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Autore: Koa__    03/06/2014    8 recensioni
La relazione tra Spock e il capitano Kirk visto in tre fasi cruciali del loro rapporto: amici, fratelli, amanti.
[TOS]
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: James T. Kirk, Spock | Coppie: Kirk/Spock
Note: OOC, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Sh'at ashau


Meditare lo aiuta. Lo ha sempre fatto. Meditare per controllare le emozioni, i sentimenti, le debolezze. Meditare per raggiungere la pace della mente e sopprimere così quella metà umana che ultimamente pare essere diventata indomabile. Lei esce e lo fa spesso, sfugge alla logica e gli fa fare le cose più insensate. Ovviamente il suo scombussolamento emotivo ha a che vedere con Jim. Ha sempre a che vedere con Jim, fin da quando lo ha conosciuto. E nonostante i tentativi di trovare un senso a certi suoi atteggiamenti troppo umani, ha capito che non c’è logica nel desiderio che ha di guardarlo dormire o di rimanergli accanto per un’intera notte e Spock lo ha voluto tante volte, troppe perché fosse lecito. Sa perfettamente che passare delle ore a guardare Jim dormire è tempo perso quando, si dice, potrebbe impiegare le energie in attività produttive. Qualunque cosa sarebbe più proficua, dal lavoro in laboratorio a quello in plancia. Eppure, Spock di Vulcano, primo ufficiale dell’Enteprise dai modi di fare algidi e rigidi, si ritrova spesso a ragionare in maniera illogica. Dopo che Jim si è addormentato, ad esempio, fatica ad allontanarsi. Sa che non ha a che vedere esclusivamente con il legame che li unisce, ma che riguarda prettamente la sua metà umana, perché non c’è sensatezza dietro a quella voglia di accarezzarlo che spesso lo domina. Una volta lo ha addirittura baciato e, beh, non si è limitato solo a quello in effetti: ha fatto molto più che sfregare le sue labbra contro le proprie. Spock ha soppresso il ricordo, o meglio, ha tentato di cancellarlo anche se invano dato che quell’immagine gli ritorna in mente di continuo. Il fatto di per sé non è un problema, si sono già baciati molte volte e hanno intrattenuto più di un rapporto fisico. Lo fanno da molti mesi a dire il vero, da che si sono resi conto d’essere uniti. Il reale problema è che Spock, quella notte di quarantasette giorni prima, non ha solo baciato il capitano mentre questi era addormentato, ha fatto ben altro. È rimasto steso al suo fianco a lungo dopo aver terminato il rapporto fisico, al contrario, Jim è crollato immediatamente. Ma invece d’allontanarsi e riprendere le proprie attività, è rimasto. Si è scoperto affascinato da quella pigra osservazione. Interessato ad ogni espressione facciale del suo amante. Attratto da quelle labbra semi dischiuse e irretito da ogni singola cellula di quel corpo. Dopo aver premuto le labbra sulle sue ed aver indugiato un po’ troppo nel contatto delle loro mani intrecciate, si è fuso mentalmente con lui. Non avrebbe dovuto osare tanto. Una fusione mentale è una pratica che necessita di consenso da ambo le parti, specie perché si tratta della mente di Jim. Della sua vita. Dei suoi ricordi. E lui ha visto, ha percepito tutto e lo ha fatto senza domandare il permesso, impossessandosi di quella mente straordinaria in maniera totale. Dopo che è uscito e ha tolto le mani dal suo volto, ha iniziato a rendersi conto della gravità delle sue azioni. Uno strano e nuovo sentimento ha iniziato a farsi strada dentro di lui: rimorso e senso di colpa.


