Il
giorno del gran ballo è arrivato.
È
stato piuttosto imbarazzante chiedere a Tom di venire al ballo con me,
come se
fossi una ragazzina alle prime armi.
Avrei
voluto seppellirmi quel giorno, fortunatamente non l’ho
fatto, sarebbe stato
difficile spiegare la presenza di uno zombi a un ballo del liceo.
Tom
mi è sembrato contento quando gliel’ho chiesto,
ora non so niente. Ora sono
impanicata davanti al mio armadio, su cui mia madre ha attaccato il mio
vestito.
Lo
tolgo e lo tocco, la seta scorre liscia sotto le mie dita, mia madre
dice che
sto bene così, e allora da dove arriva tutto questo panico?
Forse
perché i balli scolastici non sono mai solo balli
scolastici, ma una specie di
prova di sopravvivenza in cui devi essere bene armato di armi non
convenzionali: trucco, abito, borsetta, accessori, ragazzo giusto.
Sto
ancora contemplando l’abito, come se fosse una bestia feroce,
quando la porta
della mia camera si spalanca con violenza. È mia sorella che
è già vestita.
“Che
ci fai ancora in mutande?
Tra
poco arriverà la parrucchiera!”
“Ho
un po’paura a mettermelo.”
Lei
mi guarda esasperata.
“Chiara,
ti sta benissimo, non vedo perché dovresti avere paura di
mettertelo.”
Io
sospiro e stacco delicatamente il vestito dall’appendiabiti e
finalmente me lo
metto, lo specchio mi rimanda l’immagine di una ragazza un
po’ perplessa, ma
che tutto sommato, non è male.
“Vedi,
razza di zuccona?
A
Tom verrà un’erezione solo vedendoti!”
“ISABEL!”
Urliamo
in coro io e mia madre, lei si gratta la testa, rossa come un pomodoro.
“Scusate,
è che stando con Mark ogni tanto rispondo come farebbe
lui.”
Mia
madre scuote la testa, Mark le sta simpatico, ma non le piace che parli
come uno
scaricatore di porto.
“Non
è necessario che ci rendi partecipi di come parla Mark
Hoppus,comunque volevo
dirti che è arrivata la parrucchiera.”
“Oh, merda!”
Esclamiamo
insieme io e mia sorella, mia madre decide di lasciar perdere le
questione
parolacce e ci precede nello scendere dabbasso. La parrucchiera
è una donna sui
quarant’anni, sorridente.
“Allora,
ragazze! Come li volete i vostri capelli?
Complimenti
per il tuo azzurro!”
“Oh,
grazie!
Io
li vorrei a onde, un po’ anni quaranta.”
Lei
annuisce.
“E
tu?”
“Io
vorrei uno chignon con magari qualche ciocca che sfugga, per renderlo
più
sbarazzino o qualcosa del genere.”
“Va
bene.”
La
donna si mette al lavoro prima su di me e poi su mia sorella, odio
avere
forcine e bigodini enormi tra i capelli quando potrei fare da sola con
i miei
poteri.
Lo
chignon di Izzie comunque sta venendo bene, è elegante, ma
con tocco studiato
di trascuratezza che lo rende davvero carino.
Io
paziento un altro po’, poi finalmente anche i miei capelli
sono liberi da
bigodini e forcine e vedo le tante desiderate onde tra i miei capelli,
mi
scappa un sorriso.
Sto
davvero bene così, magari ogni tanto me le faccio anche da
sola.
“Che
belle che siete, ragazze!”
Esclama
mia madre.
“Già.
Grazie, signora, ha fatto un buon lavoro!”
Lei
alza le mani.
“Ordinaria
amministrazione, dove sono i vostri cavalieri?”
“Dovrebbero
arrivare!”
In
effetti Tom e Mark sono leggermente in ritardo, ma conoscendoli non mi
stupisce.
Poco
dopo arrivano e sembrano parecchio a disagio nei loro smoking, Mark
soprattutto
visto che i suoi capelli blu sono la cosa meno adatta a uno smoking che
ci sia.
