Anime & Manga > Magi: The Labyrinth of Magic
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Autore: Hirriel    18/06/2014    4 recensioni
They say hope begins in the dark, but most just flail around in the blackness, searching for their destiny.
The darkness, for me, is where I shine.
(Richard B. Riddick)

Judal non si aspettava niente da quel viaggio nel sud d’occidente; Kougyoku si doveva sposare e lui la doveva accompagnare, punto. Non sarebbe dovuto succedere proprio nulla di anormale a parte gli occasionali bisticci e il fastidio arrecato dall’insopportabile caldo del territorio. Senonché gli rotolò davanti una piccola ragazzina con le guance paffute e gli occhi torbidi.
Il suo nome? Lilith.
E la quantità di problemi che portò fu indirettamente proporzionale alla sua altezza.
INTERROTTA
Genere: Dark, Generale, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Judal, Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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7. Un'incessante insofferenza
 

Vapore.

Quel fumo caldo e denso saliva lentamente verso il soffitto. Non sembrava aver fretta, si prendeva tutto il tempo del mondo, era quasi esasperante; le sfiorava il viso e la pelle, le appannava gli occhi e seguiva obbedientemente la spinta leggera del suo respiro. Lilith soffiò più forte, cercando di allontanare le volute di fumo che le entravano in gola impedendole di respirare bene.
Piegò la testa verso l’alto, cercando di assaporare aria più fresca. Si sentiva costretta in quella vasca, imprigionata dal calore e dagli aromi che le davano quasi alla testa; era leggermente claustrofobica e stare lì, a respirare calore e umidità, non aiutava per niente.

Però doveva ammettere che quel bagno era qualcosa di davvero strano. Alibaba le aveva spiegato che accanto a ogni stanza c’era una sottospecie di cisterna in legno, contenente dell’acqua calda e ogni volta che si girava una manopola scendeva la suddetta acqua. Quando il giovane aveva provato a spiegarle il sistema che collegava le tubature o come potesse una semplice manopola tener chiusa la cisterna, Lilith si era subito estraniata, ritenendo tutto ciò troppo complicato e noioso.

La cosa che la interessava di più era il bagno caldo in sé.

Non che la ragazza non avesse mai visto o toccato dell’acqua calda, d’altro canto vivevano nel deserto: il clima era torrido, ogni pietra scottava, la vegetazione era poca e gli esseri viventi erano in costante ricerca di un po’ d’ombra. Proprio per questo il vero problema era trovare i liquidi necessari. Insomma, l’insopportabile caldo faceva evaporare praticamente tutto e dato che la poca acqua che restava la si usava per dissetarsi, fare il bagno non era uno dei principali problemi del popolo.

Stare lì, in una vasca, circondata da vassoi contenenti frutti freschi e bevande colorate, con piante rampicanti che abbellivano l’ambiente insieme ai loro fiori sgargianti, aiutata da ben tre ragazze gentili e sorridenti, era davvero singolare.

Quindi la piccoletta non poteva dire di sentirsi esattamente a suo agio, ma doveva ammettere che essere servita e riverita dava una certa soddisfazione.

Si era rifiutata di spogliarsi in presenta di Elizabeth (la donna energumeno) e le altre, così le era stato consegnato un piccolo vestitino che poteva usare mentre era immersa nell’acqua e le tre servitrici le massaggiavano la testa.

Sospirò, cercando di godersi le mani di Elizabeth che delicatamente le strofinavano i capelli con una lozione profumata presa da quegli strani tubetti di legno «È la terza volta che mi metti in testa quella roba!» si lamentò debolmente, un po’ intontita per l’elevato calore in cui era immersa «Sono davvero così sporchi?»

«Lo erano.» la corresse la donna «Fortunatamente signorina, lei porta i capelli corti, quindi c’è stato meno lavoro di quanto mi aspettassi. Non fosse stato per i nodi, avremmo finito molto prima.»

La bruna sbuffò «I capelli lunghi fanno sudare e sono scomodi, li odio…»  nella mente le apparve l’immagine di una chioma nera come la pece legata da vari lacci, così lunga che quasi toccava terra, poi l’eco di una risata roca, un po’ beffarda. Gonfiò le guance «Beh, più o meno.»

Ripiombò il silenzio, Lilith chiuse gli occhi ma le comparivano in mente solo immagini a cui non voleva pensare e le inutili preoccupazioni che l’avevano assillata il giorno prima tornarono a tormentarla.

«Alibaba è davvero gentile.» osservò, più per fare conversazione che per altro.

«Sì.» rispose Elizabeth «L’intero il paese lo adora, in tre giorni è riuscito a conquistarsi l’approvazione di tutto il popolo.»

«Tre giorni?» la giovane si girò a guardare la sua interlocutrice, un sopracciglio alzato «Vuol dire che fino a tre giorni fa era suo padre che amministrava Qishan?»

«Oh, no, il reggente di prima non aveva niente a che fare con il signorino Alibaba. Era cattivo e spietato, ma dicono che sia morto nel dungeon, dopo esserci entrato per inseguire proprio il signorino.» Elizabeth si sporse a prendere l’ennesimo impasto di erbe e oli e lo versò lungo le punte dei capelli della giovane «Tre giorni fa, il dungeon è stato risucchiato dalla terra. Proprio come era apparso anni prima è scomparso, lasciando solo un’enorme voragine, dove tutto il popolo ha visto il signorino Alibaba seduto su una montagna di oro e ricchezze.» fece una pausa, trovando probabilmente l’ultimo piccolo nodo di quei capelli un tempo crespi «E così si è deciso che sarebbe diventato lui il nuovo reggente, anche perché da un giorno all’altro è diventato l’uomo più ricco di tutta Qishan.»

Lilith ascoltò in silenzio la storia, sorpresa e tesa allo stesso tempo. Quindi era stato proprio Alibaba ad entrare nel dungeon e, a quanto pareva, a conquistarlo? Judal era partito per Qishan proprio per evitare che ciò accadesse. La ragazza si chiese che cosa avrebbe fatto il Magi se fosse venuto a sapere che nonostante avesse fatto scomparire l’enorme e magico edificio, qualcuno ne era comunque uscito.

Sorrise furbescamente “A quanto pare non tutto va come vuoi tu, sbruffone.” «Allora è un bene che quel biondo ora sia al comando.» disse gongolante.