Le azioni che ha compiuto dopo quella notte, sono state niente di più che una reazione data dalla paura. Si è allontanato da Jim e lo ha fatto perché, fondamentalmente, era spaventato. Sa di essere legato a lui e di provare per il suo compagno e capitano un vivo e forte sentimento. Qualcosa di imparagonabile ad ogni altra emozione umana e vulcaniana e che coinvolge così tante sensazioni, che la sua logica non riesce a classificare. A descrivere. A capire. Sa che il suo t’hy’la lo ricambia, che anche lui sente il legame che li unisce, ma allo stesso tempo non riesce a parlargliene. Jim lo spaventa. Jim lo confonde. Jim prende la sua logica, l’accartoccia e la getta via. E per tutta la sensatezza di Surak, anche pensare che la logica sia un foglio di carta appallottolato, è privo di senso. Nei fatti, Spock è terrorizzato. È attratto da Jim, ma quel legame che li unisce è incomprensibile. Lo spaventa a morte l’idea di non riuscire a controllarsi, del fatto che l’umano dentro di lui esca e prenda il sopravvento così tante volte, facendolo agire in modo illogico. Spock è vulcaniano. Spock ha imparato fin da bambino qual è il vero significato della logica, cosa si nasconde dietro gli insegnamenti di Surak. I terrestri non lo capiscono, ma la soppressione delle emozioni serve loro per riuscire a vivere. Come può lui non perdere il senno pur deviando in modo tanto brutale dalla logica? Ha sempre considerato la sua parte umana come una debolezza, qualcosa che lo rende più fragile a cospetto di vulcaniani puri; ma è davvero così? Il suo lato terrestre, l’eredità di mamma Amanda è sempre presente dentro di lui e sa come gestire le emozioni. La sua metà umana prova, sente, ama e riesce a controllarsi, prova dei sentimenti perché se non lo facesse non riuscirebbe a sopravvivere perché gli umani sono così: Spock li conosce. Eppure, lui è un vulcaniano e quelli della sua specie non sanno controllare le emozioni, non ci riescono. Com’è quindi possibile che non perda totalmente il controllo? Come può la sua parte umana essere così forte da riuscire tenere a bada anche dei potenti sentimenti vulcaniani. Certo, ancora non si sa gestire e spesso commette azioni sconsiderate (come quella fusione mentale), ma se la sua teoria è corretta, forse un giorno riuscirà a trovare un equilibrio. Dovrebbe parlare con Jim di tutto quello, anzi sa di doverlo fare perché quel che accade in cabina, a tarda sera, così come il loro giocare a scacchi in modo tanto spudorato, è fin troppo dichiarato. Fino ad ora nemmeno il suo t’hy’la ha sentito il bisogno di dirgli qualcosa, ma sa perfettamente che non potranno andare avanti a lungo a comportarsi così. Baciarsi e toccarsi, fare l’amore è importante, è una cosa grossa e che potrebbe riguardare addirittura l’intero equipaggio. Spock sa di non poter continuare, non più andarsene a tarda notte con la scusa che deve meditare. Non può continuare in questo modo ancora. Deve accettare quel sentimento profondo e complesso che sa di provare. Lo deve affrontare, perché è vitale mettere da parte la paura che ha di quel rapporto e deve parlare con lui. Perché è illogico rifiutare un legame, perché è questo che sta facendo. Sta rifiutando Jim e quello che li unisce e no, non lo può permettere.


Meditare è vitale per un vulcaniano. Meditare è una pratica complessa e privata, che richiede il dover necessariamente affrontare e sviscerare ogni singola emozione così da poterla sopprimere. E nel momento in cui spegne la candela, dopo che ha finito, sente che tutto il peso che ha portato, le indecisioni, sono crollate. Dà un’occhiata ai dischetti che ha sulla scrivania che contengono i rullini di servizio, dovrebbe portarli al capitano e così facendo avrebbe anche l’occasione per parlargli. Sarebbe un preteso e nonostante non sia prettamente etico agire in questo modo, decide di farlo. Si alza in piedi, ripone la candela e il cuscino e lascia che la tunica scivoli a terra. È nudo mentre cammina a passo lento verso l’armadio, sente freddo senza abiti addosso e, nonostante la temperatura della sua cabina sia elevata, il tepore che la pesante stoffa vulcaniana gli dà, è impareggiabile. L’aria artificiale della stanza gli accarezza la pelle verdognola, la lambisce appena facendolo rabbrividire. Stranamente, Spock si ritrova ad indugiare mentre accarezza la casacca azzurrina della divisa e solo dopo che percepisce un brivido corrergli lungo la schiena, si decide ad indossarla.