Hanno
entrambi in mano un mazzo di fiori, Tom rosse e Mark orchidee azzurre.
I miei
occhi si illuminano, Tom me le consegna un po’ imbarazzato.
“Piccola,
stai… Sei bellissima!”
Mi
dice facendomi arrossire, mia sorella è più o
meno nella stessa situazione.
“Ragazzi
una foto?”
Mia
madre fa una foto a noi tutti insieme, poi una alle coppie, poi una mia
e una a
Izzie. Ha gli occhi leggermente umidi.
“Sembrava
ieri che andavate all’asilo e ora state per andare a un ballo
dell’ultimo anno
di liceo.”
Io
non so bene cosa dirle, è come se mi si fosse formato un
groppo in gola, è
davvero passato tanto tempo da allora. Mi sono successe tante cose,
alcune belle
e alcune brutte, mi manca quell’innocenza che avevo allora.
“Chia?”
“Niente.
Mamma,
il tempo passa e l’importante è che siamo tutti
qui più o meno felici.”
Lei
mi sorride.
“Hai
ragione e adesso andate o farete tardi.”
Oh,
già! C’è da sbrigare questa incombenza.
Usciamo
da casa mi e ci infiliamo nella macchina di Tom, diretti verso la
scuola. Mia
sorella e Anne sono su di giri, io sono sullo scettico andante.
Perché
andare a questo stupido ballo?
Parcheggiamo
e notiamo che le cheerleader e i giocatori di football che fanno coppia
hanno noleggiato
una limousine.
Esagerati.
Scesi
dalla macchina, troviamo Johnny, Keisha e David ad aspettarci alla
porta.
Johnny sembra molto a disagio nel suo smoking, non l’ho mai
visto con qualcosa
di diverso dai jeans e dal chiodo.
“Izzie,
passami la macchina fotografica.”
Le
chiedo con una vena sadica nella voce.
Inquadro
Johnny e gli urlo di dire “cheese”, lui alza il
medio come risposta, ma intanto
la foto che lo comprometterà a vita è stata
scattata.
“Chia,
sei una bastarda se ti ci metti!”
Io
rido, Anne, appesa al suo braccio, emana felicità da tutti i
pori.
Entriamo,
Anne trascina subito il mio amico verso l’angolo del
fotografo e lo obbliga a
farsi fare una foto con lei.
“Noi
possiamo saltare questo passaggio, vero?”
Chiedo
speranzosa al mio ragazzo.
“No,
no.”
Risponde
mia sorella.
“Devi
eseguire tuuuuutti i rituali
del ballo.”
“Che
palle.”
Sbuffando,
mi avvio verso il dannato angolo con Tom. L’uomo che presiede
alle operazione è
sulla cinquantina e sembra scazzato al massimo, probabilmente deve
avere visto
milioni di balli liceali ed esserne stufo.
Ci
fa piazzare davanti a un atroce sfondo azzurri sfumato e ci dice di
abbracciarci, baciarci, fare quello che le coppiette fanno e di
muoverci.
Il
“click” della macchina ci coglie mentre Tom mi sta
baciando una guancia, pago i
soldi per la foto e gli lascio l’indirizzo a cui mandarla una
volta sviluppata.
Fatto.
Adesso
immagino che si ballerà e che non ci sarà nulla
di simile al punk, seguo
l’abito verde acqua di mia sorella e mi trovo nella palestra
della scuola,
tutta addobbata con festoni e palloncini, in un angolo
c’è il buffet che
comprende un punch analcolico.
La
musica è atroce, una musica lenta melodica anni
’50, niente di diverso da
quello che mi ero immaginata.
Sarà
una noia mortale.
Scazzata
e con i piedi già doloranti mi siedo su una delle sedie
seminate ai lati del
locale, non ho voglia di ballare, Isabel invece ha già
trascinato in pista quel
povero cristo di Mark.
Tom
si siede accanto a me, ha in mano due bicchieri di punch e ne passa uno
a me,
lo bevo e penso che dopotutto non è male.
“Sarà
una seratina noiosa.”
“Abbastanza.”
“Scappiamo
al Soma?”