La donna annuì e sembrò soddisfatta anche se Lilith non riuscì a dirlo con certezza, ormai aveva concluso che Elizabeth non avesse la capacità di fare espressioni facciali. Una delle ragazze che si affaccendavano lì intorno, si intromise «E la prima cosa che il signorino ha fatto per la città, è stato liberare tutti gli schiavi, pagando i loro padroni con un’ingente somma di ricchezze. Così si è guadagnato il supporto dei più poveri ma ha evitato il malcontento dei ricchi.»

«Co-» Lilith si girò di nuovo, credendo di aver capito male «Sul serio?»

Un’altra ragazza annuì «Ci sono dei paesi in cui il commercio di schiavi è vietato dalle autorità e anche in questo paese ci si è prefissati quest’obbiettivo.»

Nonostante Lilith avesse viaggiato in diversi paesi non si era mai spinta in città così lontane, ormai era abituata a vedere esseri umani girare per le strade in catene o venire occasionalmente picchiati dai loro padroni. Non che la trovasse una cosa giusta, ma se si è poveri ci si deve preoccupare principalmente di se stessi, quindi la ragazzina non si era mai curata molto di questo problema. Stette in silenzio, capendo finalmente perché queste ragazze fossero così affabili e, alcune volte, sfrontate. Non erano delle schiave, era il loro lavoro servire a palazzo, venivano pagate.

La bruna restò molto tempo a rimuginare su questo fatto, era davvero strano pensare che un nobile non avesse intorno gente sofferente e mal nutrita però… una cosa del genere sembrava una bella prospettiva per un paese.

Quando Elizabeth finì, le ragazze la lasciarono sola, indicandole i vari oli per il corpo che doveva usare e ricordandole che sul letto le erano stati lasciati dei vestiti nuovi e puliti.


Lilith si spogliò e iniziò a lavarsi, godendo la nuova sensazione dell’acqua calda sul corpo. Cominciò a canticchiare un motivetto senza parole, cercando di rilassare le spalle e i muscoli indolenziti
si accorse che era stata tesa per tutto il tempo che quelle donne erano state lì con lei.
Sbuffò «Lilith, non riesci proprio ad abituarti al contatto fisico, eh?» Halima le aveva detto quelle parole una volta e, malgrado tutto, la ragazzina doveva riconoscere che aveva ragione.
D’improvviso, si ricordò quante volte Judal aveva invaso il suo spazio personale. Ormai le memorie della sera in cui si erano ubriacati erano tornate più o meno tutte alla luce, anche se in modo confuso e si ricordava perfettamente che il Magi era troppo vicino. Chi gli aveva dato il permesso? Non che lei se ne fosse lamentata ma per l’amor del cielo, era ubriaca! Si poteva dire che il ragazzo si fosse bellamente approfittato di lei!


«» 

Il braccio attorno alle sue spalle, la mano che le si appoggiava velocemente su un fianco per poi ritrarsi, le dita che le sfioravano il collo e i capelli, una gamba appoggiata alla sua…

Sentì il sangue affluire al viso, la lieve pressione che provava agli occhi e alle guance quando avvampava non lasciavano dubbi sul fatto che doveva avere il volto rosso come un pomodoro. Lo stomaco si chiuse in una morsa non del tutto spiacevole mentre cercava di ricordare
e anche immaginare, il corpo caldo e forte di Judal vicino al suo.

Divenne ancora più rossa «Fa caldo…» decise che era ora di uscire da quella sauna.

Andò nella sua stanza e, con i capelli sgocciolanti, cominciò a fare delle giravolte su sé stessa, sorpresa di quanto si sentisse leggera, non credeva di essere mai stata così pulita e profumata in tutta la sua vita.

Prese un panno e si strofinò violentemente la chioma, rovinando tutto il bel lavoro che aveva fatto Elizabeth cercando di districarla; si immaginò la frustrazione della donna energumeno quando avrebbe visto cosa aveva fatto e la speranza di poter strappare a quella tizia una vera e propria espression
–anche se fosse stata di scontento- insieme alla soddisfacente sensazione di poter darle fastidio, le fecero spuntare un sorrisetto cattivo sul viso e si strofinò più forte i capelli. Si chiese se stava diventando una sadica come un certo qualcuno. Quando reputò che per farli asciugare non c'era altro modo se non lasciarli all'aria aperta, si fermò e si interessò di più ai vestiti che le erano stati lasciati sul letto. Trovò dei pantaloni larghi e lunghi, di una stoffa leggera ma resistente e una maglietta senza maniche abbastanza corta che le lasciava un po’ scoperta la pancia, non importava quanto cercasse di tirarsela giù “Non importa, per fortuna i lividi non si vedono…” pensò, guardandosi allo specchio.
Gli abiti le stavano perfetti, e ringraziò mentalmente che Alibaba non le avesse dato qualche stupido abito o gonnellina, non li sopportava proprio.

Notò che le avevano lasciato perfino delle scarpe. Le calzò e subito dalle labbra le uscì un mugugno soddisfatto «Comode…» anche se le pareva un po' strano non sentire più il terreno sotto i piedi.

 Fece qualche smorfia davanti allo specchio, tentando di guardarsi da tutte le angolazioni possibili; il normale velo di sporco unito al sudore che le scuriva la pelle era scomparso e il lavoro che le donne avevano fatto per pulirle le mani, i piedi, i capelli era stato magistrale. Il volto era più rilassato e, nonostante le occhiaie si vedessaro ancora e il colore delle guance fosse di un pallido smunto, le sembrava di aver preso un minimo di colorito. Se qualcuno l'avesse vista non avrebbe mai detto che viveva in un vicolo sporco e sudicio, nella puzza degli escrementi di uomini e animali. 

Decise di andare a cercare Alibaba, doveva insistere sul fatto di partire quanto prima per il suo paese.
…E beh, oh certo, anche ringraziarlo, più o meno…

Uscì velocemente dalla stanza e si fiondò lungo i corridoi e giù per le scale, pensando che se avesse avuto tempo sarebbe sicuramente andata un po’ in giro per il palazzo, c’erano molte cose che Alibaba le doveva mostrare e lei era davvero interessata a scoprire quel mondo che, fino a pochi giorni prima, aveva sempre visto come qualcosa di irraggiungibile.

Trovò chi stava cercando insieme a una ragazzina con i capelli di uno strano colore acceso.

«Lilith!» esclamò il biondo, appena la vide «Finalmente ti sei pulita, sembra che ti sia lavata di dosso cent’anni di sporcizia, sei carina.» anche quando voleva essere ironico Alibaba riusciva a mantenere un tono gentile, la bruna non sapeva se era una caratteristica che la infastidiva o che apprezzava del ragazzo.

