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Autore: Layla    13/06/2014    1 recensioni
Lui sta per sedersi a un tavolo quando la porta si apre violentemente e due rapinatori entrano nel locale puntando la pistola su di noi.
“Consegnaci l’incasso!”
Mi urlano, io corro al ricevitore di cassa, prelevo i soldi e schiaccio l’allarme, poi consegno tutto ai banditi che iniziano a far passare i clienti.
Arrivati a Tom lui si rifiuta di collaborare e tenta di disarmare uno di loro.
È questioni di attimi, il rapinatore – troppo teso ed eccitato, forse un eroinomane – perde il controllo e gli spara. L’altro impreca e lo trascina via, lasciando Tom steso a terra.
Dovrei aspettare l’ambulanza, ma i miei piedi si muovono da soli e con un unico movimento mi inginocchio accanto a lui e gli premo la mano dove è stato colpito.
Mi concentro e una leggera luce scaturisce dalla mia mano, fortunatamente nessuno lo nota e io continuo fino a quando non sento tutti i tessuti e gli organi tornare normali e la pallottola svanire completamente.
Genere: Generale, Romantico, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Mark Hoppus, Nuovo personaggio, Tom DeLonge, Un po' tutti
Note: AU, What if? | Avvertimenti: Violenza
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 22)Sangue chiama vendetta.

 

Il giorno del gran ballo è arrivato.
È stato piuttosto imbarazzante chiedere a Tom di venire al ballo con me, come se fossi una ragazzina alle prime armi.
Avrei voluto seppellirmi quel giorno, fortunatamente non l’ho fatto, sarebbe stato difficile spiegare la presenza di uno zombi a un ballo del liceo.
Tom mi è sembrato contento quando gliel’ho chiesto, ora non so niente. Ora sono impanicata davanti al mio armadio, su cui mia madre ha attaccato il mio vestito.
Lo tolgo e lo tocco, la seta scorre liscia sotto le mie dita, mia madre dice che sto bene così, e allora da dove arriva tutto questo panico?
Forse perché i balli scolastici non sono mai solo balli scolastici, ma una specie di prova di sopravvivenza in cui devi essere bene armato di armi non convenzionali: trucco, abito, borsetta, accessori, ragazzo giusto.
Sto ancora contemplando l’abito, come se fosse una bestia feroce, quando la porta della mia camera si spalanca con violenza. È mia sorella che è già vestita.
“Che ci fai ancora in mutande?
Tra poco arriverà la parrucchiera!”
“Ho un po’paura a mettermelo.”
Lei mi guarda esasperata.
“Chiara, ti sta benissimo, non vedo perché dovresti avere paura di mettertelo.”
Io sospiro e stacco delicatamente il vestito dall’appendiabiti e finalmente me lo metto, lo specchio mi rimanda l’immagine di una ragazza un po’ perplessa, ma che tutto sommato, non è male.
“Vedi, razza di zuccona?
A Tom verrà un’erezione solo vedendoti!”
“ISABEL!”
Urliamo in coro io e mia madre, lei si gratta la testa, rossa come un pomodoro.
“Scusate, è che stando con Mark ogni tanto rispondo come farebbe lui.”
Mia madre scuote la testa, Mark le sta simpatico, ma non le piace che parli come uno scaricatore di porto.
“Non è necessario che ci rendi partecipi di come parla Mark Hoppus,comunque volevo dirti che è arrivata la parrucchiera.”
“Oh, merda!”
Esclamiamo insieme io e mia sorella, mia madre decide di lasciar perdere le questione parolacce e ci precede nello scendere dabbasso. La parrucchiera è una donna sui quarant’anni, sorridente.
“Allora, ragazze! Come li volete i vostri capelli?
Complimenti per il tuo azzurro!”
“Oh, grazie!
Io li vorrei a onde, un po’ anni quaranta.”
Lei annuisce.
“E tu?”
“Io vorrei uno chignon con magari qualche ciocca che sfugga, per renderlo più sbarazzino o qualcosa del genere.”
“Va bene.”
La donna si mette al lavoro prima su di me e poi su mia sorella, odio avere forcine e bigodini enormi tra i capelli quando potrei fare da sola con i miei poteri.
