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Autore: yoyo_whitehole    23/06/2014    6 recensioni
«Ha tradito. Ha ucciso. Ha torturato» Kevin diede le spalle al Pacificatore ammanettato, posizionandosi tra lui e la folla. «Ma non ha tradito me. Non ha torturato me, e direi che non mi ha ancora ucciso. I suoi crimini non sono contro me.»
Kevin ruotò la pistola tra le dita, allungò il braccio. Rivolse l’impugnatura alla folla.
Si chinò quel che bastava per poggiare l’arma a terra, con delicatezza. Si spostò, di lato, un solo passo; tra la folla e il Pacificatore rimase solo la pistola.
(...)
Imhor raccolse l’arma e tolse la sicura. Fissò Kevin un’ultima volta, non con l’aria di chi cercasse una conferma, o un tacito invito: con una pistola carica nella mano e un’imperscrutabile serietà nel volto.
«Uccidilo» sibilò il Pacificatore, la voce strozzata «Non avete mai avuto speranza, Capitol City vi sterminerà dal primo all’ultimo se non finite questa follia adesso. Se lo uccidete vi perdonerà…» guardò Kevin con odio disperato «Dimenticherà… Dimenticheremo tutto…»
Il gigante spostò lo sguardo sul Pacificatore, che si azzittì. Il silenzio strisciò ancora per qualche attimo, qualche attimo ancora, poi Imhor puntò la pistola.
«Io non dimentico» disse, e premette il grilletto.
Genere: Azione, Drammatico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Caesar Flickerman, Presidente Snow, Sorpresa, Tributi di Fanfiction Interattive
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
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Piccola premessa: vi avverto che il principale difetto di questo capitolo è l’ obbrobriosa lunghezza: 16 pagine word. E richiede anche una certa attenzione per capirci qualcosa. Scusatemi, non ho saputo accorciarlo.
Non leggerlo tutto di fila però rovinerebbe la tensione... Va bene, mi defilo. Buon Bagno di Sangue!



Arcturus prese in mano la penna, tremante. Il libricino che sarebbe stato consegnato alla sua famiglia, se fosse morto, era ancora chiuso. Avrebbe dovuto trovare il coraggio di aprirlo, forse, ma tutto quello che riuscì a fare fu restare fermo, a fissarne la copertina di un bianco immacolato.

Coral fece una smorfia quando l'ago le perforò il braccio. Il localizzatore brillò rosso sotto la sua pelle. -Sicura di non avere altri consigli per me?- chiese alla sua mentore.
-Solo uno- La donna si accovacciò per guardarla dritta negli occhi. -Stai pensando di fare la cosa giusta? Beh, tutti lo pensano. Lascia che ti spieghi come stanno le cose: se uccidi qualcuno, è ingiusto. Se qualcuno ti uccide, è ingiusto. Se tu vinci e ti condanni a una vita da incubo, è ingiusto. Se perdi e condanni qualcun altro a questa vita, è ingiusto. Sentirsi in colpa per essere stati costretti a fare qualcosa di ingiusto, è ingiusto. Non farlo è altrettanto ingiusto.- scrollò le spalle. -Lotta e basta, ragazzina, lotta per uccidere, lotta per vincere: è il tacito patto tra tutti i tributi. Non è meno ingiusta delle altre scelte, ma perlomeno si passa il tempo.-

Reeva guardava la sua ragazza con gli occhi stranamente apatici, smarriti, vuoti. Devi andare per forza? Parole che affogarono nel nulla prima di giungere alle labbra. L'ingenuità era la sua ultima àncora per l'illusione, e Reeva lo sapeva. Ma non voleva lasciarla andare, l'illusione di quei giorni e degli Hunger Games. Perchè aveva paura che, crollata quella, di lei non rimanesse più nulla.
"Venti secondi"
-Qualcosa di intelligente sulle nostre tute?-
Reeva fissò Abigail, confusa. Indossava una tuta nera, completamente nera, con un mantello rosso sufficientemente corto da non dare fastidio. -E' termica...-
-Questo l'avevo capito. Si rischia l'assideramento?-
-Solo in una distesa completamente ghiacciata. In montagna no, a parte se... Ci sono bufere...- la voce di Reeva si assottigliò fino a spegnersi.
"Dieci secondi"
-Scusa per il cappello rosa- disse Abigail, in un tono che era tutto tranne che dispiaciuto. Entrò nel cilindro. -Ma chi l'avrebbe sopportato, prima di vedere il sangue di ventitrè ragazzi? C'eri già tu a fare fin troppo colore- una smorfia passò sul suo viso.
-Ciao- sussurrò Reeva. Abigail le sorrise senza emozione. -Ciao-
Poi il cilindro di vetro calò, e fu sola.
-Ciao- disse ancora Reeva, al nulla. -Ciao-. Ma il silenzio la avvolse comunque.

Alek sentiva la piattaforma salire con una lentezza straziante. Strinse i pugni fino a conficcarsi le unghie nella carne, cercando di trattenere quel poco di lucidità che gli era rimasta. Non trovava modo di spiegarsi quell'insensata euforia che lo pervadeva. Disinteresse e neonata pazzia, forse. Chissene importa. É davvero possibile indovinare la cosa giusta da fare in questo dannato mondo?
Aveva ancora gli occhi chiusi, quando una carezza gelida di vento gli sfiorò la guancia bollente.
-Signore e signori- tuonò la voce metallica di Osmund Kettleblack -Che i Cinquantunesimi Hunger Games abbiano inizio!-

