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Autore: Therainsmelody    03/06/2014    1 recensioni
Abby ha problemi con il padre che la tratta come una serva;
Cara vive una vita agiata ma è insoddisfatta di se;
Nicholas ha un terribile e oscuro passato;
Lucas non fa che preoccuparsi per gli altri;
Ethan cerca solo di salvare il fratello dalla loro disastrosa famiglia
e Alan di scoprire il segreto che suo padre gli tiene celato da anni.
Sarà una lettera a dare inizio a quella che verrà ricordata come
la più grande rivelazione di segreti a cui la piccola cittadina di Wahoo abbia mai assistito,
ma la verità arriva sempre con un prezzo.
Genere: Avventura, Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 7 – L’opportunità

If opportunity doesn’t knock,
build a door.
 
Pov Abby
 
Ero sdraiata sul letto e fissavo il soffitto. Sentivo il ticchettio dell’orologio scandire il tempo che passava inesorabile. Erano quasi le sette e mezza. Era quasi ora di cena. Significava che sarei dovuta scendere, sedermi a tavola e cenare con mio padre.
Mi veniva la nausea solo a pensarci.
L’avevo sempre disprezzato ma ora che conoscevo quasi tutta la storia era anche peggio.
L’odiavo per ciò che aveva fatto a mia madre.
E a Chris.
Per non parlare di Gemma e Daniel.
Rovinava ogni vita che sfiorava.
Scrutai fuori dalla finestra e l’oscurità della notte volse il suo sguardo su di me. Che ci facevo ancora lì? Poi, senza accorgermene e senza motivo, mi ritrovai a pensare ad Alan. C’era qualcosa in quel ragazzo che mi ricordava me stessa: da fuori non era visibile ma dentro aveva un mondo tutto suo e io sentivo come un disperato bisogno di farne parte. Era stupido da pensare, non lo conoscevo neppure, ma avevo la strana sensazione che lui provasse lo stesso quando guardava me.
Sentii il suono del timer dal piano di sotto e mi alzai, rimisi a posto i capelli per quanto mi era possibile e scivolai silenziosamente fuori dalla mia stanza. Il profumo di pizza mi raggiunse a metà scala; quando mio padre la preparava non c’era d’aspettarsi nulla di buono. Era il mio piatto preferito ma per lui era il modo migliore per corrompermi. Cosa si aspettava esattamente da me?
Quando entrai in cucina John era già seduto e stava educatamente aspettando il mio arrivo per cominciare a mangiare.
Presi posto.
<< Allora Abigail com’è andata la tua giornata? >> la fetta di pizza rimase bloccata a mezz’aria e le miei labbra formarono una piccola o di stupore. Cercai di riprendermi il più velocemente possibile e mi tolsi quell’espressione dal viso inarcando le sopracciglia per sembrare più perplessa che sorpresa.
<< Sul serio? >> lui non si scompose minimamente.
<< Sul serio cosa? >> rispose senza accennare a guardarmi.
<< Mi stai sul serio chiedendo com’è andata la mia giornata? >> mantenni lo sguardo fisso su mio padre mentre lui sembrava pesare con cura le parole da rivolgermi.
<< Che c’è di strano? Un padre non può chiedere alla figlia com’è andata la sua giornata? >> questa serie di domande senza fine stava iniziando a darmi sui nervi e lui lo sapeva. Quello che voleva fin dall’inizio era farmi perdere la pazienza così avrebbe potuto colpirmi con più forza e dove faceva più male. Il peggio della questione era che gliel’avrei lasciato fare perché non mi sapevo trattenere; ogni singola volta, senza lottare, mi lasciavo ferire ed ogni ferita era più profonda della precedente.
Ormai ero fatta di cicatrici.
Cercai di reprimere l’urlo che sentivo nascere nello stomaco ma era tutto inutile, dovevo sbattergli in faccia l’evidenza e liberarmi di un po’ di quel peso che portavo dentro anche se sapevo che gli sarebbe rimbalzato addosso e alla fine l’unica a rimetterci sarei stata io.