Lo chignon di Izzie comunque sta venendo bene, è elegante, ma con tocco studiato di trascuratezza che lo rende davvero carino.
Io paziento un altro po’, poi finalmente anche i miei capelli sono liberi da bigodini e forcine e vedo le tante desiderate onde tra i miei capelli, mi scappa un sorriso.
Sto davvero bene così, magari ogni tanto me le faccio anche da sola.
“Che belle che siete, ragazze!”
Esclama mia madre.
“Già. Grazie, signora, ha fatto un buon lavoro!”
Lei alza le mani.
“Ordinaria amministrazione, dove sono i vostri cavalieri?”
“Dovrebbero arrivare!”
In effetti Tom e Mark sono leggermente in ritardo, ma conoscendoli non mi stupisce.
Poco dopo arrivano e sembrano parecchio a disagio nei loro smoking, Mark soprattutto visto che i suoi capelli blu sono la cosa meno adatta a uno smoking che ci sia.
Hanno entrambi in mano un mazzo di fiori, Tom rosse e Mark orchidee azzurre. I miei occhi si illuminano, Tom me le consegna un po’ imbarazzato.
“Piccola, stai… Sei bellissima!”
Mi dice facendomi arrossire, mia sorella è più o meno nella stessa situazione.
“Ragazzi una foto?”
Mia madre fa una foto a noi tutti insieme, poi una alle coppie, poi una mia e una a Izzie. Ha gli occhi leggermente umidi.
“Sembrava ieri che andavate all’asilo e ora state per andare a un ballo dell’ultimo anno di liceo.”
Io non so bene cosa dirle, è come se mi si fosse formato un groppo in gola, è davvero passato tanto tempo da allora. Mi sono successe tante cose, alcune belle e alcune brutte, mi manca quell’innocenza che avevo allora.
“Chia?”
“Niente.
Mamma, il tempo passa e l’importante è che siamo tutti qui più o meno felici.”
Lei mi sorride.
“Hai ragione e adesso andate o farete tardi.”
Oh, già! C’è da sbrigare questa incombenza.
Usciamo da casa mi e ci infiliamo nella macchina di Tom, diretti verso la scuola. Mia sorella e Anne sono su di giri, io sono sullo scettico andante.
Perché andare a questo stupido ballo?
Parcheggiamo e notiamo che le cheerleader e i giocatori di football che fanno coppia hanno noleggiato una limousine.
Esagerati.
Scesi dalla macchina, troviamo Johnny, Keisha e David ad aspettarci alla porta. Johnny sembra molto a disagio nel suo smoking, non l’ho mai visto con qualcosa di diverso dai jeans e dal chiodo.
“Izzie, passami la macchina fotografica.”
Le chiedo con una vena sadica nella voce.
Inquadro Johnny e gli urlo di dire “cheese”, lui alza il medio come risposta, ma intanto la foto che lo comprometterà a vita è stata scattata.
“Chia, sei una bastarda se ti ci metti!”
Io rido, Anne, appesa al suo braccio, emana felicità da tutti i pori.
Entriamo, Anne trascina subito il mio amico verso l’angolo del fotografo e lo obbliga a farsi fare una foto con lei.
“Noi possiamo saltare questo passaggio, vero?”
Chiedo speranzosa al mio ragazzo.
“No, no.”
Risponde mia sorella.
“Devi eseguire tuuuuutti i  rituali del ballo.”
“Che palle.”
Sbuffando, mi avvio verso il dannato angolo con Tom. L’uomo che presiede alle operazione è sulla cinquantina e sembra scazzato al massimo, probabilmente deve avere visto milioni di balli liceali ed esserne stufo.
Ci fa piazzare davanti a un atroce sfondo azzurri sfumato e ci dice di abbracciarci, baciarci, fare quello che le coppiette fanno e di muoverci.
Il “click” della macchina ci coglie mentre Tom mi sta baciando una guancia, pago i soldi per la foto e gli lascio l’indirizzo a cui mandarla una volta sviluppata.
Fatto.