60... 59... 58…
Hazel aprì gli occhi, e non vide niente. Si girò, cercando qualcosa che non fosse buio, infinito e opprimente quanto una cappa gelida. Guardò ovunque, febbrilmente, roteando la testa con la stessa frenesia del martellio che sentiva nel petto. Nero, nero, solo nero. Un’ondata di vertigini fuse terra e cielo, e Hazel crollò in ginocchio.
Allungò la mano tremante davanti a sé, e sentì sotto le dita la superficie terribilmente fredda della pedana.
57... 56... 55...
Stelle. Minuscole fiaccole di bellezza fredda, fioche e lontane. Alyson guardava il cielo, punteggiato di bianco, vacuo come la sua tristezza. Vacuo come le parole di sua madre, che le cullavano la mente. "Non c'è speranza". Alyson guardava il cielo, lontano come i singhiozzi di una bambina di dieci anni condannata a una consapevolezza spaventosamente più devastante della semplice morte. "Non c'è speranza". Alyson guardava il cielo, ma il suo sorriso sapeva di lacrime.
54... 53... 52...
Forse il brillio delle stelle era aumentato, o erano i suoi occhi ad essersi abituati al nero. Alex vide una pedana, alla sua sinistra, e una figura maschile. -Alex!- urlò, sovrastando il lieve vento che si stava alzando. -Sono Liam!- rispose il tributo. Nel buio, Alex sentì un sorriso increspargli le labbra.
51... 50... 49...
Ghiaccio. Sapphire distinse un enorme distesa brillante davanti a sé, forse di forma ovale, e le parve di vedere l'ombra nera della Cornucopia.
La sue dita sfiorarono il peluche nella tasca della tuta, così caldo in quel mondo freddo, piccolo lume di innocenza nella notte.
Aveva paura, Sapphire. E sapeva che stringere un'arma in mano era il rimedio più efficace per la paura.
48... 47... 46...
Un boato secco e frastornante, il suono del ghiaccio che si frantumava e un improvviso getto di gas. Gli occhi sbarrati di Xen videro nell'uniforme argento del disco di ghiaccio, in lontananza, aprirsi una scaglia rosso sangue. Luminosa, terribilmente luminosa. La sua bocca si socchiuse lentamente, ma non ne uscì alcun suono.
45... 44... 43...
Stephen poteva vedere le ombre dei tributi perdersi in un semicerchio, sempre più lontane e vaghe. Vicino a lui c’era solo una ragazza, alla sua destra. La vide fissare la Cornucopia, poi lui, poi di nuovo la Cornucopia.
-Ne sei così sicura?- le chiese con allegra, irrazionale sfrontatezza. Non ricevette risposta.
Il rombo si ripeté, ma stavolta spaventosamente vicino. Una sorta di geyser esplose di fronte a lui, e Stephen fece appena in tempo a proteggersi il viso con la mano. Dove prima c'era il ghiaccio, una luce intensa squarciò il buio. Quando la vampata di calore lo investì, non ebbe più dubbi.
42... 41... 40...
Lava. La distesa di ghiaccio era sospesa sopra un lago di lava. Ester osservava le correnti di fuoco liquido scorrere, ribollire, scontrarsi e fondersi con interminabili venti ardenti che si alternavano al gelo. I geyser continuavano a esplodere. Era un'atmosfera apocalittica, irreale.
-Ester!- la sua voce sgorgò quasi estranea dalla bocca.
-Alex!- sentì rispondere. Un sorriso incredulo le solcò le labbra.
-Liam è accanto a me- disse il ragazzo. –Noi corriamo alla Cornucopia-
Ester annuì, pur sapendo che non poteva vederla. La paura tornò.
-Non ci seguire- continuò Alex –Scappa ai margini del bosco. Vedi come andrà a finire e dove andiamo. Poi raggiungici.-
Vedi come andrà a finire. Ester si lisciò debolmente la treccia bionda. Vedi come andrà a finire.
39... 38... 37...
-Ronnie!- gridò Ronnie. Sentì una voce rispondergli -Momo!- ; era accanto a lui.
-Provo a correre alla Cornucopia. Prendi qualche zaino, coprimi le spalle, ma cerca di restare in disparte-
-Sì-
Ronnie sentiva il tempo scorrere, crudele, inesorabile. Una patina di sudore gli rivestiva la fronte. Una sola corsa, e tutto era in gioco. Il ghiaccio sfavillava argenteo, la speranza gli animava gli occhi di un fioco brillio. Troppo, troppo fioco per illuminare quel buio.
36... 35... 34...
Ormai i geyser esplodevano regolarmente, in nubi di vapore e sibili stordenti, distruggendo il ghiaccio in mille colonne di luce cangiante. Clyph respirava piano, impercettibilmente. Forse, se l’avesse fatto ancora più piano, e il cuore avesse smesso di martellare con quel volume assordante, sarebbe riuscito a fondersi con la notte e scomparire nel buio.
Il suo respiro però lo tradiva, continuando a formare piccole nuvole di condensa, pallidi, esili spettri di sé.
33... 32... 31...
Momo sfiorò la paura dentro di sé, poi la liberò nell'aria gelida. La paura ti avverte di quello che stai per fare, ricordatelo. Ma quando minaccia di condizionare le tue scelte, devi lasciarla andare. Non ricordava chi glielo avesse detto. Joseph, forse. Joseph. Il dolore stava diventando più pericoloso della paura, così lascio andare anche quello. Momo chiuse gli occhi e cominciò a contare.
30... 29... 28...
Samuel guardò quasi incantato il ghiaccio spezzarsi in lunghe venature, lottando per non sciogliersi. Alcuni pezzi cadevano senza nessun geyser, per sfrigolare e sibilare contro la lava. Lo vedeva, il corno nero al centro della piattaforma di ghiaccio. Distesa che, ormai, era più rosso che argento.
Non doveva guardarla, la Cornucopia. Perché insieme ad essa rivedeva sua sorella, il Giorno del Bagno di Sangue, in una pozza di sangue.
L’unico modo per non essere vittima era essere carnefice. Sua sorella aveva esitato. All’ultimo momento, sua sorella aveva esitato, e il tributo le aveva conficcato un coltello nello stomaco.
Sarah era stata una vittima, ma Samuel non era Sarah. E intendeva dimostrarlo.
27... 26... 25...
Diana guardò il terreno sotto la pedana. Sembrava semplice terra, con qualche velo scintillante di brina. Si girò. A circondare la superficie ghiacciata, una ripidissima discesa riempita dalle sagome cupe degli alberi.
Sembravano essere nel punto più alto dell’Arena; l’orizzonte, tempestato di stelle, non era interrotto da nulla.
In quel momento, Diana scelse il ricordo che avrebbe voluto portare con sé nella morte. L'ultimo che voleva rivivere. Non era il bacio di Nathan, né la prima volta che era uscita fuori dal distretto. Era il sorriso rassegnato di Rina, offuscato dalle lacrime di sé stessa bambina. Si rivide, mentre accarezzava la pelliccia sporca di sangue del coniglio. La sua prima vittima. "Prima correva tra i canneti..." aveva sussurrato "Sentiva l'odore di funghi e foglie bagnate. Ora non è più niente..."
24... 23... 22...
Non era vera luce, quella. Non spezzava le tenebre, non vi si fondeva. Più aumentava, più il ghiaccio diventava un'ombra netta e oscura.
Amber si chiese se non fosse stato meglio morire prima, invece che riempirsi di cose da perdere. Ormai era tardi. Non si era mai sentita tanto viva come in quel momento. Né tanto terrorizzata. Una luce intensa crea ombre ancora più scure.
-Amber!- gridò per la seconda volta, la voce rotta dalla disperazione.
21... 20... 19...
I geyser non esplodevano a caso. Harvey vide che il ghiaccio aveva formato un lungo ponte verso la Cornucopia, irregolare e frastagliato, alla sua destra. All'inizio del ponte c'era la sagoma scura di uno zaino. Esattamente, a metà tra la sua pedana e quella del tributo accanto a lui.
Harvey deglutì a fatica. Ogni respiro erano mille schegge di ghiaccio conficcate nei polmoni.
18... 17... 16...
Un ponte e uno zaino per ogni coppia di tributi. Scarlett guardò la pedana alla sua sinistra, e sorrise, perché la buona sorte era davvero a suo favore.
-Corri alla Cornucopia- le urlò Samuel. -Io vedo se c'è qualcosa che posso fare qui-
-Non hai armi-
-Non ne ho bisogno-
-Pazzo- sbuffò.
-E corri veloce- aggiunse l’altro. Nel buio, Scarlett poteva immaginare il suo sorriso obliquo.
Si mise in posizione di scatto, e un lungo fremito le percorse le membra. Stese lentamente le dita delle mani e respirò a fondo, sentendo l’aria fredda incendiarla al pari di un fuoco ardente.
15... 14... 13...
Nathaniel fissava gli occhi azzurri del tributo del distretto 7, luccicanti ai bagliori luminescenti della lava. Lo capì in quel momento: nessuno dei due avrebbe rinunciato allo zainetto a metà del ponte.
Le sue mani corsero al ciondolo sul suo collo. Accarezzò il profilo della spirale di metallo, fredda e sottile. Il simbolo dell’infinito, aveva detto sua cugina prima di regalargliela.
La sera prima, Nathan aveva pensato che il mondo avrebbe continuato a girare. Dopo. Che arrivati all’ultimo giro della spirale tutto avrebbe avuto senso. Il mondo avrebbe continuato a girare.
Per qualche fugace istante desiderò solo che smettesse di farlo, quando lui non fosse più stato lì per vederlo.
12... 11... 10...
Liam percepiva l’entità possente e inesorabile della notte. La sentiva avvilupparsi in spire intorno a lui, avvolgerlo come un mantello, nero e gelido.
Quasi lo sentiva, Liam, il bacio della morte sulla fronte. Era una sensazione raggelante, ma non poté che coglierne l'ironia. La morte è l'unica certezza che abbiamo in un mondo di ombre. Eppure le riserviamo sempre quest’accoglienza sorpresa, orripilata, sdegnata. Come se non fosse suo diritto entrare nella candida utopia delle nostre vite e romperla.
9... 8... 7...
Amina amava il rosso. Non riusciva a distogliere gli occhi dai movimenti viscosi, avvolgenti, incessanti e pieni di luce delle correnti di lava. Il rosso è calore che brucia, luce che divora, vita che uccide. Il rosso non mente, è la realtà senza veli e senza illusioni.
Amina odiava il rosso. Ma odiava di più il mondo, e il rosso, il mondo, lo distruggeva.
6... 5... 4...
Il vento vorticava impazzito, furioso, disperato. Swyd guardò sotto la sua pedana, chiedendosi quante mine ci fossero. Sarebbe bastato così poco. Un solo passo.
Poi i suoi occhi tornarono al cielo stellato, sformato a tratti dalla nube candida del suo respiro. Non fu un improvviso impeto di amore per la vita a fermarlo, ma pura, semplice indifferenza.
Codardo, urlava il vento. Swyd quasi sorrise. Codardo, codardo, codardo.
3... 2... 1...
Due anni. La ragazza volse lo sguardo alla sua destra. Sulla pedana c'era una ragazzina, e sembrava del tutto intenzionata a fuggire. Non le piacque.
Due anni. Volse lo sguardo alla sua sinistra, poco più lontano. Un ragazzo le voltava le spalle, ignaro. Le labbra della ragazza si arcuarono in un sorriso sottile.
Due anni. Due anni di vita offuscata, con la stessa consistenza irreale e malsana del sogno. La ragazza respirò e sentì il fuoco rovente nei polmoni.
Due anni. Due anni di vita soffocata, annegata nel bianco, inabissata nel silenzio. La ragazza stese le braccia e sentì l'ebbrezza divorante del freddo sulla pelle. Alzò gli occhi, occhi nitidi, scintillanti. Uno scintillio abbagliante e torbido, di vita esaltata e corrotta, di fuoco e di tenebre.
Due anni, e Gehenna Sunshine Iskra tornò a bruciare.