<< Non mi hai mai chiesto della mia giornata, negli ultimi diciassette anni non mi hai mai nemmeno chiesto come sto! >> lui staccò un pezzo di pizza e lo mangiò in tutta calma prima di rispondermi.
<< Tutti possono cambiare, no? >>
Respira Abby!
Questo era davvero troppo.
Non farlo!
Troppo per chiunque.
Te ne pentirai!
Non m’interessava.
<< Tu no! Tu non sei mai cambiato! Sei sempre stato l’orribile persona che sei adesso! >> mi alzai di scatto da tavola con l’intenzione di andarmene, non avevo neanche più fame. Per me la discussione poteva chiudersi lì.
<< E questo chi te l’ha detto? Christopher? >> mi bloccai. L’aveva detto con lo stesso tono di prima ma alle mie orecchie suonava come una minaccia, una tacita promessa di atroci sofferenze.
Come diavolo fa a saperlo?
Sentii il terrore precipitarmi addosso pesante come un macigno. Il fiato mi si mozzò per quelli che mi parvero minuti; sentivo il cuore battere a mille, sempre più veloce per la carenza d’ossigeno.
Respira.
Rincominciai a respirare.
<< Come fai a sapere che lo conosco? Mi hai fatta seguire? >> un piccolo ghigno di vittoria comparve sulla sua bocca e il mio respiro, da poco tornato regolare si fece più pesante, agitato. Dovevo andarmene da quella stanza.
Subito!
<< Oh, Abigail! Ancora non l’hai capito? Non c’è nulla che io non sappia su ogni abitante di questa città. Cosa credevi? Che perché sei mia figlia ti avrei trattata in modo diverso? >> gocce fredde di sudore mi colavano lungo la schiena, volevo andarmene ma era come se i miei piedi e il pavimento fossero diventati un tutt’uno. Ora che avevo capito dove voleva andare a parare non aveva più bisogno della sua facciata. La sua voce si era fatta più profonda e suadente come quando si cerca di convincere qualcuno a darti ragione su tutti i fronti ma il suo tono mi faceva pensare di più a quando si cerca di spiegare qualcosa di molto semplice ad un bambino stupido.
Ed era così che mi stava facendo sentire: stupida.
<< Tu sai tutto? >> le parole mi uscirono in un soffio quasi inudibile e questo parve accentuare la perfida gioia che aveva sul volto. Avrei dovuto immaginarlo, in tutti quegli anni passati a vivere con lui avrei dovuto almeno sospettarlo.
E ora avresti dovuto restartene zitta!
<< Io so sempre tutto. >> mi rispose soddisfatto.
Avevo promesso a Chris che non ne avrei parlato con mio padre eppure lui l’aveva scoperto lo stesso. Ora non c’erano più vie d’uscita.
Per nessuno di noi.
<< E giusto perché tu lo sappia non lascerò che le cose tra te e il ragazzo dei Lewis vadano avanti. Lui non mi piace. Se vuoi salvare i tuoi nuovi amichetti lascialo perdere. >> spostò lo sguardo da me e riprese a mangiare come se niente di tutto ciò fosse mai accaduto.
Fu la goccia che fece traboccare il vaso.
Non so come ma uscii dalla sala e iniziai a correre finché la porta della mia stanza non fu chiusa alle mie spalle.
Mi sedetti sul letto.
La mente così affollata che non riuscivo a distinguere un pensiero dall’altro.
John che rideva soddisfatto.
Stupida!
Chris che mi chiedeva di non farne parola con mio padre.
Stupida!
Il modo in cui avevo mostrato a mio padre quanto fossi debole in realtà.
Stupida!
E poi Nicholas, Nicholas e ancora Nicholas.
Stupida!
Mi strinsi la testa fra le mani, mi sentivo come se da un momento all’altro potesse  esplodere e porre fine alla mia patetica esistenza.
Non volevo piangere.
Non l’avrai fatto.
Non sarei mai caduta così in basso.
Invece sì!
Mi sdraiai, le ginocchia strette al petto, e scoppiai in lacrime.