La cabina del capitano è esattamente a fianco della sua. Una sola parete li divide. Da un punto di vista logistico, Spock, in quanto primo ufficiale, ha sempre trovato quella vicinanza molto comoda. Per ragioni di servizio molto spesso lui e Kirk sono costretti a parlarsi e vedersi molto spesso. Da quando è iniziato tutto quello poi, quella vicinanza è diventata ancora più piacevole. Spock conosce perfettamente le stanze del capitano, tanto che può dire di potersi muovere lì dentro anche al buio. Non ci entra mai da solo, a meno che non sia Jim stesso a chiedergli d’entrare. Lo fa per rispetto alla divisa che portano, lo fa, anche molto spesso si ritrova a desiderare di far irruzione lì dentro ed afferrare Jim per le spalle e… Il cicalino della porta lo risveglia e lo fa di soprassalto, nonostante sia stato lui stesso a farlo trillare. Suona e domanda di entrare, lo fa due volte e poi semplicemente attende. Solo dopo diversi minuti, si rende conto che lui non è lì.
«Tenente Uhura» dice, premendo il comunicatore posto sulla parete.
«Qui Uhura, signore.»
«Trovi il capitano Kirk» ordina.
«Si trova sul ponte panoramico, glielo devo chiamare?»
«No, non è necessario. Spock chiudo.» Detto questo si volta, roteando su sé stesso. Non è mai stato tanto determinato a fare qualcosa come in quel momento. Non ha paura. Indecisioni e timori lo hanno abbandonato, ora c’è solo aspettativa. In un modo leggero, appena percettibile, ma è come se la sua metà umana fremesse al pensiero di quel che sta per fare. E forse, ma non lo ammetterebbe mai, persino quel suo rigido controllo vulcaniano attende ciò che sta per avvenire.


 
oOoOo



Solitamente, c’è una sola ragione per cui il capitano Kirk va sul ponte panoramico: è preoccupato. Qualcosa lo turba altrimenti non si sarebbe disturbato a salire fin lassù solo per poter osservare lo scorrere delle stelle. Spock sa perfettamente quando sia affascinato dallo spazio e nonostante condivida appieno l’idea che guardare gli astri sia un ottimo svago, sa benissimo che se si trova lì, è perché qualcosa lo disturba. Jim è difficile da decifrare, prova tante emozioni e i pensieri che fa sono molto intricati. Il peso delle responsabilità di tanto in tanto lo schiaccia e anche se sono di fatto una coppia, ogni tanto è lui per primo a cercare momenti di solitudine. È come se andasse in quel posto per meditare e per cercare una sorta di pace interiore. L’idea di interromperlo quasi lo disturba, tanto che se dovesse andarci esclusivamente per i rullini, di certo rimanderebbe ad un altro momento. Ma quello che deve dirgli è altrettanto importante e sull’Enterprise, nell’imprevedibilità di quello spazio profondo, sa che ogni momento tranquillo, è un momento prezioso.