Adesso immagino che si ballerà e che non ci sarà nulla di simile al punk, seguo l’abito verde acqua di mia sorella e mi trovo nella palestra della scuola, tutta addobbata con festoni e palloncini, in un angolo c’è il buffet che comprende un punch analcolico.
La musica è atroce, una musica lenta melodica anni ’50, niente di diverso da quello che mi ero immaginata.
Sarà una noia mortale.
Scazzata e con i piedi già doloranti mi siedo su una delle sedie seminate ai lati del locale, non ho voglia di ballare, Isabel invece ha già trascinato in pista quel povero cristo di Mark.
Tom si siede accanto a me, ha in mano due bicchieri di punch e ne passa uno a me, lo bevo e penso che dopotutto non è male.
“Sarà una seratina noiosa.”
“Abbastanza.”
“Scappiamo al Soma?”
Mi chiede.
“No, mia sorella mi ucciderebbe poi. Ha deciso che devo godermi tutti i riti del liceo, ugh.”
Lui mi guarda con compassione e mi batte una mano sulla spalla, per esperienza sappiamo che una sorellina fissata su qualcosa non va contraddetta.
“E allora andiamo a ballare, che ne dici?”
“Fammi finire il punch e sarò la tua Cenerentola.”
“Ma ti rendi conto che il principe azzurro è impazzito per una scarpa, che magari era anche puzzolente e ha voluto trovare Cenerentola per una misera scarpa?
Doveva essere un bel feticista.”
“Se avrai dei figli per favore ometti loro questo commento e poi era una signora scarpa, dove la trovi ora una scarpa di cristallo?”
Lui sbuffa.
“In una cristalleria e non penso ne esista una che possa reggere il peso di un umano, anche di un’anoressica cronica.”
“Smonta sogni.”
“Pff!”
Io appoggio il mio bicchiere a un tavolo solitario e accetto la mano di Tom che mi porta ai margini della pista.
Balliamo cautamente, nessuno dei due è un gran ballerino, Tom mi pesta un piede quasi subito e con le scarpe che indosso sono catapultata al centro della galassia.
“Che hai da imprecare come una scaricatrice di porto?”
“Mi hai pestato un piede e con questi strumenti di tortura che ho ai piedi fa male.”
“Va bene, la prossima volta starò più attento.”
Continuiamo a ballare solo per un altro quarto d’ora, poi scappo di nuovo al tavolo e cerco conforto in un altro po’ di punch.
In pista Keisha e David ballano in modo impeccabile, Anne e Johnny sono un po’ titubanti, ma nel complesso se la cavano bene.
Non vedo mia sorella e Mark e all’improvviso tutti i miei campanelli d’allarme si mettono a suonare. Mi alzo e cerco Hoppus, lo trovo poche sedie vicino a noi che guarda la pista.
“Mark, dov’è Izzie?”
“In bagno, ma ci sta mettendo troppo.”
“Vado a controllare io.”
Lui annuisce, non può entrare nel bagno delle donne essendo un maschio, io sì.
Vado in bagno e non trovo mia sorella, ora sono preoccupata sul serio, un segnale d’allarme sordo e intermittente pulsa nel profondo del mio cervello.
“Isabel, merda!”
Esclamo a bassa voce, pensando che questa volta forse ce la fa a far fuori qualcuno che mi è caro.
Esco nel parcheggio e mi guardo attorno, non c’è nessuno, ma questo non significa nulla, lui potrebbe andarsene già andato, magari però è stato visto. Ci sono sempre un sacco di coppiette che pomiciano qui durante il ballo e poi non è detto che a mia sorella sia successo qualcosa.
Cammino un po’ per il parcheggio poi vedo un corpo steso alla luce di un lampione, indossa un abito verde acqua.
Isabel!
Corro e mi accorgo che respira ancora, non è troppo tardi.
Inizio a curarla, ma non ci riesco, i tessuti non rispondono come dovrebbero e il sudore inizia a colare lungo la mia schiena, uno sgradevole sudore freddo che sa di paura. Esiste un veleno molto usato sulla luna dei ribelli che impedisce a noi di guarire i feriti, ne ho visti a centinaia morire così.
