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Autore: Morea    14/06/2014    1 recensioni
Contando quella attualmente in corso, era a quota ottocentotrentasette sfuriate, cinquecentoventisei avvisi di licenziamento, trecentosessantuno promesse di ferite gravi e diciotto minacce di morte.
In realtà il conto non l'aveva tenuto lei, la matematica non era mai stata il suo forte e neanche la memoria aveva mai giocato a suo favore, ma Ami Mizuno non faceva che imbrattare di palettini il fido quadernino azzurro che teneva sempre a portata di mano, vicino alla testa del suo ultimo cadavere.

Tokyo, tempo imprecisato, quasi-AU, storia ispirata parzialmente ad anime e manga. [Vorrebbe essere un giallo, ma la testa della sua autrice non è ancora sicura di voler collaborare. Molto probabilmente i personaggi andranno un po' (tanto) OOC, ma si spera di riuscire ad arginare i danni.]
Usagi e il suo Ufficio Investigazione si ritrovano a indagare su una serie di misteriosi furti e omicidi, mentre Mamoru si esercita con le proposte di matrimonio e russa insieme a Motoki.
Genere: Commedia, Dark, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Inner Senshi, Luna, Mamoru/Marzio, Usagi/Bunny, Yuichiro/Yuri | Coppie: Mamoru/Usagi
Note: AU, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna serie
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Tre

L'esistenza del lunedì mattina era qualcosa che Usagi non riusciva ancora ad affrontare con la dovuta calma, soprattutto quando assumeva le sembianze di Rei Hino e della pila di documenti e fotografie che le stava scaricando sulla scrivania. Rei aveva inoltre l'assurda capacità di ringhiare, quando qualcosa non andava per il verso appropriato, e in quel momento assomigliava un po' a un drago, mentre fiammelle vermiglie le illuminavano gli occhi indemoniati.
Quella mattina qualcuno si era alzato col piede giusto, invece. Lo stesso qualcuno apparentemente tanto reattivo e vigile in un giorno così infausto da essere in grado di svegliarsi compostamente, indossare il suo miglior passamontagna e scassinare a regola d'arte una porta blindata sei volte. E lo stesso qualcuno che non compariva in nessuno dei fotogrammi isolati da Hino-san; in compenso, lo Yellow Crystal compariva eccome, nella sua teca trasparente. Almeno fino a quando, semplicemente, non c'era più.
Luna, a una porta di distanza, stava dando in escandescenze. Stiamo perdendo tempo, banda di smidollate, ripeteva all'infinito e senza neanche un vero e proprio pubblico, dato che Makoto si stava scroccando le dita seduta alla sua scrivania, mentre Ami era da qualche parte nel suo Ade personale. Usagi invece fissava quelle foto, senza capire: le pareva di vedere qualcosa, ma non sapeva minimamente cosa.
« Chiama le altre, andiamo a fare un sopralluogo » deliberò, impostando contemporaneamente l'indirizzo della gioielleria rapinata sul suo navigatore.
Rei annuì con uno scatto e sparì, mentre in lontananza Luna continuava a sbraitare iononsopiùchediaminefareconquesteragazzineaddormentate e qualcun altro, apparentemente concorde, sospirava. Era una voce - cioè, uno sbuffo - maschile che Usagi non aveva mai sentito prima, perciò uscì dal suo ufficio e si affacciò curiosa in quello della sua superiore.
Luna, che stava fissando il monitor del computer, completamente sola, la sbattè fuori con un etuchediaminevuoi, sparisci!
Usagi pensò bene di eseguire gli ordini, anche con una certa solerzia. Mentre percorreva il corridoio con lunghe falcate, quasi si schiantò contro tre ragazze, dietro il primo angolo: tanta fu la sua paura di uno scontro che decise di cascare spontaneamente, ritrovandosi a gambe all'aria e con tre paia di occhi a fissarla da diverse altezze.
« Usagi, abbiamo un problema » sentenziò Rei, mentre strattonava Ami per un braccio.
