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Autore: Lonelyconfusion    17/06/2014    8 recensioni
I ragazzi sono tornati da Londra; ma nuove sfide li aspettano! Riuscirà Kei a conquistare una volta per tutte la sua Hikari? L'amore di Sakura sarà abbastanza forte da sopportare le trasformazioni di Jun? Il cambiamento di Yahiro per Megumi sarà sincero e duraturo? Ryuu troverà un'anima gemella che appartenga alla specie umana? E soprattutto...riuscirà Tadashi a sopravvivere alla violenza della sua ragazza? Se avete amato come me il mondo della Special A e volete una risposta a queste domande, date un'occhiata a questa storia e ditemi che ne pensate!
Genere: Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Akira Todo, Hikari Hanazono, Nuovo personaggio, Ryu Tsuji, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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Io amo follemente tutte le coppie di Special A, ma questo è un capitolo in cui troverete un po' di Yahiro/Megumi e mooolto Kei/Hikari. Sono felice che siate arrivati fin qui, grazie della fiducia! Spero che vi piaccia, a presto :3 -Lonelyregret


Yahiro Saiga era sdraiato sul divano di uno degli innumerevoli salottini della sua villa. Lanciava in aria una pallina da tennis e poi la riprendeva, ripetendo le stesse mosse da almeno mezz’ora. Improvvisamente si accorse di un quadro appeso proprio nella parete davanti a lui, raffigurante quella che nelle intenzioni dell’artista doveva essere probabilmente una fata. Aveva lunghi capelli biondi e un’espressione dolcissima. Proprio come…lei.

Si diede mentalmente dell’idiota e scagliò la pallina da tennis lontano. Ma che diavolo gli prendeva? Quella era la stessa stanza dove lei era venuta a parlargli la prima volta. Se la ricordava benissimo…tenera, ingenua, dolce. Non sapeva esattamente perché avesse accettato di uscire con lei quella volta: si era detto che lo faceva solo perché gli piaceva sentirsi desiderato dalle ragazze, ma aveva capito molto presto che il motivo non era quello. Lei era uscita con lui solo per aiutare Akira…e invece aveva finito per fargli perdere la testa. Come faceva? Yahiro se lo chiedeva tutti i giorni. Quella ragazza era tutto il contrario di quello che si sarebbe aspettato. Piccola e dolce, certo, ma debole proprio no. Megumi aveva una forza interiore enorme, era determinata e sicura di sé. Quindi non aveva bisogno di mascherare le insicurezze con una facciata di menefreghismo, come faceva lui. Era il suo esatto opposto e lo attirava come una calamita. E poi a Londra…Dio, avrebbe ucciso Karino. Va bene fregargli Akira, ma perché, perché aveva interrotto quel momento magico? Adesso da una settimana non riusciva a far altro che pensare a quelle labbra, e a quanto voleva baciarle. Ma come? Quando? Per tutta la settimana non erano riusciti a vedersi, dato che Yahiro era stato impegnato con l’azienda e lei a studiare per degli inutili esami.

Perso nei suoi pensieri, quasi saltò in aria sentendo il telefono squillare.
DRIIIIIN DRIIIIN
Rispose di malavoglia e per poco non perse completamente l’udito dell’orecchio destro.
“YAAAAAHIIIIIIIROOOOOOOO”
“Sakura, che bisogno c’è di urlare??? Ti sento benissimo, è uno stramaledettissimo telefono!”
“Oh, sei di cattivo umore oggi? Beh, ho in mente qualcosa che ti solleverà il morale!”
“Se è uno stupido festival della scuola te lo puoi scordare…”
“No, veramente volevo invitarti nella mia casa di montagna!”
Yahiro sospirò: che razza di idee che aveva quella ragazza.
“Ho un mare di lavoro in arretrato tra l’azienda e la scuola…”
“Oh, che peccato! Megumi mi ha detto – cioè, scritto -  che le avrebbe fatto molto piacere…”
“Dimmi ora e luogo.”
Sakura sorrise. Quanto erano prevedibili gli uomini.

