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Autore: BornOfVengeance    24/06/2014    2 recensioni
Avevo mai avuto un amico in vita mia? Avevo quattordici anni e non riuscivo a ricordare una sola persona che avesse avuto, almeno per qualche tempo, il ruolo di amico nella mia vita, nemmeno una fottuta persona. Io ero timido, solitario e non spiccicavo più di cento parole in un anno, a molti dovevo sembrare stupido, ad altri dovevo sembrare un antipatico che non parla con nessuno perché si sente troppo fico per farlo, e altri ancora avevano solo paura di me, perché ero alto 1.80m e apparivo sempre imbronciato, come se potessi scoppiare da un momento all’altro, quindi in sintesi tutti mi stavano alla larga. Nessuno mi aveva mai capito
Storia di un'amicizia inossidabile fra James e Cliff.
Solo amicizia? Scopritelo.
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Too Sensitive

Quella mattina feci fatica ad alzarmi, mi faceva male tutto, non riuscivo proprio a muovermi e avevo gli occhi come sigillati, non riuscivo ad aprirli. Mi girai lentamente nel letto, emettendo mugolii di dolore, poi riuscii ad aprire gli occhi a fatica, li strofinai con le mani e sentii che quello destro mi faceva davvero male, così come il naso, il sopracciglio desto e il labbro inferiore, che aveva il classico sapore metallico del sangue, sentivo che la schiena era a pezzi, che sulle gambe avevo dei rigonfiamenti. Immaginai già che aspetto dovessi avere, l’avevo visto molte volte riflesso allo specchio. Mi guardai intorno e vidi la mia stanza totalmente incasinata e mi sentii ancora più stanco della mia vita.
Quando la sera prima ero tornato a casa e mio padre aveva sentito la porta aprirsi e chiudersi era subito scattato in piedi, con una velocità che non era proprio da lui, a quel punto mi si gelò il sangue nelle vene, sapevo cosa sarebbe successo da li a pochi istanti e mi preparai ad incassare i colpi. In un attimo me lo trovai davanti, occhi arrossati, barba di una settimana, forte odore di alcol di ogni tipo mescolata a sigarette, postura scomposta e innaturale e respiro pesante. Strinsi i denti e non osai dire una sola parola ed ecco che nella mia mente tornò sempre lo stesso pensiero “vorrei che morisse”. Lui mi prese dal colletto della maglia e avvicinò il mio viso al suo, il suo odore mi nauseò da morire.

<< Dove cazzo sei stato tutto questo tempo? >>

Mi sarebbe finita comunque male, perciò a cosa sarebbe servito assecondarlo? L’impresa non valeva lo sforzo, quindi decisi di sfogarmi in anticipo per quello che sarebbe successo.

<< E a te che cazzo frega di quello che faccio?! >>

Ecco il primo pugno, quello che mi fece l’occhio nero e mi spaccò il sopracciglio. Mi scosse, continuando a tenermi per il colletto e poi mi spinse conto il muro, facendomi sbattere molto violentemente.

<< Tu, piccolo pezzo di merda, sei mio figlio, quindi sei mio, non puoi fare quello che cazzo ti pare >>
<< Io non sono mai stato tuo...e non lo sarò mai. >>

Ecco il secondo pugno, quello che mi spaccò il labbro inferiore. Sentii subito il sangue denso e caldo che mi scorreva sul mento e che gocciolava sul pavimento. A quel punto mi mollò ed io mi illusi che tutto si fosse concluso, ma poi vidi che arrotolava la cintura intorno al polso e teneva l’estremità con la cinghia in mano. La cintura era la cosa che temevo più di qualunque altra. Iniziò sferrando un colpo di cinghia dritto sulla mia costola, che mi fece piegare in due, poi altri sulle gambe, sulla schiena, sulle braccia, sulle cosce, non voleva decidersi a smettere. Quando decise che avevo ricevuto abbastanza cinghiate gettò a terra la cintura e mi assestò un pugno sul naso, che non si ruppe, ma iniziò a sanguinare di brutto. Non mi gettai a terra, quando lui decise che poteva bastare me ne andai in camera mia zoppicando, con quel poco di dignità che mi era rimasta. Arrivato di sopra presi due salviettine e mi ripulii dal sangue, poi mi gettai sul letto, morto dal dolore e dalla stanchezza e i miei  pensieri tornarono su Cliff e sentii un guizzo di felicità al petto, “domani ci rivedremo!” pensai. Mi addormentai tenendo stretto quel pensiero, come se fosse l’unica difesa contro i miei demoni personali.

