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Autore: Heaven_Tonight    02/06/2014    15 recensioni
“Ikkunaprinsessa”. La Principessa alla Finestra.
C’era lei, Lou, in quel ritratto. C’era lei in ogni suo respiro, in ogni cellula o pensiero.
La sua anima, il suo cuore, le sue speranze mai esposte, il suo amore e la sua fiducia in esso in ogni piccola e accurata pennellata di colore vivido.
C’era lei come il suo caro Sig. Korhonen la vedeva.
Al di là della maschera inutile che si era costruita negli anni.
I capelli rossi e lunghi che diventavano un tutt’uno con il cielo stellato.
L’espressione del suo viso, mentre guardava la neve cadere attraverso la finestra, sognante, sorridente.
Lei fiduciosa e serena. Col vestito blu di Nur e la collana con il ciondolo che un tempo era stata di Maili.
Lui aveva mantenuto la sua promessa: le aveva fatto un ritratto, attingendo a ricordi lontani.
L’aveva ritratta anche senza di lei presente in carne e ossa. Meglio di quanto potesse immaginare.
Cogliendo la sua vera essenza.
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Ville Valo
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo ventisette

" I feel you, outside at the edge of my life"




“Questa tortura non finirà mai.”.

Come diavolo le era venuto in mente di tornare in quella casa? Con quella fan in continua estasi per gli HIM e l’uomo che lei tentava di scacciare, fallendo miseramente, dalla sua testa?
Lou stava aiutando Katia per la festa del quarto compleanno di Valentina, ed ora si ritrovava a pochi metri dal continuo ciarlare di Martina e due sue amiche, fatte in serie evidentemente, perché tutte e tre vestivano praticamente allo stesso modo, sui concerti che la band finlandese avrebbe tenuto di lì a pochi mesi in diverse città italiane.

«Ma ti rendi conto?! Tre concerti! TRE! Oddio, spero che mia madre mi mandi almeno ad uno, non posso perderlo, morirò se non li vedo!»
Blaterava Martina agitandosi davanti al computer aperto sui video e foto della band, con le due amiche, una ad ogni lato, che facevano da eco al suo delirio.

«Ma è vero che Ville si sposa? – chiese una delle due: non riusciva a distinguerle, nonostante Katia le avesse ripetuto due volte i nomi di ognuna – Ti prego, non ditemi che è vero! Come può sposarsi con quella racchia?»

Le tre ragazze spaparanzate sul divano di Katia si girarono simultaneamente quando il rumore che fece il bicchiere che le volò via dalle mani, si frantumò a terra in mille pezzi.

«Ops… merda!» – sbottò Lou, fissando i cocci sparsi sul pavimento.

Martina le sorrise distrattamente per poi tornare al suo pc aperto.


Era stato già uno shock entrare in quella stanza per prendere altri bicchieri puliti e sentire la voce bassa, roca e inconfondibile di Ville sparata dalle casse del computer.
Il suo stomaco si era contratto al sentirla di nuovo dopo quattro anni.
Aveva cercato di chiudere le orecchie, se fosse mai possibile fare una cosa simile, ma non poteva.
Si sentì come se qualcuno le avesse buttato del fuoco liquido direttamente nella pancia.
Chiuse gli occhi deglutendo rumorosamente quando sentì la risata di Ville attraversare le casse del pc, arrivare dritta al centro del suo cuore e riscaldarlo immediatamente.
Lasciò che quella voce che amava la toccasse come un tempo.
La sentì di nuovo, dolce e lieve sulla sua pelle come quando lui le sussurrava poesie in finlandese.
Mille immagini di Ville le inondarono la testa.
Immagini e ricordi che fino a quale momento aveva tenuto sotto controllo, nascoste in quell’angolo ai margini della sua vita, di ogni suo singolo giorno.
Era così sconvolta da non capire nulla di quel che lui stava dicendo nell’intervista.
Riaprì gli occhi che corsero alle tre ragazze sul divano che ad ogni parola, risatina o sorriso di Ville, emettevano suoni fastidiosi, in estasi totale.

“Calmati. Respira. Raccogli i vetri ed esci da questa stanza. Esci da questa casa. E tornatene a Roma. Nel tuo appartamento minuscolo, dove ci saranno 50 gradi e solo silenzio.”.