                                                                                                                            ***
“Ma sei proprio sicura di non riuscire a liberarti?”
La voce di Akira al telefono suonava allegra, anche se velata dal dispiacere di non poter partire assieme alla sua migliore amica.
“Sì, devo proprio aiutare a casa! Non che la cosa mi dispiaccia, comunque, è una tradizione di famiglia pitturare assieme!” rispose Hikari mentre cercava qualcosa di abbastanza vecchio da poter essere usato senza paura di macchiarsi. Trovò una maglietta bianca dei tempi delle medie: perfetta.
“Beh, allora penso che ci vedremo lunedì!”
“Sì! Divertitevi anche per me!” disse Hikari sorridendo prima di riattaccare. Un po’ le era dispiaciuto non poter partire con loro, ma dopo tutto amava pitturare casa assieme ai suoi e a suo fratello.
“Hikari!” sentì la voce di suo padre che la chiamava dal piano di sotto.
“Sì, eccomi, arrivo!” disse catapultandosi giù dalle scale.
“Allora, cominciamo dalla cucina…?” si immobilizzò sulla porta, pietrificata.
“Tesoro, hai visto chi è venuto a darci una mano? Non pensavo avessi amici tanto volenterosi!” stava dicendo la madre con un sorriso a trentadue denti. Hikari pensò di avere le allucinazioni.
“Buongiorno Hikari!” disse Kei, con un sorriso smagliante.
Che diavolo ci faceva Takishima nella sua cucina???

                                                                                                                              ***

“Tra poco dovremmo essere arrivati!” stava dicendo un’entusiasta Sakura rivolgendosi un po’ a tutti.
Ryuu si sporse verso il finestrino per ammirare la natura sotto di loro. Sakura era andata a prenderli tutti a casa a bordo di un elicottero. Era prevedibile che non sarebbe stata una scampagnata come tutte le altre.

Accanto a lui Jun continuava a fissare la  sua ragazza con un’aria di perfetta felicità. Per tutta la durata del volo si erano tenuti per mano e non c’erano stati segni di svenimento: la personalità nascosta del ragazzo sembrava stare al suo posto.

Tadashi era seduto accanto ad Akira, ma non si tenevano per mano: lei si sarebbe vergognata troppo e lui non voleva forzarla in nessun modo. Dopotutto che importava? A lui bastava sapere che quella era la sua ragazza, e di nessun altro…per stringerle la mano ci sarebbe stato tanto tempo. Per ora si limitava a chiacchierare con gli altri, lanciandole a volte qualche sguardo tanto intenso da farla arrossire e cercando di evitare qualche battuta stupida che gli sarebbe costata il primo livido della gita.

L’unico a rimanere silenzioso in un angolino era Yahiro. Poteva sembrare annoiato, ma in realtà era agitatissimo. Quel finesettimana era un’ottima occasione per parlare con Megumi. L’avrebbe portata a fare una passeggiata, e poi…e poi cosa? Blackout totale. Cosa avrebbe dovuto dirle? Vari scenari cominciarono a comparirgli in mente.

*SCENARIO NUMERO 1*
“Sai Megumi…tu sei come un raggio di luna posato sul mio cuore solitario…”
BOCCIATO! Troppo melenso.

*SCENARIO NUMERO 2*
“Hey baby, ti andrebbe un po’ di Schweppes io e te?”
BOCCIATO! Troppo aggressivo.

*SCENARIO NUMERO 3*
“Senti, mettiamo in chiaro che non ho bisogno di nessuno, ma diciamo che la tua compagnia non mi fa schifo.”
BOCCIATO! Che diavolo stava pensando??

Yahiro si passò una mano sugli occhi, esasperato. Si stava trasformando in un idiota, anzi forse lo era sempre stato. Improvvisamente qualcosa gli si piazzò davanti agli occhi: era la lavagnetta di Megumi, quella che lui le aveva regalato.
*Siamo quasi arrivati*
Yahiro si voltò a guardarla e sgranò gli occhi: gli stava facendo un sorriso tanto dolce che avrebbe fatto sciogliere il cuore di una statua.
“O-ok” oh perfetto, adesso si metteva a balbettare. Fortuna che quello sbruffone di Kei non era in circolazione, o l’avrebbe preso in giro fino a quando Hikari non fosse riuscito a batterlo in qualcosa. Cioè per sempre.
Ma a proposito, che fine avevano fatto quei due?
                                                                                                                                 ***

