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Autore: Hermes    16/06/2014    1 recensioni
Lanes of memory paved by sweet frozen moments
Attenzione!: diretto prequel di DOR ed è il punto di inizio dei Nightwish così come li ho concepiti nella mia precedente storia.
Genere: Introspettivo, Slice of life, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Quasi tutti, Tuomas Holopainen
Note: AU, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Dreams of Reality'
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9. Wishmaster

Nota: in questo capitolo viene raccontato un'episodio realmente accaduto nel primo tour messicano dei NW. Potete trovare maggiori info nel libro/biografia della band 'Once upon a Nightwish'. La mia visione differisce dal racconto nel libro ma è comunque un pezzo pesante da digerire, io vi ho avvertito quindi vi auguro una buona lettura!

28 Luglio 2005, ore 22 e 56
Messico, Guadalajara, Roxy
Ci stavamo prendendo una pausa fra una canzone e l’altra, mentre il caldo assurdo del Sud America minava la nostra compostezza finnica. È il primo tour qui e si sta rivelando pieno di soprese!
Siamo delle celebrità!
Il posto era pieno da scoppiare…
Anette era in una delle sue giornate migliori e sprizzava carisma da tutti pori, il pubblico pendeva dalle sue labbra.
Rispetto ai tempi di Oceanborn sembra aver finalmente trovato il suo posto nei Nightwish, ed anche i ragazzi della troupe le riservano il loro sorriso migliore.
Tero poi se le studia la notte per imbarazzarla continuamente con le sue uscite, avevo cercato di calmargli i bollori ma si rivelava un’impresa perfettamente inutile…il nostro fonico era fatto così: pazzo e roboante.
Proprio il nostro soundtech mi passa una bottiglietta d’acqua mentre Anette si terge il sudore dietro le quinte.
La folla ha iniziato un coro assordante di ‘Nightwish’, le mando un’occhiata aspettando che mi faccia cenno di iniziare…gioco con la tastiera per imbonire un po’ il pubblico scaldatosi per l’attesa.
Emppu e Marco si sfidano con le chitarre.
Anette torna sul palco e Jukka batte il tempo con le bacchette per iniziare She is my sin.
Presto Emppu gli andò dietro ed Anette improvvisò un balletto prima di iniziare a cantare apparentemente senza sforzo.
Mancano un paio di canzoni alla fine del concerto, è sentivo che la sua voce iniziava a cedere leggermente per la sollecitazione, il pubblico – ignaro di questo piccolo particolare - impazziva ad un metro di distanza.
Suonavo, ascoltandola, avrei potuto seguirla ad occhi chiusi.
Ero così totalmente concentrato sulla sua voce e sui tasti che non mi resi subito conto di Jukka andato fuori tempo.
Emppu aveva totalmente smesso di suonare.
Quando quell’anomalia mi arrivò al cervello, alzai gli occhi e mi voltai.
Le dita mi si congelarono in posizione sui tasti.
La voce d’Anette tremò e si spense.
Era stata imprigionata da dietro da uno del posto, come c’era arrivato sul palco era un mistero…gli occhi d’Anette erano fissi dall’orrore e sgranati mentre quel - non potevo nemmeno considerarlo un uomo – quella bestia la toccava davanti agli occhi sgranati di tutte le persone presenti. Anette immobile dal terrore mentre alcune lacrime minacciavano di cadere, la bocca aperta ma dalla quale non usciva alcun suono.
Sbattei le palpebre in un tentativo di cancellare quella scena dalla mia retina…no, non lei! Non una cosa del genere!
Anche il pubblico si era ammutolito, ci vollero altri dieci secondi prima che uno qualsiasi di noi superasse lo shock.
Marco fu il primo, lanciò il basso a Tero, ed agguantò in una stretta d’acciaio quel molestatore da dietro, strappandoglielo di dosso e scaraventandolo come una palla da bowling su un drappello di uomini addetti alla sicurezza.
“Almeno adesso fate il vostro lavoro!” urlò furente alla security che aveva scattato foto fino a quel momento, sbattendosene altamente del loro compito.
Anette era scappata nel backstage, mentre in prima fila si stava rischiando una rissa di massa. I nostri fan stavano per abbattere le barriere e pestare a sangue il molestatore.
Jukka, Emppu, Marco ed io ci riversammo come un sol uomo dietro di lei mentre Ewo e l’organizzatore dello show cercavano di calmare le acque come meglio potevano.
“An!” la voce di Jukka era impregnata d’apprensione quando la trovammo appoggiata al muro, rannicchiata su se stessa.
