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Autore: Minerva    17/08/2008    4 recensioni
Uno scrittore intrattabile e misogino, terribilmente sarcastico e abituato a comandare.
Un'infermiera tutta d'un pezzo che non si lascia mettere i piedi in testa da nessuno, con la lingua più tagliente di tutto l'ospedale.
Metteteli assieme per un periodo di tempo indeterminato, condite il tutto con ironia e dispetti.
Avete ottenuto la nuova storia originale della sottoscritta: da un'idea di MikaEla.
Genere: Commedia, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Incidenti di varia natura


La statale si stendeva lineare, ampia e terribilmente calda sotto le ruote di una Spider lanciata a tutta velocità. La folle velocità della vettura aveva costretto molte altre auto a lasciarla passare, soprattutto quando il rombo del potente motore iniziava a ringhiare dietro di loro come una terribile minaccia.
Carmen de Zazoya si era trovata nella spiacevole situazione di avere quel mostro rumoroso attaccato alle calcagna - ma forse sarebbe meglio dire ai parafango - della sua lenta Ford. Si era sempre ritenuta una persona paziente. Avere a che fare con quattro pesti urlati e relativi amichetti aveva affinato di molto le sue abilità di sopportare, e talvolta ignorare, le cose fastidiose della vita. Anche la sua dolce metà aveva contribuito al processo, poiché Alvaro de Zozaya la considerava alla stregua di una cameriera. Anzi, no! Di una madre. Aveva per Carmen un profondo rispetto, misto all'incrollabile convinzione che lei gli avrebbe sempre fatto trovare una camicia stirata ed un paio di pantaloni ben piegati da mettere la domenica per partecipare alla Santa Messa. Questo gli permetteva di lasciare il bagno totalmente sottosopra dopo una doccia, perché la sua Carmencita avrebbe certamente sistemato, oppure di aspettare con placida tranquillità che sua moglie tornasse dal supermercato per preparargli il pranzo. Anche se, magari, lui era rimasto in panciolle sul divano per tutta la mattinata a guardare le televendite.
La casa era il regno della sua Carmencita! Era sempre stato così, e non c'era motivo perché la cosa cambiasse. Motivo per cui Alvaro non aveva la minima idea di come cambiare il sacchetto dell'aspirapolvere. L'aveva anche eletta sua fida consigliera: quando un dubbio lo rodeva e non lo lasciava dormire lei restava la sua unica ancora di salvezza. Quando doveva parlarle iniziava sempre alla stessa maniera:
- Carmencita, stavo pensando... - ed appoggiando la testa sul seno di lei iniziava a raccontare del problema della giornata: un acquisto importante, una lite sul lavoro, i figli e i loro problemi. Carmen, di norma, gli accarezzava i capelli e lo trattava proprio come Pedro, Marta, Estevania e Cosme, le quattro pesti citate prima. Le due sorelle erano oramai delle adolescenti di quattordici anni in perenne lotta. I due maschietti avevano appena compiuto rispettivamente cinque e sette anni. Carmen sorrideva sentendo Alvaro preoccuparsi per delle piccolezze quotidiane, come il fatto che Marta ed Estevania litigassero per chissà quale trucco o vestito, o Pedro facesse i dispetti al piccolo Cosme.
Un rombo più potente degli altri la portò a fissare lo specchietto retrovisore. La Spider non riusciva a superarla dato l'intenso traffico sull'altra corsia, e lei non aveva alcuna intenzione di scansarsi. Per rimarcare il concetto sollevò la mano di modo che lo spericolato guidatore della macchina da corsa la vedesse bene, e gli mostrò con una malcelata soddisfazione l'affusolato dito medio. Un prolungato rombo del motore le fece capire che il folle dietro di lei aveva visto e recepito il significato del gesto. Questo non gli impedì di continuare ad ignorare le distanze di sicurezza. Carmen si passò una mano fra i folti capelli ricci; quella situazione le stava mettendo ansia. Il pazzo che la stava tallonando avrebbe certamente provato a superarla, e nel farlo non avrebbe badato alla sicurezza. Se Carmen aveva un difetto era quello di fantasticare troppo. Da una piccola cosa era capace di costruire un gigantesco intrico di pensieri e catastrofi concatenate, esattamente quello che stava accadendo in quel momento. La sua mente era già lanciata verso un terribile incidente stradale che avrebbe coinvolto almeno otto macchine, due camion e anche un tir con rimorchio carico. Artigliò il volante così forte da rendere le nocche bianche, sbarrò gli occhi cercando di concentrarsi sulla strada e non prestare attenzione all'ansia. Tutte le sue paure furono però dileguate dal sorpasso avventato, ma riuscito, della Spider. Augurandogli di schiantarsi da qualche parte Carmen tornò a pensare alla lunga lista di cose da fare.