A Hikari quella scena sembrava decisamente surreale. Takishima- perché diavolo non riusciva a chiamarlo per nome neanche nella sua testa??- stava allegramente chiacchierando con suo padre mentre toglieva dalle mani di sua madre due barattoli di vernice.
“Permette signora, faccio io”
“Oh, che caro ragazzo che sei!” disse estasiata la donna.
“E dimmi Kei, come sta tuo padre?” ma bene, persino suo padre riusciva a chiamarlo per nome senza problemi.
“Bene grazie, mi ha detto di mandarle i suoi saluti più cari e che vi vorrebbe invitare tutti a cena per venerdì prossimo, se per voi va bene” rispose lui con uno dei suoi sorrisi più accattivanti.
“Ma certo, perché no!” rispose subito il signor Hanazono, pronto ad una serata di discussioni sulla lotta libera.
In tutto questo Hikari era ancora immobile davanti al muro che in teoria avrebbero dovuto pitturare. E aveva un solo pensiero in testa. Era davanti a Takishima con una maglietta bianca delle medie e dei pantaloncini scoloriti. Qualcuno lassù doveva volerle molto male.

“Ei Hikari, veloce su! Cominciate a lavorare da qui voi due, io e tuo fratello partiamo dal salotto!”
“Certo papà!” disse lei riscuotendosi “Mamma aiuta qui?”
“No tesoro, devo andare un attimo dalla mia amica Yui, sembra che abbia bisogno di una mano! Stasera è l’anniversario del suo matrimonio e vuole preparare una cenetta speciale per il marito!”
“Ma…ma come…e la pitturazione di casa??” disse Hikari.
“Su tesoro, credo di averti insegnato che se un amico ha bisogno non c’è nulla di più importante!” disse allegramente quella uscendo di casa.
“Beh, sembra proprio che siamo rimasti da soli” disse una voce molto, troppo vicina al suo orecchio.
“Gah!” disse lei saltando il più lontano possibile.
“Che c’è?” disse Kei confuso.
“Oh, no, niente! Nientenienteniente! Cominciamo!” disse lei rossa in viso aprendo il barattolo di vernice.
“Ei numero due, che ne dici di una sfida?”
Subito gli occhi di Hikari si illuminarono, e il cuore di Kei fece una mezza giravolta. Sapeva sempre come farla sentire a suo agio.
“Spara!”
“Beh…una parete ciascuno, vince chi finisce prima!”
“Ci sto!”
                                                                                                                        ***

La “casetta in montagna” di Sakura si rivelò essere uno chalet di lusso con tre camere da letto, due bagni, una cucina e un salotto con tanto di caminetto acceso.
“Oooh” dissero tutti in coro, estasiati.
“Questa cucina è meravigliosa!” disse Akira già pronta a istituirla come suo quartier generale.
“La vista da qui è spettacolare!” disse Ryuu riferendosi alla finestra enorme in salotto.
*Il caminetto!* scrisse Megumi emozionata.
“Beh ragazzi, andiamo al piano di sopra a sistemarci in camera?”
Tutti la seguirono su per le scale di legno, osservando ammirati tutto quello che li circondava.
“Allora, questa è la stanza dei ragazzi!” disse Sakura indicando la prima stanza a sinistra.
Subito Ryuu,Yahiro e Tadashi entrarono nella stanza, che aveva tre letti singoli.
“E Jun?” disse Ryuu sospettando di sapere già la risposta.
“Lui dorme con me!” strillò Sakura con gli occhi a cuoricino.
Jun sembrava agitato e imbarazzato, ma non protestò.
“Dopotutto se anche si trasformasse saremo da soli, quindi non ci saranno problemi!”
“E per noi?”disse Akira sorridendo.
“Ecco qui!” rispose Sakura indicando un’altra stanza, proprio davanti a quella dei ragazzi. Questa aveva solo due letti singoli, pronti per Akira e Megumi che subito entrarono per sistemarsi.
“Bene, ci vediamo tra un quarto d’ora sotto per la prima passeggiata in montagna!”

                                                                                                                                   ***
“Ei Hikari, avete già cominciato…?” il signor Hanazono si bloccò sulla porta, convinto (come sua figlia poco prima) di essere in preda ad un’allucinazione. Hikari e Kei avevano già cominciato, sì: e avevano anche finito. Tutti e due sembravano esausti, seduti al centro della stanza perfettamente pitturata.
“Ma come diamine avete fatto a finire così in fretta??”
“Era una sfida, signor Hanazono” disse Kei con un sorriso.
“Ah sì? E chi ha vinto?”
“Io” rispose quello sorridendo.
“Solo perché mi sono attardata a fare gli angoli! Ma la prossima volta…” cominciò la ragazza.
“Beh, visto che avete finito potreste andare a fare un giro. In fondo ve lo siete meritato!”
“Ma papà…e il resto?”
“Ce ne occuperemo noi, tu vai tranquilla!”
Kei avrebbe volentieri abbracciato quell’uomo seduta stante. Si accontentò di stringergli la mano e, dopo il cambio di abiti di Hikari, di uscire con lei al suo fianco.

