il sole, dove non puoi essere qualcuno, dove vai e da dove forse non sarebbe tornata.

Sentire due mani sui fianchi la riportò alla realtà. Lontana dai pensieri, dalle preoccupazioni, nell'attimo di un semplice tocco.

"Che cosa stai facendo? é dieci minuti che stai dando fastidio alla stessa fetta di pane... Cosa ti ha fatto di male?". Solo lui poteva dire una cosa del genere, come fa un pezzo di pane a soffrire? E poi avrebbe riconosciuto il suo tocco fra mille.

"Mi sono persa fra i pensieri..." rispose semplicemente, voltandosi verso l'interlocutore, anzi, voltandosi verso quegli specchi, verso quei frammenti di cielo. "Sei stato un egoista, hai rubato un po' di cielo al mondo" li aveva detto una volta "Ma io sono ancora più egoista perchè li voglio solo per me" aveva però pensato, senza tramutare in parola quel pensiero.

"Non c'era bisogno che ti preoccupassi... anche se giù siamo molto occupati, non dovevi scomodarti".

"Mi fa piacere dare una mano, Ryou, davvero".

L'attimo di un tocco. La porta del locale si aprì facendo rumore, massacrando quella bolla di pura magia che si era andata a creare, buttandola per terra, facendola a pezzi, disintegrandola e farla svanire via con un rivolo di vento.

Ryou andò a vedere chi era. Si sorprese, era Ichigo, era bellissima quel giorno, sembrava una bambolina, ovviamente quel suo profumo inconfondibile, quell'aroma di fragola che subito li aveva fatto intendere che era speciale. Ne aveva sempre parlato a Yuki di Ichigo. Ne aveva sempre parlato del suo amore messo a tacere e della sua resistenza contro l'irresistibile voglia di quelle labbra. Però un po' faceva male, parlarne a lei. Era come dire alla propria moglie di averla tradita. Ma il loro era un amore così, fatto a modo loro. L'amore per Ichigo era una cosa completamente diversa, il primo era ossessione, il secondo passione e affetto, fin dal primo istante, a differenza che con Yuki il rapporto era andato creandosi pian piano. Passo dopo passo, tassello dopo tassello.

"Ciao, Ichigo... che ci fai qui? E' il vostro giorno di pausa..".

Gli occhi color cioccolato di Ichigo passarono alla figura alle spalle di Ryou, a Yuki, la guardò, la guardò in quei frammenti di ghiaccio, mai visti occhi del genere, mai, però pensava fosse troppo pallida e pensava che nascondesse troppo e che dietro a quei boccoli castani e la faccia da bambolina ci fossero più cicatrici di quanto dasse a vedere.

"Scuisa, Ichigo, ma che ci fai qui?".

"Niente... volevo parlarti...".

"Riguardo?".

Riguardo al giocattolo che ti sei fatto arrivare, non si sa da dove nè perchè. I tre si voltarono verso Keiichiro, che era improvvisamente arrivato con una pila di fogli in mano, gli occhiali sul volto e il viso di uno che sembra abbia visto un alieno. Sì, decisamente ironica la cosa. I suoi occhi color blu andarono ad affondare prima in Ryou, poi in Yuki e infine su Ichigo, non si aspettava sarebbe venuta là, e poi a quell'ora, e soprattutto in un giorno di pausa che li sfruttava sempre per stare con l'amato Aoyama.

"Oh, ciao Ichigo... che sorpresa vederti". Ed effettivamente lo era. "Ryou, puoi... scendere un secondo, devo parlarti...".

"Ok, arrivo...".

Così rimasero sole. Ichigo e Yuki. Yuki e Ichigo. La guardò, la scrutò, nel profondo, oltre gli occhi color ghiaccio, ma non riusciva a vedere nulla, solo grigio, grigio, ma non riusciva a vedere nulla se non un vuoto pazzesco e voglia di non essere lì, in quel momento.

"Vuoi una tazza di the?" le domandò Yuki, la calma con cui parlava era decisamente disumana, si chiedeva da dove diamine fosse uscita, sembrava una bambola, sembrava finta, sembrava che dovevi tirarle la corda per farla parlare qualche istante.

"Sì, grazie". Se ne accorse. La odiava. Non poteva vederla, perchè quegli occhi le tagliavano in due l'anima; non poteva sentirla parlare, quella calma le metteva addosso un angoscia tremenda; non poteva ascoltarla, sembrava che ogni sua parola, ogni istante che passava con lei, sembrava che si rompesse qualche cosa dentro.

Si sedettero in cucina, Yuki stava preparando il the, Ichigo seduta alle sue spalle, non sapeva cosa chiedere.

"Ryou mi ha parlato tantissimo di te" incalzò Yuki con grande sorpresa della rossa che rimase quasi di stucco. In che senso le aveva parlato tantissimo di lei? Non rispondeva, guardava un punto fisso del tavolo, come se avesse scovato un'imperfezione in quella superficie di legno assolutamente intonsa. "Nelle sue lettere e al telefono, si intende. Mi diceva sempre che sei una ragazza molto dolce e allegra, pasticciona ma decisamente di buona compagnia...".

"Ah..." che cosa doveva dire? "Beh... sembra che tu sappia molto su di me e le altre".

"Sì, molto... ho contribuito al progetto mew anche io, a modo mio...".

"Ah..." che cosa doveva dire? Una cosa del genere non la dicono tutti i giorni. "Beh... Ryou non ci ha mai accennato a te".

"E' normale...".

"Perchè, scusami?".

"Sai quando c'è un argomento di cui non vuoi parlare e improvvisamente salta fuori? Ecco, ci rimani male e non ne parli perchè ti da fastidio".

"A me non sembra che infastidisci Ryou, anzi...".

"Non sono la sua ragazza".

Come aveva fatto a intendere che lei intendeva? Oddio, quasi la spaventava quella ragazza. Si guardavano, occhi color cioccolato riflessi in schegge di ghiaccio, schegge di ghiaccio che affogano in occhi color nocciola. Dei passi sviarono i pensieri delle due ragazze, che videro salire insieme Ryou e Keiichiro, nessuno dei due aveva una bella cera.

"Ichigo, chiama le altre... abbiamo un problema".

  
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