Era un disastro. Il mascara le colava sulle guance, i suoi occhi non si sollevavano dal pavimento.
“Piccola…” Marco si avvicinò, ma lei scosse la testa con violenza.
“Non toccarmi!” rantolò, allontanandosi rasente al muro. I singhiozzi silenziosi le impedivano addirittura di respirare.
Vederla così vulnerabile mi faceva star male fisicamente, e non ero l’unico ad essere in quelle condizioni. Emppu si era appoggiato con una mano al muro, bianco come un cencio.
“Anette!” Marco l’aveva presa per le spalle mentre lei si accartocciava su se stessa, folle dalla paura “Reagisci!”
Io e Jukka – come se ci fossimo messi d’accordo – lo trattenemmo dallo scuoterla come una bambola di pezza.
“Marco, oi…Marco!
“Mollala!”
Intanto lei era scivolata in basso, le ginocchia piegate. Cercava di prendere fiato dalla bocca ma il diaframma le si contraeva spasmodico.
“Devi superare il trauma…o non salirai mai più su un palco per la paura d’essere aggredita!” le spiegò il nostro bassista.
“Te l’ha mai detto nessuno che sei un vero stronzo?!” replicò Jukka duro “Il concerto ormai era quasi finito! Possiamo anche chiudere qui e riportarla in albergo!”
“Jukka ha ragione, Mar-” iniziai a dire.
“No.” ci voltammo tutti verso Anette, ancora seduta per terra. Stava cercando di non tremare anche se continuava a piangere. Con uno sforzo continuò “Ha ragione.”
“An!” esclamò Emppu, turbato.
“Dobbiamo finire il concerto…o n-non siamo dei professionisti.” continuò, senza guardarci, la voce che si faceva piccola piccola “Dieci minuti e-e arrivo.”
“Non sei obbligata.” riuscii a dire, prostrato fino nel midollo.
“Andate su! Io arrivo presto!” aveva indossato di colpo una maschera di buonumore che stonava con il suo trucco disfatto, ma nessuno ebbe il coraggio di contraddirla ed uno per uno tornammo nelle quinte del palco in un silenzio di tomba.
Tero ci aspettava con un’espressione di scazzatura totale.
“L’hanno lasciato andare…” disse solo, con un cenno verso i poliziotti.
COSA?!” Jukka era esploso “Cristo, hanno appena assistito ad una molestia sessuale!”
“Volevano metterlo dentro, ma grazie alla confusione si è dileguato dal locale.” spiegò lui “Jarmo e Tommi hanno cercato di fermarlo ma non sono riusciti a prenderlo in mezzo alla calca. Toni gli è andato dietro e non si è più visto…”
Mi trattenni dal mollare un pugno contro qualcosa…l’avrei voluto avere fra le mani quell'animale!
“Dov’è finito Ewo?”
“Racconta al pubblico barzellette in finlandese…ma sta per grattare il fondo del suo repertorio.”
“Andiamo bene…” Marco, si passò entrambe le mani fra i capelli, nervoso.
Il pensiero mi volò ad Anette, sola nel corridoio. Feci per allontanarmi ma Emppu mi trattenne per un braccio.
“Ci ha chiesto di lasciarla sola.” disse solo piano, il suo volto da elfo triste.
“Aspettiamola qui, Tuom.” rincarò Marco “Deve uscirne da se.”
In fondo capivo cosa intendeva il nostro bassista ma era un incubo…non avevo mai previsto una situazione del genere.
Nei minuti che passarono non ci scambiammo una parola, tutti evitavano lo sguardo di tutti. Le numerose bottiglie d’alcool disseminate un po’ dappertutto rimasero dov’erano…nonostante avessimo bevuto prima del concerto ci sentivamo completamente sobri.
Un rumore di passi ci svegliò da quella che sembrava una veglia funebre ed Anette arrivò.
Si era lavata il viso, eliminando tutto il trucco, sembrava di nuovo in se ma dietro quell’apparente calma era ovvio che fosse ancora scossa fino nel profondo.
Il silenzio proseguì…nessuno di noi sapeva che dire.
“Marco…” fece lei flebile, senza alzare gli occhi “Ti dispiace aiutarmi con le ultime canzoni?”
“Certo, Anette. Ci mancherebbe!”
“Non sei obbligata.” dissi di nuovo, mi lanciò uno sguardo poi riabbassò quasi subito gli occhi, vergognandosi.
