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Autore: Hilda Polaris    30/12/2004    1 recensioni
- 2019, ATTO I rimaneggiato e corretto. ATTO II revisionato e aggiunta scena V! -
Il Silenzio dei ghiacci, la maestosità dei monti, l'infinito fulgore dei cieli... Le Alfe, fate del gelo, si riuniscono in una radura tra gli abeti durante un'abbondante nevicata, e iniziano, a turno, a raccontarsi una favola.
What If strutturata come un'opera teatrale per chi ama il mondo di Asgard, vorrebbe sapere di più sul passato, presente e futuro dei protagonisti e, soprattutto, vorrebbe che la storia non fosse finita così.
Grazie in anticipo a chi vorrà leggere e commentare.
Genere: Drammatico, Fantasy, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
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SCENA III

 

 

 

“Quando Sigmund ebbe tra le mani il plico con il sigillo reale in bella vista, non credette ai propri occhi. La presenza del sigillo dei Polaris indicava un alto livello di formalità, quindi il contenuto di quei fogli avrebbe dovuto essere non meno di una convocazione ufficiale e immediata a Palazzo.
Il che può significare soltanto guai, pensò, ricordando che l’ultima convocazione ufficiale della regina si era conclusa con la dichiarazione di guerra nei confronti del Santuario di Atene.
Per un breve quanto irrazionale momento, Sigmund fu tentato di far sparire quella lettera senza neanche aprirla, in modo da cautelare Siegfried da qualsiasi eventuale conseguenza. Ma quella invitante sensazione sparì quasi subito, e l’uomo, maledicendosi tra sé e sé per la propria vigliaccheria, si diresse verso le stanze di suo figlio.
Lo trovò sdraiato nella sua stanza, sulla pelliccia di un orso che egli stesso aveva ucciso quasi vent’ anni prima, quando tutto sembrava ancora perfetto, mentre leggeva un libro con il mento poggiato sulle mani. In certi momenti sembrava ancora un bambino, nonostante fosse uomo già da tempo e nonostante fosse alto quasi due metri.

- Sieg… - Esordì.

Il ragazzo alzò gli occhi verso di lui.

- É arrivato questo per te, - disse, porgendogli la busta che sembrava scottare nelle sue mani, - credo dal Palazzo Reale.-

- … Dal Palazzo? Così presto? – si stupì Siegfried, prendendo il plico dalle mani del padre con la mano sinistra, ancora fasciata.

Mentre apriva la busta e iniziava a leggerla, Sigmund accennò a quella fasciatura, per cercare di non pensare al contenuto della lettera, che continuava a suscitare in lui uno strano timore.

- Riesci a muovere la mano? –

- Poco. – rispose Siegfried, alzando lo sguardo dal foglio – Ma sto migliorando.

Quella ferita era l’ultimo ricordo della guerra contro il Santuario e dell’Anello del Nibelungo. Hilda stessa, obnubilata dal potere del gioiello, l’aveva inflitta al ragazzo quando egli aveva tentato di opporsi ai suoi massacri, con il proprio scettro. Poiché inferta con uno degli emblemi del potere che Odino esercitava per mano della propria celebrante, e quindi di origine non umana, la ferita tardava a rimarginarsi, e le normali cure mediche ottenevano effetti molto blandi.
Siegfried lesse velocemente, poi riconsegnò la busta aperta a suo padre.

- … Allora? – Domandò questi, ansioso.

- Devo presentarmi lì domattina. –

Sigmund sospirò.

- Il motivo? –

- Non ne ho la minima idea… Ma la convocazione è firmata dalla regina. Domani scopriremo l’arcano! – concluse il ragazzo sorridendo. Sembrava non essere scosso dall’inquietudine che dominava il padre, e dopo qualche altro minuto di conversazione, tornò a concentrarsi sul suo libro. Sigmund fece ritorno nelle proprie stanze a passo lento, quasi volesse cercare di scandire meno velocemente i minuti e le ore che separavano quei momenti di tranquillità domestica dall’incognita del giorno successivo. Passò davanti al quadro che ritraeva Hjordìs, e non poté fare a meno di soffermarsi a guardarlo. Non sapeva neanche lui se con occhio d’accusa o di rimpianto.
Quanto l’aveva amata… Quanto avrebbe desiderato cambiare il passato…

- Proteggi tuo figlio – sussurrò, guardando l’immagine sorridente di sua moglie, - Fa’ che non gli accada null’altro di male. Fallo per lui, se non vuoi farlo per me. –

Evitò con ogni cura di guardare Aska, dipinta bambina accanto alla madre, per non riportare alla mente pensieri negativi; subito dopo, lo sguardo fisso sul pavimento e le mani dietro la schiena, si diresse lentamente verso il sospirato riposo.