«Non lo so, non ci credo che si sposa, lui non ha mai detto nulla di questa che si spaccia per sua fidanzata! Hanno cantato solo una canzone insieme e questa scema crede di essere la donna di Ville! La odio!” – sputò fuori Martina in tono acido.
Stavano parlando di Amy?
Chi altri poteva aver cantato con Ville? Certo che era Amy…

La donna che aveva accelerato il suo rientro in Italia.

La stessa che aveva minato le già deboli sicurezze in se stessa.



******



«Prinsessa… - le disse Ville sbadigliando – Parto fra qualche giorno. Non lo sapevo fino a stamattina, ma c’è questo Festival al quale vogliamo partecipare… Sono solo tre giorni: non starò via molto.»
“Ok.
» – rispose laconica Lou, stringendosi a lui.
«Ok? Che razza di risposta è? – ridacchiò lui, sbadigliando di nuovo – Sei felice che me ne vada per un po’, così puoi respirare di nuovo?»
Lou borbottò una risposta incomprensibile contro il collo liscio di Ville.
«Vuoi che ti dica che preferisco legarti al mio letto e non farti neanche prendere respiro?»
«Già… sarebbe una risposta sensata, visto il tuo appetito in quest’ultimo periodo.» – le sussurrò con tono volutamente sexy e provocatorio.
«Non mi pare tu ti sia lamentato del mio appetito fino a qualche minuto fa.»
«E infatti non mi sto lamentando… acida che non sei altro. – le alzò il mento con un dito, baciandole la punta del naso – La smettiamo di borbottare?»
«Non borbotto io…»
La strinse avvicinandola ancora di più a sé, intrecciando le gambe magre a quelle di Lou.
Lou si arrovellava mordendosi la lingua dove le premeva una sola e unica domanda: 
«Verrà anche Amy con voi, in questo merdoso festival?»

“Non pensarci. Non pensare a lei. Lui ama te. Vuole te. Smettila.”.

«Sì che borbotti… e ti amo anche per questo… - mormorava Ville, ormai sul dormiveglia – Non saresti la mia Prinsessa acida, altrimenti…»
Lou giocherellava con i suoi capelli che si attorcigliavano in riccioli sul collo, quando era sudato.
Quel 'ti amo ' buttato in mezzo alla frase.
E come sempre ogni volta che lui glielo diceva a lei venivano le gambe deboli.

«Mi ami perché sono acida?»
«Ti amo perché sei Lou.»



*****



Ville quella mattina era uscito da appena qualche minuto e lei coccolava Katty, sorseggiando la seconda tazza di caffè della giornata.
Tornò a sbadigliare: non sarebbe riuscita a dormire in ogni caso. Era del tutto inutile rimettersi a letto.

Le mancava già.

“Patetica”.

La notte appena trascorsa e le sensazioni ad essa legate, le sentiva ancora sulla pelle.
Anche le sensazioni negative che facevano capolino di tanto in tanto in mezzo alla certezza dell’amore di Ville per lei, ai suoi ti amo, alle sue mani che le accarezzavano la schiena prima di addormentarsi, agli occhi che cercavano costantemente i suoi.
Ma quelle le teneva a bada o almeno ci provava.

“Tre giorni passano in fretta, del resto – cercava di autoconvincersi – metterò a posto questa casa, uscirò a fare spesa, andrò a salutare Mat, preparerò un dolce per il Sig. K…. Passeranno.”.

Katty le puntava malefica i ricci lunghi sferzandoli con le unghiette.
Ogni volta che Ville andava via, si sfogava in qualche modo su di lei, come se fosse colpa sua il fatto che lui si allontanasse da quella casa.
Qualcuno che bussava alla sua porta la salvò dal secondo attacco della felina dispettosa.
Doveva essere Valo: aveva sicuramente dimenticato qualcosa e ora tornava per prenderla o, come spesso faceva apposta, ritornava indietro per baciarla ancora…
Corse alla porta ridacchiando, incurante della sola t shirt corta e bucherellata che aveva addosso: nella migliore delle ipotesi l’avrebbe tenuta addosso il tempo di richiudere la porta dietro le spalle ossute del Valo.