La porta automatica si apre in un fruscio leggero. Spock entra con passo lento e fare studiato, si guarda rapidamente attorno notando che non c’è nessuno. Solo Jim se ne sta in piedi di fronte al grande oblò e guarda lo scorrere delle stelle, che si muovono rapidissime sotto la spinta dei motori. Così si muove in sua direzione quasi senza pensarci: è il legame a spingerlo a stargli vicino, a cercare contatto fisico e mentale. Lo sente, ora percepisce distintamente il benessere aumentare mano a mano che gli si avvicina. Non sa se Jim percepisca la medesima cosa, ma è quasi certo che sia così perché anche i terrestri possono sentire un legame vulcaniano. Altri passi in sua direzione tanti che quasi lo può toccare o riesce a sentirne l’odore della pelle, tanti perché quella corda invisibile che li unisce, vibri come non mai. Nonostante gli si sia fatto tanto vicino però, Jim non si volta. Forse per lui non è necessario farlo, di certo si è reso conto della sua presenza e il vulcaniano sta giusto per spezzare il silenzio, quando viene preceduto.
«Tutto questo deve finire, Spock» esordisce e, per un momento, sente il proprio fiato mancare ed il cuore perdere un battito in una reazione così tremendamente umana e che gli si dipinge in viso in modo tanto palese (anche se per un momento brevissimo) che a chiunque stonerebbe il notare le orecchie appuntite tipiche della sua specie. Sopprimere quell’istinto è fondamentale. Perché per un istante è stato come se ore di meditazione fossero state vanificate e finite in niente. Questo è l’effetto che gli fa James T. Kirk, si dice Spock riacquistando un degno (quanto patetico) autocontrollo.
«Io e te non possiamo più essere amanti.»
«Posso domandarti il motivo?» E forse, anche se fa di tutto pur apparire piatto e distaccato, c’è una punta di irritazione nel tono di voce che di sicuro non è sfuggita a suo t’hy’la. Il fatto però è che non riesce a capire perché il legame non si sta spezzando, anzi, è ben saldo e forte ed ora viene persino alimentato dalla rispettiva vicinanza. Jim lo chiama a sé, lo fa sempre e di continuo, in quel momento più che mai. Il non comprendere lo innervosisce, suscita in lui una molto umana emozione chiamata irritazione.
«Non posso più fare sesso con te come se fossi una persona qualunque, io voglio dell’altro, voglio di più. È vero che non ne abbiamo mai parlato e che tra di noi c’era questa sorta di tacito accordo, che ci fa scappar via in piena notte come dei ladri dal letto nel quale abbiamo appena dormito insieme. Però io non voglio più tutto questo, che tu te ne vada intendo, ma che stai con me. Perché ti amo, Spock e voglio ogni cosa di te.» Spock sa che quella dovrebbe essere una spiegazione, una dichiarazione e che probabilmente, Jim è fermamente convinto di quanto stia dicendo, ma per quanto sia un illogico terrestre, non raggiunge mai tali livelli di follia. Già, perché ciò che afferma non ha alcun senso. Aggrotta le sopracciglia, il vulcaniano, cerca di comprendere e lo fa attraverso quel legame che hanno. Di lui però gli arriva solo l’angoscia. È ovunque. Dappertutto. Domina ogni pensiero, confondendolo ancora di più. O Jim è posseduto da qualcosa di alieno e sconosciuto che lo fa sragionare o la sua ansia è completamente irrazionale ed insensata. Tutte le emozioni sono illogiche, ma c’è ben altro nascosto tra le parole del suo capitano, qualcosa che Spock non riesce ad afferrare.
«Non comprendo il significato di “ogni cosa”» ribadisce il primo ufficiale, poco dopo.
«Essere in una relazione come due compagni; non solo amici o colleghi di lavoro, non soltanto amanti o fratelli. Io e te insieme.»
«Non è ciò che già abbiamo, Jim? Io e te come due compagni?» Spock ribatte immediatamente, non lascia che la confusione prenda il sopravvento dei suoi pensieri e delle sue azioni, facendolo perdere in inutili congetture. Non ha idea di che cosa passi per la mente del capitano, ma la dualità che nota sul suo volto, nel suo animo gli fa capire che è terribilmente serio. Dualità. Jim è sempre stato ambivalente. Quando esprime gioia, c’è sempre un fondo di malinconia nello sguardo. Al contrario, ogni volta che è triste o addolorato, è come se una sorta di determinazione lo spingesse a proseguire. Jim è sempre stato tanto complicato… C’è sicurezza in quei bellissimi occhi chiari mentre l’angoscia è ovunque sul suo volto e lui adesso ha bisogno di vedere tutto quello quindi solleva lo sguardo fino ad incrociare il suo: ora Jim è stupito. Vivamente stupito. Forse non si aspettava una simile risposta. Strano. E inusuale. Però è allora che un’idea inizia a farsi largo nella mente di Spock, quella reazione, quello stupore e l’illogicità delle parole che gli ha appena detto, ogni cosa potrebbe lasciar credere che non sapesse del legame. Il che non ha assolutamente senso dato che quella volta che si è fuso con lui, ha visto quanto Jim riuscisse a sentirlo e quanto gli piacesse. Se così fosse però, la colpa sarebbe sua. Solo sua. Questo a Spock è immediatamente chiaro. È stato talmente confuso, così intento a riflettere e meditare sui propri di sentimenti, che non si è preoccupato del fatto che Jim sapesse o meno ogni cosa. Lo ha dato per scontato ed è stato terribilmente egoista. Il suo t’hy’la si è ritrovato invischiato in qualcosa d’incomprensibile e dev’essere stato terribilmente spaventato. Come ha fatto ad essere tanto superficiale? È stato così preso da sé stesso, da non aver badato nemmeno al proprio compagno, a colui che dovrebbe venir messo al centro di ogni cosa, specie dei suoi pensieri. Niente può giustificare tanto egoismo e tutto quello che ora può dirsi, non sarebbe altro se non una penosa giustificazione. Tiene a Jim quanto tiene alla sua stessa vita, forse di più, ed è giunto il momento di occuparsi anche di lui oltre che delle sue emozioni.