Thomas Haynes aveva inveito contro la lentissima Ford rossa per quasi dieci minuti, augurando alla donna alla guida le peggiori cose di questo mondo. Era certamente una donna che guidava, anche se lui non era riuscito a verificarlo se non in fase di sorpasso. La fase creativa che aveva avuto solo il giorno prima era già dileguata. Dopo aver scritto qualche pagina si era interrotto. Decisamente insoddisfatto di quella scenetta senza né capo né coda che aveva pensato, aveva cancellato e riscritto. Cancellato e riscritto fino all'alba, senza riuscire a produrre una sola riga decente. Quella brutta sorpresa lo aveva letteralmente mandato ai pazzi. Mabel era persino fuggita piangendo, accusandolo di essere un "pazzo, nevrotico, infido bastardo, figlio di una buona madre" e altri epiteti che lo scalpiccio dei tacchi alti, le porte sbattute e la lontananza non gli avevano permesso di sentire. Infuriato per una simile scenata isterica prettamente femminile Thomas aveva afferrato le chiavi della Spider che teneva in garage e aveva deciso di andare a farsi un giro. Quello era il suo modo per scaricare la tensione e la rabbia. Correre come un folle sulle strade, mettendo in pericolo chiunque incrociasse il suo cammino, come quella Ford rossa di prima.