Spalancò la porta ridendo:
«Valo, hai finto ancora di dimentic…»

Gli occhi che la fissavano freddi e ironici non erano verdi e sicuramente non c’era traccia di amore in essi.
Amy.
La prima cosa che le passò in mente fu: “Che cazzo vuole questa?”.
La donna di fronte a lei la fissava a braccia conserte studiandola e, evidentemente trovando carente ciò che vedeva, con una smorfia sul viso perfetto.
Nessuna delle due parlava, studiando l’altra in silenzio: quello di Lou imbarazzato anche dal fatto che si trovava sulla porta con solo una t-shirt a coprirla, mentre l’altra era vestita e truccata in maniera impeccabile.

«Posso aiutarla?» – chiese Lou a voce bassa.
«Sai… pensavo che avesse più buon gusto. Per un momento ho pensato che fosse la mora che ho visto uscire qualche giorno fa… e invece…» - ridacchiò malefica.
Non era sicuramente una che girava intorno alla questione.
Lou rimaneva in silenzio, imbarazzata e con una crescente rabbia.
Come osava presentarsi alla sua porta, offendendola?
“Chi cazzo crede di essere questa?”.
«Vado subito al punto: tu non sei che un passatempo. Volevo avvisarti ed evitarti illusioni.» – le disse sorridendole fredda.
«E ti sei presa il disturbo di venirmelo a dire di persona? Per essere una che mostra tanta sicurezza...»

L’altra la fissò a bocca aperta, colta alla sprovvista dalla sua risposta sferzante.

“Fottiti, bagascia spilungona!”.
Immaginò Simone guardarla orgoglioso con le lacrime agli occhi.
«Ho poco tempo da perdere con te: hai idea di quanti anni ho passato a stargli dietro? A vederlo con altre donne ed essergli comunque vicina ogni volta che lui aveva bisogno di me? Non rinuncio a lui per… te.»- sputò con una smorfia disgustata della bocca, indicandola.
«Beh, allora non farlo. Non rinunciare a lui.»

Il suo tono fintamente distaccato doveva averla irritata ancora di più: macchie rosse stavano facendo la loro comparsa sul collo bianco e perfetto di Amy.

Sicuramente non si aspettava un’accoglienza simile: a dire il vero era stupita anche lei di se stessa.

«
Credo che tu stia sottovalutando i desideri di Ville. Se vuole te, allora me ne farò una ragione. E dovresti fare lo stesso anche tu. Credo che al momento a lui piaccia questa casa. E chi la abita.»
«Ti stai illudendo. Fa così con tutte all’ inizio… ma alla fine torna da me.»
«Allora non devi far altro che aspettare.»
Da dove venisse fuori quella spavalderia se lo stava ancora chiedendo.
«Cosa ci troverà mai in te? Sei… insulsa.» – sputò fuori Amy al culmine della rabbia.
Lou alzò le spalle.
«Forse ha il gusto dell’orrido.»
L’altra la fulminò con i gelidi occhi azzurri: doveva essere snervante per lei non sortire l’effetto che desiderava.
«Beh, fossi in te mi chiederei dov’è che passa le notti quando non è con te.»- insinuò con un ghigno.
«Scommetto che stai per dirmelo.»
Amy sibilò tra le labbra perfette e disegnate con cura.
Aveva abbandonato la posa altezzosa e ora stringeva i pugni lungo i fianchi snelli e fasciati in un jeans bianco.
Lou cercò di non badare al fatto che lei, in confronto, sembrava una barbona.
“Una barbona, sì… ma pur sempre una barbona che ha appena finito di fare l’amore con Ville.”.
Le bastò questo pensiero per farla sorridere dolcemente all’indirizzo di Amy.
«Sei una stupida se pensi che Ville voglia davvero te.»
«Senti… ne hai ancora per molto? Ti ringrazio per avermi avvisata, te ne sono davvero grata ma mi sto gelando le chiappe. Se permetti, vorrei correre sotto la doccia, anche se togliermi di dosso l’odore della pelle di Ville non mi piace ed è l’ultimo dei miei desideri.»
Vide con gli occhi della mente Nur, Simone e Mara alzarsi in una standing ovation.
«Riderò quando Ville ti mollerà e tornerà da me. Io ci sono sempre per lui.»
«Ok… - Lou si grattò il naso, con aria annoiata – Allora siamo a posto? Io mi illudo, Ville mi lascia e tu ridi. Ok, è chiaro.»

Ora le macchie rosse erano anche sul viso di porcellana di Amy.