 
Pov Lucas
 
Rigirai per l’ennesima volta le chiavi di casa tra le mani. Ero appoggiato al cancello della scuola da più di mezz’ora aspettando l’arrivo degli altri e incominciavano a farmi male i piedi. Mi voltai nuovamente in direzione del cortile e vidi Abby e Nicholas avanzare verso di me tenendosi per mano, ogni tanto si fermavano e lui si chinava per baciarla o per sussurrarle quelle che supponevo essere frasi sdolcinate. Erano così perfetti assieme, quel genere di coppia che dura per sempre. Anche sforzandomi non potevo immaginarli separati.
Erano tutto quello che avevo sempre desiderato trovare ma che non ero mai riuscito ad ottenere.
Nel frattempo i due mi raggiunsero e mi salutarono raggianti.
<< Cara non è ancora arrivata? >> Abby non sembrava troppo turbata dal ritardo della modella bionda che ci ritrovavamo come migliore amica, farsi desiderare faceva parte del gioco.
O forse si era rotta un tacco.
Di nuovo.
<< Lo sai com’è fatta, starà cercando di allontanare il suo manipolo di ammiratori prima di raggiungerci. >> scoppiammo tutti a ridere. Probabilmente era quello il motivo dell’attesa.
Dopo un’altra decina di minuti vidi Cara in lontananza.
Non sembrava un granché felice.
Camminava a passo spedito, le labbra strette come per soffocare un insulto e le mani serrate a pugno pronte a colpire.
Era davvero minacciosa.
Si fermò di fianco a Nicholas sbraitando:
<< Quell’idiota di Ethan stava picchiando uno del primo anno. Di nuovo! >> incrociò le braccia sul petto indignata e fece scattare la testa di lato spostando una lunga ciocca di capelli biondi dietro la schiena.
<< È proprio un coglione! >> la faida tra Cara e Ethan risaliva alle elementari: da quando lui aveva assalito un ragazzino più piccolo per rubargli la merenda e lei era corsa a difenderlo centrandolo in faccia con un calcio si erano odiati.
Solo che questa volta mi sembrava diverso, di solito dopo avergliela fatta pagare era sempre sorridente e faceva qualche battuta scema con il suo cognome. La nostra preferita era “Big McIdiota, così stupido ce n’è uno solo”. La Cara davanti al cancello però non era in vena di battute. Eppure non c’erano motivi per prendersela tanto, stavamo parlando di Ethan McKaine lo stronzo della Wahoo High School; quello idiota ci era nato e idiota sarebbe morto.
Nel frattempo Cara sembrava aver sbollito la rabbia, era tornata a sorridere come sempre e stava raccontando ad Abby di quanto fosse stato carino con lei un certo Luke del suo corso di recupero di matematica.
Era tornata la solita Cara.
Ci dirigemmo verso la panchina senza neanche parlare, era diventata il nostro posto di ritrovo dal secondo giorno del primo anno di superiori, non c’era bisogno di fare domande.
Visto che nessuno sembrava voler tornare sulla faccenda “John Sullivan ha rovinato tutto ciò che si poteva rovinare” pensai che fosse almeno il caso di discutere di Alan:
<< Alan dovrebbe entrare nel gruppo. >> Le parole mi erano uscite di bocca così all’improvviso che tutti si erano zittiti esterrefatti e mi avevano lanciato strane occhiate interrogative, mi parve allora il caso di chiarire.
<< Quello che sto cercando di dire è che c’era anche lui quando Chris ci ha raccontato del padre di Abby, Chris è suo padre quindi, che lo voglia o meno, anche lui è invischiato in questa storia. >> Non era esattamente questo il motivo per cui volevo Alan fra di noi ma mi serviva una scusa che suonasse plausibile.