 
      Homo          
              Homini
                         Lupus
.


 
Un'azione estremamente crudele è definita inumana. È un sistema usato comunemente dall'uomo per scagionare e assolvere se stesso."






Il gong suonò.

Ventiquattro tributi scattarono dalle piattaforme in un’unica vampata di terrore, puro e primordiale come uno spasimo atroce dell’anima.
Lui e il gigante del 7 si lanciarono insieme. Nathan riuscì a fare solo due metri, poi la spallata lo fece piombare a terra.
Sentì il freddo umido della neve sotto la schiena, e il suo viso si distorse in una smorfia. Ma non c’era tempo per niente.
Si rimise in piedi, nel pugno un velo di gelido bianco. Che non poté che ricordargli che, in una notte in quell’arena senza coperte, avrebbe potuto perdere le dita. C’era ancora uno zaino, che il tributo del 7 aveva lasciato dietro di sé.
Alla fine del ponte.
Vicino alla Cornucopia.
Corse, Nathaniel; come mai aveva corso in vita sua. Ogni istante più disperatamente vicino lo zaino, ogni istante più nitida la sensazione di correre nella direzione sbagliata.
A volte, aveva provato a immaginare come dovesse essere sporgersi sull’orlo di un precipizio e guardare in basso. Quando vide la traiettoria del tridente, nero e sibilante davanti a lui, fu certo di provare la stessa identica sensazione. La vertigine durò solo un folle attimo.
Si accorse di essere riuscito ad abbassarsi in tempo quando l’arma si schiantò nel ghiaccio alle sue spalle con un rumore secco.
Quello di cui non si accorse era il vuoto sul quale stavano poggiando i suoi piedi.
Nathaniel non capiva, e le sue gambe si agitavano nell’aria. Non capiva, e il fuoco ghermiva il suo corpo.