Sorrise furbescamente «Tra poco mi vado a rotolare di nuovo nel fango.» lanciò un'occhiata curiosa alla ragazzina che le stava di fronte: era probabilmente di qualche anno più piccola di lei, aveva una faccia seria e un portamento composto, quasi rigido, e la fissava di rimando, con uno sguardo che rasentava la noia. Lilith non fu neanche sicura che la stesse davvero vedendo, sembrava più come se stesse scrutando un punto indefinito dietro la sua testa. Ma la cosa che la interessò di più fu lo strano taglio degli occhi, era diverso, una forma che non aveva mai visto.

«Ah,» Alibaba notò i veloci scambi di sguardi «Lilith, questa è Morgiana, un’amica che ho conosciuto poco tempo fa.»

«Non siamo amici.» precisò Morgiana, senza perdere la sua compostezza, facendo quasi inciampare il ragazzo con la sua affermazione «Siamo stati compagni di… certi eventi.» Fece un mezzo inchino a Lilith, poi si rivolse di nuovo al giovane, continuando il discorso che probabilmente la bruna aveva interrotto «Un giorno tornerò alla mia terra natale, era ciò che il mio salvatore voleva dopo tutto. Ma per ora, vorrei lavorare qui se non è un problema.» sembrò esserci un lieve guizzo di luce negli occhi di Morgiana.

Alibaba incrociò le braccia, pensieroso, «Salvatore eh… ho capito, immagino che anche io dovrò cominciare a darmi da fare. Grazie mille Morgiana, mi hai aiutato a mettere le cose in chiaro.» fece uno strano sorriso malinconico e Morgiana si congedò.
 


Erano ormai passate ore, Judal si sarebbe dovuto alzare da quell’amaca e trovare una soluzione ai suoi pensieri, però sentiva il corpo pesante e debole, le palpebre gli si chiudevano in continuazione ma non riusciva ad addormentarsi, il caldo era insopportabile.

Sospettava che quella stanchezza fosse dovuta a un calo di zuccheri e alla costante afa di quel luogo. Continuava a ripetersi che si sarebbe dovuto dare una svegliata, magari andare a distrarsi allenandosi con la sua magia o semplicemente a fare una passeggiata nel cielo, dove di sicuro le temperature erano più fresche.

Ma quando non si ha voglia di fare niente non si fa niente, punto.

Era da quella mattina che il moro sentiva una costante insofferenza attorcigliargli lo stomaco in una morsa spiacevole. Era irascibile e irritato, aveva perso il conto di quante volte aveva urlato senza motivo a Kougyoku o aveva fatto qualche scherzo di cattivo gusto a Ka Kobun e alle guardie. Alla fine gli era stato chiesto gentilmente, da tutto l’accampamento, di andare a quel paese e lui senza farselo ripete due volte si era rifugiato nel boschetto vicino alla città, legando il suo tappeto volante a due alberi a mo’ di amaca. Ed era stato lì, ad annoiarsi.
Con Lilith almeno riusciva ad ammazzare il tempo, era un vero peccato che la piccola fosse scomparsa ma l’aveva accettato; era stata solo un punto di passaggio, una presenza che se n’era andata con la velocità con cui era apparsa per la prima volta. Non gli importava più, però doveva trovare un altro maledetto passatempo o era sicuro che sarebbe morto dalla noia.

Tirò fuori il sacchetto con i tasselli del puzzle.

Non aveva mai provato a fare un rompicapo, quando Al Sarmen aveva anche solo osato proporgli una cosa del genere, porgendogli qualche scatola che conteneva chissà quale stupido rebus, non si era fatto molti problemi a far fare un volo alla suddetta scatola e poi colpirla con un fulmine ridendo come un ossesso. Non era proprio fatto per quel genere di giochi, invece di aggiustare qualcosa preferiva distruggerla e rimpiazzarla con una nuova, guarire non era mai stato il suo forte, era molto più bravo a spezzare.

Mugugnò infastidito mentre, agitando la sua stecca di metallo, faceva fluttuare tutti i minuscoli pezzettini di legno e se ne circondava, osservando quale forma potesse incastrarsi con l’altra.

Ma vide qualcosa di veramente singolare.

Purtroppo non fece in tempo a capire cosa, perché d’un tratto i rukh che lo circondavano cominciarono ad agitarsi; prima erano solo dei lievi battiti d’ali quasi impercettibili poi un flusso enorme cominciò a raccogliersi attorno a lui, finché tutti insieme non gli si lanciarono contro, avvolgendolo in una spirale bianca e nera.
Non sembravano più ascoltarlo, non lo riconoscevano più come un Magi, come la persona che amavano. Sembravano avere la ferrea intenzione di attaccarlo o per lo meno impedirgli di vedere… cosa?
Si agitò in quella stretta soffocante, sentì la sua magia gravitazionale venire meno sui pezzetti di legno e mancò poco che li lasciasse cadere nel vuoto. Scivolò dal tappeto, ma con un veloce movimento del polso, riuscì a spingere il puzzle nel sacchettino da cui l'aveva tirato fuori e i rukh come erano arrivati si dispersero, alcuni rimanendo a svolazzare agitati intorno a lui, come fossero preoccupati di avergli fatto male.

«Whoa…» intontito, rimase steso nell’erbetta a fissare il cielo. Sbatté le palpebre una, due volte e poi sorrise raggiante. Si mise seduto di scatto, così velocemente che gli girò la testa ma non se ne curò «Che cos’era quello?!» chiese esaltato, guardando i piccoli lucenti uccelli bianchi e neri che lo circondavano come se loro potessero dargli la risposta.
Alzò una mano e ne prese uno bianco, lo avvicinò al viso scrutandolo bene. Non aveva consistenza, gli sembrò di aver afferrato dell'aria, solo un po più densa e spessa, come se avesse catturato del vento che premeva gentilmente contro il suo palmo per essere liberato. E poteva avvertire un lieve calore accogliente, tiepido... ma ormai non se ne stupiva più, dopo tutto non era una sensazione nuova. Il rukh si divincolò agilmente dalla stretta e tornò a volare tranquillo nel cielo «State facendo i finti tonti o sbaglio?» aggrottò la fronte, poi alzò le spalle «Vorrà dire che dovrò rifarlo.» si preparò a rovesciare di nuovo i pezzi del puzzle davanti a sé ma sentì un forte rumore di voci.