«Piccola stronza. Te ne pentirai!» – tornò a sibilare, paonazza in viso.
Poi, dopo averle lanciato uno sguardo di disprezzo, odio e rabbia, girò sui tacchi e percorse il vialetto a passi veloci.
“E fanculo anche a te, spilungona!”.
Lou richiuse piano la porta frenando l’impulso di sbatterla teatralmente e poi si accasciò contro di essa, scivolando lentamente a terra.
Si guardò le mani che tremavano.
Iniziò a ridere istericamente a bassa voce, con Katty che la guardava perplessa da lontano.
Aveva affrontato Amy con un’impassibilità invidiabile, sì… peccato che ora stava subendo i postumi dell’agitazione e tremava di rabbia mista a… non sapeva neanche lei cosa fosse.
Restava il fatto che ora si sentiva a metà strada tra un atleta che vinceva la sua corsa e il suo paio di scarpe distrutte.
Era stata così brava che aveva convinto quasi anche se stessa.
Quasi.

“Ti amo perché sei Lou”.
E Lou per una volta in vita sua aveva vinto una piccola personale battaglia.



*****



«Secondo voi canterà la canzone che non ha mai pubblicato?» – chiese una delle ragazzine.
«Quella che si dice abbia scritto per la donna che amava e nessuno ha mai visto, ‘Song for a ghost’ »? – Martina si mangiava le unghie con gli occhi sempre fissi allo schermo – Non lo so…»
«Io comunque non credo neanche all’esistenza di questa donna… cioè, nessuno l’ha mai vista, non ci sono foto di loro due insieme. Secondo me non esiste.» – disse la terza ragazzina, masticando rumorosamente un chewing gum.

“Song for a ghost”…
La sua canzone? Quella che Ville aveva scritto pensando a lei…
Il malessere aumentò e i bicchieri rischiarono di nuovo di volare via dalle sue mani.
Perché mai Katia non usava dei bicchieri di carta?
Quelle tre ragazzine stavano facendo più danni di quanto avrebbero mai potuto immaginare.

“Ville…”.

«Dai, metti qualche altra canzone!» – disse di nuovo una delle due.
Lou afferrò i bicchieri e volò fuori dalla stanza.
No, sentirlo cantare, risentire di nuovo la sua voce era troppo.
Troppo per quel giorno.

Per quel mese.
Per quell’anno.
Per l’intera vita.


******



«Stai bene? – le chiese preoccupato Karl quella sera stessa, dopo aver messo con fatica a letto una Lilly particolarmente agitata e capricciosa – Mi sembri… non so… lontana.»
Lou prese il bicchiere di vino rosso che Karl le stava porgendo.
«Sto bene…» – mormorò poco convinta.
Karl si sedette accanto a lei, allungando le gambe infinitamente lunghe sulla balaustra di legno.
«Luly… - sospirò lui, guardandola di traverso mentre sorseggiava il suo vino – ti conosco abbastanza bene per non notare quando sei serena e quando invece non lo sei.»
«È solo che… niente Karl… Martina e le sue amiche oggi parlavano e sognavano, com’è giusto che facciano le ragazzine di quella età, sulla loro band preferita.»
«Gli HIM. - disse Karl con un cenno della testa – Lo so. La sento parlare continuamente di quello, da mesi.»
«Avresti dovuto dirmelo.»
«Lou, non puoi evitare la gente solo per paura che ti si nomini Ville.»
Lei rimase in silenzio, sorseggiando distrattamente il vino.

«Come ti sei sentita? Cosa hai provato?»
«Erano quattro anni che non sentivo la sua voce… era solo nei mie ricordi. E oggi, sentirlo di nuovo… mi ha fatto male. Mi ha ricordato che cosa mi sono lasciata alle spalle, mi ha ricordato ogni scelta sbagliata, ogni errore, ogni paura non affrontata. Mi ha ricordato la ragazza che ero, quella con i capelli lunghi ricci e del colore dell’alba, come li descriveva lui…» – disse Lou con voce pacata, toccandosi i capelli corti e tinti di scuro che aveva ora.
Ricordava ancora le urla di Simone quando, tornando a casa una sera, qualche mese dopo il suo rientro in Italia, l’aveva trovata con ancora le forbici in mano e si era spaventato a morte.
In quel periodo non era assolutamente in sé: l’addio a Ville, alla terra che aveva imparato ad amare come fosse sua, a tutta la vita che si era faticosamente costruita dopo Andrea, Nur… e Katty… e la scoperta della malattia che le avrebbe portato via la sua migliore amica… era diventato troppo anche per lei.

