Ben
ritrovati a tutti! Eccomi qui
(della serie: ogni tanto resuscitano!).
Questa
one-shot è la prima di una
serie (probabilmente ce ne saranno cinque). Come si evince dal titolo,
il filo
conduttore che le lega sono le sorelle. Non ho sorelle (solo 4
fratelli), ma mi
piaceva esplorare come alcuni personaggi di Dragon Ball si rapportino
alle loro
sorelle e spero che il risultato vi piaccia. Ogni OS avrà
personaggi
differenti, quindi aspettatevi una Bra-Trunks, ma anche altre coppie di
fratello-sorella o sorella-sorella meno scontate.
In questo
caso ho iniziato con due
personaggi che ho introdotto nel primo capitolo di questa raccolta (le
figlie
di Trunks). È un capitolo ambientato in un futuro remoto e
posso capire che chi
non apprezza le deviazioni dalla trama ufficiale di Dragon Ball possa
storcere
il naso, ma spero che comunque proviate almeno a leggerne due righe
prima di
chiudere inesorabilmente la pagina! X-D Buona lettura!
SISTERS
– PART 1
“Te
ne
vai?”
Vegeta si gira verso di lei, sorpresa
di non averla sentita
arrivare. Se ne sta lì in piedi, le braccia incrociate, il
pigiama a righe e lo
sguardo un po’ perso, a scrutare i borsoni pieni e le valigie
appoggiate alle
pareti.
Se fosse una normale domenica sera,
l’aspetto di sua sorella
ferma sulla porta sarebbe ben diverso. Può quasi
immaginarla: pronta per andare
a divertirsi, con indosso una camicetta firmata, perfettamente truccata
e con
l’aria un po’ snob. L’estate precedente
si sono punzecchiate quasi tutte le sere
prima di uscire a divertirsi, ognuna con i propri amici, per motivi che
adesso
sembrano così futili e infantili che riavvolgerebbe
volentieri il nastro del
tempo fino a quel momento, se solo fosse possibile.
Vegeta appoggia un altro zaino pieno
ai piedi del letto,
prima di risponderle.
“Sì, dopo
cena.”
Bulma prende a tormentarsi una ciocca
di boccoli lilla, di
solito dalla forma impeccabile, ma in quel momento sfuggiti da una
treccia
arruffata. Potrebbe prenderla in giro per quella mancanza di charme.
Renderle pan
per focaccia, per tutte le volte che ha fatto fastidiosi commenti sulla
sua
pettinatura.
“Quindi dobbiamo prepararci
ad un’altra scenata della
nonna.”, le dice quasi scocciata.
Tipico di lei, pensa Vegeta.
Mostrarsi altezzosa e tradita,
invece di ammettere di essere spaventata all’idea di non
averla più lì 24 ore
su 24. Normalmente le risponderebbe in maniera altrettanto acida ed
inizierebbero
a litigare, ma l’ultimo anno, e le ultime due settimane in
particolare, l’hanno
cambiata. D’improvviso le sembra di essere diventata davvero
l’adulta che ha
sognato di essere fin da bambina e Bulma invece ha fatto il percorso
inverso,
cercando di restare aggrappata con le unghie e con i denti ad
un’infanzia che
ormai non esiste più.
“Non mi interessa se la
nonna dà di matto, ormai ho
deciso.”, dice passandosi una mano nei cortissimi capelli
corvini, come da
consueta abitudine.
Bulma la fissa in silenzio con i suoi
enormi occhi azzurri,
segnati dalla stanchezza di troppe notti insonni. Vegeta sa quanto sia
combattuta tra l’urlarle addosso il suo disgusto e lo
scoppiare a piangere per
supplicarla di restare.
“Domani iniziano i corsi.
Non ha senso fare avanti e
indietro tra qui e Satan City e poi l’appartamento
è pronto dal giorno del
diploma…”
“Balle!”, la
interrompe Bulma attraversando la stanza ed
andando a sedersi sul letto con rabbia. Il modo in cui incrocia le
braccia
stringendosi i gomiti suggerisce quasi che voglia darsi coraggio,
anziché
dimostrare il suo sdegno. Vegeta comincia ad agitarsi: in un contesto
diverso
sarebbe andata via e basta, ma in quel momento sa di non poterle negare
un
momento di confronto.
“La verità
è che non sei capace di affrontare la cosa e vuoi
scappare.”
Vegeta stringe i pugni lungo i
fianchi e prova a ricordarsi
di respirare profondamente.