Si bloccò, in ascolto. Ora che stava prestando attenzione il frastuono sembrò farsi più forte: tante persone stavano gridando e se ne aggiungevano altre, sempre di più.
Nascose il sacchetto e si diede una spinta verso il cielo. Volò sovrastando le cime degli alberi e quando volse lo sguardo verso il forte rumore, gli si parò davanti agli occhi una scena già vista parecchie volte in passato: fuoco, fumo e grida provenivano dalla città di Lilith, che pareva essersi destata tutta d’un tratto, urlando all’unisolo la paura collettiva. Sembrava che qualcuno avesse silenziosamente appiccato un incendio, un attimo prima non c’era nulla poi, come se il fuoco fosse nato dalla terra, il rosso divampava feroce sui tetti di paglia di alcune capanne in periferia. Probabilmente chiunque avesse fatto una cosa del genere, stava cercando di riunire gli abitanti verso il centro della città per non farli scappare.

Judal si lasciò cadere sul tappeto volante e non perse tempo; si diresse a tutta velocità verso l’accampamento dove si trovava Kougyoku, la mente che lavorava veloce. Non poteva essere stata l’organizzazione, non ce n’era motivo, se ne sarebbero dovuti andare quanto prima che senso aveva distruggere un paese così ricco di approvvigionamenti?

Come un fulmine a ciel sereno, gli venne in mente la vecchietta amica di Lilith. Fermò il tappeto e si girò di nuovo verso le lontane case in fiamme.

Esitò.

Imprecando, spinse il tappeto verso la nuvola di fumo che ormai si era alzata su tutta la città.

Ma si fermò di nuovo.

L’ultima volta che aveva dato ascolto alle sue sensazioni aveva finito per cercare inutilmente Lilith per tutta la notte. Ormai la piccola era andata e non vedeva perché si sarebbe dovuto preoccupare per la sua amica.

Si girò di nuovo e si diresse verso l’accampamento, lanciando un’ultima occhiata dietro di sé.
 


Lilith non si sforzò neanche di nascondere l’enorme sbadiglio che le nacque nuovamente sul viso.

«Noiaaa…» biascicò, dondolandosi su un’amaca. Alibaba le aveva detto che non aveva tempo da passare con lei, che doveva sbrigare alcune faccende importanti e nonostante Lilith avesse cercato di ricordargli che lei non aveva alcuna intenzione di restare troppo a lungo a Qishan, lui l’aveva bellamente ignorata.

Quindi la ragazza si era messa a girare per il palazzo, ma era tutto troppo esteso, troppo ricco e troppo comodo. Oltre che perdersi, rischiava di non stare attenta e fare qualche guaio, cosa che voleva assolutamente evitare. Così, senza Alibaba che le faceva da guida, non riusciva neanche ad apprezzare i mille colori brillanti che alcune stanze sfoggiavano.

Era rimasta lì sull’amaca, pensando ai propri problemi ma sentendosi addosso una grande stanchezza, che la portò a crogiolarsi nelle sue preoccupazioni senza far veramente niente al riguardo.
Era infastidita. Lei era una persona dinamica e attiva, diamine! Come le veniva di starsene lì stesa, a smangiucchiarsi un po’ d’uva? Nonostante questi pensieri, non riusciva a convincere se stessa ad alzarsi. Fortunatamente qualcun altro ci pensò per lei «Permesso, dovrei pulire questo punto.»

Lilith si girò di scatto riconoscendo la ragazza che aveva visto poco prima «Ah, Morgana!» alzò il busto, mettendosi seduta e lasciando i piedi a penzoloni «Che ci fai qui?»

«È Morgiana.» la corresse lei, con una voce incolore ma gentile «Sto aiutando a tenere il palazzo pulito.»

«Eeeh? Mi prendi in giro! Ti sei davvero messa a lavorare? Ma sei appena arrivata e poi fa troppo caldo per fare qualsiasi cosa, ecco, se vuoi stenditi nell’amaca accanto alla mia.» Lilith indicò con un altro sbadiglio dove si sarebbe potuta mettere la ragazzina e fece per stendersi di nuovo ma Morgiana la bloccò «Per favore si sposti, devo pulire.» ripeté inflessibile.

Lilith gonfiò le guance «Mica andranno a vedere se hai pulito proprio questo punto, dì che l’hai fatto e basta. E poi dammi del tu.» cominciò a dondolarsi avanti e indietro.

«Per favore.» ripeté la rossa, ma Lilith non rispose e si girò dall’altro lato, sventolando una mano come dire "lascia perdere.” Morgiana tacque, ma non si mosse un centimetro da lì. Rimase semplicemente a fissarla. 
Passarono i minuti e la bruna cercò disperatamente di ignorare la strana ragazzina che sapeva ancora accanto a lei. Ma a un certo punto si arrese «Okay okay!» con uno sbuffo si alzò e con uno sguardo infastidito fece per andarsene, cercando di farsi venire in mente qualche altro posto all’ombra dove avrebbe potuto fare un sonnellino.

«…Lei ha uno strano odore.»

Lilith si voltò verso di lei, sorpresa «Lei chi...? Ah, io. Ti ho detto di darmi del tu. E poi non sfottere, ti ho anche lasciato il posto.» si prese una ciocca di capelli e l’annusò, ma profumava ancora del bagno che aveva fatto.

«Lei ha- tu, hai qualcosa di davvero strano.» la rossa le si avvicinò e Lilith indietreggiò istintivamente «È come l’odore del vento mischiato a una pioggia leggera… triste e inafferrabile…» esitò un attimo, poi continuò «Però c’è anche qualcos’altro, è più nascosto ma è… un odore cattivo. Di una persona cattiva. So di non sbagliarmi.» strinse i pugni e lo sguardo si fece improvvisamente duro e spietato, come quello di un animale selvaggio «Come hai conosciuto Alibaba? Cosa sei venuta a fare qui?»

Lilith sgranò gli occhi e sentì montarle dentro una grande irritazione «Sono capitata qui per caso. Se proprio vuoi saperlo, non avevo alcuna intenzione di ritrovarmi a Qishan.» cercò di calmarsi ma odiava le persone che le si rivolgevano a quella maniera, senza neanche conoscerla, gente che sputava sentenze basandosi, su cosa poi? Un odore? «Dovrei partire al più presto, quindi rallegrati! Questa persona cattiva non sarà più nei paraggi.»