***

Hagen si rigirò nel letto innervosito quando l’ennesimo colpo contro la porta della sua camera lo fece sussultare. Erano quasi dieci minuti che qualcuno si ostinava a bussare, e al ragazzo pareva appena l’alba nella confusione ovattata tra il sonno e la veglia in cui si trovava.
Troppo presto per alzarsi, decisamente.
Buttò la testa sotto il cuscino, quasi pensando che quella lieve imbottitura di piume avrebbe potuto attutire il rumore dei colpi. Adesso c’era anche una voce ad aggiungersi al sonoro bussare…

- Hagen… Hagen! Oh, insomma, Hagen! –

Il ragazzo continuò a fingere di non sentire.

- Accidenti a te, se non mi apri entro dieci secondi entro lo stesso! – Proseguì la voce con decisione.

Entra, pensò Hagen, in un impeto di nervosismo, e giuro che ti faccio pentire d’essere nato, chiunque tu sia!

Qualche secondo ancora e la porta si aprì di slancio. Piccoli passi affrettati e poi qualcuno gli strappò il guanciale che stringeva sopra la testa.

- Sveglia, pelandrone! É incredibile che tu stia ancora dormendo a quest’ora!

Il ragazzo si voltò di scatto, pronto a mostrare i pugni al disturbatore, ma si bloccò a mezz’aria, interdetto e confuso. Era Freya. Per qualche secondo i due rimasero a guardarsi a vicenda allibiti, poi la fanciulla scoppiò in una risata che risuonò per la stanza, mentre Hagen faticava a credere ai propri occhi. Freya in camicia da notte nella sua camera da letto… Di certo un sogno. Un sogno pericolosissimo.

- Sei davvero incorreggibile! – esordì Freya con un broncio delizioso, puntandogli contro un dito, - Vivi a Palazzo e dovresti essere il primo a presentarti alle convocazioni. E invece sei ancora qui in pigiama! Non ti vergogni? –

Hagen realizzò in quel momento che in realtà indossava poco più di un paio di calzoni sdruciti come d’abitudine quando dormiva, e che la cosa, pur mettendo a disagio lui, sembrava non imbarazzare minimamente la principessa che nel frattempo continuava a rimproverarlo a metà fra il serio e il faceto. Una sveglia decisamente atipica, si disse, ma decisamente piacevole, aggiunse, soffermando per un secondo di troppo lo sguardo sui fianchi della ragazza e sulle gambe snelle che la camicia da notte semitrasparente lasciava intravedere. Poi sospirò.
Le donne sanno essere veramente crudeli... Pensò con rassegnazione.
Le sue meditazioni furono interrotte da Freya, la quale, spazientita dalla sua disattenzione e vedendolo ancora metà addormentato, balzando in ginocchio sul letto gli tolse tutte le coperte con uno strattone, facendolo rabbrividire di freddo improvviso e imbarazzandolo ancora di più.

- Adesso basta poltrire! Gli altri sono già qui, quindi vestiti in fretta e corri nella sala del Trono! Io e Hilda vi raggiungeremo a breve. Avanti, scendi di qui! – Concluse Freya, tirandolo giù dal letto dopo avergli afferrato i polsi.

Hagen si chiese il perché di tanta urgenza, e, nei minuti seguenti, restò imbambolato a guardare la porta, pensando lugubremente a quanto potesse diventare stupido un guerriero come lui, che non tremava davanti a nulla e conosceva ferite e battaglie, ma si ritrovava ogni volta ad incantarsi negli occhi di una ragazzina.
Perché non era possibile essere innamorati e allo stesso tempo mantenere il controllo?
Per fortuna, la sua dignità era salvaguardata dall’ingenuità di Freya, che non sospettava il cambiamento avvenuto nei suoi sentimenti verso di lei nel passaggio dall’infanzia all’adolescenza, e continuava a comportarsi con quella naturalezza che lui aveva perso.