Niente sfuriate. Non deve cascarci.
Incontra lo sguardo
fiammeggiante di sua sorella, ma a giudicare dal calore che sente
salire dalla
gola i suoi profondi occhi neri non devono esprimere meno irritazione.
“Io non la sto
affrontando?! Io?! Guardati, Bulma!
Guardatevi tutti!”, si ritrova ad urlare, senza avere la
capacità di
controllarsi.
Bulma si morde il labbro e continua a
squadrarla con aria di
sfida, ma Vegeta la vede stringersi in se stessa e arrossire. Forse
all’improvviso è conscia di essere ben lontana
dalla Bulma Brief sempre
perfetta di un tempo, infagottata in quel pigiama e con
quell’aria trasandata.
Comunque, d’altra parte, anche se Vegeta ha recuperato per
prima la capacità di
lavarsi la faccia la mattina, ciò non significa che non stia
soffrendo tanto
quanto la sorella minore.
“Dovrei fare finta di
niente?”, le domanda Bulma, stringendo
i denti.
“Dovrei alzarmi domani e
andare a scuola come se nulla
fosse? Vestirmi e sorridere agli sguardi di pietà della
gente?”
Vegeta espira lentamente e si calma.
Alla vista delle grosse
lacrime che Bulma cerca di nascondere fissandosi i piedi, si avvicina
al letto
e le si siede accanto.
“Lo so che è una
magra consolazione, ma noi siamo ancora
vive…”, dice, più a se stessa che a
lei. Bulma ruota le spalle stizzita e
Vegeta deve fare appello ancora una volta ad una pazienza che non le si
confà.
“…e la mamma ci
ha chiesto di esserlo davvero. ”
Bulma recupera un fazzoletto dalla
tasca del pigiama e si
soffia il naso rumorosamente. Quando crede di aver ripreso il controllo
rivolge
uno sguardo amareggiato alla sorella maggiore.
“Facile a dirsi…
La mamma era un’egoista, proprio come te.”
Vegeta porta le braccia dietro la
testa e si lascia cadere
all’indietro sul materasso. Non si è mai sentita
così stanca in vita sua. Forse
Bulma ha ragione, ma anche se fosse vero, è comunque certa
che nulla cambierebbe
e che quella sarebbe l’ultima sera passata a fissare il
soffitto della sua
stanza in cerca di risposte. Dalla finestra aperta entra una frizzante
brezza
estiva, ma forse i brividi che sente sulla pelle sono solo frutto della
sua
immaginazione.
Bulma non se ne va. Anzi. Dopo pochi
minuti si stende
accanto a lei, forse in segno di resa.
Vegeta sa che nessuno in casa ha
badato davvero al letto in
cui coricarsi, nelle ultime due settimane. Nessuno, a parte lei, se
l’è sentita
di dormire da solo. Lei ha preferito concedersi poche ore di sonno
tormentato
di giorno, nascosta in qualche angolo buio della casa, al riparo da
occhi
indiscreti. Di notte invece ha passato il tempo a girovagare senza meta
per la
Capsule Corporation, stando ben attenta a non incontrare nessuno. Nelle
sue
peregrinazioni si è imbattuta in suo padre e lo zio Goten
appisolati sul
divano; ha sentito i gemelli singhiozzare in camera della nonna e ha
persino
trovato Bulma addormentata contro la porta della sua camera,
rigorosamente
chiusa a chiave. In fondo le dispiace di aver respinto ogni tentativo
di
approccio da parte degli altri, ma stare da sola si era rivelato
necessario e
vitale quanto respirare.
Ora, però, la presenza di
sua sorella accanto a sé non la
infastidisce, né la fa sentire più triste di
quanto non fosse prima del suo
arrivo.
Bulma è stata la sua
migliore amica e la sua peggior nemica
fin da quando è nata. Può rivedere con chiarezza
assoluta la bambina paffuta
che pendeva dalle sue labbra e la seguiva ovunque adorante;
così come altrettanto
facilmente ricorda i suoi occhi azzurri riempirsi di odio e la sua
bocca
carnosa sputare veleno in risposta a qualche provocazione. Eppure deve
ammettere
(e sicuramente anche Bulma lo sa) che non ha mai avuto un rapporto
tanto stretto
quanto quello. La differenza d’età irrisoria tra
di loro ha fatto in modo che
Bulma abbia sempre fatto parte della sua vita. La confidenza, la
rivalità, la
gelosia e l’interdipendenza che sentono sono nate con loro e
con loro sono cresciute,
portandole a quel momento… a quel letto sul quale restano
sdraiate a fissare il
soffitto.