Morgiana sembrò calmarsi «Bene.» le diede le spalle.

Lilith sentì la rabbia che le stringeva la pancia ingrandirsi sempre di più. La ignorava? Non le chiedeva neanche scusa per quello che aveva detto? Le labbra le si piegarono in un ghigno senza allegria «Ehi datti una calmata. Non ho fatto niente né a te né al tuo olfatto, cagnolino. Dovrebbero metterti in catene così eviti di mordere qualcuno.»

L’ultima cosa che vide fu la ragazza girarsi a guardarla, gli occhi sgranati in un misto d’ira e sgomento.

Per un attimo non le sembrò di vedere più niente, solo una scia di colori che le sfrecciavano davanti agli occhi, poi ritrovò a sbattere contro al muro, il che era strano, non ricordava di avere una parete dietro di sé, avrebbe potuto giurare che ce n’era una a parecchi metri di distanza da lei ma non così vicina.
Avvertì un dolore lancinante allo stomaco che le mozzò il respiro e la costrinse a piegarsi in due. Tossì forte e tentò di mettere a fuoco Morgiana, cercando di capire cosa fosse successo. Se la trovò davanti, le nocche bianche per quanto stringeva forte il pugno con cui l’aveva colpita.

… L’aveva… colpita?

Boccheggiò incredula «Sei impaz-»

La ragazza la prese per la maglietta e la tirò su, spingendola contro il muro «In catene…» sussurrò piano ma a Lilith quelle due parole sembrarono il più feroce ringhio animale che avesse mai sentito. Sgranò gli occhi, avvertendo quel terrore primordiale insito nell’animo umano, come quando ci si trova davanti una bestia potente e inarrestabile, capace di porre fine alla tua vita in un battito di ciglia.

Morgiana alzò la mano stretta a pugno e la diresse al suo viso. La bruna serrò si scatto gli occhi pronta al dolore, ma l’unica cosa che sentì fu un grande tonfo vicino al suo orecchio sinistro. Girò lentamente il volto e vide una grande crepa nel muro.
La strana ragazza  ritirò il pugno e la lasciò andare. Lilith cadde in ginocchio e si avvolse le mani attorno alla pancia, rannicchiandosi e tossendo.
Tremava per la scarica di adrenalina che le scorreva nelle vene, il cervello ancora fermo nell’istante in cui Morgiana la stava per colpire. Il dolore quasi non lo sentiva… avvertiva solo un rombo nelle orecchie poi una voce distorta, malata, che le urlava qualcosa.

Implorami… …implorami… implorami o ti massacro!! Ti uccido… Implorami…. Imp-

“Mi stava per uccidere.” si conficcò le dita nella pancia e tossì più forte “Questa puttana mi ha colpito… io… la ammazzo la ammazzo la ammazzo!!!”

Se solo Lilith non avesse tenuto la testa bassa Morgiana l’avrebbe vista in viso. Avrebbe visto l’inquietante sguardo che le deformava i tratti; gli occhi allucinati, spalancati all’inverosimile erano più freddi che mai e le spalle erano scosse non dai singhiozzi ma dall’urlo di rabbia che stava lentamente crescendo nel petto della bruna, pronto ad esplodere. Le unghie delle mani erano conficcate così a fondo da  far uscire il sangue dalla sua stessa carne.

E allora avrebbe capito che non si era sbagliata, che c’era davvero qualcosa che non andava in quella piccola ragazza. Ma Morgiana non la vide.

«Ah!» sembrò ridestarsi, come se si fosse resa conto solo in quel momento di ciò che aveva fatto. Si chinò su Lilith e la vide sputare un grumo di sangue «Va-vado a chiedere aiuto!»

La bruna alzò la testa di scatto, sorpresa da quell’affermazione. C’era uno sguardo spaventato sul viso di Morgiana mentre velocemente le volgeva le spalle e correva via a una velocità inaudita.
Tutta la rabbia scemò dal corpo di Lilith, che rimase lì imbambolata, la mente che stava ancora recependo tutto quello che era successo “Mi sono… sognata tutto?”

«Che diamine hanno messo nell’uva?!» gemette, notando che si era morsa la lingua.
 


«Porca miseria…»

«No, non me lo dire, è tanto brutto?»

Lilith azzardò un’occhiata alla sua pancia e subito serrò gli occhi con un gemito di sconforto. C’era una bella chiazza violacea all’altezza dello stomaco, probabilmente se Morgiana l’avesse colpita un po’ più in alto le avrebbe incrinato qualche costola.

«Sono un’idiota.» gemette, sedendosi cautamente sul divano «Una cretina stupidamente ottusa.»

«Wow, in quattro parole tre erano degli insulti.» osservò Alibaba grattandosi la fronte, avvilito anche lui.

«Mi sto evolvendo, tra un po’ una frase sarà composta solo da dispregiativi.» rispose lei in tono sardonico «Di certo dovrebbero inventare almeno altri venti aggettivi che descrivano la mia demenza.» si schiaffò una mano in faccia «Dire a una ex schiava che la dovrebbero mettere in catene… sono sorpresa di me stessa.»

«Non potevi saperlo…» il biondo tentò di giustificarla ma con scarsi risultati.

La ragazza lanciò in aria tre chicchi d’uva e riuscì ad acchiapparli al volo con la bocca. «Poi la mia fortuna non ha eguali, vai a vedere che dovevo far arrabbiare proprio una Fanalis!» masticò imbronciata.

Fino a pochi minuti prima non aveva la più pallida idea di cosa o chi fossero i Fanalis; quando Alibaba glielo ebbe spiegato, capì che si trattava dei leggendari (non più tanto leggendari) umani descritti nelle storie che aveva sentito raccontare quand’era piccola, magari in una strada, da una vecchietta seduta su una sedia tarlata, da un ragazzino sfrontato o da un viaggiatore venuto da lontano. Da bambina le era sempre piaciuto ascoltare i racconti delle persone.
Ovviamente, questi Fanalis erano stati dipinti come semidei capaci di alzare una montagna con una mano e di dividere il mare con un colpo di braccia, i racconti tramandati oralmente avevano sempre l’effetto di distorcere la realtà; ma Lilith non ci avrebbe creduto neanche se le avessero semplicemente raccontato che con un pugno un Fanalis era capace di farti volare per parecchi metri o sfondare un muro.

Ed ecco che anche un’altra delle sue convinzioni veniva sgretolata in mille pezzi.