Harvey guardava lo zainetto tra sé e il tributo.
Tributo; un ragazzino, della sua età, alto e dai capelli biondi. Non ne sapeva il nome.
Harvey guardava lo zainetto, poi il tributo, poi di nuovo lo zainetto. E l’altro faceva lo stesso.
Una sfida di sguardi, mentre gli istanti si srotolavano insensati davanti a loro. Harvey stava per perdere, ne era sicuro. Sarebbe scappato nel bosco e il tributo avrebbe avuto lo zaino.
Oppure poteva scattare. Non era veloce, ma se scattava per primo una possibilità ce l’aveva. Doveva scegliere in fretta, o avrebbe scelto il tributo per lui.
Fu in quel momento che la vide. Una ragazza, che correva verso la pedana del tributo con le braccia buttate all’indietro e degli occhi che gli iniettarono un terrore ancora più atavico di quello del gong. L’altro le voltava le spalle, continuando a fissarlo.
In quell’istante Harvey avrebbe voluto urlare è dietro di te, corri.
Ma la lucidità riuscì a vincerlo, e fu lui a correre. Verso il bosco.
Dopotutto, era solo un tributo.
Segui le regole. Non pensare. Ti prego, non pensare.
Harvey si morse la lingua a sangue, ma non si voltò indietro.


Successe tutto d’un tratto; Arcturus guardò gli occhi del tributo di fronte a lui sbarrarsi, e con un guizzo di gioia vide le sue gambe scattare verso il bosco. Era suo, lo zaino era suo.
Si stava per lanciare, quando colse un’ ombra dietro di sé. Gli occhi di Gehenna Shinespark a un soffio da lui, mentre balzava sulla sua pedana.
Non ci fu tempo per raggelare; l’attimo dopo, Arcturus stava già correndo. No, non lì, cercò disperatamente di pensare, ma era troppo tardi per cambiare direzione.
Il ponte incombeva nero di fronte a lui, quando fece il primo passo.


Soffi di vento gelido le frustavano il viso congestionato, stordendola. Amber correva con tutta la forza che aveva in corpo. Superato l’orlo del cratere sarebbe stata salva. Non avrebbe mai pensato di poter considerare quella schiera di cime scure una meta sicura, ma in quel momento era il suo unico appiglio.
Tutto quello che era successo in quei giorni sembrava essersi volatizzato in una pulsante, lucida follia. Le tenebre la accerchiavano, la inseguivano, ridevano della sua illusione. Difficilmente la morte può avere senso, le urlava dentro la testa il suo mentore.
Amber era sola. Di nuovo, Amber era sola.
O almeno, così credeva.
Con crescente orrore distinse i passi che le correvano dietro. Ansimò, accelerò, il suo respiro si fece raschiante e spezzato. Tossì, continuò a correre.
Poi una stilettata improvvisa di dolore, la neve smise di sfrecciarle attorno e Amber gemette. Un gemito lieve, che si perse nel vento.
Il tributo l’aveva afferrata per i capelli. Era il Favorito del distretto due. La girò verso di sé, ed Amber sentì il suo fiato caldo sul viso. Vide una mano alzarsi e le sue pupille si dilatarono di colpo.
Amber si spostò a sinistra per schivare il pugno, che le prese lo zigomo destro. La testa le scattò all’indietro e mille puntini rossi le accecarono la vista per il dolore. Le sue gambe divennero completamente molli. Il Favorito la teneva su per i capelli come una marionetta.
Amber alzò la mano destra alla cieca, cercando di artigliargli il viso. Le sue dita trovarono gli occhi, strinsero…
Il Favorito lasciò di colpo la presa sui suoi capelli, scagliandola a terra con violenza. Amber batté un fianco sul terreno gelato e gemette di nuovo, cercando invano la forza di alzarsi su. I capelli le ricaddero davanti agli occhi. Se fosse morta lì, niente avrebbe avuto senso. Nessun riscatto, nessun valore. Non era così che doveva finire.
Il tributo le piombò sopra, le gambe avvinghiate al fianco di Amber come una morsa e un braccio di traverso sul suo petto per immobilizzarla. L’altro braccio, invece… Amber lo fissava incombere su di lei, mentre i frammenti dell’illusione la pugnalavano a morte.
Non tentò neanche di divincolarsi. Digrignò i denti e una tremenda smorfia consapevole sfregiò la liscia bellezza del suo volto.
Bastò un solo pugno per sfondarle il setto nasale.
Amber morì nell’ombra.


Scarlett strinse l'arco nella mano e passò la faretra sulla spalla, assaporando la sensazione di forza che il legno le infondeva. Poi uscì dalla Cornucopia, estrasse una freccia e la incoccò in un unico, fluido movimento. E trovò la sua preda.
La ragazzina del distretto quattro, Coral, si stava chinando per prendere uno zaino. Scarlett tese la corda, socchiuse gli occhi. Stava per scoccare, quando il tributo alzò lo sguardo e la vide.
Occhi verdi, capelli rossi. Carnagione chiara, lentiggini sul viso.
Come i suoi, e come quelli di sua madre.
Della vincitrice dei 30esimi Hunger Games.
Sua madre.
Scarlett sentì il tempo dilatarsi all'infinito, fermarsi. Risentì le urla della donna, nel letto. Si rivide, bambina, mentre si avvicinava chiedendo cosa fosse successo. “E’ stato solo un brutto sogno”, le rispondeva sempre. “Scarlett, non ti offrirai mai, vero?”
Occhi verdi fissi su occhi verdi. Così simili e così diversi. Quelli di Coral pieni di terrore, come avrebbero potuto essere quelli di sua madre venti anni prima, come sarebbero stati i suoi.
Morte, urlavano quegli occhi. E Scarlett, alla morte, non ci aveva mai pensato.
Le sue dita accarezzarono la corda dolcemente, con la naturalezza di un musicista che suona la sua arpa.
La freccia partì con uno schiocco secco. Scarlett avrebbe voluto non vedere, ma i suoi occhi restarono conficcati in quelli di Coral, così dannatamente identici ai suoi. Quando il dardo le trafisse la gola Scarlett lo sentì, dentro di sé, incandescente e terribile. Sentì tutto il dolore del respiro gorgogliante, il terrore degli ultimi istanti, il sapore del sangue in gola. Il verde dei suoi occhi perse luce insieme a quello di Coral.
E quando lo sparo del cannone invase l'aria, per un attimo non seppe dire chi, tra loro, fosse morta.