“Ieri pomeriggio ho dormito
nel suo guardaroba…”, dice
Vegeta d’un tratto.
Bulma sussulta inorridita.
Sicuramente sta pensando che lei
non avrebbe mai il coraggio di farlo, che solo una sadica come Vegeta
può avere
avuto un’idea del genere.
“C’era il suo
profumo dappertutto e continuavo a pensare a
quando si preparava la mattina per andare in ufficio… Sempre
in ritardo, sempre
tesa come una corda di violino. Anche adesso la rivedo seduta sul letto
a
infilarsi i collant, mentre cerca di sistemarsi i capelli e di parlare
al
telefono contemporaneamente.”
Bulma sorride appena.
“Non è strano
pensare a delle cose così banali?”, continua
la giovane, sorridendo a sua volta.
Bulma si rigira su un fianco,
portando le ginocchia vicino
al corpo, raggomitolandosi come uno dei gatti di casa.
“Mi aveva fatto una
promessa…”, dice in un soffio la più
giovane.
Vegeta le rivolge uno sguardo
d’incoraggiamento. Sa che
nell’esporsi sua sorella è molto più
simile di lei all’uomo cui ha rubato il
nome.
“Mi aveva giurato che
quando mi fossi diplomata, avrebbe
preso una settimana vacanza e ce ne saremmo andate, io e lei. Da
sole.”, dice
cercando di non far tremare la voce.
Vegeta chiude gli occhi. Si sente la
testa troppo pesante e
le ossa praticamente distrutte, nonostante quel giorno non si sia
nemmeno
avvicinata alla Gravity Room.
“Quando…”,
continua, tentennando solo un momento di fronte
alla scelta delle parole, “l’ho salutata, mi ha
detto che le dispiaceva di non
poter mantenere la parola… e che sarei dovuta andare a fare
il nostro viaggio
con un bel ragazzo.”
Vegeta scoppia a ridere, tra le
lacrime che si sono
improvvisamente affacciate sulle sue palpebre.
“Che razza di persona
morente direbbe una cosa del genere?”,
si ritrova a sorridere Bulma, con il volto altrettanto bagnato.
Vegeta non lo sa. Ma sua madre non
era una persona comune,
pur essendo soltanto una terrestre.
Si rimette a pensare per
l’ennesima volta alle ultime parole
che ha riservato a lei. Non sa perché, ma non le
confesserà a Bulma per ora;
forse non lo farà mai. Per una persona che non ha mai avuto
peli sulla lingua,
avere dei segreti può sembrare strano. Forse la ragione per
cui non vuole parlarne
è che ha la sensazione che il segreto non sia tanto suo,
quanto piuttosto che le
sia stato affidato da sua madre…
Quel consiglio in cui sua madre,
caricandola di
responsabilità per cui Bulma non è ancora pronta,
ha racchiuso i rimpianti di
una vita finita troppo presto.
Se tiene gli occhi chiusi
può ancora sentirla…
Se ami qualcuno non passare nemmeno un minuto
facendo finta che non sia
vero. Ama. Ama e basta.
Vegeta non sa cosa il tempo
cambierà di questo ricordo, né
se risanerà mai la voragine che si è aperta nel
suo petto. Ma di una cosa è
stata certa da subito. Dal momento stesso in cui sua madre ha
pronunciato
quelle parole.
Amerà. Vivrà
anche per lei. Non rimanderà la sua vita
nemmeno di un giorno.
“Ci verrò io, in
viaggio con te.”
Bulma spalanca gli occhi incredula.
Forse anche un po’ commossa,
ma dopo un secondo di esitazione qualcosa della vecchia sé
riaffiora all’improvviso.
“Ma non scherzare.
Finiremmo per sbranarci, ancora prima di
partire.”
Già. Perché tra
un anno, quando Bulma si diplomerà, la casa
sarà di nuovo inondata dal sole e i fantasmi saranno solo un
ricordo agrodolce che
aleggia nell’aria. E quando Vegeta verrà in visita
alla Capsule Corporation,
niente impedirà alla sua sorellina di essere la solita
stronzetta viziata di
sempre.
“Ma se è una
promessa, Vegeta… me ne ricorderò”,
aggiunge la
ragazza, visibilmente più serena.