«Posso vedere se ho qualche pomata da applicare, dovrei chiamare un guaritore…»

«Nah, non ti preoccupare biondino, è solo un livido.» alzò la maglietta per guardarsi di nuovo la pancia e storse la bocca «Grande e raccapricciante, ma è sempre solo un livido. Passerà. E non osare ritardare la mia partenza per questo!»

Alibaba la fissò in silenzio, con un leggero sorriso sulle labbra «Non ti preoccupare, ci sto pensando…»

La ragazza gli lanciò in testa un chicco d’uva «Per quanto mi piaccia stare in tua compagnia, devi comprendere che ho una certa fretta! …E non ignorarmi!» il ragazzo stava già guardando da un’altra parte.

«Ah… sì…»

Si poté vedere distintamente una vena cominciare a pulsare sulla tempia della piccola «Ah sì?» lo scimmiottò e con un movimento poco aggraziato, afferrò di scatto un grande grappolo d’uva e cominciò a mitragliare il suo non-tanto-invogliato interlocutore con i chicchi.

«Lilith! Cosa diavol- ahi ahi ahi!!» Alibaba venne investito da quella pioggia di proiettili «Smettila, ho detto… smet-» la risata malvagia di Lilith lo interruppe. La ragazza gli saltò davanti, prendendolo per il colletto e avvicinando il viso al suo «Vuoi giocare ragazzino?» sibilò, con un ghigno di sfida «Vediamo quanto resisterai subendo tutte le torture che ti infliggerò! Ti farò tornare un marmocchio impaurito e piagnucolante, ti farò desiderare di non essere m-»

«Stai zitta un attimo, bulla.» ridacchiò lui tappandole la bocca con una mano. Lilith cominciò davvero a valutare tutti i possibili modi di ucciderlo, ma prima che potesse far qualsiasi cosa, il biondo disse «Ti accompagno io.»

Sbatté più volte le palpebre, non capendo se aveva sentito bene «Sul serio?»

«Sì, devo partire anche io e dirigermi a Balbadd e dato che il tuo paesetto è più o meno di strada, posso portatrici. Le parole di Morgiana mi hanno fatto riflettere; anche io devo tornare alla mia terra natia e concludere delle questioni in sospeso, è quello che Aladdin vorrebbe, ne sono sicuro. Ora che ho il potere per cambiare le sorti delle persone che mi stanno più a cuore non devo esitare, mi chiedo perché l’ho fatto per tutto questo tempo… quindi… appena calerà il sole, partiremo.» mentre parlava, Lilith poté giurare di vedere una luce che si sprigionava da Alibaba, una luce di speranza e fiducia, che si ingrandì quando il giovane le rivolse uno dei sorrisi più splendenti che avesse mai visto, un sorriso da bambino, innocente e forte.

D’improvviso, forse per la prima volta nella sua vita, si sentì davvero tanto piccola. “Farà grandi cose.” fu un pensiero che le venne naturale, non se lo sapeva spiegare neanche lei, ma era sicura che Alibaba sarebbe arrivato lontano.
Non che fosse una cosa che la riguardasse «Allora» lei voleva solo tornare a casa, c’erano persone che la stavano aspettando «biondino, prepara le tue cose, se entro il tramonto non sei pronto ti picchierò personalmente.»

E così andò, dopo che Alibaba l'ebbe aiutata ad applicare qualche crema contro il dolore e le ebbe fasciato lo stomaco con delle garze resistenti, tutti e due si affaccendarono a preparare di soppiatto le loro cose. Non che Lilith avesse tanto da portarsi dietro, ma Alibaba decise che la bruna aveva bisogno di un paio di vestiti di ricambio e due sacchi di cibo da portare a Halima come regalo di scuse.
Per il resto, riuscirono a trovare un carro discreto e abbastanza capiente. Acquistarono un paio di cammelli e passarono le poche ore che rimanevano prima che facesse buio a caricare i viveri per il ragazzo, che avrebbe dovuto affrontare un viaggio ben più lungo per arrivare a Balbadd.


«Quindi, non sei nato qui a Qishan? Prima parlavi di ritornare nella tua terra natale…» Lilith gli passò un piccolo materasso arrotolato.

«Mh?» Alibaba lo issò sulle assi pericolanti del carro «Ah, sì. Balbadd è il mio paese.» una luce triste scurì quegli occhi castano dorati «Lì c’è il mio passato e un mio probabile futuro, come ho detto, dovrò rimettere a posto alcune cose e ho deciso che non posso rimanere qui ad aspettare Aladdin, a Balbadd ci sono altri  amici che aspettano me... li devo aiutare. E poi io e lui ci incontreremo di nuovo e andremo a fare qualche avventura!»

Lilith lo guardò e di nuovo riconobbe quel fuoco che sembrava illuminare di tanto in tanto i tratti del biondo; sorrise «Sai, un po’ ti invidio.»

Il ragazzo inclinòla testa, confuso «E perché?»

Lei gli lanciò un fiasco contenente del vino «Io non ho mai avuto grandi aspettative per la vita, quando mi sveglio la mattina penso “che cosa posso mangiare oggi?” e quando mi addormento penso a quello che potrò mangiare il giorno dopo. È sempre stato così.» camminarono insieme verso il palazzo, intenzionati a raccattare le ultime cose «Suppongo che questo sia il modo di vivere di più o meno tutti i poveri -continuò- però fa un po’ rabbia. Insomma, mi ricordo che quando ero piccola ed ero solita uscire con i bambini degli straccioni, per rubare un po’ dappertutto; qualche volta ci riunivamo tutti in cerchio e li ascoltavo raccontare i loro sogni. Erano cose così banali! Uno voleva diventare un ricco commerciante, un altro un combattente che sarebbe stato ricordato nei secoli dei secoli, un altro ancora diceva che avrebbe avuto una reggia tutta per sé. Quello che mi stupì di più fu un tizio mingherlino, con metà capelli in testa, si diceva che la madre un giorno avesse deciso di tagliarli ma lui era scappato prima che la donna potesse finire il lavoro... comunque, c'era questo che sognava di servire alla corte del re Sinbad di Sindria -ridacchiò e negli occhi si poté intravedere uno sguardo quasi nostalgico- quello era proprio buffo, sempre a parlare del fantastico re dei sette mari e a come lui si stesse impegnando ad imparare a leggere per decifrare i libri dov'erano narrate le sue gesta… ma, quando mi chiedevano qual’era la mia aspirazione io rispondevo “delle alici per pranzo.”»

