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Autore: damyxd    24/06/2014    2 recensioni
"Chiudo per un attimo gli occhi e vengo inevitabilmente catapultato nei ricordi: le mie lacrime scendere; il suono del mio pianoforte farsi interprete del mio animo; il vibrato delle corde al dolce tocco delle mia dita, il mio tempo sprecato ad inseguire scioccamente lei, i litigi con Lara e Rosy, perfino l'abbraccio di Lele."
Genere: Drammatico, Malinconico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: Lime | Avvertimenti: Triangolo | Contesto: Contesto generale/vago
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Capitolo 3

  Durante le sei ore di scuola, non faccio altro che pensare a Maria. Il suo gesto lascia intendere che lei mi voglia come più di un amico. Rosy mi suggerisce di dichiararmi ma io sono un po’ scettico. Nella mia vita ho solo ricevuto delusioni. Tantissime delusioni. Ma in particolare una: in seconda media amavo alla follia una ragazza di nome Federica, ma mi ha rifiutato, e per me è stato un trauma perché oltre a dirmi di no si prese giuoco di me con i suoi amici e mi ignorò per sempre. Ho speso un anno intero ad inseguire a lei. Un anno intero. Quando, possibilmente, c’era una ragazza migliore di lei ad aspettarmi. Che stupido. Ancora oggi pago questo errore; lo pago con la paura di non riuscire a fidanzarmi. Non so più amare.
  Stiamo ripassando la lezione di storia. Io sono bravo a scuola ma in questo giorno proprio non mi va di stare sui libri. Chiudo per un attimo gli occhi e vengo inevitabilmente catapultato nei ricordi: le mie lacrime scendere; il suono del mio pianoforte farsi interprete del mio animo; il vibrato delle corde al dolce tocco delle mia dita, il mio tempo sprecato ad inseguire scioccamente lei, i litigi con Lara e Rosy, perfino l'abbraccio di Lele. Poi comincio a pensare Diana, ma non a Maria.
  Diana, con i suoi capelli mori ondulati, gli occhi dal colore dei suoi capelli , lo sguardo magnetico, la carnagione della pelle scura, il fisico minuto che mi fa impazzire. Sto sognando il suo viso solare e così curioso, ma la mia insegnante interrompe il mio momento di estasi: - Lorenzo, che fai? Dormi? In classe? – Io apro gli occhi di scatto e scuoto la testa. Forse dovrei concentrarmi di più sugli imminenti esami di licenza media, tralasciando le smancerie, se voglio lasciare le medie con 10 e lode. Inutile dire che in quel caso andrei a finire nella stessa situazione di Giacomo Leopardi. Penso che questo sia in fondo il mio destino.
  All’uscita di scuola incontro di nuovo Maria. Vorrei scusarmi ma poi penso: “Scusarmi per cosa?” Alla fine è lei a chiedermi scusa: - Ehi Renzo – in realtà odio essere chiamato così perché il mio vero nome mi piace molto, ma so che sta tentando di essere carina con me e lo apprezzo. Poi mi chiede scusa: - Scusa, stamattina ho fatto la stronza – Io gli sussurro, come se le stessi dicendo un segreto: - Non è successo niente. - le sue morbide guance si arrossiscono e lei comincia a sistemarsi gli occhiali e i biondi fili dei capelli, corti e lisci, con alcune ciocche più scure.
  Nel primo pomeriggio chiamo Lara per sapere come sta, dato che a scuola non era venuta. Non sembra arrabbiata, anzi. Le racconto di Diana, ma non sembra molto allegra. Dice che Diana è troppo piccola per me. Effettivamente Diana è in seconda media ed ha due anni in meno di me. Ma io penso che l’amore non abbia età, figuriamoci per due anni di differenza.
  Saluto frettolosamente Lara e chiudo il telefono in fretta il furia per andare a prepararmi per il conservatorio. Una leggera pettinata, mi spazzolo i denti rapidamente ed esco. Oggi avrò la lezione di pianoforte e l’ultima lezione di solfeggio, finalmente.