La dottoressa Mizuno era momentaneamente molto interessata alle stringhe delle sue scarpe, e non si decideva a parlare.
« Forza, Ami, diglielo. Smettila di tormentarti, non è colpa tua » la rassicurò Makoto, materna (non abbastanza materna da non tirarle un'"amichevole" pacca sulla spalla che rischiò di farla cadere a sua volta sopra Usagi).
E allora Mizuno-san alzò la testa, stizzita, e fissando un punto imprecisato sul muro di fronte, parlò.
« Ho perso un cadavere. »
Seguì un interminabile minuto di silenzio.
« Chi? » chiese Usagi, dopo essersi lentamente alzata dal pavimento (su cui avrebbe preferito sostare ancora un po', in effetti).
« John Doe. »
« Il morto caldo? »
Ami annuì velocemente.
« È UNO ZOMBIE?! »
Rei si portò le mani fra i capelli.
« Usagi, non esistono gli zombie... »
« E comunque se anche esistessero non sarebbe un problema, per me » aggiunse minacciosa Makoto, tirandosi su le maniche.
« Era vivo... deve essere stato vivo... ma non è possibile, tutti i parametri vitali erano assenti! Appena mi sono resa conto dell'anomalia del calore, sabato sera - sì, voi dormivate già - ho chiamato la mia assistente, che era di turno in obitorio... e mi ha detto che era tutto regolare, e che il morto era ancora morto, nonostante continuasse ad avere una temperatura corporea irregolare. Beh, mi sono tranquillizzata, mi sono risposta che doveva esserci una ragione, ma che, dato che era sempre morto morto, questa cosa poteva aspettare stamani... Mai più trascurerò il mio lavoro così, mai più! Vado da Luna a chiederle di togliermi le ferie pagate. »
Usagi, Rei e Makoto si affrettarono a sbarrarle il passo, afferrandola perfino per il colletto della camicia.
« Troveremo una soluzione, Ami-chan » la tranquillizzò Makoto.
Al che Rei aggiunse che di certo non poteva essere andato troppo lontano, morto com'era.
E Usagi pensò bene di coronare il tutto con:
« L'importante è non farlo sapere a Luna. E poi meglio vivo che morto, no? » e sorrise felice.
Ami, comunque sicura che non avrebbe mai più chiesto un'ora di permesso neanche in punto di morte, annuì.
« Usagi, io quel morto l'ho tagliuzzato, aperto, frugato, richiuso... non può essere vivo, l'ho praticamente ammazzato io! »
« Beh, l'hai richiuso, no? Non prenderà freddo! » scherzò Usagi, ma Ami non accennò neanche un mezzo sorriso.
« Comunque abbiamo le telecamere di sorveglianza, anche giù. Potremmo dividerci il lavoro. Makoto, mi aiuti tu? »
« Non ti andrebbe proprio, ehm » titubò Usagi « di prenderti Rei... »
L'agente Hino la squadrò come fosse un pesce particolarmente avariato e puzzolente.
« Muoviti, Tsukino. Andiamo a riprenderci questo cristallo. »
Usagi deglutì. Sarebbe stata una lunga giornata.

Quando arrivarono sul luogo del furto, una notevole massa di curiosi era già assiepata di fronte alle transenne. Rei si fece largo fra la folla col suo peggior cipiglio guerrafondaio: tutti si affrettarono a spostarsi, scottati. Usagi la seguiva elargendo sorrisi, per ritemprarli un po'. Mamoru, che se ne stava fra un anziano pensionato con le mani giunte dietro alla schiena e una signora con le borse della spesa stracolme, si sentì rinascere.
Dentro la gioielleria trovarono il proprietario disperato: era accasciato su una sedia, con la testa fra le mani umide di lacrime. Appena le vide si alzò in piedi e corse a stringere i lembi del bavero della camicia di Rei, strattonandola lievemente.