L’unico modo per salvarlo è avere un antidoto, ma Keisha non l’ha portato e ha iniziato a prepararlo solo qualche giorno fa e ci vogliono mesi per far sì che sia pronto.
“Isabel, Isabel non lasciarmi.”
“Chia, sento freddo.
Io… non ce la farò, ma ti voglio bene e ne voglio anche a mamma e papà.
Di’ a Mark che lo amo.”
“Hai visto chi ti ha aggredita?”
“Un ragazzo mascherato.”
Io continuo a tentare di guarirla con le guance rigate di lacrime, non sta funzionando, non sto riuscendo a salvare mia sorella, la mia prima amica.
“Chia,  Chia… Ti voglio bene, ricordati di dirlo a ma’ e pa’ e che a Mark che lo amo.”
Emette un rantolo terribile, poi il sui cuore smette di battere.
È morta.
“ISABEL!”
Urlo con tutto il fiato che ho in corpo e piangendo come una matta, china sul suo corpo freddo e insanguinato.
Lentamente sento che arriva gente, che parlano, qualcuno tira fuori un cellulare e chiama il 911, io rimango con lei.
Sento una mano posarsi sulla  mia spalla, è Tom e accanto a lui ci sono gli latri.
Io continuo a piangere fino a quando non arriva un’ambulanza e  dei paramedici mi staccano a forza da lei e la caricano sulla vettura.
Io abbraccio Tom e poi lo seguo dentro la scuola, stordita come sono mi rendo conto solo dopo un po’ che siamo nello studio della psicologa della scuola, che c’è lei e che c’è un poliziotto.
Ho una tazza di the caldo tra le mani e ne bevo un sorso.
“Credo sia tornata in sé.”
Dice la psicologa al poliziotto che annuisce.
“Non la strapazzi, ha subito uno shock terribile stasera.”
“Va bene.”
Il poliziotto si rivolge a me.
“Buonasera, posso darti del tu?”
“Faccia come vuole.”
“Ok, chi sei?”
“Sono Chiara Malone, la sorella di Isabel… la vittima.”
“Da quello che mi ha detto la psicologa la famiglia di Isabel ti aveva adottata.”
“Se crede che io la odi per questo motivo, si sbaglia. I nostri rapporti erano buonissimi, era mia sorella anche senza una goccia di sangue in comune.
Chieda in giro se vuole.”
Lui annuisce.
“Sto solo cercando di ricostruire i fatti.”
“Va bene. Alle otto Mark, il suo ragazzo e Tom, il mio sono venuti a prenderci a casa con la macchina di Mark per andare al ballo.
Izzie era elettrizzata, amava questo genere di cose e non vedeva l’ora di sfoggiare il suo nuovo abito verde acqua. L’avevamo preso qualche giorno fa in un grande magazzino di San Diego e lei era così felice, mentre se lo provava.
Tornando a stasera, siamo arrivati a scuola e abbiamo parcheggiato. Sulla porta abbiamo incontrato dei nostri amici.”
“È possibile avere dei nomi?”
“Certo. Il ragazzo di Isabel è Mark Hoppus, il mio si chiama Thomas Matthew DeLonge. In quanto agli amici erano: Johnny Mayer, con la sua ragazza Anne Hoppus, Keisha Dupont e il suo ragazzo David Kennedy.
Per favore non torturi Johnny anche se è stato in un istituto per orfani fino a diciotto anni e ha la fama di essere un teppista, è un bravo ragazzo. È mio amico da quando eravamo entrambi all’istituto e conosce anche mia sorella, si vogliono bene.”
Lui annuisce.
“Prosegui pure. Vi siete incontrati e?”
“Niente, le solite chiacchiere tra ragazzini, poi mia sorella ha trascinato Mark a farsi una foto con lei dal fotografo e ha obbligato me a fare lo stesso con Tom, voleva che mi “godessi” tutti i rituali del
liceo.
Finito quello lei si è buttata in pista e io sono rimasta seduta ai lati per un po’ con il mio ragazzo, non amo ballare.
Alla fine sono entrata in pista, ma ci sono rimasta poco, Tom mi ha pestato i piedi non so quante volte. È troppo alto ed è scoordinato ogni tanto.