***

Più tardi, con propositi di autocontrollo che gli frullavano per la testa, Hagen si recò nella sala del Trono, e fu stupito nel vederla piena di fiori. I suoi compagni chiacchieravano a gruppetti, ed egli si avvicinò a Thor.

- Cosa festeggiamo?- gli domandò, indicando i fiori.

- Non saprei. Hilda non è ancora arrivata… Immagino solo che avranno svaligiato i fiorai di mezza città. -

Hagen si strinse nelle spalle; dunque nemmeno Thor, il suo punto di riferimento preferito perché avendo una decina d’anni più di tutti loro sembrava sapere sempre tutto prima di tutti – forse perché dall’alto della sua spropositata altezza vedeva prima le cose - conosceva il motivo di tutti quegli addobbi. In quel momento Hengi, ritto e compunto come sempre alla base della scalinata che conduceva al trono, battè due volte la base della sua lancia per terra, annunciando l’entrata della regina Hilda di Polaris e della principessa Freya.

- Ma come diavolo fa a sapere quando stanno arrivando, se loro entrano sempre dalla porta in cima alla scala? – Sussurrò Hagen, divertito, all’orecchio di Alberich. Lui rispose con una risatina sommessa, poi Hagen lo vide irrigidirsi di colpo e fissare un punto preciso nei pressi del trono.

Hilda e Freya erano entrate, ma non erano sole. Accanto ad Hilda, ammantata di rosso scuro e più alta di lei, c’era la ragazza con cui aveva discusso nel Bosco Sacro… Quanto tempo prima? Un mese? Due? Alberich non riusciva a ricordare.

- Che cosa significa questo? – si domandò, guardando istintivamente Mime, stupito almeno quanto lui. La sconosciuta sorrideva, mentre i suoi occhi di brace dorata divoravano la magnificenza della sala del Trono, i colori dei fiori e ogni singolo capello dei presenti. Freya, ma soprattutto Hilda, avevano l’aria radiosa, e aspettarono che il mormorio di dubbio iniziale serpeggiante tra i cavalieri si calmasse per prendere la parola. Hilda esordì, e la sua voce era chiaramente rotta dall’emozione.

- So che tutti voi vi starete chiedendo il motivo di questa convocazione e l’identità della persona che mi è vicina. Lei è qui da qualche settimana, ormai, ma una serie di motivi di necessità mi hanno indotta a nasconderne l’esistenza perfino a voi, miei cavalieri, fino a questo momento. – E, così dicendo, si voltò sorridendo verso la sconosciuta, che la prese per mano – Confesso che, - riprese, - quando questa ragazza si è presentata al mio cospetto e soprattutto mi ha rivelato la propria identità, ho assunto le vostre stesse espressioni incredule! Ho dovuto compiere delle indagini serie, perché le sue parole non andavano sottovalutate, ma nemmeno accettate senza riserve e senza opportuni accertamenti. Contro ogni mia previsione, tutto quello che mi ha raccontato si è rivelato essere corrispondente al vero, e ne ho le prove… - Fece una pausa, e poi sospirò, nel vedere la curiosità dipingersi sui volti degli ascoltatori. – Nemmeno Odino ha contraddetto le prove che mi sono state fornite… Ma non vi faccio attendere oltre: la ragazza che vedete accanto a me si chiama Astrid. Astrid di Polaris, ed è mia sorella maggiore. –

La sconosciuta fece qualche passo avanti sorridendo e si inchinò.

Alberich sgranò gli occhi e vide Mime impallidire all’improvviso.
Era impossibile descrivere le emozioni provate dai presenti in quel momento. L’incredulità e lo sgomento attraversavano i loro sguardi. Alberich si sforzava di mantenere l’autocontrollo, ma temeva che, se questa misteriosa Astrid avesse rivelato ad Hilda del loro scontro, probabilmente lui sarebbe stato nuovamente cacciato da corte, e maledisse la propria impulsività, non trascurando di maledire anche l’arrivo di Astrid, benché Hilda e Freya sembrassero oltremodo felici di questa novità.
Qualche minuto dopo la regina riprese la parola.