<< E poi non ha nessun amico, lo evitano tutti. >> Vidi una scintilla scattare nello sguardo di Abby, la stessa che, anni prima, l’aveva fatta camminare senza esitazioni verso il tavolo al quale Cara sedeva da sola.
<< Mi sembra più che giusto! È facile per noi sostenerci a vicenda dopo quello che è successo ma Alan non ha nessuno con cui confidarsi. >> Era così presa dal suo discorso da non essersi nemmeno accorta degli sguardi truci di Nicholas. In più era anche scattata in piedi, cosa che le succedeva spesso quando teneva particolarmente a quello di cui stava parlando. Vidi un leggero rossore sulle sue guancie quando tornò a sedersi facendo finta che quello scatto impulsivo non fosse mai esistito.
Evidentemente Abby era dalla mia parte, come se potessi anche solo dubitarne.
Spostai il mio sguardo su Cara ma lei era così assorta nei suoi pensieri da non accorgersi della discussione nata attorno a lei.
Riuscivo quasi a vedere gli ingranaggi nel suo cervello girare freneticamente alla ricerca di qualcosa, solo non sapevo cosa. Era diversa, su questo non avevo alcun dubbio.
Decisi di lasciarla stare sola un altro po’ con le sue misteriose riflessioni.
La parte difficile veniva ora: Nicholas.
Non aveva ancora detto nulla ma lo vedevo chiaramente che non era d’accordo.
Alan non gli era mai piaciuto, non gli piaceva il modo in cui lui guardava la sua ragazza: come se l’amasse più di ogni altra cosa a questo mondo.
Ed era vero.
Lui l’amava davvero e ce n’eravamo resi conto tutti.
Tutti tranne Abby.
Continuai ad osservarlo silenziosamente, sapevo che da un momento all’altro sarebbe scoppiato.
Nella mia mente cominciai il conto alla rovescia:
Tre … Due … Uno …
<< Assolutamente no! State scherzando vero? Nemmeno lo conosciamo quello!! >>
Trassi un profondo respiro.
<< Non conoscevamo nemmeno te all’inizio! >> Mi ero preparato a rispondere, pensavo che Abby sarebbe rimasta troppo scioccata per ribattere invece lo aveva fatto.
E ci era andata parecchio pesante.
Vidi Nicholas aprire e chiudere la bocca un paio di volte senza riuscire a spiccicare nemmeno una parola. Visto che lui non obbiettava Abby si sentì in dovere di continuare:
<< Quando ti abbiamo chiesto di unirti a noi sapevamo solo il tuo nome, che venivi dall’Inghilterra e che i tuoi genitori erano morti! Anzi sapevamo che tuo padre aveva ucciso tua madre e che poi si era suicidato! >> Eccolo lì, l’argomento di cui avevamo evitato di parlare con Nicholas per dieci anni e lei glielo spiattellava in faccia come se nulla fosse.
<< Abby, basta. >> Nicholas aveva abbassato lo sguardo e si stava fissando i piedi, avrei giurato che stesse per piangere. Lei aveva ancora le guancie arrossate dall’impeto di rabbia che l’aveva fatta esplodere in quelle parole poco gentili e le braccia tese sui fianchi con le mani così strette che le unghie avevano scavato un solco piuttosto profondo sul palmo. Respirava in fretta per recuperare fiato e non si era ancora accorta del casino che aveva appena combinato. Quando vidi la comprensione illuminare il suo sguardo era troppo tardi.
<< Fate quello che vi pare allora! Se questo Alan ti piace tanto perché non ti metti con lui invece che con me!? >> L’aveva urlato così forte che nel cortile tutti si erano voltati verso di noi incuriositi.
Abby aprì la bocca per cercare di scusarsi ma Nicholas si era già voltato e se ne stava andando. Vidi il braccio di lei allungarsi nella sua direzione per poi ricadere senza forze al suo fianco.
La strinsi in un abbraccio pieno d’affetto ma osservai impotente la luce morirle negli occhi.
Non era nelle mie braccia che voleva essere stretta.