Alibaba ridacchiò «Dovevi essere proprio forte, da piccola.»

«Neanche troppo, ero un maschiaccio terribile.»

«Allora non sei cambiata per niente.» la ragazza sorrise e gli diede una spinta giocosa.

«Ho continuato a vivere in funzione della giornata successiva, nascondendomi alla buona in qualche carovana, viaggiando di città in città. Non ho mai tentato di vivere in modo più onesto, di scalare la gerarchia sociale... oltre al fatto che sarebbe uno spreco di tempo e energie, probabilmente con la lingua che mi ritrovo mi avrebbero già impaccata, dichiarandomi come minimo nemico della patria!» distogliendo lo sguardo dall’ultimo spicchio di sole che moriva all’orizzonte tuffandosi tra le infinite dune di sabbia, Lilith si distese nel carro e osservò il cielo «Non ho un sogno o aspirazioni di alcunché. Mi sto lasciando semplicemente vivere, proprio come fanno i ricchi che tanto detesto…»

Sentì le braccia di Alibaba che la tiravano su e si ritrovò il suo viso a un palmo dal naso «Non dire assolutamente queste cose!!» sembrava sul punto di mettersi a piangere «E io che pensavo che tu non fossi una di quelle persone che si autocommiserano e gongolano nella propria tristezza. Lilith, tu sei una persona forte!» la “persona forte” sentì le guance andarle a fuoco «Per quel poco che ti ho conosciuta, penso di averti capita. C'è un amico nella mia città natale che ti assomiglia; sempre freddo e diffidente nei confronti di chiunque, sopratutto verso chi sta al potere e quando ti ho vista uscire fuori dalla tua stanza e correre lontana da noi, per un attimo mi hai ricordato lui.» la sua espressione si fece più dolce, quasi malinconica «Sei scontrosa, cinica e schietta. Non sembri volerti fidare di nessuno e il più delle volte dalla tua espressione si capisce che vorresti trovarti da tutt'altra parte. E lo capisco. Anche io ho provato sensazioni simili, il mondo in cui siamo vissuti ci ha costretti a diventare così. Però...» sembrò dover fare una pausa per cercare le parole giuste con cui esprimersi,le mani si muovevano come se volesse dare forma alle parole che stava pronunciando «è difficile da spiegare e spero di non darti fastidio nel dirlo, ma sai cosa mi trasmetti? Una grande capacità di adattamento. Invece di buttarti giù hai subito reagito prendendo quest'assurda situazione e facendoci ironia su; due mercanti di schiavi ti hanno rapita e portata lontana da casa? Ti sei adeguata. E non sai quanto mi dispiace ancora per quello che è successo... arg!» Alibaba si lasciò andare a un gemito sconfortato «Spero di essermi spiegato. Mi hai dato fin da subito l'idea di qualcuno completamente incapace di buttarsi giù. Ed è una forza che io invidio molto, sia a te che a questo mio amico; c'è stato un periodo della mia vita in cui ero nella disperazione più totale e se non ci fossero state le persone giuste accanto a me, probabilmente non avrei fatto altro che affondare sempre più nell'autocommiserazione.» fece spallucce, tentando di sminuire la cosa «Non ti ci vedo proprio in una situazione del genere, mi sembra contro la tua natura. E in fondo sei gentile, anche se c'è un’altra parte di te un po’ mi inquieta.»

Lilith sbatté le palpebre, confusa. Non sapeva se ridere, arrabbiarsi e o sentirsi lusingata «Sai, tu riesci a vedere solo il buono nelle persone.» si limitò a dire distogliendo lo sguardo «Primo, tutto ciò non mi sembra niente di straordinario. La mia ironia è una forma di difesa, se prendessi sul serio tutto quello che dico e che mi accade, fidati, ci sarebbe da piangere. E non mi conosci abbastanza per dire che sono gentile, vivessi un altro paio di giorni con me e capiresti.»

«Quando mi volevo sfogare per via di Aladdin mi hai ascoltato.» ribatté lui «E puoi dirmi quello che vuoi, ma avere la capacità di accettare ciò che ci accade ed andare avanti a testa alta è una delle qualità più importanti per sopravvivere.» le diede un buffetto sulla fronte «Quindi non commiserarti mai più! Su con quel mento, anche per me.» guardò il cielo «È ora.» sussurrò e, accertatosi che non ci fosse nessuno nelle vicinanze, fece partire i cammelli, dirigendosi all’uscita della città.

Per tutto un tratto, Lilith non fece altro che guardarlo. La persona incredibile era lui e neanche se ne accorgeva. C’era qualcosa in quel ragazzo, qualcosa capace di attirare sotto di sé milioni di persone. Inspirava una completa fiducia, con quei suoi occhi d'ambra e il suo sguardo sfuggente, ma alcune volte deciso e diretto.
La bruna si dispiacque un po’ che le loro strade presto si sarebbero divise, dopo ciò che le aveva detto, era nata in lei la curiosità di vedere dove quello strano ragazzo sarebbe potuto arrivare.

Sbuffò «E cosa c’è che ti inquieta di me?»

«Mh? Bah è solo una sensazione, ma credo che ci siano lati del tuo carattere che celi abbastanza bene, dei lati molto molto allarmanti. Senza offesa.»

«...Figurati…» le sembrò di sentire di nuovo le parole di Morgiana “L’odore del vento mischiato a una pioggia leggera… triste e inafferrabile… ma anche l’odore di una persona cattiva.”


Alibaba sembrò notare che Lilith era diventata pensierosa «E comunque è una cosa figa, avere qualche lato nascosto non fa mai male, aumenti l'alone di mistero attorno a te, infatti sono molto incuriosito pure da questa tua peculiarità.» le sorrise di nuovo dandole dei colpetti sulla spalla «Inoltre una piccoletta come te ha bisogno di una personalità del genere! Altrimenti non ti si noterebbe neanche tra la folla!» ci mancò poco che l'ira di Lilith non rovesciasse tutto il carro, cammelli compresi.

Fingendosi offesa, Lilith raggruppò le casse che avevano issato sul carro, fino a costruire una specie di muraglia tutto intorno a sé. Lì in mezzo distese il materasso e si coricò. Si sentiva protetta tra quelle scatole di legno, come se il mondo non la potesse vedere fintanto che rimaneva lì. Fissò il cielo prendere una sfumatura sempre più scura, finché furono visibili i primi astri. Allungò una mano, come se volesse toccare quei piccoli puntini di luce attaccati all'enorme telo nero che era il cielo.