« Dovete ritrovarlo! Non era neanche assicurato... »
« Intanto mi tolga le mani di dosso, altrimenti neanche comincio a cercare. » Il gioielliere si sedette. « Così va meglio. Adesso ci racconti tutto. »
« Hanno preso solo quello. Stamani, nonostante fosse il giorno di chiusura, sono venuto nel mio negozio per fare un inventario. All'inizio neanche mi ero reso conto dello Yellow Crystal, è un pezzo unico ma è qui da anni, non sono mai riuscito a piazzarlo e mi è sempre dispiaciuto tagliarlo... ero talmente abituato a vederlo nella sua teca che non l'ho controllata fino alla fine del processo. »
« Perché le dispiaceva tagliarlo? Ha un valore particolare solo se integro? »
L'uomo corrucciò la fronte.
« In realtà non lo so. »
« Come non lo sa?! »
« Me lo ha venduto una strana donna, un sacco di anni fa. Una bella donna, fra l'altro, ma un po' stupida, perché me l'ha venduto a un ventesimo del suo valore effettivo. In realtà devo ammettere che però, per ora, l'unica che ci ha guadagnato è stata lei. Non l'ho mai tagliato perché... non lo so. Forse lo taglierò, se lo riavrò. »
« E perché non l'ha mai assicurato? »
Il gioiellere pareva imbambolato.
« Non lo so. »
« Non sa niente! » sbraitò Rei, che stava perdendo la pazienza, facendo sobbalzare l'uomo. « Ci sa almeno dire se ha trovato segni di effrazione o stranezze di qualsiasi genere? »
« No, nossignora, no. Se avessi trovato la porta scardinata non sarei entrato, non sono esattamente coraggioso... invece era tutto normale, a parte una bruciatura sulla parete, quella » e indicò l'impronta nera allungata che si snodava sul muro. « Ma non penso sia collegata alla via di accesso dei ladri... non termina sul lato esterno. All'inizio pensavo che fosse uno scarabocchio.  »
Usagi fissava placidamente il motivo della bruciatura.
« È un... boomerang? » chiese a Rei, cercando una conferma.
« Decisamente storto, ma sì, sembra un boomerang. Che sia una sorta di firma? »
« Una rivendicazione di qualche ladro egocentrico? Non ne abbiamo trovate altre nella gioielleria di Minako... e nemmeno in quella ad Osaka la polizia ha trovato niente di strano. L'unica irregolarità era l'assenza dell'Orange Crystal... forse il nostro ladro ha fatto il suo primo passo falso con questa disattenzione? »
« Disegnare un boomerang sul muro con un accendino lo chiami "disattenzione"? Se l'ha fatto, l'ha fatto di proposito. »
« Se l'ha fatto, non l'ha fatto con un accendino, Rei. Questo boomerang è spesso 10 centimetri. »
Hino-san sbuffò.
« Sì, lo so. La telecamera di sorveglianza non inquadra quest'angolo del negozio, però, nei fotogrammi che abbiamo questa zona è completamente buia. Si vede solo quella là, coi gioielli principali. »
« Lei ha una madre, signorina? » chiese dal nulla il gioielliere.
Usagi pensò di aver capito male. « Io? »
« No, è nata da un uovo. » Rei aveva alzato per la trecentesima volta gli occhi al cielo.
« Ora che si è levata la sciarpa, i suoi capelli... »
« Entro domani, grazie! »
Il gioielliere era talmente atterrito da Rei che sparò tutta la frase seguente in un batter d'occhio (rendendola, ovviamente, incomprensibile ai più).
« Stsssoicaplli. »
« Come, mi scusi? »
L'uomo fissò Usagi, in cerca di un filo di conforto, e ripartì.
« La donna che mi ha venduto questo cristallo una vita fa... aveva gli stessi suoi capelli. Simili, almeno, con delle code lunghissime. »
« Erano blu? Comunque non credo che mia madre abbia mai portato i capelli come miei. »
« Allora sarà stata sicuramente una coincidenza » sorrise l'uomo. « Lei li aveva chiarissimi, come argentati. »
« Allora no, mi dispiace, non la conosco » concluse Usagi, mentre scattava un paio di foto al boomerang.