«Non credo proprio, Spock» mormora Jim, interrompendo il flusso dei propri pensieri. «Facciamo sesso e la mattina dopo neanche ci guardiamo negli occhi. Non abbiamo mai parlato di quel che facciamo e delle nostre, delle…» incespica su quelle parole, tentenna e balbetta facendolo in un modo che per il capitano Kirk che conosce e per il quale nutre un profondo affetto, è del tutto inusuale. Jim non indugia, non lo fa mai e questo suo atteggiamento insolito gli fa pensare per davvero che sia molto più tormentato di quanto non appaia. E nemmeno quando riprende a parlare, si mostra più controllato, anzi, pare disperato.
«Dei sentimenti che proviamo l’uno per l’altro» insiste «sempre che tu ne provi, di affetto per me, perché sei così chiuso che non sembra che una metà di te sia umana. Il pensiero che parte dei tuoi geni siano simili ai miei mi pare del tutto impossibile.»
«Ed è necessario parlare?» Si sente un vigliacco a chiederglielo, ma ha bisogno di sapere che cosa pensi Jim e fino a che punto sia coinvolto in tutto quello. Certo gli ha detto che lo ama, ma che cosa vuole di preciso ancora non gli è chiaro.
«Ma certo che sì! Spock, facciamo sesso e si presume che due come noi che lavorano tutto il giorno a stretto contatto debbano sapere cosa sono l’uno per l’altro, se due amici, due amici che fanno sesso di tanto in tanto e lasciano fuori i sentimenti, oppure una coppia vera e propria.»
«Cosa di preciso gradiresti per noi?» insiste lui.
«Voglio che me lo dici, Spock. Amarti la notte non mi basta più, voglio farlo sempre e come compagni. Io e te in una relazione. Voglio che parliamo di ciò che abbiamo e che la notte la trascorri tutta con me, se te ne vai alle tre del mattino è perché mi dici che hai da fare, non perché scappi senza svegliarmi. Ti amo e no, non posso farci niente. Sono certo che il fatto che sei il mio primo ufficiale non cambierà niente, entrambi manterremmo un rapporto professionale fuori dal nostro privato e sono sicuro che tu per primo non ti lasceresti offuscare dai sentimenti. Mi chiedi cosa voglio? Te, voglio te. Sempre.»


È tutto quello che Spock di Vulcano, figlio di due mondi, ha bisogno di sapere. E in quella risposta molto poco vulcaniana e tanto umana che gli dà, baciandolo, c’è tutto il suo essere terrestre. Ha compiuto un’azione illogica, insensata e lo ha fatto senza paura o timore perché sa, adesso lo sa, che quando è con Jim, quando si aggrappa a quel legame che è forte e saldo più che mai, allora andrà tutto bene. No. Non ha senso. Sì. Tutto quello è illogico. Però lo fa lo stesso e lo bacia alla maniera umana. Gli cinge il viso con le mani e lo stringe a sé. Intreccia la lingua alla sua, lo controlla, lo domina, prende il sopravvento di quel bacio godendo del fatto che Jim si abbandoni completamente a lui. Sente la passione esplodere e farlo in modo splendidamente controllato. C’è tutto in quel bacio, il freddo Spock ci mette ogni cosa. E quando si allontanano, poco più tardi, sul viso di Jim non c’è altro che un grande sorriso di quella che, lo sente, lo vede, lo percepisce: è felicità.