- Leggo incertezza nei vostri occhi, e la comprendo. Vi rivelerò quanto posso e quanto è giusto di mia sorella, perché è legittimo che sappiate, trattandosi di una notizia così importante per tutti. Purtroppo la vita non è stata generosa con lei quanto, tirando le somme, lo è stata con me e la principessa. Mio padre, il re Harald, concepì lei quando era giovane e sprovveduto, e il matrimonio con mia madre non lo interessava perché combinato e sulle prime celebrato addirittura a distanza. Essi si trovarono sposati senza nemmeno conoscersi né essersi visti se non da bambini, e la cerimonia ufficiale cui Asgard assistette un anno dopo non fu che uno specchietto per le allodole: il matrimonio era già stato celebrato un anno prima. Durante quell’anno, la frustrazione e la rabbia assalirono mio padre e lo portarono a cercare conforto tra le braccia di un’altra donna, la madre di Astrid. Dopo la cerimonia ufficiale, e dopo qualche tempo, il re si pentì del proprio errore davanti a sua moglie e davanti agli dei. Mia madre riuscì a perdonarlo perché lo amava, e ben presto il suo amore venne ricambiato con fervore e una condotta irreprensibile accresciuta dalla maturità.
Ma Harald non ebbe il coraggio di ripudiare la figlia che era venuta al mondo dal suo sbaglio, e benché l’avesse allontanata per sempre da Asgard continuò a provvedere al suo mantenimento. Dalla madre di Astrid esigeva il segreto, che fu mantenuto finché la povera donna, morta qualche anno fa, non lo rivelò a sua figlia in uno dei suoi ultimi respiri. Un documento firmato da mio padre e uno dei suoi anelli adoperati come sigillo, che Astrid mi ha consegnato al proprio arrivo, sono fra le testimonianze che mi hanno spinto a credere alle sue parole. –
Astrid aveva gli occhi lucidi, e Hilda la guardò con un sorriso triste.

- Io ritengo che sia giusto, quindi, che ella abbia da me quanto le spetti. Un posto a corte accanto a me e una famiglia, dato che non ha mai potuto sapere cosa significasse ed è stata costretta a nascondersi fuori da Asgard, finché si è ritrovata completamente sola. Non giudico la condotta di mio padre, perché l’avventatezza della gioventù porta spesso errori. Ma questa è la mia decisione, e spero che voi vogliate comprenderla e rispettarla. Detto questo, tacque, e Astrid la abbracciò mormorando “grazie”.

Alberich avvicinò Mime in quel momento, tra i mormorii di commento degli altri soldati, prendendolo per il gomito e trascinandolo in disparte.

-… Sorella della regina?! – Gli domandò tra i denti.

Mime aveva lo sguardo lontano.

- Ha gli stessi occhi di Harald… -

- Sì, ma tu ci credi?

- Perché non dovrei?

- Non ricordi quello che è successo nel Bosco? Mime! – Si sforzò di continuare a parlare sottovoce, ma Mime, destandosi come da una trance, lo guardò seriamente, e sospirò.

- Alberich, tu devi smetterla con i tuoi pregiudizi. Io non crederei mai ad una ragazza come Astrid se mi si presentasse davanti e dichiarasse di essere figlia di Harald. Ma c’è un documento firmato, un sigillo reale e la prova di Odino. Mi fido più dell’intuito di un dio che del mio.

Tuttavia la risposta lasciò entrambi chiaramente insoddisfatti, quando ad un tratto la voce di Hilda li fece voltare all’unisono. Si stava avvicinando con Astrid e Freya, che trotterellava felice dietro di loro, e Alberich fu preso da nuovi timori d’esilio, mentre Mime aveva assunto un’aria scettica nel constatare il lungo sorriso con cui Astrid l’aveva avvolto quando si era trovata abbastanza vicina.

- Iniziamo da loro due, sorella mia! – Esclamò Hilda – Mi hai detto di averli già conosciuti il giorno del tuo arrivo…

Alberich deglutì a vuoto e pensò: “Ci siamo”. Ma, senza lasciar trapelare i propri pensieri, si inchinò con fredda cortesia. Hilda proseguì, indicando prima l’uno e poi l’altro.