Mentre mi stavo riposando ho dato un’occhiata alla pista, ho visto Anne e Johnny, Keisha e David, ma non mia sorella e Mark.
Mi è sembrato strano.”
“Perché?”
Sospiro, muovo i piedi e vedo il the muoversi pericolosamente nella tazza, forse un’ustione mi risbatterà nella mia realtà da incubo.
“Perché mia sorella ama ballare, ogni tanto al sabato sera – quando non è impegnata con noi punkettoni – va in un locale a San Diego.
Il ballo è il posto giusto per scatenarsi per una come lei, così mi è sembrato strano e mi sono preoccupata. Sono la sorella più grande, è da quando avevo sei anni che io e Isabel facciamo squadra.”
“E cosa hai fatto poi?”
“Sono andata a cercare lei e Mark, ho trovato solo Mark seduto su una delle sedie, gli ho chiesto dove era mia sorella e lui mi ha detto che era in bagno.
Ci stava tenendo troppo, sembrava leggermente preoccupato, così sono andata a controllare in bagno.”
“L’hai trovata lì?”
Scuoto la testa.
“No,non l’ho trovata. Sono uscita da una delle uscite di emergenza lì vicino, dovrebbero essere chiuse, ma un sacco di gente durante e dopo il ballo esce dalla palestra per pomiciare in macchina, nel parcheggio.
Sono uscita e ho gironzolato un po’, era buio. Le uniche fonti di luce sono i pali della luce che ci sono nel parcheggio e sotto uno di questi ho visto un corpo con un vestito verde acqua terribilmente simile a quello di Izzie.
Era lei.
Mi ha parlato, io ero talmente scossa che non ho nemmeno provato a chiamare l’ambulanza, la ferita al cuore mi sembrava… mortale.”
Lui annuisce, dai miei occhi scendono lacrime nere che si infrangono e mischiano con il the.
“Cosa le ha detto sua sorella?”
“Che mi voleva bene, che ne voleva anche a mio padre e a mia madre e che amava Mark.
Le ho chiesto se avesse visto il suo assalitore, ma mi ha detto che era mascherato e non ha visto il volto.
Poi ha detto ancora che ci voleva bene ed è… morta.
Poi mi sono messa a urlare, è arrivata gente e qualcuno ha chiamato il 911 e adesso sono qui a rivivere l’ultima giornata di mia sorella in uno studio squallido con un poliziotto che sospetta di me.”
Concludo con una punta di rabbia.
“Io non sospetto di te.”
“E perché si comporta come se lo facesse?”
Lui sospira.
“Capisco che tu sia sconvolta, era tua sorella, ma io ho bisogno di elementi per trovare l’assassino, ho bisogno di un quadro completo.
Che tu sapessi tua sorella aveva qualche nemico?”
“Che io sapessi, no.
Non era una popolare, ma era comunque molto benvoluta da tutti per il suo buon carattere. Era una di quelle persone che sorridono sempre e sono disposte ad aiutare sempre.”
“Grazie, il tuo aiuto è stato prezioso.
Qui fuori ci sono i vostri genitori, adesso entreranno.”
Io annuisco come un automa, non so se sono pronta a vedere mamma e papà, ma non ho scelta.
La porta si apre e mia madre mi travolge con un abbraccio lacrimoso, mio padre sembra stordito, un pugile suonato che ha ricevuto un bel colpo dal destino.
“La mia Isabel! La mia piccola Isabel!”
Singhiozza mia madre.
“Almeno è morta felice con il suo vestitino nuovo.”
Io mi sfilo dal suo abbraccio e lascio che sia la psicologa a consolarla, in questo momento non sono in grado di reggere una reazione come la sua.
Abbraccio Tom e Johnny e scoppio a piangere, lasciando che sia il loro calore a scaldarmi e le loro parole a consolarmi.
Mia sorella è morta, nessuno me la ridarà indietro.
L’unica cosa che mi rimane da fare è trovare il suo assassino – e ho una mezza idea di chi possa essere – e farlo fuori.
Sangue chiama vendetta.

   
 
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