Ho ucciso una persona. Stephen si chiese perché quella frase suonasse tanto strana.
Forse perché non era accompagnata da nessun senso di colpa.
Forse perché non riusciva a ricordarsi perché avrebbe dovuto provarne.
A quel punto qualcosa lo distrasse. Qualcuno lo distrasse.
Scosse Scarlett per la spalla e glielo indicò. –Dove diamine corre?-
Alek era letteralmente sommerso di zaini. Teneva ammucchiate tra le braccia almeno quattro asce, e stava fuggendo verso un ponte con un’andatura un tantino troppo buffa per la situazione. Quel carico doveva pesare quanto il gigante. E pesava tanto, ad occhio, il gigante.
Un istante dopo la freccia si conficcò in uno dei suoi zaini, sulla schiena. Come difesa, tutta quella roba era indubbiamente utile.
-Gli hai tirato contro- osservò Stephen. Scarlett alzò le spalle con semplicità, mentre prendeva un altro dardo.
-Così magari si fermava-


Quando Ester vide la sua compagna di ponte correre verso i boschi, lasciandole via libera, non ebbe dubbi.
Scattò, ma dritta sullo zainetto a metà del ponte.
Non c’è alcun pericolo. Lo prendo e scappo via. Poi vedo come finisce. Vedo come finisce e…
Rallentò, concentrandosi sui suoi passi mentre cercava di ignorare l’abisso ai suoi fianchi. Ma era di un rosso così vivido che sarebbe stato impossibile.
Un geyser eruttò dietro di lei. Il mondo si spaccò in mille scaglie di ghiaccio.
Ester serrò gli occhi, cercando convulsamente di rimanere in equilibrio. Le sue dita trovarono la stoffa ruvida dello zaino e la strinsero. Maledetti strateghi. Fissava sconcertata la frattura del ponte a un soffio da lei. Se avessi corso un minimo meno veloce, mi avrebbero fatto saltare in aria.
Non le restava che correre nell’unica direzione possibile.


A qualche passo dalla Cornucopia, la lava creava veloci geometrie di luce, eleganti e spettrali. Demoniache, avrebbe detto Alex.
Liam aveva trovato le sue armi affisse sulla parete della Cornucopia, Ronnie era all’interno, Momo più lontana a prendere zaini. Alex vide di sfuggita l’ombra di una ragazza raccogliere un arco, poi il giavellotto di Liam che le piombò a un soffio dalla gamba la convinse a fuggire.
Ma vide anche qualcos’altro, e molto più pericoloso. Il Favorito si stava chinando a terra per prendere un set di coltelli. Non c’era tempo per ragionare; l’istante dopo li avrebbe visti tutti quanti e attaccati. E allora addio equipaggiamento, addio sopravvivenza, addio tutto.
Alex scattò fulmineo. Con un balzo gli fu addosso, e il suo braccio sinistro immobilizzò il Favorito dal collo.
Il ragazzo non fece in tempo a girarsi che Alex gli sferrò un pugno in faccia con l’altra mano. Cosa sto facendo? Sentì il suono atroce del naso che si spezzava.
L’altro cercò come poteva di contrattaccare con un pugno, ma bastò tirare indietro la testa per schivare. Erano entrambi piegati sulle ginocchia, con Alex che lo teneva avvinghiato da dietro in un macabro abbraccio. Sferrò un altro colpo, e al contempo strinse la presa del braccio attorno al collo del Favorito. Lo sentì gemere e ansimare. Lo trattengo, dò il tempo agli altri di prendere le armi, e poi…
Una lama gelida gli si piantò fino all’elsa nell’avambraccio sinistro. Alex urlò, mollando la presa all’istante. Il Favorito era riuscito ad estrarre un coltello. Lo strappò via senza pensarci due volte. Strinse i denti, impedendo al dolore di annebbiargli la mente, e si rialzò incespicando. L'altro stava fuggendo, disarmato.
Alex era già stato ferito abbastanza volte da sapere che, con un braccio stretto al petto, non poteva fare molto. Non gli restava che tenersi in disparte e sperare - il suo turno era finito.


Arcturus non degnò il suo zaino di un’occhiata, continuando a correre a perdifiato. Gehenna, invece, si chinò a prenderlo regalandogli qualche metro di vantaggio. E un filo di speranza.
Poi inciampò, e tanti saluti al vantaggio. Per un soffio riuscì a non precipitare e si rimise a correre ansimando.
Era alla Cornucopia, ormai, nel cuore del Bagno di Sangue, ma non si soffermò a pensarci per più di un istante.
Sfrecciò in mezzo a un gruppo di tributi. Due stavano lottando, avvinghiati a terra in una stretta mortale.
Più avanti, un ragazzo correva goffamente verso il ponte con una mezza dozzina di zaini sulle spalle e quattro asce strette al petto.
Un’ombra, dall’altra parte della Cornucopia, scappava con un’enorme falce tra le mani.
Arcturus non riusciva a credere di essere lì. Era tutto tremendamente sbagliato.
Come i passi di Gehenna Shinespark alle sue calcagna.
Scivolò di nuovo, si rialzò, sentendo di odiare le sue gambe con tutto sé stesso.
Uccidetela, vi prego, uccidetela…
Attimo dopo attimo, Arcturus raggiunse il ponte di uscita, le gambe insensibili e il fiato mozzo.
Nessun colpo di cannone suonò.
Non l’avevano uccisa.


Momo si era caricata il secondo zaino in spalla quando sentì l’urlo. Era poco lontano da lei.
Si voltò, e vide Alex artigliarsi un braccio con la mano, una smorfia di dolore in viso. Seguì il suo sguardo; un Favorito dai capelli neri stava correndo via con passo malfermo.
Momo sgusciò fino alla parete d’ossidiana della Cornucopia, poi si acquattò nell’ombra e lo aspettò. Tra le dita, la consistenza fredda e liscia dell’acciaio.
Scattò e affondò. Il coltello aprì un arco di sangue nel polpaccio del Favorito, schizzandola. Sfortunatamente mancò il tendine; lui continuò ad arrancare a fatica. Non lo voleva uccidere, ma contava almeno di metterlo fuori gioco fino alla fine del Bagno di Sangue.
Non ebbe bisogno di inseguirlo. Il Favorito cadde a terra con un gemito, guardando allibito il giavellotto di Liam che gli fuoriusciva dalla coscia.
Momo si scostò dalla faccia i capelli sporchi di sudore e sangue, obbligandosi a regolarizzare il respiro affannato. E’ adrenalina, non paura, si disse. Ma per la prima volta non ne era molto sicura.
-Lo uccidiamo?- chiese Alex, la voce arrochita dal dolore.
-E’ un Favorito- disse Momo.
Liam si avvicinò. –Devono morire almeno diciotto persone-
Fu la voce di Ester a bloccarli. –No!-
Momo non sapeva perché si trovasse lì, e non fosse ancora scappata via, ma di certo non era nulla di buono. –Non possiamo!- gridò la ragazza, ancora ansimante per la corsa.
-Un Favorito in più è un nemico in più- Momo si voltò. Ronnie era lì, uscito indenne dalla Cornucopia, e stringeva un arco in mano.
-E’ ferito- protestò Ester, disperata –Non può ostacolarci in nessun modo-
-Basta che gli arrivi una medicina, e domani sarà di nuovo in piedi a darci la caccia- disse Ronnie, cupo.
Momo guardò il Favorito. Aveva gli occhi chiusi, le mani premute sulle orecchie, e degli spasmi inspiegabili gli percorrevano il viso. La pozza di sangue sotto di lui si stava allargando.
-Ronnie, ti prego- Ester sussurrò –Cosa cambierebbe tra noi e loro?-
-Non abbiamo…- la voce di Ronnie si spezzò in un urlo di dolore. Momo spostò gli occhi su di lui con un sussulto; una freccia gli spuntava dal fianco. Ronnie chinò il volto, portò lentamente le mani sull'asta, ma cadde in ginocchio prima di poterla sfiorare.
-Razza di idioti!- imprecò Liam, estraendo di scatto il giavellotto dalla coscia del Favorito. La punta arrossata si alzò sollevando schizzi di sangue. Poi scese di nuovo.
Momo non distolse lo sguardo.