«Non hai salutato quella Morgana...»

«Morgiana.» la corresse il biondo «E comunque non ce ne era bisogno, mi avrebbe portato solo dubbi e esitazioni.»

«Mhm... beh, se mai vi incontrerete di nuovo, dille che le devo un pugno... e anche delle scuse.»

Sentì il biondo ridacchiare.


Mentre Alibaba guidava il carro fuori dalla città e imboccava strade sempre meno illuminate, rimuginò sulle parole che si erano scambiati lei e il biondo. E si ricordò quando aveva detto ad Halima che voleva andarsene dal paesetto. La vecchietta le aveva chiesto perché e lei le aveva risposto «Per andare avanti.» quasi non aveva capito il significato di quelle parole che le erano uscite così spontaneamente. Ma ora le comprendeva: voleva vivere la sua vita, era ancora giovane e piena di energia, stare rinchiusa in quella piccola la città le dava un senso di soffocamento. Voleva essere capace di "spaccare le montagne", voleva raggiungere un obbiettivo. Quale fosse l'obbiettivo, doveva ancora pensarci, ma c'era tempo. Tutto il tempo del mondo.

Senza quasi accorgersene, come le capitava spesso, si addormentò.

Sognò fuoco e grida confuse, di molte persone, sembrava che la catturassero in una spirale buia e che la portassero su su su… per poi farla cadere nel vuoto. Non capì con quale velocità, se lentamente o velocemente, le urla andarono a convergere in una sola voce. Halima.
Lilith tentò di gridare, di capire dove fosse, ma non riusciva a muoversi o aprire gli occhi. Il tempo era distorto. Urlò più forte il nome della vecchia, ma la voce di quest’ultima sovrastò la sua, piena d’orrore e paura.

Lilith Lilith Lilith.

Poi, sentì delle mani ruvide e spietate legarsi intorno alla sua gola e stringere, stringere sempre più forte. Ansimò, ma l’ossigeno non entrava nei polmoni. Si dibatté, affondò le unghie nella carne di quella persona, tentò di mordere quelle braccia, ma invano.

Implorami… Implorami…

Quella parola, ripetuta in continuazione… la faceva infuriare. Voleva che smettesse, voleva che si fermasse... perché? Perché le stava facendo questo?
D'istinto, come un ricordo, pronunciò di nuovo le parole che aveva detto quella volta
 
«Mamma... ti prego...» non pianse però. No. Piangere era da persone deboli e impaurite, lei aveva paura ma non l'avrebbe mai mostrata.
Ci fu una risata nel buio, esattamente come quella volta, che lentamente si trasformò in pianto, poi di nuovo in risata, in un'alternarsi così veloce che la faceva impazzire. 

Zitta. Zitta. Zitta. Zitta.


Lentamente il tono si trasformò diventando più profondo e rauco, più giovane. Risuonò una voce tagliente e al contempo calda, quasi beffarda che le sembrò una pomata per le sue orecchie martoriate da quel grido delirante.

«Oi, piccola…»

Le mani non le stringevano più il collo, ma le accarezzavano le guance e la schiena, e le labbra di Judal erano vicine al suo orecchio, soffiando aria calda che le faceva venire i brividi. Le sue braccia la circondarono e si ritrovò rannicchiata sul suo petto, la testa affondata nell'incavo del suo collo.

Sospirò tremante «Posso riposarmi?» sentì la risata canzonatoria del moro «Puoi stare qui tutto il tempo che vuoi.»

Sorrise, sentendosi per la prima volta al sicuro. Come se potesse dimenticare per un istante tutte le sue preoccupazioni, perché non esistevano, lei non esisteva più. Lilith non c'era. C'era solo una ragazza stanca che veniva cullata e protetta... più niente… solo calore…

Poi alzò lo sguardo e vide la cosa la teneva tra le braccia: uno scheletro carbonizzato, con dei lembi di pelle ancora caparbiamente attaccati alle ossa, il ghigno inquietante di quel volto dalle orbite vuote sembrava prometterle una sofferenza inimmaginabile. Capì che il calore rassicurante che aveva provato era quello del fuoco che ardeva tutto intorno a lei, che ora diventava scottante, terribile.

Urlò, si divincolò e sentì la voce di Halima che la chiamava più forte, che le chiedeva aiuto disperatamente. Dov’era? Doveva salvarla, dovevano incontrarsi, ma non riusciva a trovarla eppure la sua voce era così vicina...! il furore divampò dentro di lei e con un ringhio riuscì a ghermire le costole dello scheletro. Tirò e scalciò forte,  riuscendo finalmente a spezzarlo e a divincolarsi dalla sua stretta. Ma poi lo guardò veramente. Il fuoco si avventò su di lei, divorandole la carne viva. Capì che quella persona stava tentando di proteggerla, che il ghigno sul suo viso non era altro che un sorriso rassicurante.

Era Halima.

«Li-lith» alzò un suo braccio ossuto e lo distese verso la ragazza «Perché...? ...Fa male…» si dissolse. E Lilith non poté far altro che urlare.




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Capitolo lungo, molto lungo. Dove si potrebbe dire che succede tutto e niente. Ho lasciato Judal e Lilith lontani, ho voluto approfondire un poco Alibaba e presentare Morgiana (Mor! Che, anche se non sembra, io adoro, lo giuro!) mi sono anche sforzata perché la trama andasse avanti e sono più o meno soddisfatta, anche se mi ero prefissata che questo capitolo sarebbe finito in un'altra situazione (situazione che accadrà un po' più in la') alla fine ho dovuto tagliare perché sarebbe venuto fuori qualcosa di davvero troppo lungo. Quindi ho trovato un compromesso.

Quindi... se vi aggrada, lasciate un commento e renderete una povera ragazza dalla gamba ingessata felice.

Alla prossima!

P.S. Alcuni mi hanno chiesto se Elizabeth è quella sottospecie di donna che appare nelle prime puntate della seconda stagione...sì e no! Insomma, tra le prime puntate della prima stagione, quando Alibaba e Aladdin si sono appena conosciuti, compare Elizabeth che, diciamo, fa "compagnia" ad Alibaba dicendogli che lei è la migliore donna che il locale ha da offrire (tutto ciò accade a Qishan). Nella seconda stagione incontriamo... ah, non ricordo come si chiama, comunque una donna praticamente identica ad Elizabeth con cui Alibaba avrà la fortuna (di nuovo) di trascorrere un po' di tempo :')
  
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