“Potremmo andare al parco e prendere un gelato” propose con un sorriso.
“Sì…perché no…” disse lei con l’aria imbarazzata.
Kei non riusciva a credere quanto fosse fortunato. Erano insieme, da soli! E chi se lo sarebbe mai aspettato…era convinto di passare la giornata a pitturare casa Hanazono.

Poco dopo si trovavano sotto un albero, seduti sull’erba a gustare un buon gelato. Hikari sembrava essere un po’ agitata, e Kei non  riusciva a staccarle gli occhi di dosso.
Finiti i gelati, venne il momento dell’imbarazzo. Fu Kei a rompere il silenzio.
“Hikari…penso che dovremmo parlare”
La vide trasalire e continuò a fissarla, pregando nella sua mente che lei non gli sfuggisse di nuovo.
“Sì…lo so” disse lei, sorprendendolo. Come sempre.
“Io…” cominciarono contemporaneamente tutti e due. Scoppiarono a ridere, era una scena assurda. Beh, quantomeno era servito ad alleggerire l’atmosfera.
“Hikari, in questa storia ci sono troppe cose non dette, troppi sottintesi…io voglio essere onesto con te”
“Anche io voglio esserlo con te…” disse lei fissandosi le mani.
“Bene, allora inizio io. Io voglio che tu sappia che quando ti dico che con te andrei ovunque sono sincero. Voglio che tu sappia che non c’è un solo istante della mia vita in cui tu non sia tra i miei pensieri. Tu sei…l’unica persona in grado di suscitare in me delle emozioni. E mi piaci, da tanto, troppo tempo…mi piaci da impazzire. E se quei baci per te non sono stati niente dillo ora, perché io continuo a pensarci.”
Hikari continuava a fissarsi le mani, respirando affannosamente. Era agitata, come quella volta che erano usciti insieme, prima della sua partenza per Londra. Forse…forse voleva respingerlo e non sapeva come? Forse era vero che per lei quei baci non significavano nulla? Stava sprofondando nella depressione più assoluta quando la voce della ragazza lo destò dalle sue riflessioni.
“Anche io.”
“Cosa?” disse lui confuso in un sussurro.
“Anche io continuo a pensare a quel bacio, a Londra. Sono così confusa, volevo parlare con te ma non ho mai trovato il coraggio. Tu sei il mio rivale, e questo lo sai. Sei la persona che mi spinge a dare il meglio di me, ogni giorno. Sei una costante nella mia vita da così tanti anni…e penso di avere paura che tutto questo possa cambiare.”
Kei la guardava, incantato. Cosa stava cercando di dirgli? Era un no, un forse?
“Però…” cominciò lei alzando la testa e sorridendogli “però già prima che tu partissi per Londra ho capito che non possiamo essere amici”.
Kei sgranò gli occhi, terrorizzato. Lo voleva escludere così dalla sua vita? Era un rifiuto tanto netto?
“Perché…Kei…” sussultò nel sentirsi chiamare per nome “tu mi piaci”.
Kei la guardò, con le guance arrossate e gli occhi spalancati…e prima che se ne rendesse conto la stava baciando. Era un bacio dolce, lento, ma anche deciso. Non le avrebbe più permesso di scappare, mai più. Lei in un primo momento rimase immobile, sorpresa. Poi cominciò timidamente a ricambiare il bacio. Kei si spinse verso di lei, sfiorandole il viso con le mani. Lei cominciò ad accarezzargli i folti capelli castano-dorati. Quando si staccarono Hikari abbassò subito lo sguardo, imbarazzata. Lui le sollevò il mento con l’indice della mano destra.
“Non nasconderti. Con me non ne hai alcun bisogno…” disse con un tono di voce dolcissimo, tanto che a Hikari spuntò una lacrima.
“Ho…ho detto qualcosa che non va?” disse lui subito premuroso.
“No. Hai detto esattamente quello che dovevi dire.” Disse lei con un sorriso prima di chiudere gli occhi e lasciarsi baciare di nuovo.
 
   
 
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