- Lui è Mime, ed oltre ad essere un prode cavaliere è un meraviglioso incantatore di cetre… - E lui è Alberich. Vi siete già conosciuti nel bosco! – Aveva assunto un’aria divertita, e Alberich se ne chiese il perché. Hilda intuì il suo disagio, e si affrettò a spiegare. – No, no, Alberich, non preoccuparti. Sebbene io critichi i tuoi metodi… ehm… bruschi, oggi è un giorno di festa. Stavi compiendo il tuo dovere di guardiano del Bosco, ma la prossima volta cerca di non esagerare! –

Diamine, sembra una madre che rimprovera un bambino con le dita nel miele, si stupì Alberich. Poi pensò che Astrid probabilmente si aspettasse le sue scuse. Scuse che il ragazzo si guardò bene dal pronunciare, chiedendosi invece in quali termini Astrid avesse raccontato l’accaduto alla regina in modo da determinare una reazione così blanda e superficiale. Ma la fanciulla, scuotendo la testa con un movimento elegante che le fece ondeggiare i capelli di rame, gli tese la mano e assunse un tono carezzevole.

- Questa è la nostra prima vera presentazione, caro Alberich… Dimentichiamo il passato! –
Sembrava un passo di una pièce teatrale in cui l’aristocratica castellana mostra condiscendenza al rozzo garzone di taverna.

“Nel Bosco hai tentato di spogliarmi, adesso mi tendi timidamente la manina… Chi credi di prendere in giro?” Pensò Alberich con lo sguardo fisso nel suo. E Astrid capì la sua espressione, tanto che abbassò gli occhi, affrettandosi poi a tendere la mano a Mime.
Poi Hilda la guidò verso gli altri, che Astrid esaminò con favore. La permanenza a Palazzo si rivelava sempre più interessante, pensò, mentre regalava ad un giovanotto dalla pelle insolitamente scura, che seppe poi chiamarsi Hagen, un meraviglioso e suadente sorriso.

La voce di Hilda proseguiva: - E questi è Siegfried Wolfangar, il capitano. Immagino non sia necessario che io aggiunga altro, sorellina: i suoi atti sono noti ben al di là dei confini di Asgard. –

“Ah,” pensò Astrid, “Costui dev’essere il ragazzo del drago”, e fu pronta ad elargirgli uno dei suoi sorrisi, ma le sue labbra rimasero immobili e la frase di circostanza che si era preparata rimase a mezz’aria. Hilda accennò un mezzo sorriso, constatando l’infallibilità di quello che lei e Freya chiamavano “l’effetto Siegfried”. Accidenti, questo non era previsto… Si sorprese a riflettere Astrid, e istintivamente si toccò una gemma che portava al collo, quasi per trarre sicurezza dalla sua solidità. Hilda non si accorse di questo turbamento. Ma Astrid pensò che la sua situazione si stava decisamente complicando. Si preoccupò tuttavia di non mostrare il minimo segno di difficoltà.
Quando, poco più tardi, pettinava i capelli di Hilda nella sua stanza, dichiarò con fervore di essere entusiasta di tutti i Guerrieri di Odino, e di trovarli belli e impavidi come li aveva sempre immaginati.

***

Il primo pensiero di Siegfried, quando Hilda aveva annunciato Astrid, era stato per suo padre. Aveva temuto così tanto il giorno della convocazione a Palazzo che sarebbe stato davvero divertente, per lui, raccontargli che s’era sbagliato e che la regina doveva semplicemente dar loro una buona notizia. Ma il divertimento era stato già rovinato quando aveva ascoltato la storia di questa nuova Polaris, così inquietantemente simile a quella di suo padre, sua madre ed Aska. Quando poi aveva visto Astrid davanti a sé, e i suoi occhi fiammeggianti posarsi su di lui senza alcun tipo di timore, era stato colto da un brivido di malessere. Pensò quindi di ascoltare i commenti dei suoi colleghi e chiese loro una riunione informale subito dopo il termine di quella con la regina.
Si fece raccontare dell’incontro di Mime e Alberich con Astrid come prima cosa e chiese le loro conclusioni.
Mime, interpellato, abbassò lo sguardo, pensoso, mentre Alberich, sorseggiando il suo corno di birra, non si fece ripetere due volte la richiesta di commentare:

- Fa la timida. Ma non lo è.