“Tieni, bellissima.” Tero le aveva appoggiato sulle spalle il suo giubbotto di pelle senza il solito sarcasmo e lei sorrise debolmente anche se la vedemmo tutti che sobbalzò al contatto.
Tornammo ai nostri posti, mentre il pubblico ci accoglieva con un applauso assordante tutto per la nostra cantante che si sforzò di sorridere e ringraziarli per aver aspettato. Cantava piangendo.
Walking in the air ed Elvenpath conclusero quel gig disastroso.
Avevamo dato il peggio di noi in quegli ultimi dieci minuti ma alla folla non importava e ci riservò comunque una standing ovation d’affetto.
Anette sgattaiolò via appena possibile e rimanemmo solo io ed i ragazzi a ringraziare i fan della prima fila.
Molti di loro ci chiesero scusa per l’accaduto, dimostrando un sincero amore per An e per i Nightwish.
L’umore generale non migliorò quando tornammo nella semi-oscurità del backstage.
Ewo, Tommi Jarmo e Teecee ci aspettavano dietro al mixer con delle facce serie.
“Toni ci ha mandato un messaggio.”
“Cosa dice?”
“Che quello stronzo si è fermato in un bar poco lontano e ci prova con tutte le ragazzine che gli passano davanti, mentre si vanta di come ha adescato Anette.” riassunse amaro Ewo.
“Ragazzi, chi viene con me a dargli una lezione?” Jukka aveva infilato le bacchette nella tasca posteriore dei jeans e si scrocchiava le dita con sguardo distaccato.
“Contami.” rispose Tero serio.
“Anche noi.” gli fecero eco Tommi e Jarmo.
“Calma, ragazzi…” Ewo aveva sentito la brutta aria che tirava in quel momento ed alzò le mani “Se vi mettete nei guai, sono cavoli amari…”
“Non attacca, Grande Capo!” esclamò brusco il tecnico delle luci, voltandosi per guardare il nostro manager “Quell’imbecille se l’è cercata, e deve solo pregare che non lo eviriamo seduta stante!”
“Giusto!” perfino Emppu aveva assunto un’aria bellicosa, la cattiveria brillava nei suoi occhi normalmente gentili.
“Una pestata ben data se la merita…” intervenne Marco con un sospiro “Non mi piace la violenza ma sono d’accordo. Le donne non si toccano nemmeno con un fiore.”
Jukka annuì, guardando uno ad uno i suoi compari per il prossimo misfatto poi mi fissò “Cosa fai, Tuom? Ci dai una mano?”
Non feci in tempo ad aprire la bocca che Marco rispose a mio discapito.
“Noi sei siamo più che sufficienti, qualcuno deve rimanere con Anette.”
“Giusto.” annuì Emppu “Portala via e stalle vicino!”
“Cercate di trattenere i vostri istinti omicidi, ragazzi.” era inutile farli desistere…e non volevo che lasciassero perdere.
Avrei voluto torturarlo lentamente con le mie stesse mani.

29 Luglio 2005, ore 0 e 18
Messico, Guadalajara, Hotel Plaza
L’avevo scortata dal locale fino davanti la porta della sua camera.
Non aveva obbiettato alla mia presenza…non aveva proprio detto una parola.
Ero agitato e trafficai un po’ con la tessera magnetica prima di riuscire ad aprire la porta.
Lei entrò, mormorando un grazie.
“Se hai bisogno di qualsiasi cosa sto nella stanza accanto alla tua, Anette.” dissi, cercando di suonare tranquillo.
“Tuomas…”
Mi voltai verso di lei, aveva alzato timidamente gli occhi e mi guardava.
“Ti dispiace rimanere qui per un po’?”
“Vado a fare una doccia e torno, ok?”
Lei annuì e chiuse la porta.
Mi affrettai ad entrare nella stanza doppia che dividevo con Tero. Il nostro budget era ancora sotto stretto controllo e solo Anette aveva il lusso di una camera singola, normalmente anche lei condivideva la stanza con i componenti donna delle altre band in tour con noi.
Frugai nella valigia e mi rinchiusi frettolosamente nel cubicolo della doccia.
Venti minuti dopo facevo mentalmente il punto della situazione fuori dalla porta della sua camera.
Anette era di là, si vergognava per una colpa che non era sua ma nostra.
Le mani non la smettevano di prudermi e presi un respiro, cercando di calmarmi il più possibile.
Riusai la tessera magnetica, la trovai seduta sul letto con i capelli bagnati. Più che pettinarli stava cercando di strapparseli via tanta era la foga che ci metteva.