Il ghiaccio scricchiolò e si ruppe sotto i suoi piedi. Arcturus cadde in ginocchio per la seconda volta, si rialzò, continuò a correre senza osare guardarsi indietro. La morte si ostinava a non arrivare.
Ce la posso fare. Devo solo correre.
Mancavano forse quindici metri e avrebbe rimesso i piedi a terra, ma il ghiaccio che lo sorreggeva cadeva a pezzi, spaccato dai geyser e dal caldo tremendo, e il ponte che lo collegava al bordo del cratere continuava ad assottigliarsi. Arcturus non osava nemmeno guardare giù. Ce la posso fare. Era già successo due volte, sarebbe bastato così poco per scivolare.
Anche uno zaino.
L’urto gli arrivò sul collo, attutito dalla stoffa, ma bastò a fargli perdere di nuovo l’equilibrio. Arcturus cercò di rialzarsi, ma stavolta le sue gambe trovarono il vuoto. Cercò disperatamente, freneticamente un appiglio, conficcò le unghie nel ghiaccio, affondò le dita nel freddo, e con sua grande sorpresa riuscì a fermarsi. Metà sopra, metà sotto. Metà vivo, metà morto.
Gehenna incombeva sopra di lui, il viso reclinato leggermente a sinistra, e lo osservava dimenarsi con tutta la calma del mondo. Volse pigramente lo sguardo un po’ più in là, dov’era lo zaino che gli aveva lanciato addosso, lo raccolse e cominciò a frugarci dentro. Arcturus tentò di risollevarsi con tutte le forze che gli restavano, ma lei, senza nemmeno prestargli attenzione, gli mise un piede sulla fronte. Il ragazzo si immobilizzò all’istante, la testa piegata verso l’alto, e vide l’altra tirare fuori qualcosa di luccicante e letale come le sue pupille nere. Avrebbe voluto rivolgere i suoi ultimi pensieri alla famiglia, ma era del tutto ipnotizzato dai riflessi della lava sull’acciaio. Vermigli, sinuosi, cangianti.
Effimeri.
Gehenna tolse il piede dalla sua fronte, si chinò, lo guardò dritto in faccia. E gli conficcò il pugnale nell’occhio.
Arcturus cadde.


E’ un Favorito.
Diciotto morti…
No! Non possiamo!
Un Favorito in più…
Ti prego…
Voci, voci, voci. Swyd le odiava. Rumori. Gemiti, frecce che volano, geyser che sibilano, vento che si schianta sul mondo, troppi rumori.
Arrivò, come sempre.
L’attizzatoio. Il suono dell’attizzatoio che cala. Un colpo. Un urlo. Altre voci, lontane, molto più lontane.
“Tu non sei mio figlio!”
Secondo colpo. Stavolta sulla spalla. Altro rumore. Il suono secco delle ossa che si rompono. Sky che geme.
“Avevi detto che ti saresti offerto! Era il tuo ultimo anno, cazzo!”
Suo fratello geme di nuovo, non risponde. Terzo colpo, sulla schiena. Sky urla, un tonfo, cade a terra.
“Fermati!” La voce si sua madre che si incrina in un singhiozzo. E’ isterica, folle di terrore. “Lo ucciderai! Ucciderai tuo figlio!”
“Lui non è mio figlio!”
La voce di Sky. “No… Non lo sono…”
Swyd è al piano di sopra e fissa la notte oltre la finestra. Non può vedere, però sente. Sente tutto.
Sente anche quel rantolo – veloce, flebile, chiaro - che scivola dalle labbra di Sky: “Io ho vinto”
Quarto colpo. Il suono della testa di suo fratello che esplode in una cascata di sangue. E poi il quinto, e il sesto. Cinque, sei. Swyd li conta ad uno ad uno sulle dita. Fa rumore, l’attizzatoio. Fa tanto rumore.
-Sky- rantolò Swyd. –Sky, non…- non sapeva cosa dire, era quella la verità. Swyd non aveva più niente di sensato da pensare. Né lacrime. Né nulla. Lo sapeva da quando l’attizzatoio aveva sfracellato la testa di Sky e lui non aveva pianto.
Quindi contò, semplicemente. Come aveva fatto con l’attizzatoio. Gli attimi che lo separavano dalla fine. Uno, due, tre…
Un urlo improvviso di dolore. –Razza di idioti!- la lama uscì dalla sua coscia strappandogli un gemito.
Poi il giavellotto gli trafisse il petto, inchiodandolo al suolo. Non una lacrima scese dalle sue ciglia.