Mi
chiede.
“No,
mia sorella mi ucciderebbe poi. Ha deciso che devo godermi tutti i riti
del
liceo, ugh.”
Lui
mi guarda con compassione e mi batte una mano sulla spalla, per
esperienza
sappiamo che una sorellina fissata su qualcosa non va contraddetta.
“E
allora andiamo a ballare, che ne dici?”
“Fammi
finire il punch e sarò la tua Cenerentola.”
“Ma
ti rendi conto che il principe azzurro è impazzito per una
scarpa, che magari
era anche puzzolente e ha voluto trovare Cenerentola per una misera
scarpa?
Doveva
essere un bel feticista.”
“Se
avrai dei figli per favore ometti loro questo commento e poi era una
signora
scarpa, dove la trovi ora una scarpa di cristallo?”
Lui
sbuffa.
“In
una cristalleria e non penso ne esista una che possa reggere il peso di
un
umano, anche di un’anoressica cronica.”
“Smonta
sogni.”
“Pff!”
Io
appoggio il mio bicchiere a un tavolo solitario e accetto la mano di
Tom che mi
porta ai margini della pista.
Balliamo
cautamente, nessuno dei due è un gran ballerino, Tom mi
pesta un piede quasi
subito e con le scarpe che indosso sono catapultata al centro della
galassia.
“Che
hai da imprecare come una scaricatrice di porto?”
“Mi
hai pestato un piede e con questi strumenti di tortura che ho ai piedi
fa
male.”
“Va
bene, la prossima volta starò più
attento.”
Continuiamo
a ballare solo per un altro quarto d’ora, poi scappo di nuovo
al tavolo e cerco
conforto in un altro po’ di punch.
In
pista Keisha e David ballano in modo impeccabile, Anne e Johnny sono un
po’
titubanti, ma nel complesso se la cavano bene.
Non
vedo mia sorella e Mark e all’improvviso tutti i miei
campanelli d’allarme si
mettono a suonare. Mi alzo e cerco Hoppus, lo trovo poche sedie vicino
a noi
che guarda la pista.
“Mark,
dov’è Izzie?”
“In
bagno, ma ci sta mettendo troppo.”
“Vado
a controllare io.”
Lui
annuisce, non può entrare nel bagno delle donne essendo un
maschio, io sì.
Vado
in bagno e non trovo mia sorella, ora sono preoccupata sul serio, un
segnale
d’allarme sordo e intermittente pulsa nel profondo del mio
cervello.
“Isabel,
merda!”
Esclamo
a bassa voce, pensando che questa volta forse ce la fa a far fuori
qualcuno che
mi è caro.
Esco
nel parcheggio e mi guardo attorno, non c’è
nessuno, ma questo non significa
nulla, lui potrebbe andarsene già andato, magari
però è stato visto. Ci sono
sempre un sacco di coppiette che pomiciano qui durante il ballo e poi
non è
detto che a mia sorella sia successo qualcosa.
Cammino
un po’ per il parcheggio poi vedo un corpo steso alla luce di
un lampione,
indossa un abito verde acqua.
Isabel!
Corro
e mi accorgo che respira ancora, non è troppo tardi.
Inizio
a curarla, ma non ci riesco, i tessuti non rispondono come dovrebbero e
il
sudore inizia a colare lungo la mia schiena, uno sgradevole sudore
freddo che
sa di paura. Esiste un veleno molto usato sulla luna dei ribelli che
impedisce
a noi di guarire i feriti, ne ho visti a centinaia morire
così.
L’unico
modo per salvarlo è avere un antidoto, ma Keisha non
l’ha portato e ha iniziato
a prepararlo solo qualche giorno fa e ci vogliono mesi per far
sì che sia
pronto.
“Isabel,
Isabel non lasciarmi.”
“Chia,
sento freddo.
Io…
non ce la farò, ma ti voglio bene e ne voglio anche a mamma
e papà.
Di’
a Mark che lo amo.”
“Hai
visto chi ti ha aggredita?”
“Un
ragazzo mascherato.”