Lei e Rei avevano ormai ultimato tutto il loro lavoro, lì, ai rilievi ci avrebbe pensato qualcun altro. Salutarono l'uomo, promettendogli che avrebbero fatto del loro meglio, e uscirono di nuovo fuori.
« Buongiorno, ufficiali. » Rei alzò la testa al dolce suono della parola "ufficiali" e gonfiò il petto. Ciò che si ritrovò davanti fu... una visione.
Mamoru Chiba continuò. 
« Sono un medico, lavoro nell'ospedale qui accanto. Vorrei sapere per quanto ancora si prolungherà questo frastuono qui fuori, disturba un po' la quiete del luogo. Ci sono dei pazienti che hanno bisogno di riposo e la curiosità riesce perfino a farli alzare dai lettini. Il mio personale non ha troppa voglia di riattaccare flebo per tutto il giorno... posso chiedervi di allontanare questa gente? » Sì, suonava bene come menzogna: in realtà a nessuno dei suoi pazienti importava granché di quel furto, forse perché nove su dieci erano ancora molto più concentrati sull'anestesia che li aveva rincretiniti. Per quanto riguardava i pazienti degli altri reparti... beh, affari degli altri primari. Comunque notò con piacere che bastava ancora un camice indossato con lo stile giusto per abbindolare qualche sciocca agente di polizia, come quella mora. La sua detective invece non sembrava granché interessata alla merce, però lo fissava con uno sguardo strano.
« Un attimo solo. » Rei prese il megafono dallo sportello interno dell'auto e cominciò: « NON C'È ASSOLUTAMENTE NIENTE DA VEDERE QUI INTORNO, SPARITE! »
Tempo tre secondi e solo un vecchietto particolarmente lento perché munito di bastone arrancava ancora lungo il marciapiede, degli altri era rimasta solo una carota evidentemente sfuggita a qualche busta della spesa. Rei cambiò completamente espressione, addolcendo i tratti in maniera quasi inquietante.
« Fatto. »
« Arrivederci, dottore » fu l'unica cosa che disse Usagi prima di sedersi al posto di guida.
« È stato un piacere, » sviolinò Rei Hino, salendo a fianco di Usagi e muovendosi di qualche metro mentre l'auto si avviava « dottor... »
« Dottor Chiba. »
Usagi spinse il piede talmente a fondo sul freno che l'inchiodata fece sobbalzare perfino il vecchietto che ormai aveva percorso (quasi!) dieci metri. Si tolse la cintura - mentre Rei imprecava -, aprì lo sportello - mentre Rei la insultava -, si fiondò fuori - mentre Rei faceva lo stesso.
E Mamoru si ritrovò l'unghia di un indice piantata nel petto.
« Cosa ci faceva ieri a casa mia, dottore? »
A Mamoru scoppiò il cuore. Era così intelligente, si ricordava il suo nome e l'aveva sentito una volta sola, anzi due, contando quella di adesso
! « Perché, dove abita, signorina? »
« Per lei sono il detective Usagi Tsukino. »
Bingo! Ora conosceva anche il suo nome! UsagiUsagiUsagiUsagi-chan
Usagi-chanUsa-chanUsa-chanUsakoUsako: okay, aveva deciso, nell'intimità l'avrebbe sempre chiamata Usako, era così bello.
« A Juuban, comunque. La signora Kayashi, una donna anziana che vive nella mia stessa via, ha urlato il suo nome prima che la ritrovassi in stato confusionale di fronte alla mia porta sul retro. Ha una spiegazione per questo? »
« Dovrei? Forse si è sentita male e ha automaticamente pensato a me, dato che l'ho seguita parecchio in questi ultimi mesi. »
« È il suo medico di famiglia? »
Mamoru sudò freddo.
« No, sono un chirurgo. »
« Mi sarebbe sembrato più logico invocare il proprio medico di famiglia, non crede? O ancora più logico urlare un "aiuto!" generico... Perché pensare a uno specialista che avrà visto sì e no per l'operazione e per qualche controllo di routine, un attimo prima di svenire? » lo incalzò Usagi.
Mamoru non sapeva se montarle addosso seduta stante oppure scappare lontano. Optò per un'altra quasi-menzogna.