  Giunto al conservatorio, mi affretto a dirigermi verso le larghe scalinate che conducono al primo piano, quando scopro che un incidente improvviso ha reso le scale inutilizzabili. Perciò prendo l’ascensore. Di solito è permesso che entrino non più di quattro persone, ma per oggi ci è concesso di salire in sei. Certo è molto scomodo. Rimango per un tempo a me parso lunghissimo stretto ad un ragazzo. Io sto dietro di lui e, involontariamente, gli tocco il fondoschiena. È certamente molto imbarazzante. Usciti dall’ascensore posso  notare ch’è un ragazzo dai capelli biondi a boccoli, occhi verdi, labbra carnose, viso chiaro e scolpito. Carino, tutto sommato. Di certo  toccare il sedere ad un maschio è stato un po’ disgustoso, ma per lo meno è un ragazzo carino. Gli chiedo scusa per quanto è successo e lui risponde vispo: - Non ti preoccupare! – poi mi tende la sua forte mano muscolosa – Piacere, io sono Marco.
Io gli stringo la mano e mi presento. La stretta è forte e mi blocca la mano per qualche minuto. Ma sono contento di aver fatto una nuova amicizia, sebbene fosse nata nel peggiore dei modi.
  Sto fisso a guardare i suoi begli occhi verdi e lui fa lo stesso con me. Poi mi ricordo della lezione e interrompo il mio momentaneo stato di coma: - Oddio, è tardi, scusami! Devo andare! – e faccio per andarmene. Mi volto rapidamente e sento Marco: - Tranquillo, dolcezza – a quel punto mi fermo, giro la testa e vedo lui impalato ad attendere mia risposta. Io gli sorrido e mi incammino verso la mia stanza.  
  La mia professoressa di pianoforte si chiama Eugenia De Santis. Ma io la chiamo soltanto “Santis”. Santis mi sgrida spesso, perciò ora mi affretto a raggiungerla in tempo nell’aula 16. Entro nella sua aula e una ragazza sta ancora suonando. Che sollievo. Cammino cauto ed attento a non fare rumore verso la finestra, come sempre. Mi affaccio senza esitare e scorgo il centro di Catania. Alla luce del pomeriggio appare più vivace. O forse è il fioraio vicino a dare questo effetto. Vedo, tra le altre cose, la macchina di mio padre che mi aspetta lì. Mentre scruto i dettagli di quel piazzale il solito valzer insiste nei miei pensieri. Vado furtivamente a sedermi lì accanto e muovo le dita come per ripassare i brani. Poi torno alla finestra; appoggio i gomiti sul davanzale, le braccia tese verso l’alto con la testa appoggiata alle mani. Per la prima volta da quando mi sono svegliato mi sto rilassando. Quando sento che la musica della ragazza finisce. Mi sento chiamato e mi muovo verso il pianoforte per avviare la lezione.
  Santis è più calma del solito e mi da le istruzioni sul da farsi per la prova d’esame, prevista per il lunedì successivo. Mentre sto suonando entra Clara, una ragazza con cui condivido praticamente tutto al conservatorio: le lezioni di solfeggio, coro e pianoforte, gli esami e tutto il resto. È simpatica, ma è un peccato che sia molto brutta. Oltre a Clara è sempre presente Elisabetta, che mi ispira particolarmente simpatia per il suo accento di Cefalù. Mi chiedo come faccia ad arrivare sempre in perfetto orario venendo da Cefalù e per giunta due volte alla settimana.
  La lezione termina ma decido di non andare al solfeggio. Per la prima volta nella mia vita invento una bugia grossa e dico di avere un impegno a casa. Non ne avevo mai dette di bugie simili. Torno a casa e mia madre mi annuncia: - Mentre non c’eri ti cercavano – ed io sono preoccupato perché ho la coscienza sporca. Mi azzardo a chiedere: - E chi era? – mia mamma risponde: - Una tua amica. Se non sbaglio si chiamava Diana.
  Mi sento sollevato. Era Diana. In questa situazione la chiamata di Diana mi rende particolarmente felice. Così il giorno dopo la abbraccio a scuola e la ringrazio. Come al solito, Maria ne è poco contenta, ma non mi interessa più di tanto. Anche Lara mi ha visto mentre ci provavo con Diana, ma non è molto turbata come prevedevo io: - Lorenzo, sei un Don Giovanni! – mi dice facendo l’occhiolino. Sento che sarà una bella giornata, e poi mancano solo due giorni al mio compleanno. Entriamo in classe, ma Irene, la mia compagna di banco, non c’è. Sicché Lele chiede alla professoressa se gli è possibile sedere con me. Io ne sono molto stupito perché non era mai successo che Lele volesse stare con me. Però sono felice di avere una buona compagnia per sei ore.