Per capire se la giornata di Rachel era una di quelle buone tutti i suoi colleghi seguivano lo stesso piccolo, semplice rituale: andare a controllare il posacenere nella saletta delle infermiere e contare le cicche di Camel che vi erano schiacciati. Rachel non era un'accanita fumatrice, anzi. Nelle giornate in cui tutto andava bene nel posacenere non si trovava nemmeno una Camel. La soglia entro cui era pericoloso avvicinarsi a lei erano le cinque sigarette. Quando si contavano oltre i cinque filtri era meglio tenersi alla larga da Rachel, si correva il rischio di essere morsi e insultati.
Per questo motivo, quando Magda vide che la quota raggiunta in quella giornata era di una sola Camel, andò tranquilla dalla collega.
- Rachel, hai due minuti? - le chiese timidamente.
- Due minuti di numero, poi devo iniziare il giro di visite pomeridiane. - Rachel non apprezzava molto Magda. La trovata troppo smidollata per fare l'infermiera. Un visino dolce, una voce pacata e delle gentilezze che rasentavano il servilismo. I pazienti, con lei, si comportavano spesso in maniera orribile. Non riuscendo ad imporsi minimanete Magda finiva per accontentare i capricci di chiunque avesse un po' di polso. Rifare il letto quattro volte perché il lenzuolo era leggermente spiegazzato. Ascoltare le infinite lamentele sui letti troppo duri o troppo morbidi, le luci troppo basse o troppo alte. Il rumore troppo fastidioso, le finestre troppo grandi o troppo piccole, troppo chiuse o troppo aperte.
Insomma: una sequela di inezie che la povera Magda cercava di risolvere. Era una tirocinante, che cercava di laurearsi e mantenersi gli studi con quel lavoretto. Il Santa Claire era sempre alla ricerca di "carne fresca". Avendo dei pazienti più che insopportabili era ovvio che fossero poche le infermiere che riuscivano a resistere per più di tre mesi. Le tirocinanti, quindi, erano sempre bene accette.
- Vedi... io... non so cosa fare col signor Dominic. Si lamenta sempre... di tutto... - Magda sembrava seriamente sul punto di scoppiare a piangere. Tormentava un fazzolettino bianco fra le dita affusolate mordendosi il labbro inferiore che, tremante, svelava quanto la ragazza stesse male. - E poi, quando... quando non faccio come vuole, lui... lui... - e scoppiò davvero a piangere. Che Magda piangesse non era una novità. Aveva le lacrime in tasca, secondo Rachel, e per un'infermiera era controproducente iniziare a singhiozzare alle prime male parole che le venivano rivolte.
- Lui cosa? - domandò spazientita l'altra, già stufa della scenata.
- Lui... - ma i singhiozzi non le permisero di continuare il racconto. Alzando la mano per tamponarsi gli occhi, il polsino della camicia le scivolò verso il basso quanto bastò perché Rachel vedesse dei lividi.
- Ah. - Fu il suo unico commento, afferrandole il polso e slacciando il bottone del polsino per sollevare di più la manica. - Quindi è così? - domandò glaciale. Dominic Grant era un fottuto bastardo con i soldi che gli spuntavano anche dalle orecchie. Qualsiasi accusa Magda avesse provato a formulare sarebbe stata smontata da una schiera di squali travestiti da avvocati, e Magda non era tanto sciocca da mettersi contro di lui legalmente. Lavorare nella clinica più "in" di tutta Chicago aveva anche i suoi contro. Uno di questi è che il paziente ha sempre ragione. Sempre, anche se è nel torto più marcio e palese. Gli avvocati sanno fare miracoli.
- Mi strattona... - cercò di spiegare Magda - e io non posso farci niente. Se solo gli venisse in mente di farmi causa. Ho bisogno di questo lavoro, Rachel, non posso essere cacciata... ma non posso continuare così. - si giustificò la ragazza, apparendo molto più giovane dei suoi venticinque anni. Una tirocinante come Magda, tutta università e lavoro, non poteva perdere quel posto. Parlando assieme nelle piccole pause che si concedevano fra un giro di visite e l'altro Rachel aveva scoperto che la ragazza conduceva una vita che rasentava l'assurdo. Faceva turni da dieci ore in ospedale, e nei ritagli di tempo era sempre immersa nella lettura di qualche testo medico. Quando finalmente staccava dal lavoro, invece che concedersi una serata fuori a svagarsi si chiudeva in casa a studiare. La sua media era ottima, ovviamente, ma la sua vita sociale era ridotta all'osso. Non un'amica o un fidanzato che venisse a prenderla finito il turno. Per riuscire ad ottenere la borsa di studio doveva sempre impegnarsi al massimo dato che Madre Natura non le aveva donato alcuna genialità in campo medico, ma le aveva dato solo una testardaggine unica e una costanza ferrea. Raramente allungava la pausa pranzo fino al caffè e ai pettegolezzi con le colleghe, le quali l'avevano ben presto bollata come un'altezzosa senza speranza. In realtà Magda era dell'idea che, se aveva tempo per un caffè, aveva anche tempo per leggere l'ultimo articolo del dottor Gardner o quel testo di Neurologia che aveva nell'armadietto.
- Va bene. Questo pomeriggio mi occupo io di lui, Magda. Tu vai a visitare il signor Foster. - E così Rachel si privò dell'unico paziente decente che avesse nella propria lista.
Essere l'infermiera più brava e inflessibile della struttura era solo una scocciatura.

Correndo come se avesse il diavolo alle calcagna Thomas portò la Spider fin quasi al limite possibile del contachilometri. Sfiorò i trecento all'ora prima sentirsi soddisfatto. Si concesse il lusso di osservare per una manciata di secondi il numero trecentodieci.
Lo fissò troppo a lungo.
Un suono di clacson indistinto, e la sensazione di essere in pericolo fece sì che Thomas inchiodasse il più velocemente possibile, sterzando. Ringraziò mentalmente di aver pagato quei ventimila dollari in più per avere l'impianto frenante di carboceramica.
Attimi di terrore per Thomas. La macchina girò su se stessa, un testacoda, un altro. Continuando a stringere il volante come un'ancora di salvezza, l'uomo cercò di fermare quell'orrenda giostra. Ce l'aveva fatta! Senza danni per se stesso, per di più.
- Ecco bastarda! - gridò trionfante - Non mi hai preso nemmeno stavolta, schifosa! - sghignazzò poi. Avrebbe continuato a vantarsi di essere sfuggito all'incontro che la morte gli aveva teso se non avesse sentito un rumore assordante di clacson. Guardò finalmente la strada, e si rese conto che la sua Spider era sì ferma, ma ferma immobile in mezzo alla strada trafficata, messa di traverso sulla carreggiata.
Una piccola Ford rossa che si schiantava sulla sua portiera fu l'ultima cosa che vide.