« In questo modo mi offende, detective Tsukino. Ci sono alcuni colleghi che vedono solo il lato professionale ed economico della loro relazione coi pazienti, io personalmente amo seguire i miei molto da vicino e tendo a sostituirmi quasi alla figura di un amico, per loro. » Omise di dirle che per i vicini di casa del detective faceva di norma più eccezioni alla regola che per gli altri, non era poi così rilevante.
Usagi lo guardò di traverso. 
« Io la conosco e lei sta mentendo, dottor Chiba. »
« Io non l'ho mai vista prima, detective, come può conoscermi? » Si ripromise di darsi ottocento frustate non appena fosse tornato a casa, per ripulirsi l'anima da quell'orrida bugia. O forse avrebbe evitato le frustate sostituendole con qualcosa di equivalente, tipo prestare la sua moto a Motoki.
« So solo che la conosco. » Perfino Usagi si stupì un po', mentre lo diceva. « E lei non ha mai saputo mentire. » Allungò l'indice e lo portò sotto il mento di Mamoru Chiba, sollevandolo un po'. « Provi a guardarmi negli occhi, la prossima volta che mente. Lei ieri era a casa mia e ha fatto del male alla signora Kayashi, oppure ha semplicemente omesso di soccorrerla, che per voi medici è un po' la stessa cosa, no? »
Maledetto giuramento di Ippocrate.
« Usagi, ma insomma, perché lo torchi in questo modo? Abbiamo cose più serie a cui pensare in questo momento! Hai sentito le sue spiegazioni, e personalmente non vedo perché accanirsi su un medico che non c'entra niente con il nostro caso. Sali in macchina e andiamocene. »
Usagi guardò Mamoru per l'ultima volta. Mamoru provò un bisogno irrefrenabile di baciarla. Oh, al diavolo.
« Non so chi lei sia esattamente, dottor Chiba, ma lo scoprirò. »
Usagi si voltò lentamente e raggiunse Rei in macchina, con uno strano peso sul petto.
Mamoru giocherellò un attimo con un solitario da 18 carati che teneva - ormai sempre - in tasca. Forse avrebbe dovuto attendere qualche mesetto in più del previsto, prima di darglielo, o nella prossima radiografia gliel'avrebbero trovato incastrato nell'esofago, per mano del detective Tsukino.

Quando Rei e Usagi arrivarono in ufficio, insieme ad Ami e Makoto trovarono anche Minako: anche per quel giorno il suo giro di consegna di curricula vitae doveva esser terminato.
« Usagi! Rei! » le salutò tutta felice, mentre Ami e Makoto continuavano a rimandare indietro la registrazione, con facce sempre più distrutte. « Stiamo riguardando per la centesima volta questo video di John Doe, » sbuffò « sarebbe stato quasi più divertente fare le pulizie a casa nostra. »
« Minako, le abbiamo fatte ieri, siamo a posto per le prossime due settimane. »
« Vero, ma non ho molto altro da fare. Anche stamani ho dormito un sacco in più di te! »
« Infatti ti odio. Quando sono uscita alle 6.45 non ho neanche provato ad aprire la tua porta, non volevo vederti avvolta in un baco di coperte e invidiarti per tutto il resto della giornata. »
« Insomma, avete scoperto qualcosa? » tagliò corto Rei. « Noi abbiamo trovato un boomerang. »
« Un boomerang? » Minako scoppiò a ridere.
« In effetti, Usagi... un boomerang? » le fece eco Makoto, distogliendo per un secondo lo sguardo dallo schermo.
« Era impresso sulla parete, come fosse una bruciatura... era un solco molto profondo » chiarì Usagi pensierosa.
A quel punto Ami si alzò, con uno sguardo un po' enigmatico.
« Basta, non vedremo mai niente. » Spense bruscamente il monitor.
« Dai, Ami-chan, non ti abbattere... » provò a consolarla Minako, ma venne freddata in un attimo.