 
Pov Alan
 
Era tutto il giorno che cercavo Abby, non ero ancora riuscito a parlare dopo martedì sera.
Attraversai il cortile della scuola e incrociai Cara che camminava da sola verso l’uscita:
<< Cara! Hai visto Abby? >> Che domanda stupida! Figuriamoci se in tutta la giornata non aveva visto la sua migliore amica almeno una volta! Lei parve tornare alla realtà tutto d’un colpo come se fosse stata immersa nelle sue riflessioni fino a un attimo prima.
Sgranò gli occhi e inclinò leggermente la testa di lato quasi mi stesse esaminando per un qualche motivo.
Passerò la prova?
<< È seduta alla panchina con Lucas ma non credo sia un buon momento per parlarle. >> Cara mi sembrava strana, per quanto ne sapevo di lei era sempre stata una persona allegra e quando iniziava a raccontare qualcosa non la smetteva più ma la Cara che avevo davanti era estremamente silenziosa, non tanto nelle parole quanto nel cuore. Forse era un cattivo momento anche per parlare con lei.
Mi superò marciando spedita sui suoi stivaletti tacco dodici senza la minima parvenza di difficoltà e sparì alla mia vista.
Quando raggiunsi la panchina Abby era sola.
Feci per aumentare il passo e raggiungerla quando sentii il primo singhiozzo e mi bloccai.
Stava piangendo.
Restai immobile per un po’, il vento soffiava freddo portando con sé l’odore tipico dell’inverno: la prima neve si stava avvicinando. Quando iniziai a non sentire più le punte delle dita, decisi che era ora di fare la prima mossa invece che restare fermo lì e finire col diventare una statua di ghiaccio.
Avevo pensato a diverse frasi brillanti per incominciare quel discorso ma, come sempre quando lei era vicina, le avevo dimenticate tutte così la prima cosa che le dissi fu:
<< Perché piangi? >> Mi sentivo un bambino dell’asilo! Lei alzò la testa di scatto e si affrettò ad asciugare le lacrime quasi si vergognasse a piangere in mia presenza.
<< Non è niente. >> Rispose con un filo di voce.
<< E dovrei crederci? >> Rimase spiazzata per qualche secondo, gli occhi ambrati fissi nei miei, prima di riuscire a rispondermi.
<< È solo che ho litigato con Nicholas, se vuoi parlare di ieri non mi sembra il caso ora io … >>
<< Stai male, si vede. >> La interruppi io. Non avevo certo intenzione di darle fastidio o di risultare ingombrante ma dovevo assolutamente parlare.
<< Senti possiamo vederci in un altro momento, va bene? >> Un leggero sorriso le increspò le labbra mentre una lacrima solitaria le scivolava furtivamente sulla guancia e la sua testa si muoveva in un lieve segno di assenso.
<< Grazie, è molto gentile da parte tua. >> Sembrò esitare prima di aggiungere:
<< Però dobbiamo essere soli, sai gli altri non sembrano molto propensi a farti entrare nel gruppo. >> Abbassò lo sguardo e si fissò le All Star  bianche per qualche secondo. Aveva detto gli altri ma sapevo che intendeva dire Nicholas.
Sentii una sensazione di trionfo inondarmi il cuore.
Abby ha litigato con Nicholas per me!
Durò un secondo, poi mi sentii uno schifo.
<< Va bene, ci vediamo domani pomeriggio dopo scuola. Davanti al vecchio cimitero sono sicuro che non ci vedrà nessuno. >> Abby annuì una seconda volta.
<< Adesso vai! Lucas è andato a prendermi qualcosa da bere, non voglio che ci trovi qui insieme. >>
La parola insieme suonò come la più celestiale delle voci alle mie orecchie, volevo sentirla di nuovo.
Volevo che lei la pronunciasse ancora.
Solo per me.
Feci per andarmene poi tornai sui miei passi.
<< Che ci fai ancora qui? >> Sembrava scocciata ma il mezzo sorriso sulla sua bocca mi convisse che non lo era poi tanto.
 Presi un bel respiro, stavo per mentire spudoratamente all’unica persona che avessi mai amato.
<< Mi dispiace che tu e Nicholas abbiate litigato. >>

Spazio Autrice

Finalmente! Nonostante la scuola mi assilli sono riuscita a finire il capitolo (con il solito immenso ritardo per cui mi scuso umilmente! Abbiate pietà!).
Prima di tutto parliamo della citazione iniziale (so che siete tutti bravissimi con l'inglese ma mi sembra giusto tradurla), "Se l'opportunità non bussa, costruisci una porta". Il significato mi pare abbastanza ovvio e mi sembra ovvio anche il motivo per cui l'ho scelta; Abby non sarebbe mai andata spontaneamente da Alan per professargli il suo amore (come lui vorrebbe) perciò il ragazzo si è dato una svegliata e prossimamente avrà la sua occasione! (Vai così Alan!).
Per concludere il mio piccolo sproloquio l'autore della frase è Milton Berle.

Tra due settimane sarò finalmente in vacanza perciò riuscirò ad aggiornare più spesso (Evviva!) e come sempre attendo le vosrte recensioni.

Al prossimo capitolo! :)

 
   
 
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