Samuel si osservò le nocche. Nessuna traccia di sangue.
-Un lavoro pulito, già?- disse al corpo ai suoi piedi. Amber Hamilton lo fissava con sguardo vacuo.
-Ora però ho voglia di un’arma. Qualcosa di… Grande, affilato…-
Samuel socchiuse gli occhi, guardando meglio il tributo che correva verso di lui. Teneva un’enorme falce tra le mani. –Sì, una cosa come quella-
Era una ragazza, forse quella del distretto 9, data l’arma che aveva scelto. Sapphire qualcosa.
-Ci ho sempre saputo fare, con le ragazze-
Samuel saltò via dal cadavere e con un passo superò l’orlo del cratere, entrando nella foresta. Va proprio verso di me. Sì, piccola falce, vieni qui…
Si appostò dietro un tronco e snudò i denti in un ghigno. Sconfiggere a mani nude un tributo armato sarebbe stato perfetto per gli sponsor. Esattamente quello che sperava quando aveva deciso di non andare alla Cornucopia.
Doveva solo giocarsela bene, con le battute giuste al momento giusto. E non farmi ammazzare.
La neve era di un colore metallico ai bagliori delle stelle. Il tronco ruvido e freddo contro la sua schiena. Il tributo stava rallentando. Ma certo, ormai sei al sicuro.
Quando i passi si fecero sufficientemente vicini, Samuel scattò, e le fu addosso. La ragazza però riuscì a voltarsi in tempo e roteò la falce alla cieca, mentre cercava di recuperare l’equilibrio. La lama tagliò la cortina della notte in un lampo d’argento, a una spanna dal volto sconcertato di Samuel. Fortunatamente, non le avrebbe lasciato una seconda possibilità.
Afferrò la falce con entrambe le mani, una vicina all’estremità del manico e l’altra quasi sulla lama. Sentì l’acciaio ferirgli il palmo, ma non ci fece caso.
Sapphire, anche se sbilanciata, non aveva mollato la presa; la falce restava orizzontale in mezzo a loro. Samuel tentò di strappargliela via con un strattone verso di sé, poi le sferrò una ginocchiata nello stomaco. La ragazza si piegò in due con un ansito, ma appena rialzò gli occhi ricevette una brutale testata sulla fronte.
Finalmente riuscì a gettarla a terra, ma neanche allora la ragazza tolse le mani dall’arma, così lo trascinò con sé. Imprecò, rovinandole addosso.
La ragazza cercò disperatamente di dibattersi, mentre Samuel si metteva cavalcioni su di lei. Le schiacciò l’asta della falce sul collo. Vide i suoi occhi azzurri sbarrarsi sgomenti e le labbra schiudersi in un gorgoglio strozzato.
Poi iniziò a soffocare.
Samuel strinse i denti e affondò l’asta con più forza, nella speranza che morisse in fretta. Poteva specchiarsi nelle pozze fredde di quegli occhi, che scavavano nei suoi.
Cosa cerca? Pietà? Sensi di colpa?
Il brillio dello sguardo di Sapphire si velò di lacrime, poi cominciò ad offuscarsi. La sua presa sulla falce si allentò gradualmente, le braccia stavano per abbandonarsi al suolo…
Samuel urlò quando lei gli conficcò i pollici negli occhi. Si portò le mani al viso in un moto istintivo e la falce volò lontano. Sapphire diede uno strattone e rotolò di lato, liberandosi.
Quando si tolse le mani dalla faccia, la ragazza stava già correndo via, spettro pallido nella notte.
Si gettò all’inseguimento imprecando, ma dopo qualche balzo la rabbia era sbollita abbastanza da permettergli di pensare. Doveva tornare dagli altri Favoriti, e in ogni caso era difficile che riuscisse a raggiungerla in quella dannata oscurità.
Si fermò, ascoltando il suono del suo respiro per qualche istante. Poi imprecò di nuovo, mentre il bruciore per la sconfitta si attenuava.
Questa sarebbe la battuta giusta al momento giusto?
Non se l’era giocata bene. Ma non si era fatto ammazzare.
Bisognava sempre vedere il lato positivo delle cose.
E ho anche una falce.
La raccolse da terra, poi si avviò a passo veloce verso la Cornucopia. Aveva contato cinque colpi di cannone, di cui uno suo. Diciannove tributi ancora vivi.


-Sei ancora vivo- lo salutò Scarlett, una volta arrivato.
-Mi dispiace deluderti-
I loro respiri formavano nuvole di vapore nel buio torbido. I geyser avevano smesso di eruttare. Anche il vento si era quietato, e una strana calma era sospesa sul lago rosso.
In giro vide solo qualche zaino, le sue due vedove, una spada, un falcetto e gli artigli di Scarlett. Lei si sistemò l’arco sulle spalle, poi gli indicò con un cenno un corpo poco lontano dalla Cornucopia. Swyd.
-Diciamo che poteva andare meglio- Stephen sbucò dietro di lui. –Il tizio del 7 ci ha mollati portandosi dietro metà Cornucopia. E l’alleanza di sei tributi ha provveduto all’altra metà-. Cinque tributi. Cinque.
-Qualche buona notizia?- Samuel alzò le sopracciglia.
-Abbiamo ucciso la ragazza del 4 e il maschio del 10, ferito quello dell’11. Poi però la sua compagna di distretto se l’è trascinato via, e tutta quell’alleanza se n’è andata-. Non tutta. Stephen giocherellava con qualcosa che lanciava tenui bagliori argentei nel nero. –E.. ho trovato delle forbici-
-Forbici- sbuffò stancamente Scarlett, infilandosi un paio di guanti. –Tre Favoriti. E un’alleanza di sei tributi da fronteggiare. Come diamine faremo a tenere la Cornucopia?-
Un tuono squarciò la quiete. Un geyser eruttò, così vicino che la polvere di ghiaccio investì Samuel strappandogli un verso roco. Tossì.
Qualcuno lo spinse indietro tirandolo rudemente per il braccio. Scarlett. Anche Stephen arretrò, confuso.
Altri due geyser, talmente violenti che sibilarono con dolore vivo nelle orecchie di Samuel. Un ponte semi distrutto scricchiolò, oscillò, poi iniziò una lenta, inesorabile caduta.
Non riuscì a staccargli gli occhi di dosso, il respiro pesante, mentre i geyser eruttavano ovunque.
-Come è sospesa la Cornucopia sulla lava?- gridò Scarlett, sovrastando il rumore.
-Un pilastro di roccia innevata?- ipotizzò Stephen. –Oppure sono i ponti a tenerla in equilibrio-
Il serpente di ghiaccio piombò nel lago in uno sfrigolio stridente e distorto, sollevando un’enorme vampata di lava. Getti incandescenti arrivarono fino in superficie, stagliandosi di un arancio vivo nella notte.
Altri due ponti cominciarono a crollare.
-Cosa…-
-Vogliono intrappolarci alla Cornucopia- rilevò Stephen, esterrefatto.
Fu Scarlett a iniziare a correre.
-Le armi, dannazione!-
-Non c’è tempo!-
-Io prendo gli zaini!-
Samuel raccolse una spada da terra, con ancora la falce in mano. Vide Scarlett gettarsi nella porta della Cornucopia e l’oscurità la inghiottì.
Stephen si era messo due zaini in spalla, il tridente stretto saldamente con una rete impigliata sopra. Intorno a loro, le esplosioni diventavano ogni istante più spaventose, tra ondate di lava e schegge di ghiaccio.
Samuel si lanciò su un ponte ancora in piedi, sperando che lo rimanesse un altro po’. -Dietro di me!- gridò, la voce rauca.
Un fragore assordante scosse la terra. Gli schianti dei geyser continuavano, furiosi, devastanti. Il ghiaccio crollava come i massi di una frana.
Quando Samuel mise piede a terra, non riuscì a credere di esserne davvero uscito vivo. Anzi, che tutti loro ne fossero usciti vivi.
Oltre all’arco, Scarlett era riuscita a salvare una faretra e i suoi artigli. Rimasero lì, ansimanti sull’orlo del cratere, a fissare l’apocalisse.
I ponti erano crollati. Tutti. Il disco di ghiaccio che sorreggeva la Cornucopia oscillò paurosamente, cominciò a sgretolarsi, cedette.
Samuel guardò allibito il corno nero scendere sempre più veloce, tra scossoni e lapilli. Affondare nel lago rosso. Scomparire nel lago rosso.
Ci fu qualche istante di silenzio sconcertato, tutti gli occhi fissi sulla lava che tornava calma.
-Sai, Scarlett- Samuel le passò un braccio attorno alle spalle. –Secondo me la Cornucopia si difende benissimo da sola-
Stephen rise.