Mi sedetti accanto a lei ed allentai la presa delle sue dita sul pettine, mentre delle nuove lacrime le rigavano le guance.
Si era cambiata in un pigiama di qualche taglia più grande – il suo preferito con un mucchio di renne fumetto - che la faceva sembrare più piccola e più giovane.
Afferrai dal comodino una scatola di fazzolettini e gliela misi in grembo, poi iniziai a spicciarle i nodi cercando di non farle male.
“An, non siamo tutti come quel quel-” non conoscevo una parola abbastanza forte da appioppargli, in verità il mio cervello era ancora ingolfato da quando avevo visto quella scena rivoltante.
“Lo so…ma non riesco a smettere!” soffiò fra un singhiozzo e l’altro.
“Non preoccuparti…ti stai sfogando.” le sfregai per un attimo il braccio.
Seguì un minuto di silenzio, punteggiato dai singhiozzi.
“Dove sono gli altri?” domandò piano.
“Di sotto nell’atrio.” mentii, continuando a pettinarle i capelli.
“Oddio…ero convinta che fossero andati a mettersi nei guai. Non voglio che facciano delle cavolate, non è successo niente…”
“Non mentire.” dissi freddo, la colonnina del mio dispiacere aveva di nuovo iniziato a sfiorare il segnale di Pericolo!
“Quello che è successo è tutta colpa mia.”
Non resistetti, lanciai il pettine lontano e la presi per le spalle mentre abbassava gli occhi, la obbligai a guardarmi.
“AN! Stammi bene a sentire!” forse le stavo facendo anche male ma in quel momento non ci pensai talmente ero fuori di me dalla rabbia “La colpa non è tua! Se vuoi proprio trovare i responsabili di quello che ti è successo guarda me ed i ragazzi! Siamo noi quelli che dovevano proteggerti! Io avrei potuto arrivare prima di Marco, An…quindi adesso smettila e se devi prendertela con qualcuno, sono qui!”
Anette mi fissava ammutolita, addirittura le sue lacrime si erano fermate. Le lasciai andare le spalle, cercando di costringere quella rabbia che mi sentivo dentro a tornare nell’ombra, dov’era nata.
“Staresti meglio se mangiassi qualcosa.” borbottai a disagio, cercando con gli occhi il telefono dell’albergo.
“Non ho fame.”
Presi in mano la cornetta, ignorandola e chiamai di sotto, chiedendo che portassero dei panini e del tè caldo.
Recuperai il pettine, risciacquandolo nel lavandino del bagno.
Bussarono alla porta appena dopo che ebbi finito di pettinarla, feci entrare il carrello dell’inserviente e lo rispedii fuori con una discreta mancia.
Anette domandò, soppesandomi “I ragazzi non sono di sotto, vero?”
“No.” era inutile continuare a raccontarle delle balle, intanto avrebbe capito lo stesso “Mi hanno chiesto di stare con te.”
“Siete matti da legare.” accettò la tazza fumante “Se li mettono dentro come faremo con il tour?”
“Non gli importava, An.” mi risedetti accanto a lei “Il tour passa in secondo piano quando si tratta di te…dimmi che vuoi tornare a casa e domani mattina prendiamo il primo volo.”
“No.”
“Sto dicendo sul serio.”
“Sono seria quanto te, Tuomas.” mi mandò uno sguardo deciso “Non mi faccio abbattere dal primo molestatore che passa! È stato brutto, va bene…ma piangersi addosso all’infinito non paga!”
Che caratterino!
Soprattutto quando dieci minuti fa stava ancora frignando tutte le sue lacrime…
“Film?” domandai ancora impressionato.
“Perfetto…”
“Spero che ci sia un canale in inglese…non capisco una parola di messicano.”
Finì che ci appollaiammo entrambi sul letto, mangiando i panini e commentando una vecchia commedia in messicano.

29 Luglio 2005, ore 9 e 25
Messico, Guadalajara, Hotel Plaza
La sera prima mi ero addormentato in camera d’Anette.
Quando mi risvegliai ci volle più o meno un millisecondo prima che comprendessi la situazione…mi si era aggrappata addosso come un koala!
Per qualche strana ragione, il mio cuore batteva come un tamburo.
Mi ripetei almeno un milione di volte di stare calmo e di mantenere sgombra la mente, prima che il mio corpo decidesse di prendere in mano la situazione e…beh
Feci la parte del bravo orsacchiotto in bisogno di coccole, passando ancora una mezz’oretta di tortura prima che qualche anima buona venisse a bussare alla porta e mi salvasse da quel frangente imbarazzante.