E un giorno in quella casa che divideva di nuovo con Simone e Beppe, in una casa dove lei era la terza incomoda, si era sentita scoppiare, sgretolare.

Si era guardata allo specchio che, implacabile, le aveva rimandato l’immagine di una donna pallida, con profonde occhiaie giallastre, la bocca tirata e gli occhi spenti.
I capelli le cadevano intorno al viso e lei immaginava le mani di Ville scorrere tra i suoi ricci.
Ricordava i sospiri di piacere quando i suoi capelli gli scivolavano addosso e a quanto gli piacesse sentirli su di sé, come vi attorcigliava le dita tenendole ferma la testa mentre la baciava.
Aveva preso un paio di forbici e tagliato via una ciocca, mozzandola senza pietà proprio sotto l’orecchio.
Si era sentita subito meglio, ma era stata una soddisfazione ingannevole, durata solo qualche secondo.
Così aveva tagliato via un’altra ciocca e ancora e ancora, finché aveva sentito la testa più leggera e aveva guardato la massa rosso oro ai suoi piedi.
Si dice che quando una donna fa un taglio netto alle sue chiome, significa che un cambiamento importante è stato appena fatto nella sua vita e che un capitolo nuovo si stia per aprire.
Aveva capito che non bastava tagliare via dei capelli per liberarsi del ricordo di Ville e delle sue mani sul suo corpo, dei suoi occhi che la scandagliavano a fondo, di come ogni cosa che lo riguardasse la facesse sentire viva e fremere di passione e amore, vibrante.
Aveva capito che quell’uomo aveva scavato profondamente un solco indelebile dentro di lei, che non sapeva come colmare.
Aveva capito che la luce che l’aveva toccata si sarebbe spenta.
Quella luce che l’aveva accecata e che Ville portava sempre con sé.


******


«Lou… se lui ti fa sentire così dopo quattro anni, non l’hai ancora metabolizzata questa cosa. Andrai a vederlo?»
«Sei impazzito? No! Come ti viene in mente?» – sbraitò Lou agitata, versandosi sul vestito corto che le lasciava scoperte le gambe qualche goccia di vino.
«Perché, che ci sarebbe di male? Lui non può mica vederti in mezzo alla folla… e tu potresti metterti alla prova e capirci qualcosa in più.»
«Dopo quattro anni ho ben poco da capire, Karl… tranne che ancora una volta ho toppato su tutta la linea.»
«Lou… non farti sempre una colpa per le scelte del passato: avere paura non è un qualcosa per cui devi sentirti in colpa a vita! Certo, lui avrebbe meritato di essere liquidato di persona e non con una telefonata, come hai fatto tu…»

«Karl. Non rivangare, ti prego. So bene quanti e quali sono i miei sbagli… ma anche lui ha contribuito con i suoi. Io mi sono illusa di poter avere qualcosa che non era nel mio diritto pretendere, che non mi spettava... E l’ho preferito a lui. Perché non credevo in quello che diceva, non credevo che uno come lui potesse amare davvero una come me. E lui aveva sempre la musica. Lui ha sempre la musica. Anche ora.»
«Ma voleva anche te.»
«Già. Così sembrava.»
«Lou… - il tono di Karl divenne più dolce – Anche noi uomini abbiamo l’orgoglio, sai? Da quanto ho potuto intuire lui non ha un caratterino facile, come te del resto: vi accendete troppo facilmente…»

Lou lo interruppe bruscamente.


«Non parlare al presente.»
«Ok, ok… hai capito cosa intendo. Io se fossi in te andrei a vederlo.»
«Tu non puoi capire, Karl…»
«Ti sbagli Lou, io posso capirti meglio di chiunque altro al mondo. So come ci si sente a perdere un pezzo della propria anima, un pezzo di cuore. So come ci si trascina ogni giorno, quando anche aprire gli occhi costa fatica e dolore, quando l’unica cosa in cui vuoi rifugiarti è il buio e l’oblio di un sonno, lo so bene… se io avessi una sola, una sola flebile possibilità di parlare di nuovo con la mia Mara, anche rivederla per un solo istante… non esisterei. Salterei perfino nel fuoco, farei qualsiasi cosa per poterla di nuovo guardare negli occhi, vederla sorridere. Tu hai questa possibilità, Lou… non sprecarla.
L’autore preferito di Mara scrive: “*
Alcune persone le si ricorda, altre le si sogna.".