Io
continuo a tentare di guarirla con le guance rigate di lacrime, non sta
funzionando, non sto riuscendo a salvare mia sorella, la mia prima
amica.
“Chia, Chia…
Ti voglio bene, ricordati di dirlo a
ma’ e pa’ e che a Mark che lo amo.”
Emette
un rantolo terribile, poi il sui cuore smette di battere.
È
morta.
“ISABEL!”
Urlo
con tutto il fiato che ho in corpo e piangendo come una matta, china
sul suo
corpo freddo e insanguinato.
Lentamente
sento che arriva gente, che parlano, qualcuno tira fuori un cellulare e
chiama
il 911, io rimango con lei.
Sento
una mano posarsi sulla mia
spalla, è Tom
e accanto a lui ci sono gli latri.
Io
continuo a piangere fino a quando non arriva un’ambulanza e dei paramedici mi staccano
a forza da lei e
la caricano sulla vettura.
Io
abbraccio Tom e poi lo seguo dentro la scuola, stordita come sono mi
rendo
conto solo dopo un po’ che siamo nello studio della psicologa
della scuola, che
c’è lei e che c’è un
poliziotto.
Ho
una tazza di the caldo tra le mani e ne bevo un sorso.
“Credo
sia tornata in sé.”
Dice
la psicologa al poliziotto che annuisce.
“Non
la strapazzi, ha subito uno shock terribile stasera.”
“Va
bene.”
Il
poliziotto si rivolge a me.
“Buonasera,
posso darti del tu?”
“Faccia
come vuole.”
“Ok,
chi sei?”
“Sono
Chiara Malone, la sorella di Isabel… la vittima.”
“Da
quello che mi ha detto la psicologa la famiglia di Isabel ti aveva
adottata.”
“Se
crede che io la odi per questo motivo, si sbaglia. I nostri rapporti
erano
buonissimi, era mia sorella anche senza una goccia di sangue in comune.
Chieda
in giro se vuole.”
Lui
annuisce.
“Sto
solo cercando di ricostruire i fatti.”
“Va
bene. Alle otto Mark, il suo ragazzo e Tom, il mio sono venuti a
prenderci a
casa con la macchina di Mark per andare al ballo.
Izzie
era elettrizzata, amava questo genere di cose e non vedeva
l’ora di sfoggiare
il suo nuovo abito verde acqua. L’avevamo preso qualche
giorno fa in un grande
magazzino di San Diego e lei era così felice, mentre se lo
provava.
Tornando
a stasera, siamo arrivati a scuola e abbiamo parcheggiato. Sulla porta
abbiamo
incontrato dei nostri amici.”
“È
possibile avere dei nomi?”
“Certo.
Il ragazzo di Isabel è Mark Hoppus, il mio si chiama Thomas
Matthew DeLonge. In
quanto agli amici erano: Johnny Mayer, con la sua ragazza Anne Hoppus,
Keisha
Dupont e il suo ragazzo David Kennedy.
Per
favore non torturi Johnny anche se è stato in un istituto
per orfani fino a
diciotto anni e ha la fama di essere un teppista, è un bravo
ragazzo. È mio
amico da quando eravamo entrambi all’istituto e conosce anche
mia sorella, si
vogliono bene.”
Lui
annuisce.
“Prosegui
pure. Vi siete incontrati e?”
“Niente,
le solite chiacchiere tra ragazzini, poi mia sorella ha trascinato Mark
a farsi
una foto con lei dal fotografo e ha obbligato me a fare lo stesso con
Tom,
voleva che mi “godessi” tutti i rituali del
liceo.
Finito
quello lei si è buttata in pista e io sono rimasta seduta ai
lati per un po’ con
il mio ragazzo, non amo ballare.
Alla
fine sono entrata in pista, ma ci sono rimasta poco, Tom mi ha pestato
i piedi
non so quante volte. È troppo alto ed è
scoordinato ogni tanto.
Mentre
mi stavo riposando ho dato un’occhiata alla pista, ho visto
Anne e Johnny,
Keisha e David, ma non mia sorella e Mark.
Mi
è sembrato strano.”