Per fortuna quello mi dette una buona scusa per strisciare via e quando aprii la porta e ci vidi Marco, sibilai.
“Coprimi tu, io devo uscire di qui!”
Il nostro bassista abbassò lo sguardo “Sì…vai Tuommi che è meglio! Ci rivediamo quando hai risolto, eh!”
Più umiliato di così non potevo essere…dannazione!
Ero anch’io alla stregua di uno stalker se non riuscivo a controllarmi in quel modo!
Feci passare venti minuti e una lunga doccia fredda prima di trovare il coraggio di scendere per colazione. Credevo che tutti mi avrebbero riservato un sorrisino di scherno ma scoprii che Marco non aveva detto una parola della mia mancanza d’autocontrollo…devo aumentargli lo stipendio.
Anette si stava scegliendo la colazione al buffet e quindi mi sedetti al nostro tavolo, chiedendo a bassa voce
“Com’è il bollettino di guerra?”
Tero mi fece un sorriso tutto denti da squalo affamato, ma non riuscì a rispondere.
“L’abbiamo conciato per le feste, Tuommi!” esclamò Emppu, saltando sulla sedia.
Accettai la tazza di caffè che Ewo mi porgeva e Jukka disse con una calma da oscar “Due occhi neri, polso sinistro fratturato, dita delle mano destra in poltiglia. Mascella spezzata ed un paio di costole fuori posto…ci metterà qualche mese ma si riprenderà.”
“Siete completamente fuori, ragazzi.” commentai, ringraziando il cielo che non l’avessero mandato al Creatore.
Anette si sedette fra Marco e Jukka.
“Come stai, piccola?” domandò Tero, posandole una mano sulla sua e ritraendola un attimo dopo essersi accorto della mia occhiata omicida dall’altra parte del tavolo.
“Abbastanza.” disse solo, sbriciolando la sua brioche. Jukka le sfregò la schiena in segno d’affetto e lei fece un sorriso, continuando “La vita continua!”
“Giusto!” Emppu alzò un pugno in aria.
“Oggi vieni con noi, Anettuccia bella?” le chiese Jukka.
“Ma non dobbiamo volare a Città del Messico?” chiese lei confusa.
“Grande Capo Ewo ha cambiato i nostri cinque biglietti per un’altro volo, abbiamo mezza giornata libera.” le spiegò Marco “La troupe c’aspetta lì.”
“Andiamo a fare un giro nel Luna Park qui vicino! Dai An, dicci che sei dei nostri! È una vita che non passiamo un po’ di tempo libero assieme!” Emppu la implorò con il suo faccino triste. Lei annuì con un sorriso “Se proprio ci tenete…”
Non commentai mentre il nostro chitarrista nano l’abbracciò stretta, rischiando di farla cadere dalla sedia.
Quell’idea doveva averla avuta Marco…
Fu così che la tenemmo occupata per metà giornata non dandole nemmeno il tempo di pensare a quello che era accaduto la sera prima.
Visitammo il parco in lungo ed in largo e provammo fra le attrazioni la casa degli orrori, il labirinto di specchi dove Jukka per poco non si ruppe il naso a forza di sbattere contro le pareti e Tero invece lo faceva apposta mentre noi ridevamo come dei deficienti godendoci lo spettacolo da fuori. Poi l’autoscontro e un giro sull’ottovolante facendo grasse risate quando la cabina si girò a testa in giù per un minuto buono ed Anette si mise ad urlare come una pazza.
La costringemmo a salire sulle montagne russe con uno di noi a turno finché non divenne verde come un asparago.
Nel tardo pomeriggio c’imbarcammo sull’aereo che ci avrebbe portato al prossimo concerto in un paio d’ore.
Anette era capitata nel sedile accanto al mio e, sfinita, si addormentò quasi subito con la testa appoggiata alla mia spalla. Aveva posato una mano sul bracciolo fra noi e gliela strinsi, guardando fuori dal finestrino il tramonto.
Sì…dovevo proprio aumentargli lo stipendio al vichingo…

~~~

Ed ecco che Wishmaster emerge dalle ceneri come un’araba fenice, portando con se tutto il suo carico d’imprevisti…
Eh, adesso per la gioia di voi lettori ci sarà una piccola pausa con gli aggiornamenti mentre mi concentro a tirare fuori il capitolo finale! xD
Ringrazio con tante Coppe del Nonno la CrystalRose che è passata a recensire. Ciao Tesora! =* Spero che rivedremo presto con il capitolo finale!!!
Buona estate!!!
Hermes

  
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