  Durante la mattinata Lele è strano: sta seduto vicino a me e non si stacca mai, è molto invadente, io mi sento imprigionato e vorrei evadere. Poi verso la quarta ora comincia ad appoggiare le sue mani sulla mia coscia sinistra, dato che sono seduto nel lato destro del banco. Inizialmente non ci faccio molto caso. Poi col tempo comincia ad accarezzarmi il ginocchio e ad esaminarlo con le dita salde come per verificare che la rotula si muovesse, dopodiché scende al polpaccio. Non ha senso. Mi accarezza le gambe e sorride. Cosa ci trova di tanto divertente?  Non fa nulla di male, ma è una cosa da pazzi comunque. Io sono tutto rosso e non so cosa dire per l’imbarazzo, ma vorrei urlargli di togliere quelle mani. Cosa pensa? Che io sia gay? Beh si sbaglia di grosso. Alla sesta ora gli prendo la mano e gliela porto sul banco. Poi con un leggero spintone lo allontano da me: - Mi sembra che stai prendendo troppa confidenza!
  Mi sento fiero di averlo detto. Ma mi sento osservato, per fortuna nessuno mi ha sentito. All’uscita di scuola si scusa con me e io lo perdono senza troppi problemi, ma da quel momento lo vedo con un occhio diverso. Ora quando parliamo ho paura che possa saltarmi addosso. Non ho parlato di questo con nessuno, salvo con Rosy. Non parlo più con Lele. Tuttavia non posso fare a meno di invitarlo al mio compleanno, sabato 17 maggio 2014. È venuta anche Diana. Ci sono tutti, ovvero Lara, Rosy, Diana, Irene… e anche Lele. Per me loro sono tutti. Stranamente Maria ha rifiutato l’invito, o meglio l’ha ignorato.
  Penso sempre a Diana e Maria, mi chiedo chi delle due sia più carina, più simpatica. Lunedì 19 ne parlo con Lara e lei mi rimprovera il fatto di amare troppe ragazze: - Non possono piacerti più ragazze! L’amante è una sola! Ti stai comportando da puttana! – Invece parla di Lele come se fosse il profeta dei nostri tempi. Ah, già, lei lo ama. Ma non sa cosa nasconde. Lei non sa di ciò che è successo alla festa. Lele si era macchiato la maglietta, io lo accompagnai in camera mia per prestargli qualcosa da mettere e lui mi ha tirato un pugno dritto sul naso dopo aver controllato che fossimo soli. Per fortuna niente sangue, ma ho dovuto inventarmi che ero caduto dalle scale per giustificare il gonfiore. Forse quando in classe mi toccava le gambe aveva intenzioni di farmi male. Comunque ancora non ho capito il perché, ma dopo il pugno mi ha dato un bacio sulla guancia. Decido di raccontare a Lara del polpaccio, del pugno, dell’abbraccio dietro il bus ma lei non crede a niente . Pensa inizialmente che io mi faccia troppe fisime. E questo è vero, ma poi se ne esce sentenziando: - Sono solo tue fantasie erotiche. - Ma io non ho allucinazioni, è successo veramente!
  A scuola non mi parla. L’unico adulto con cui mi confido è la mia professoressa di pianoforte a scuola. La professoressa Fintapietra, che è tutto l’opposto dell’insegnante del conservatorio. Quel lunedì  pomeriggio gli affido i segreti che mi turbano in quel momento, cosa che non farei mai con Santis. La Fintapietra mi suggerisce: - Lorenzo, sei un ragazzo maturo e intelligente. Tu sei Lorenzo Leoni, fatti valere per quello che sei! – e io capisco al volo che dovrei dargli un pugno anche io, anche se sicuramente non è quello che intendeva. Infatti la Fintapietra mi avverte: - No, no, niente violenza! Devi capire il perché del suo gesto. Non pensi che potrebbe piacergli Lara? -
- Sì, professoressa, a lui piace Lara... – e lei mi risponde: - Mh… Dovresti sapere che molti pensano che tu e Lara stiate insieme… - ed io capisco tutto d’improvviso.
   
 
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