***
Quel pomeriggio uscii di casa alle quattro e mezza, mentre mio padre dormiva. Feci attenzione a non fare rumore per non svegliarlo. Avevo un aspetto davvero orribile, sperai che Cliff non si impressionasse troppo visto che la mia faccia era un unico ed enorme livido. Per prima cosa andai a comprare un gelato, non avevo toccato cibo ad ora di pranzo e ormai a quell’ora mi sentivo svenire, quindi entrai in un bar e presi un cono con tre gusti diversi. Dopo aver fatto fuori il cono andai direttamente  in spiaggia, mi sedetti sulla sabbia bollente nella stessa zona in cui avevo incontrato Cliff il giorno prima e aspettai. Il vento caldo mi scompigliava i capelli, che ormai arrivavano sotto le spalle, osservavo le onde mentre facevano avanti e indietro e respirai a pieni polmoni quella brezza dall’odore selvaggio che mi era sempre piaciuta. Avrei voluto essere più forte e coraggioso, avrei voluto saper rispondere alle botte di mio padre, avrei voluto saper reagire alla morte di mia madre, avrei voluto essere più intelligente e bravo in qualcosa, ma la verità era che facevo schifo, non avevo mai concluso niente, ero debole e imbranato, muto e fottutamente sensibile, quello era il lato di me che più odiavo e cercavo di nascondere, non volevo essere sensibile, preferivo apparire duro come il granito e freddo come il marmo. In ogni persona avevo sempre visto un potenziale nemico, ero convinto che se mi fossi mai affezionato a qualcuno, questo qualcuno prima o poi avrebbe potuto ferirmi, farmi a pezzi e farmi male più di quanto non avesse potuto fare mio padre picchiandomi, forse ero io per primo che non volevo gente intorno a me, forse stavo sbagliando a rivedere Cliff, ma sentivo che non potevo più tornare indietro, l’idea di avere il primo amico della mia vita si era ormai impossessata completamente di me, risvegliando quella stupida ed inutile parte sensibile che avevo. Mentre pensavo ad occhi chiusi, sentii che qualcuno si sedeva vicino a me, ma rimaneva in silenzio, allora aprii gli occhi, guardai alla mia destra e vidi Cliff che mi guardava shockato.

<< Hey! >>
<< James...ma cosa...? >>
<< Oh si, questo...>>

Dissi toccando l’occhio nero, come se fosse l’unica parte danneggiata che avevo in viso.

<< Che ti hanno fatto? >>
<< Niente, sto bene >>

Lui si avvicinò di più a me e, quasi fosse un riflesso incondizionato, mi allontanai di scatto, come se volessi schivarlo, poi lui mi guardò come se fosse lui ad essere sfigurato e capii di dover rimanere fermo. Lui tese una mano verso il mio viso e sfiorò prima il sopracciglio, poi l’occhio, poi il naso ed in fine il labbro, come se avesse seguito un percorso su una cartina, poi mi guardò con aria dispiaciuta.

<< James che ti è successo? >>
<< Ma che ti importa?! Tu non mi conosci neanche, non sai niente di me! >>

Gli urlai contro, mentre l’unica cosa che volevo fare era piangere e buttarmi in mare, per farla finita una volta per tutte, non volevo trattarlo così male.

<< Calmati adesso. >>
<< Scusa...>>
<< Non è nulla, stai tranquillo >>

Stavo crollando, lo sentivo. Sentivo le lacrime inondarmi gli occhi e mi sforzai di ricacciarle indietro.

<< Adesso sfogati, coraggio. Non devi dimostrarmi niente a nessuno >>

A quel punto crollai. Mi coprii il viso con una mano ed iniziai a singhiozzare, non piangevo già da un anno, non volevo ricominciare. Cliff mi circondò le spalle con un braccio e scostò la mano che tenevo sul viso, che prese fra le sue mani per portarlo di fronte al suo braccio.

<< Non devi vergognarti di me, capito? Ti prego, raccontami che ti è successo >>
<< Mio padre mi picchia, non ha un vero motivo per farlo, so solo che ci gode...lui beve, beve tantissimo e poi mi picchia. Non ho nessuno che mi protegga, mia madre è morta. >>

Lui non disse niente, si limitò ad aprire le braccia come per dire “abbracciami” e io non me lo feci ripetere due volte, mi fiondai fra le sue braccia e lo strinsi forte mentre continuavo a piangere come un coglione. Non abbracciavo qualcuno da circa due anni e avevo dimenticato quanto un abbraccio riuscisse a confortarmi in qualsiasi situazione.

<< Perché non dormi da me stasera? >>
<< Non posso, lui mi ammazzerebbe >>
<< Andiamo a chiederglielo entrambi, magari riusciamo a convincerlo. Magari porti la tua chitarra e suoniamo insieme, che ne dici? >>

Sollevai lo sguardo dal suo petto al suo viso e lui mi sorrise, magari avremmo potuto provare, non credo che lui si sarebbe azzardato a picchiarmi di fronte ad un ospite.

<< Va bene >>

Ricambiai il sorriso, così entrambi ci alzammo e ci dirigemmo verso casa mia, sperando di portare a termine con successo la nostra missione. Mentre camminavamo, fra noi due ci fu un momento particolare, l’uno cercò gli occhi dell’altro nello stesso identico istante e, quando si incontrarono, i nostri occhi si scambiarono uno sguardo unico, che solo due persone che si conoscono da una vita possono scambiarsi.
Era iniziata la nostra complicità.



Heeeeeyyyyy!!! Salve! Ecco a voi il secondo capitolo! Spero di aver attirato la vostra attenzione e la vostra curiosità, ma soprattutto che tutta la ff vi piaccia, anche se non credo che raggiungerà mai i livelli di quella precedente...questa la considero come un esperimento per testare questa nuova coppia.
Buona sera a tutti. Un bacio!
  
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