“Perché?”
Sospiro,
muovo i piedi e vedo il the muoversi pericolosamente nella tazza, forse
un’ustione mi risbatterà nella mia
realtà da incubo.
“Perché
mia sorella ama ballare, ogni tanto al sabato sera – quando
non è impegnata con
noi punkettoni – va in un locale a San Diego.
Il
ballo è il posto giusto per scatenarsi per una come lei,
così mi è sembrato
strano e mi sono preoccupata. Sono la sorella più grande,
è da quando avevo sei
anni che io e Isabel facciamo squadra.”
“E
cosa hai fatto poi?”
“Sono
andata a cercare lei e Mark, ho trovato solo Mark seduto su una delle
sedie,
gli ho chiesto dove era mia sorella e lui mi ha detto che era in bagno.
Ci
stava tenendo troppo, sembrava leggermente preoccupato, così
sono andata a
controllare in bagno.”
“L’hai
trovata lì?”
Scuoto
la testa.
“No,non
l’ho trovata. Sono uscita da una delle uscite di emergenza
lì vicino,
dovrebbero essere chiuse, ma un sacco di gente durante e dopo il ballo
esce dalla
palestra per pomiciare in macchina, nel parcheggio.
Sono
uscita e ho gironzolato un po’, era buio. Le uniche fonti di
luce sono i pali
della luce che ci sono nel parcheggio e sotto uno di questi ho visto un
corpo
con un vestito verde acqua terribilmente simile a quello di Izzie.
Era
lei.
Mi
ha parlato, io ero talmente scossa che non ho nemmeno provato a
chiamare
l’ambulanza, la ferita al cuore mi sembrava…
mortale.”
Lui
annuisce, dai miei occhi scendono lacrime nere che si infrangono e
mischiano
con il the.
“Cosa
le ha detto sua sorella?”
“Che
mi voleva bene, che ne voleva anche a mio padre e a mia madre e che
amava Mark.
Le
ho chiesto se avesse visto il suo assalitore, ma mi ha detto che era
mascherato
e non ha visto il volto.
Poi
ha detto ancora che ci voleva bene ed è… morta.
Poi
mi sono messa a urlare, è arrivata gente e qualcuno ha
chiamato il 911 e adesso
sono qui a rivivere l’ultima giornata di mia sorella in uno
studio squallido
con un poliziotto che sospetta di me.”
Concludo
con una punta di rabbia.
“Io
non sospetto di te.”
“E
perché si comporta come se lo facesse?”
Lui
sospira.
“Capisco
che tu sia sconvolta, era tua sorella, ma io ho bisogno di elementi per
trovare
l’assassino, ho bisogno di un quadro completo.
Che
tu sapessi tua sorella aveva qualche nemico?”
“Che
io sapessi, no.
Non
era una popolare, ma era comunque molto benvoluta da tutti per il suo
buon
carattere. Era una di quelle persone che sorridono sempre e sono
disposte ad
aiutare sempre.”
“Grazie,
il tuo aiuto è stato prezioso.
Qui
fuori ci sono i vostri genitori, adesso entreranno.”
Io
annuisco come un automa, non so se sono pronta a vedere mamma e
papà, ma non
ho scelta.
La
porta si apre e mia madre mi travolge con un abbraccio lacrimoso, mio
padre
sembra stordito, un pugile suonato che ha ricevuto un bel colpo dal
destino.
“La
mia Isabel! La mia piccola Isabel!”
Singhiozza
mia madre.
“Almeno
è morta felice con il suo vestitino nuovo.”
Io
mi sfilo dal suo abbraccio e lascio che sia la psicologa a consolarla,
in
questo momento non sono in grado di reggere una reazione come la sua.
Abbraccio
Tom e Johnny e scoppio a piangere, lasciando che sia il loro calore a
scaldarmi
e le loro parole a consolarmi.
Mia
sorella è morta, nessuno me la ridarà indietro.
L’unica
cosa che mi rimane da fare è trovare il suo assassino
– e ho una mezza idea di
chi possa essere – e farlo fuori.
Sangue
chiama vendetta.