Tu fai in modo che questo sogno non diventi solo un ricordo, Lou.
»




******



L’ultima rampa di scale le sembrò infinita e temette seriamente di stramazzare al suolo con tutto ciò che si portava dietro, ossia due buste della spesa e bottiglie di acqua che diventavano sempre più pesanti di secondo in secondo.

Lou si fermò a riprendere fiato.
Il caldo asfissiante dell’estate romana la stava uccidendo.
Il perché si era fatta convincere da Simone a prendere il bilocale proprio di fronte a quello che divideva con Beppe, le era ancora sconosciuto.
Odiava ammettere che quel ragazzo aveva su di lei un ascendente altrettanto pericoloso quanto sulla piccola Lilly.  Bene o male, non gli si resisteva.
Peccato che il suo fosse un bilocale sottotetto, che durante l’estate diventava un forno, situato all’ultimo piano di un palazzo vecchio senza ascensore.
Sentì una goccia di sudore scivolare fastidiosamente dal centro della schiena fino al coccige.
Riprese la salita sbuffando e rantolando, desiderosa solo di infilarsi il più presto possibile sotto la doccia gelata.

“Forza, mancano solo dodici stramaledetti scalini!” – si spronò da sola.

La prossima volta che Simone osava dirle che doveva andare in palestra, lo avrebbe lanciato di sotto.

Alzò gli occhi e rimase di sasso.
La prima cosa che il suo campo visivo aveva captato erano due piedi abbronzati in sandali di cuoio; poi due gambe muscolose in bermuda chiari e salendo, una t shirt bianca che non faceva altro che mettere ancor più in risalto la splendida abbronzatura del ragazzo di fronte a lei, seduto tranquillamente in cima alle scale.
Il ragazzo le sorrise raggiante, sfoggiando dei denti bianchissimi da far invidia ad una pubblicità di un dentifricio.
I capelli scuri e mossi si arricciavano selvaggi intorno alla testa, schiariti qui e là dal sole.
«Era ora! Ti aspetto da un’eternità!» – rise togliendosi gli occhiali scuri, sorridendo anche con gli occhi.
Lou arrossì, ma avrebbe fatto ben poca differenza, poiché era già paonazza per lo sforzo.
Quanto tempo era passato dall’ultima volta che si erano visti? Non lo ricordava…
Lou tendeva a rimuovere dalla memoria le situazioni imbarazzanti.

«Che ci fai tu qui?» – chiese tra un rantolo e l’altro.

Lui allargò il sorriso, e si alzò per scendere gli scalini, raggiungerla e toglierle di mano le buste e la confezione di acqua.
Aveva un profumo fresco, come di erba appena tagliata quando le si avvicinò, sfiorandole le mani con le proprie.
Lei avvampò di nuovo. Era passato tanto tempo, troppo da quando un uomo non la toccava.
Escludendo Simone, il fidanzato di lui, e Karl, non aveva contatti fisici con nessuno, men che meno con uomini.
E ricordare che erano state proprio quelle mani abbronzate e forti, così diverse da quelle dell’uomo dagli occhi di giada che amava ancora a toccarla, la faceva sentire sempre a disagio, colpevole.


**“A volte il passato non solo ti rincorre, ti perseguita”.



Di sbagli ne aveva commessi tanti, innumerevoli.

Uno di quelli le stava di fronte.
E le sorrideva come se lei fosse ancora la ragazza che lui aveva conosciuto ad Helsinki.
Le sorrideva come quella notte, l’unica, che avevano passato insieme.

«Ero di passaggio… mi mancavi. – disse lui, schietto e sincero come sempre – E io non ti sono mancato neanche un po’, mia piccola Eva?»
Lou alzò il mento guardandolo per la prima volta negli occhi, leggendovi troppe cose.
Cose che non voleva vedere.
Speranze che non voleva più alimentare, sentimenti che non poteva gestire.
Gli sorrise di rimando, suo malgrado.