« Non mi sto scoraggiando, Minako, al contrario. » Le altre alzarono gli occhi, curiose. « Non vedremo niente perché abbiamo a che fare con gente invisibile. »
Makoto le tastò la fronte, aspettandosi di trovarla in fiamme.

« Non sto delirando. Qualcuno ci sta confondendo di proposito. Abbiamo tutti il mal di testa, dopo la visione di questi video, e non solo noi, meno abituate a stare di fronte a un monitor. Hanno il mal di testa tutti. Ci sentiamo strani tutti, confusi, inebetiti. È come se fossimo vittime di un'allucinazione collettiva. E poi... un cadavere (perchè era un cadavere!) con una temperatura corporea pari a quella di un gatto... che poi sparisce apparentemente da solo dopo aver subito un'autopsia! Abbiamo a che fare con qualcosa di strano, questa volta. Dobbiamo scoprire a che cosa sono legati quei cristalli, e ritroveremo sicuramente anche John Doe. Ma non sarà un'indagine normale, su questo potete giurarci. »
Usagi si grattò la testa, perplessa, però assentì, Rei e Makoto erano passate direttamente alla fase di armamento, Minako era preoccupata.
« Dobbiamo localizzare gli altri cristalli facenti parte di questa serie. Il ladro, o quello che è, li ha sicuramente presi di mira, magari tutti insieme potrebbero valere una fortuna. »
« Altri cristalli...? » chiese Minako, confusa.
« Sono stati presi un Red, un Orange e uno Yellow Crystal » chiarì Ami. « Ce ne saranno sicuramente altri quattro, non pensate anche voi? »
Usagi prese le redini della situazione, e decise per tutte. « Ami, scovali. Rei e Makoto, organizzate delle squadre di sorveglianza e speditele ovunque si trovino questi cristalli. »
« Posso darvi una mano anch'io, in veste non ufficiale, ovviamente. Basta chiedere » si offrì Minako.
« Grazie, Mina-chan, ma potrebbe essere pericoloso, per cui non ti preoccupare. Puoi dare una mano ad Ami con la ricerca, se vuoi, però, i database della polizia sono molto più forniti di una semplice ricerca su Google. »
« Vedo con piacere che vi siete svegliate, scansafatiche. » Luna era appena entrata, come al solito senza annunciarsi. « Adesso vorrei qualche spiegazione sul vostro John Doe, già che ci siete. »
Si sentì un tonfo. Ami era svenuta.

John Doe, da qualche parte nei meandri della Terra, sogghignò. Quella maledetta sadica che l'aveva squartato come un maiale doveva aver battuto una bella testata, quando era piombata a terra, e ciò gli procurava una certa gioia. Ovviamente quella testata era nulla in confronto a ciò che le avrebbe fatto lui una volta che l'avesse avuta fra le mani, ma per il momento si poteva accontentare.
Adesso aveva però fra le mani qualcosa di molto più prezioso, qualcosa che avrebbe fatto risparmiare qualche agente di sorveglianza all'Ufficio di quelle oche. Il Violet Crystal e l'Indigo Crystal gli erano costati una fortuna in termini di chilometri (valli a trovare tu due cristalli delle dimensioni di una prugna in Groenlandia e in Cile), ma erano stati una conquista tutto sommato semplice. Invece, in Giappone era evidente che avrebbe faticato il triplo, e almeno una ragione era lì in quell'Ufficio che stava monitorando.
Si massaggiò lievemente il torso, dove un taglio drittissimo e precisissimo distingueva ancora due metà perfette. Chissà cosa sarebbe successo a un umano qualunque con una ferita del genere: era deciso a scoprirlo non appena si fosse armato di uno di quei coltellini da sadici usati da Mizuno-san, sperimentando direttamente su di lei.
Fu in mezzo a quei pensieri che si sentì chiamare col suo vero nome dall'altro antro, perciò mollò la sfera, interrompendo la sorveglianza: certa gente era meglio non lasciarla ad aspettare...
...Soprattutto se ci si era appena lasciati soffiare il Yellow Crystal proprio sotto il naso. E nello specifico da una Senshi.








  
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