L’interfono emette un
trillo acuto. Il segnale che chiama tutti
a raccolta per la cena sembra quasi appartenere ad un’altra
vita, ma Vegeta è
felice di averlo sentito un’ultima volta. È quasi
un segno: a cominciare dalle
piccole cose, i pezzi torneranno pian piano al loro posto.
Bulma si alza. Sta per uscire dalla
stanza, ma si ferma e
torna a guardarsi indietro.
“Vuoi una mano a portare
via le tue cose?”
Vegeta si tira su con uno slancio e
si stiracchia.
“Non serve. Metto tutto
nelle capsule.”
Dà un’ultima
occhiata intorno. Tante cose rimarranno lì:
svuotare la camera del tutto le metterebbe troppa tristezza e molti
degli
oggetti di cui ha fatto l’inventario sono decisamente troppo
infantili per
seguirla a Satan City.
“Almeno mi inviterai,
qualche volta?”, le chiede Bulma,
sciogliendo lesta la treccia disfatta e sistemandosi meglio i capelli
voluminosi.
“Vedremo.”,
sorride lei, vagamente minacciosa.
“Se non lo farai tu, lo
farà il tuo ragazzo!”, ribatte
Bulma, facendole l’occhiolino.
Vegeta viene colta alla sprovvista,
ma cerca di dissimulare
la sorpresa.
“Guarda che lo sanno tutti,
che viene anche lui. Ho sentito
Pan che lo diceva a zia Bra ieri. Fammi solo un favore: non sposatevi,
perché
non credo che il nonno sopravvivrebbe, al ricevere un invito da parte
di Vegeta
e Goku per il loro matrimonio”, gongola Bulma.
Vegeta non le dà la
soddisfazione di risponderle, ma si
rende conto sollevata che alla fine è bastato meno di quanto
pensasse per
risollevare il morale di Bulma. Per quell’unica occasione,
per l’ultima sera
passata in quella casa, lascerà che lei la prenda in giro
quanto vuole.
“Allora, io
scendo…”
“Aspetta Bulma.”
La giovane sayan si ferma sulla
porta, così come quando è
arrivata, solo molto più serena.
“Pensaci tu a
papà, d’accordo?”, le chiede, sperando
che il
suo sguardo enigmatico per una volta risulti quasi supplichevole.
Gli occhioni di Bulma si stringono
appena. A Vegeta sembra
quasi che voglia dirle che andrà tutto bene, ma gli occhi di
sua sorella sono
così belli che a volte le sembra di leggerci sentimenti non
supportati da
ipotesi plausibili.
“Non preoccuparti,
starà bene. Ha fin troppe persone che si
occupano di lui.”
“E tu? A te chi ci
pensa?”, le chiede avvicinandosi.
Sa che dopo, al momento dei saluti,
quando Bulma si sentirà
più vulnerabile, non parleranno così apertamente.
D’un tratto le sembra un
azzardo lasciare la casa. Forse è troppo presto.
Forse…
“Lo sai quanto tempo ci
vuole per volare da qui al tuo
appartamento, Vegeta?”
La giovane aggrotta le sopracciglia,
confusa.
“Meno di un quarto
d’ora, perché?”
“Appunto.”, dice
Bulma abbracciandola e lasciandola di
stucco.
“A me ci pensi
tu.”
Vegeta lascia che si allontani,
troppo sorpresa per
ribattere. Cercherà di ricordarsi di quel momento, la
prossima volta che avrà
voglia di ucciderla.
“Ah, Vegeta.”, si
affaccia ancora un’ultima volta alla porta.
“Se scopro che ti sei portata via qualche mio vestito, giuro
che ti ammazzo.”
Ecco, ora la riconosce.
“Ma chi li vuole i tuoi
vestiti, sfigata!”, le urla dietro
per il corridoio.
E mentre scende le scale, rincorrendo
la sua risata, pensa a
due bambine che corrono baciate dal sole, che si azzuffano e ridono.
Senza un
pensiero al mondo. Senza mai lasciarsi la mano.
Spero che vi
sia piaciuta. Spero
che questi personaggi risultino plausibili; che abbiate trovato in loro
dei
tratti riconducibili ai nonni ed ai genitori. Spero che vi abbia fatto
ridere
la battuta sul matrimonio di Vegeta e Goku (che sarebbe il figlio di
Pan). Spero
che qualcuno si sia un po’ rivisto nel rapporto con sua
sorella. So che magari
qualcuno avrà delle domande, in tal caso non esitate a
farmele. Kiss kiss, alla
prossima…