Rachel decise di iniziare il giro di visite proprio dal nuovo paziente. Era della filosofia "via il dente, via il dolore". Appena entrata il signor Dominic la squadrò, le fece una scansione completa e poi optò per un sorriso di circostanza ed un tono che sfiorava il melenso.
- Non c'è oggi Magda? - domandò tranquillamente.
- No. Magda non credo verrà più. - si limitò a constatare lei, iniziando le analisi di routine. Tutto sembrava andare per il meglio. Nulla di anomalo da segnalare né nelle analisi, né sul comportamento del paziente.
Certo, Dominic era bloccato a letto per una gamba rotta, ma nulla di grave.
- Mi scusi, posso chiederle cortesemente di girare la televisione verso il letto? Vedo il riflesso della finestra. - il tono cortese, troppo cortese, mise in allerta l'infermiera. Troppe moine per una cosa così insignificante. Si avvicinò al televisore appeso alla partete e lo voltò.
- Troppo! Così non riesco a vedere nulla. - si lamentò l'altro in tono piagnucoloso. Rachel sospirò, e poi spostò di nuovo la tv.
- No! Non va bene! Andava quasi meglio all'inizio. - ringhiò in risposta quello, e Rachel capì perché Magda non lo potesse soffrire. Adesso era entrata nel suo gioco. Aveva mosso la televisione, e lui l'avrebbe costretta a rimanere lì delle mezzore a girarla di mezzo millimetro. E non perché non la vedesse, ma solo per il gusto di disturbarla e farsi ubbidire.
- Io la lascio così. - Annunciò Rachel di rimando, piazzandosi le mani sui fianchi e osservandolo con aria di sfida. - Sono sicura che ci vedrà ugualmente. - lo vide diventare paonazzo, e poi pallido come un cencio. Magda non lo aveva mai contraddetto, non ci era abituato. Rachel si aspettava di sentirlo urlare come un ossesso, ma non di certo che quello le tirasse il telecomando! La mancò, per fortuna, e l'oggetto andò a schiantarsi sul muro dietro di lei, lasciando una macchia nera. La resistente guaina in gomma protesse l'oggetto da ogni danno, e Dominic sembrava saperlo bene.
- Me lo ridia, voglio cambiare canale. - la informò lui senza nemmeno scusarsi. Rachel era furiosa, ma non lo dette a vedere. Raccolse il telecomando e lo gettò dalla finestra.
- Accidenti! Ma quanto sono distratta! Fa lo stesso... diremo che è stato lei. - sibilò - Quando mi ha lanciato il telecomando in uno scatto d'ira, disgraziatamente ha centrato in pieno la finestra, facendolo cadere di sotto. Che ne dice? - domandò poi, ed avvicinandosi alla televisione alzò il volume.
- No! Lei adesso mi procurerà un telecomando nuovo! Lo pretendo! - sbraitò di rimando. Ma Rachel lo fissava come se non lo sentisse, scuotendo la testa e indicando le proprie orecchie.
- Il volume è troppo alto. Non la sento, mi dispiace. Buona giornata! - e si chiuse la porta alle spalle. Appena approdò in corridoio avvisò tutte le infermiere che avrebbe azzannato la prima che fosse entrata nella stanza di Dominic Grant.
- Di lui me ne occupo io. -

***
Note dell'autrice


Terzo capitolo. E sono costante! Nei miei tempi geologici sono costante. Anche questo senza betatura. Edward è sparito, quindi dovrete accontentarvi dei miei ricontrolli maniacali e dell'aiuto di Tone, che mi corregge alcune sviste e mi dice quando la trama sfiora troppo l'assurdo. Grazie cara!
Solo una cosa: l'incidente di Thomas... vi prego, abbiate pietà. Parla una che non ha nemmeno la patente, quindi non so come reagisce una Spider lanciata a trecento all'ora, e non ci tengo a scoprirlo di persona. Ho comunque controllato su QuattroRuote, e quella velocità può raggiungerla. Altresì non so se quell'impianto in carboceramica sia così efficace (ma esiste, anche quello trovato su QuattroRuote). Credo di aver visto troppa Real TV, e che quindi possa risultare "assurdo" anche come dinamica. Spero di no, ma non posso saperlo.
Devo dire che mi sto divertendo a scrivere questa storia, anche se mi dispiace annunciarvi che nemmeno nel prossimo capitolo vedrete Rachel alle prese con Thomas. Vi faccio penare un po' per il grande incontro.
Torno ad escogitare malignità da far fare alla nostra infermiera, anche in previsione del suo incontro con l'adorabile scrittore.
  
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