- Questo lo avevo immaginato. – Ribatté Siegfried; dialogare con Alberich, che per lui era solo un ragazzino impertinente e viziato che non faceva altro che fargli dispetti, non l’aveva mai allettato. Ma Mime continuava a tacere…

- Oh, no, tu non lo immagini invece. Ha avuto il talento di provarci con me e con Mime a distanza di circa un minuto! – Rispose Alberich, scoppiando a ridere.

- Davvero notevole… - Commentò Syd, che sedeva dall’altra parte del tavolo, alzando un sopracciglio. Avrebbe volentieri fatto a meno anche lui dell’esistenza di Alberich.

- Già! Se non riuscirò a darmi meglio da fare, questa donna finirà per eclissare i miei record!

Bofonchiò Alberich in risposta, tra le risate generali, che furono quasi subito interrotte da un commento spazientito di Mime.

- Alberich, ti ricordo che stai parlando della sorella della tua regina!

- Mah, - intervenne Siegfried, - se quella è la sorella di Hilda, io sono il re di Saturno.

Alberich non perse l’occasione:

- Mi auguro che la tua incoronazione avvenga presto, allora, così ci solleverai della tua presenza e io potrò dare la mia scalata al potere!

- Prego…? – Strabiliò Siegfried, mentre Syd soffocava una risata: assistere alle dialettiche contrapposte di Siegfried e Alberich era uno di quelli spettacoli che non avrebbe mai voluto perdere, specie quando Siegfried iniziava a prendere troppo sul serio le provocazioni dell’altro.

- Alberich, i piani malvagi non si rivelano al diretto interessato. Ti dovrò regalare il “Kit del Perfetto Personaggio Cattivo”, così magari almeno potrai imparare le basi. -

- Syd, non ti ci mettere anche tu! - si lagnò Siegfried. Quando si parlava con Alberich anche la discussione più seria rischiava di trasformarsi in charade, soprattutto quando qualcuno degli altri alimentava il fuoco, dato che tutti si divertivano a vederli battibeccare.

- Oh, non sono degno di tanta generosità, munifico Signore! - Replicò Alberich inchinandosi a Syd. Poi si voltò verso Siegfried con sguardo sornione e mimando il gesto con la mano:

- Non temere, verrò a salutarti con un fazzoletto candido e le lacrime agli occhi!

- Ragazzino, ti avviso: sto per giustiziarti.

- Obiezione, vostro onore! Mi appello alla clemenza della corte!

Siegfried pensò che il suo solito mal di testa da Alberich gli avrebbe rovinato la serata, mentre gli altri ridacchiavano.

- Alberich, mi sto spazientendo… Finisci il tuo racconto senza perderti nelle tue solite scempiaggini. Altrimenti hai dieci secondi per implodere.

- Ehi, mi hai preso per un buco nero, fratello?

- Non sono tuo fratello, per grazia di Odino e di ogni altra divinità conosciuta. Plaudo alle tue conoscenze scientifiche ma quanto al resto ho ancora un irrefrenabile desiderio di defenestrarti. O mandarti a breve nel buco nero di cui parlavi. Ti restano cinque secondi.

Alberich lanciò un finto grido struggente, portandosi la mano alla fronte, mentre Syd lanciava uno sguardo d’intesa ad Hagen, per indicargli di intervenire assieme a lui nel caso i due si fossero accapigliati come ragazzetti. L’uscita finale di Alberich terminò nel divertimento di tutti.

- Pena capitale o esilio... Che destino crudele! Sei un tiranno senza cuore, Siegfried… Avevo ben ragione io a tentare il colpo di Stato!

A Siegfried sembrava di interagire con un moccioso, quindi si costrinse ad essere tollerante.
La discussione su Astrid, in modo voluto o no, si spostò dunque verso altri argomenti decisamente più leggeri.
Mime, invece, seduto in disparte, aveva distolto lo sguardo dalla finestra quando aveva sentito i compagni scoppiare a ridere. Era lieto che una notizia importante come quella che avevano appena ricevuto avesse lasciato sui suoi amici ben poche tracce. Almeno su di loro.”

 

  
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