«Accidenti» mormora il suo t’hy’la, incredulo.
«Ti devo parlare, Jim, di una cosa molto importante.»
«Riguarda noi e ciò che ti ho detto?»
«Sì» afferma, deciso.
«Beh, se non mi ami dill…»
«Non ha a che fare con il mio affetto per te» lo interrompe subito Spock «riguarda un’antica leggenda vulcaniana.»
«Una che?» ripete.
«Qualcosa di cui non parliamo» prosegue «soprattutto con i terrestri, ma che è profondamente radicata nella nostra cultura e che ci unisce. Unisce me e te in un legame vulcaniano.»
«Un legame vulcaniano? Tra noi? Voglio dire, me e te uniti in un legame?»
«Esattamente.»
«E cosa implica? Cosa vuol dire? No, aspetta» mormora, fermandolo e trattenendolo per la casacca azzurra. Jim lo strattona appena, lo attira verso di sé e lo bacia sulle labbra in modo sfuggente, prima di mostrare un ampio e malizioso sorriso.
«Andiamo a parlarne nella mia cabina.»


Jim gli si allontana, si avvia verso la porta, ma proprio quando sta per oltrepassarla e dirigersi verso l’ascensore, Spock lo chiama, lo raggiunge a brevi falcate e gli prende la mano. La stringe e unisce le dita alle sue in un altro bacio, solo uno dei tanti in quella lunga notte d’amore. Gli accarezza il viso lievemente arrossato, gli sfiora le labbra con il pollice e sorride, sì, sorride. Lo fa appena e con un ghigno leggero, quasi invisibile, ma lo fa.
«Th'at ashau, th'at ha-ge, th'at mene, th'at t’hai’la, th'at sa-kai, th'at e’tum t’hy’la.» [1]
«Qualunque cosa tu abbia detto…» gli risponde, con un gran sorriso stampato in volto e occhi scintillanti «per me è lo stesso.» Jim sorride e lo fa apertamente, è uno di quei sorrisi che a Spock piace in maniera del tutto particolare. E mentre si avvicina di nuovo a lui, con l’intento di baciarlo ancora, si rende conto che sta già iniziando a pensare alla sua vita con lui. Vuole stargli vicino. Aiutarlo. Assisterlo. Fargli sentire sempre la presenza a fianco. Vuole presentarlo ai suoi genitori come adun. [2] Vuole portarlo su Vulcano e insegnargli la sua lingua. Vuole fondersi mentalmente con lui (ma prima vuole chiederglielo). Vuole trascorre l’intera sua esistenza accanto a quell’umano e un giorno, se Jim dovesse morire per primo, vuole onorare il suo ricordo e attendere pazientemente la morte senza lasciar passare giorno in cui non abbia pensato a lui. Perché Spock sa che non potrà amare nessun altro come ama e ha amato James T. Kirk.
 

Fine


[1 ]Th'at ashau, th'at ha-ge, th'at mene, th'at t’hai’la, th'at sa-kai, th'at e’tum t’hy’la: letteralmente: mio amore, mia luce, mia vita, mio amico, mio fratello, mio bellissimo t’hy’la.
[2] Adun: sposo



Volevo ringraziare chi ha seguito questa storia fin da che la cominciai mesi fa e chi mi spinse a scrivere anche la versione di Spock, anche dandomi l’idea. Io, voglio dire, amo le sfide, ma questa è stata davvero tosta. Ringrazio anche chi ha letto e recensito, mi onora davvero il fatto d’essere tanto seguita in questo fandom. Tornare a scrivere qui è sempre una gioia immensa, mi sento sempre a casa, ecco. Non so quando pubblicherò dell’altro, ora sto scrivendo una long mystrade nel fandom di Sherlock (per chi fosse interessato) quindi vedremo che idee avrò in futuro. Posso solo dire che sono sempre orientata sulla TOS, ma principalmente sui film e su Bones. Su Bones ho un progetto che riguarda una raccolta di drabble, ma che non ho ancora iniziato e a cui sto ancora pensando. Sulla Spirk invece probabilmente scriverò ancora una dopo-V’ger (anche se molto, molto dopo v’ger) pensavo a qualcosa ambientato ne “Alla ricerca di Spock”, ma per ora sono solo teorie.
Vedremo. Bon, credo sia tutto.
Un bacio a ognuno di voi.
Live long and prosper.
Koa
 
   
 
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