«Sei sempre il solito, Diabolik…»
Julian sfoggiò il suo famoso sorriso da pirata e le si avvicinò di più, sfiorandole i capelli sudati con le labbra.
«Come sempre, al suo servizio…
»



*Tratto da “l’ombra del vento” di Carlos Ruiz Zafòn
** Tratto dalla serie tv “Moonlight”.





******






"Angolo dell'autrice:

Ciao a tutti! Eh sì, lo so: è passato tanto tempo, ma la vita mi chiama altrove, capitemi. (!?)
Non abbandono i nostri personaggi, però: ho ancora qualche capitolo scritto subito dopo il ritorno dalla terra finnica, in cassaforte. Ancora piena delle emozioni che ho vissuto lì, la mia Musa ha dato frutti e ora invece se ne va bellamente in giro a fare bisbocce.
Siamo coperti ancora per qualche mese, dopo non so che ne sarà di me. :D
Bene, tornando a noi e agli eventi che troviamo in questo capitolo, spero si sia capito quello che è solo accennato.
Lo so che ho lanciato un'altra bomba. *gongola*
Non so per quante il ritorno del bandolero sia gradito... un paio di personcine però credo che faranno le capriole!
Insomma, questi quattro anni hanno cambiato il mondo della piccola Lou, Regina delle Paranoie: e piano piano scopriremo il perchè e il come tutto questo sia successo, dopo la sua "fuga".
Ricordatevi che tutto è il contrario di come sembra (oh, quanto mi piace lanciare questi enigmi...) e che se mi aggrada stravolgerò di nuovo tutto quanto... *ghigna*
Eeeegniente: ancora una volta devo ringraziare tutte voi che seguite questi deliri, dalla commentatrice folle a quella timida che mi scrive in privato.
Grazie ad ognuna di voi e per ogni singola parola, minuto prezioso che dedicate a leggere questa storia e alla sua autrice fuori di testa. :) Non siate timide o non pensate che qui si debbano fare recensioni tecniche; date libero sfogo alle vostre sensazioni, e non sbagliate mai. <3

Ringrazio come sempre le mie due Beta: Deilantha e eleassar e le leggiardi fanciulle che hanno commentato l'ultimo capitolo: LaReginaAkasha, Soniettavioletstarlet, Cyanidesun, Lady Angel 2002, cla_mika, FrancyValo, Izmargad, renyoldcrazy, katvil, arwen85, DarkViolet92, apinacuriosaEchelon, Gone with the sin, LilyValo e tutte le altre disperse che leggono, lo so e apprezzano in silenzio o perse nei loro impegni. (Cettina, Madda, Crabs, Flo, Vania, Giusy, Sara T. e Sara Gattola, Ana, Barbara, Silvia, Ary, Lorena, ecc.. siete tante e scusate se ne dimentico qualcuna!) <3

Inoltre mi preme ringraziare Infernal_Offering, perchè le rompo sempre le uova con domande sulla vita ad Helsinki, ecc ecc. (e lei mi riempie di foto e notizie succulente: ti lovvo donna!); ("Drown in This Love" è la prima storia HIMmica in assoluto che lessi e ancora piango, sob... ç___ç...) e "precursora" (si può dire precursora!?) dei titoli con testi tratti da song.
É stata la mia ispiratrice in molti casi, quando ero con l'acqua alla gola. :)
Parlare con lei è come essere lì e amo le nostre chiacchierate infinite. E siccome la lovvo, le perdono di leggere random i capitoli, senza una logica! xD
Spero di rivederla presto su questo sito e invoco la sua Musa ogni giorno e se mai non si decidesse, sono disposta anche ad andarla a prendere a calci in loco! (Ogni scusa è buona... xD).

Come anticipato nel capitolo precedente, per il titolo ho usato parte di una strofa della song: Anathema - Untouchable Part 2 ;

Bene... credo di aver rotto abbastanza, cià.
PS: Come molte autrici che seguo mi è venuta voglia di aprire un gruppo Gruppo Facebook dedicato alle discussioni e tutto ciò che ci passa per la testa sulle storie o le OS finora scritte,
dove potremo parlare liberamente, confrontarci come se fossimo in una piccola sala da thè, riservata... da brave signorine composte. ;)
Siete le benvenute.
Alla prossima!
Baci baci,

*H_T*




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