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Autore: Ilarya Kiki    20/06/2014    2 recensioni
"Bentornata nel mondo, ragazza mia.
Le gambe mi fanno rientrare nel sarcofago, ed il buio si rifà subito assoluto con un tonfo legnoso, facendomi ricadere nel mio confuso limbo di memorie, terrorizzata.
E poi, più nulla."

Questa storia è la diretta continuazione di "In The Sake Of Art", quindi probabilmente sembrerà iniziare un po' a strappo, anche se ovviamente farò del mio meglio per renderla più piacevole possibile!
Buona lettura!
Genere: Azione, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Akatsuki, Altri, Deidara, Sorpresa
Note: nessuna | Avvertimenti: Triangolo | Contesto: Naruto Shippuuden
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Jiyū Kunoichi No Monogatary - Story of a Free Kunoichi'
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Here we are.


“Tutti noi!? Intendi…proprio tutti tutti?”
“Così ho sentito dire a Kabuto.”
Il tono di Sasori era lo stesso di sempre, come tanto tempo prima, secco e asciutto come se si stesse rivolgendo ad un completo idiota. Deidara pensò che era il caso di sentirsi irritato, ma anche che quella voce gli era mancata, e tanto. Il suo vecchio compagno stava seduto accanto a lui, a gambe incrociate, tenendo gli occhi castani fissi in un punto indefinito davanti a lui, con espressione assolutamente rilassata ed assente. Non spostò lo sguardo nemmeno per rispondergli.
Aveva sempre fatto così, quando non indossava la sua pesante armatura, Iruko.
Una valanga di memorie invasava la mente di Deidara, come se non fosse stato già abbastanza confuso di suo. Non riusciva a capacitarsi del fatto che la persona accanto a lui fosse davvero Sasori, quel Sasori che era morto durante la missione per recuperare il monocoda, in un tempo passato che gli pareva infinitamente lungo e lontano.
Si rese conto che il rosso si era accorto di essere fissato, e così ricominciò a guardare il paesaggio scorrere lento sotto di lui, ad un’altezza non eccessiva ma tale da non dare troppo nell’occhio.
Erano in volo, su una delle sue opere volanti, insieme. Anche questo fatto isolato, di suo, era anomalo, perché Sasori prima non avrebbe mai accettato di farsi trasportare su uno dei suoi volatili d’argilla. Primo nella lista di una serie di fatti anomali, lunghissima.

Tutti i membri di Akatsuki erano stati riportati in vita per combattere come pedine in quella che sembrava a tutti gli effetti la Quarta Grande Guerra Ninja, al servizio di “non si sa bene chi”, contro le forze unite di tutti i cinque grandi Kage, per la prima volta alleati. Kabuto, l’allievo di Orochimaru, aveva perfezionato la tecnica dell’Edo Tensei, la tecnica della Resurrezione Impura, per fornire al suo misterioso alleato un buon valore di scambio per mettersi dalla parte del vincitore, o per qualche altro motivo non ben definito, ma poco importava, in fondo.
Loro di certo non erano stati riportati in vita per farsi delle opinioni.
In ogni caso, un gran numero di potenti ninja deceduti erano stati riportati nel mondo dei vivi per combattere come armi da guerra, e tutti i membri dell’Akatsuki avevano avuto la fortuna di rientrare in quel numero. Questo era quanto sosteneva Sasori, che era riuscito a sentire meglio i discorsi di Kabuto e dell’altro uomo mascherato.