N. d. A ____________________________

Buongiorno, popolo di efp! Sono consapevole del ritardo (sto cercando un capitolo in cui non lo dico) ma è stato un mese e un capitolo molto impegnativo. Prima di tutto...

Scaletta dei morti:
Coral Sahara Smith, distretto 4
Nathaniel Moore, distretto 10
Swyd Polchrer, distretto 1
Arcturus Nominem, distretto 5
Amber Hamilton, distretto 8
Scaletta dei feriti, malati, bisognosi, morti di fame, senzatetto e tutto il resto:
Ronnie Dalton, grave, distretto 11
Alex Sunshine, distretto 9
Alek Snowden, distretto 7
Samuel Narper, un paio di graffi e tanto bisogno di amore, distretto 2
Gehenna Shinespark, in ottima salute ma senza forbici, e non va bene, distretto 1

Le morti mi sono dispiaciute veramente tanto, li adoravo tutti. Senza contare che per la maggior parte erano i personaggi che credevo di aver caratterizzato meglio.
Per darvi un’idea di come ho ragionato; Swyd si è trovato circondato da tutta l’alleanza di Ronnie e non c’era alcuna possibilità che ne uscisse vivo, per Amber la monetina ha detto croce, per Sapphire testa, e così via. Su con la vita.
A volte considero anche la probabilità: per Sapphire l’ho lanciata due volte, per Amber una sola, perché non aveva una falce di otto piedi in mano. Per farla breve, non prendetevela con me, prendetevela con i dadi. Ah, e con mio fratello. “Cosa farebbe una pazza assetata di sangue armata con un pugnale a un ragazzino inerme sull’orlo di un abisso di lava?” gli ho chiesto. “Suppongo gli ficcherebbe il pugnale nell’occhio”
Questo è il costo del realismo. Ci ho messo una settimana a superare il trauma.
Animo, poteva andare peggio. Ronnie la freccia non se l’è presa in testa.
Bisogna sempre vedere il lato positivo delle cose.
A proposito, credete che non farei andare la ferita in cancrena se non gli sponsorizzate una pomata al più presto? *fischietta*



 
****LA SPONSORIZZAZIONE****
(perchè il capitolo in sè non era già abbastanza enorme)


Può sponsorizzare chiunque di voi. Recensore o non, creatore o non, mentore o non.
Per comodità ho diviso la spiegazione in punti.

1. Ogni utente ha 10 soldi, con cui potrà comprare per qualunque tributo (creato o non creato da voi) qualunque cosa gli passi per la testa. L'elenco qui sotto è solo un campionario base, per darvi un'idea dei costi. Potete sponsorizzare anche peluche a forma di panda, non mi importa u.u
Gli strateghi non lasceranno passare solo qualche cosa, tipo granate già attivate, messaggi rivoluzionari dei Dogs, roba atomica e simili.
Però, dato che c'è scritto che il tridente è lo sponsor più costoso mai entrato nell'arena, non parlatemi di mitragliatrici, bazooka e bombe a orologeria.
Anche se un po' l'idea stuzzicava anche me.

2. Se avete dubbi su quanto vi costerà un oggetto, o su qualsiasi altra cosa, chiedete per messaggio privato.

3.Quando siete sicuri di voler sponsorizzare qualcosa, inviatemi una lettera; risponderò dicendovi il numero di soldi che vi rimangono. 
NON SPONSORIZZATE NELLE RECENSIONI, ma sempre e solo con messaggio privato, a meno che non vogliate che l'amministrazione mi fucili.

4.Potete sponsorizzare anche più tributi a capitolo, però non con più di un oggetto allo stesso tributo in un solo capitolo. Evviva le ripetizioni.

5.L’arrivo degli oggetti sponsorizzati è sicuro al 100% se avviene entro cinque giorni dopo la pubblicazione del capitolo. Più avanti invece non è detto che ci riescano; se ho già scritto la morte di un tributo quando mi inviate l'antidoto, l'antidoto si suiciderà in un fiume di lava dicendo addio al mondo crudele. Cerco di scriverle per ultime, le cose che possono essere stravolte da un vostro intervento, ma non contateci troppo u.u

Ripeto: 10s per ognuno di voi.


                                SOPRAVVIVENZA

Pacchetto di fiammiferi/acciarino: 2s
Pagnotta: 2s
Corda: 2s
Borraccia d'acqua: 2s
Guanti: 2s
Bende: 2s
Pomata poco efficace: 2s
Pomata contro le ustioni: 3s
Antidolorifico: 3s
Pece (o altra roba infiammabile): 3s
Coperta: 4s
Kit oggetti da costruzione (viti, martelletti, scalpelli etc): 4s
Diavolerie elettriche varie per le trappole: 5s
Occhiali infrarossi: 4s
Kit pronto soccorso (contiene bende, laccio emostatico, stecche di legno, pomata poco efficace, antidolorifici): 5s
Pomata molto efficace: 5s (è quella della gamba di Katniss)
Veleno nelle sue più svariate tipologie: da 3 a 5, dipende dal veleno. Ve lo indicherò io quando mi specificherete i sintomi (potete anche inventarveli, ma nei limiti del realismo)
Antidoti vari: da 4 a 6, dipende dal veleno u.u

               ARMI 

Armi improprie (coltellino, fionda, bastoni... forbici...): 2-3s.
Armi leggere (Machete, pugnali di vario genere, coltelli da lancio x5, cerbottana +6 dardi non avvelenati..): dai 3 ai 5s
Armi medie (Falcetto, asce a una mano/da lancio, giavellotti x3, frecce x6, spade e simili, artigli di Scarlett...): dai 6 ai 8s
Armi pesanti (Più che altro armi a due mani. Falce, asciona, arco + 6 frecce, spadone, martello, lancia, tridente...):dai 8 ai 10s


 
  
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