La sensazione era irreale.
Deidara ricordava la vita, la ricordava molto bene, dopo che Kabuto aveva deciso di concedergli la memoria attraverso la tecnica, e quella non era vita. O almeno, era qualcosa che faceva finta di esserlo.
Poteva a vedere con quegli occhi che non riusciva a sentire suoi tutto ciò che lo circondava, ascoltava suoni, percepiva odori, ma non gli sembravano veri, non riusciva ad assaporarli come reali: erano come impulsi che gli permettevano di rendersi conto del mondo attorno a lui, ma freddi e distanti, quasi come quando ci si ferisce in un sogno. Se qualcuno avesse provato a staccargli di nuovo le braccia, era assolutamente sicuro che non avrebbe provato nessun dolore. E poi, il suo corpo: era immobile, nulla si muoveva al suo interno, né cuore, né polmoni, né nient’altro. Gli pareva di essere uno spirito intrappolato in una statua. Sensazioni tutte piuttosto spiacevoli, ma sopportabili una volta presa l'abitudine. Non aveva molta scelta, dopotutto.
La prima cosa che ricordava da quando si era scoperto intrappolato in quel corpo non suo era la luce del sole accecante, e poi la presenza di Sasori accanto a lui: subito dopo gli erano stati impartiti degli ordini da parte di Kabuto e da un tizio che sembrava Tobi (Tobi? Davvero quel Tobi? Probabilmente no, era troppo cambiato).
Non si era fatto molte domande, aveva già sentito parlare dell’Edo Tensei, e d’altronde si era accorto di non avere molto controllo sui suoi stessi pensieri, che talvolta venivano spazzati via e sostituiti da un imperativo imprescindibile. Tranne in quel momento, in cui riusciva davvero a pensare, ed aveva appena saputo da Sasori che era stata riportata in vita tutta Akatsuki.
Magari, c’era anche lei.
“Non pensavo che sareste morti tutti. Persino Pain, persino tu, Deidara-san…”
“Emh, Danna, ma cosa ha detto di preciso, Kabuto?”
“Quello che ti ho appena detto io.”
“Non ha fatto nomi, come…”
“Che c’è, cerchi qualcuno in particolare?”
Non c’era malizia nella voce di Sasori, ma Deidara si zittì comunque, imbarazzato. Si sentiva incredibilmente stupido, e non voleva che il suo compagno pensasse che si comportava ancora come un ragazzino. Quando si erano conosciuti, aveva cercato il più possibile da atteggiarsi da adulto, perché il rispetto del suo compagno era la cosa che bramava di più in assoluto. Ora lui era cresciuto davvero – e anche morto, tra l’altro – ma aveva ricominciato a sentirsi ridicolo.
“Dopo che tu sei morto, mi hanno assegnato un altro compagno. Ma ho qualche cosa da dirgli. Tutto qui.”
“Ah.” Fece Sasori, gelido, al limite del disinteresse. “Non un gran ché, se speri di trovarlo tra gli zombie, allora.”
“Già.” Rispose Deidara, a voce bassa. Non aggiunse altro, anche se avrebbe avuto voglia di gridare.
Continuò a fissare il paesaggio scorrere sotto di sé, un mare di alberi senza traccia di presenza umana. Se avesse continuato a parlare, probabilmente si sarebbe messo a farneticare, voleva ritrovarla, voleva parlarle, la sola idea che lei fosse tornata in vita insieme a lui e che era lì da qualche parte, lontana da lui, lo faceva impazzire. Ma nel frattempo non voleva assolutamente parlarne a Sasori, lui non c’entrava nulla, e forse si sarebbe arrabbiato.
Arrabbiato? Perché mai, cosa poteva importarne a lui…? Che sciocchezze, doveva pensare a fare quello per cui erano stati riportati in vita.
“…e, come mai tutto questo interesse per un tizio che è durato così poco?”
Sasori di solito non era così loquace.
“Cosa c’è, sei geloso?”
“Non essere stupido.”
Il silenzio tornò, gelido e un po’ seccato. Deidara si era messo a pensare, suo malgrado, a come avrebbe potuto ritrovare “il tizio che era durato così poco” nonostante il controllo di Kabuto.
“Allora ragazzino, vuoi rispondermi sì o no?”
“Ma cosa vuoi da me!? Ho i miei motivi!”
“Si può sapere cos’hai da urlare? Ti ho fatto solo una domanda!”
“Anche tu ti stai scaldando!”
“No, affatto!”
“Non sono affari tuoi, è successo dopo che ti sei fatto ammazzare come un dilettante da una vecchia e da una ragazzina!”
Sempre meglio che farsi saltare in aria come un completo deficiente!!!
Io almeno l’ho spazzato via con me, il mio avversario!!!” Ecco, era successo. Stavano di nuovo litigando come una vecchia coppia sposata, urlandosi contro i peggiori insulti, come facevano sempre anche quando erano in vita.
Deidara non ne aveva voglia, sinceramente, ma dovette ammettere che si sentì avvampare di nostalgia.
Almeno era riuscito a deviare l’argomento.
Si sentiva così stupido.
Stavano quasi per venire alle mani, quando le loro menti si svuotarono all’improvviso, e le parole scivolarono via dalle labbra. Kabuto si era accorto che si erano messi a bisticciare, ed aveva stretto i fili che legavano le loro menti.
Tornarono a fissare il paesaggio con occhi vuoti, accovacciati sul volatile d’argilla.
Il tempo si dilatò nel vento che gli soffiava nelle orecchie.
“C’è una squadra di otto ninja cinque kilometri a sud-ovest.” Mormorò Deidara.
Sasori annuì, e tornarono indietro per fare rapporto.
  
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