Crazy
Little Thing
Called Love
Capitolo
ventisei: The farewell waltz
“But you're just a boy
You don't understand
How it feels to love a girl
Someday you wish you were a better man
You don't listen to her
You don't care how it hurts
Until you lose the one you wanted
'Cause you're taking her for granted
And everything you had got destroyed
But you're just a boy!”
(If I were a boy- Beyonce
Knowles).
Il
ballo di fine
anno era nella vita di un’adolescente americana un evento
tanto importante
quanto il giorno del matrimonio.
Forse
di più,
perché di nozze ce ne potevano essere più di una.
Il Prom* arrivava solo una
volta nella vita.
E
questo non
era un ballo come gli altri: era l’ultimo ballo
dell’ultimo anno del liceo.
Il
vero
traguardo di quei quattro anni passati a diventare adulti tra quelle
quattro
mura tanto amate e tanto odiate.
Avevano
prodotto centinaia di film sull’argomento. Uno
all’anno non bastava per rendergli
giustizia. Perché poteva sembrare una sciocchezza, ma
segnava il vero punto di
svolta nella nostra crescita.
Era
un rito
di passaggio e chiunque l’avesse perso o non gli avesse dato
credito, aveva
sentito con rammarico un gran vuoto.
E
c’era solo
una cosa nella mente di ogni ragazza prima del ballo: il vestito.
Caroline
fece
scivolare il vestito color lavanda lungo il corpo e con un calcio lo
gettò in
un angolo del camerino.
Sconsolata
gliene passai un altro indaco sperando con tutto il cuore che fosse
quello
giusto; Caroline nel giro di mezz’ora si era provata
più di dieci abiti e non
aveva ancora trovato quello adatto o per
citare le sue parole “un vestito che si
conformasse con il suo stato
d’animo”.
Non
avevo
avuto il coraggio di chiederle quale fosse di preciso il suo
stato d’animo,
volevo solo uscire il più in fretta possibile da quel
negozio.
La
festa di
fine anno era ormai alle porte e tutte le ragazze della scuola stavano
cercando
disperate un abito per l’occasione.
Caroline
era
la prima tra tutte. Voleva un vestito che rispecchiasse in pieno la sua
personalità e che non si confondesse con quella massa di
stupide ochette,
sempre sue parole, che starnazzavano per la pista da ballo.
La
boutique
di Lady Ulma era in assoluto la sua preferita e quel pomeriggio ci
aveva
coinvolto tutte in uno shopping all’ultimo sangue con la
scusa di trovare
appunto un abito per ognuna di noi.
Avevamo
accettato senza pensare alle ripercussioni morali e fisiche, senza
contare il
fattore Forbes, ossia la regina dello spendere!
Quattro
ore
che giravamo per negozi, quattro ore che Caroline era l’unica
ad essersi
provata un vestito.
In
preda ad
una vera crisi esistenziale, agitò la mano istericamente
facendo segno a Meredith
di passarle l’abito purpureo a fianco.
“Ci
potresti
dare almeno un indizio sul tipo d’abito che vuoi?”
domandò Elena.
“Qualcosa
che
dica che sono Caroline Forbes” rispose
mentre si allacciava la zip.
“Un
bel
cartello?” propose Meredith.
Care
la
guardò malissimo – Non essere sciocca, voglio
qualcosa che faccia capire agli
altri come mi sento-
“E
come ti
senti, di grazia?”.
“Non
lo so …
dammi un po’ di opzioni!”
“Sei
triste
per qualcosa?-
“No
….”
“Allora
sei
felice per qualcosa?”.
“Non
particolarmente
…”.
“Ti
senti
irascibile?”.
“Non
so
nemmeno cosa vuol dire!”.
“Allora
come
diavolo ti senti?”.
“Non
lo so …
vorrei … vorrei …. QUELLO!”.
Saltò
giù
dallo sgabello su cui era salita per vedere meglio le amiche dato che
erano più
alte di lei, e indicò un vestito giallo che io avevo tirato
fuori per caso da
una pila di abiti.
Si
avventò
letteralmente su di me e mi strappò il vestito di mano,
dopodiché corse nel
camerino a provarselo.
Uscì
poco
dopo cambiata: lo scollo era a barchetta, molto lungo dietro con uno
strascico
che toccava terra, le scendeva morbido sui fianchi e le accarezzava
perfettamente le sue forme e il suo fisico atletico.
Era
il
vestito perfetto.
Le
altre si
sentirono sollevate da un peso: ora che Caroline avevo trovato quello
che
cercava; loro potevano fare altrettanto e la boutique di Lady Ulma era
il posto
ideale per iniziare.
Mentre
le
altre si buttavano a capofitto tra scaffali e appendini, mi sedette su un divanetto;
accavallai le gambe
e presi a fissar il pavimento di moquette violetto.
Avevo
riflettuto a lungo sulla sua situazione ed ero arrivata alla
conclusione che,
per quanto Damon fosse un vero disastro su parecchi i fronti, era
comunque il
ragazzo giusto.
Ormai
aveva
capito di essersi affezionata un po’ troppo a Damon e avevo
accettato anche
l’idea che forse il mio era qualcosa di più di
semplice affetto; perderlo
sarebbe stato insopportabile. E nonostante il suo stile di vite fosse
un po’
sopra le righe per il mio animo tranquillo e sobrio, desideravo davvero
che
funzionasse.
Elena
si
avvicinò e mi suggerì di provare un bel vestito
che aveva visto in fondo al
negozio.
Rifiutai
scuotendo la testa: ne avevo già uno perfetto
nell’armadio; me l’aveva prestato
mia sorella Mary.
Elena
allora mi
prese da sotto le ascelle e mi alzò di forza spingendomi con
decisione verso
l’abito.
In
effetti
era molto bello: bianco, corto fino al ginocchio; si allacciava dietro
il collo
e la schiena rimaneva nuda, aderente su tutto il corpo.
All’altezza del
ginocchio c’era un ricamo in pizzo che allungava di qualche
centimetro l’abito.
Era
vero: mi
sarebbe stato d’incanto addosso. Si adattava al mio fisico, i
miei capelli sul
bianco brillavamo come una fiamma.
“Dai!
Solo
per vedere come ti sta!” cercò di convincermi
Elena.
Sospirando
rumorosamente lo afferrai ed entrai nel camerino.
Mi ammirai allo specchio: sì, mi stava
davvero bene.
Forse
potevo
farmi un regalo. Non credo che Mary si sarebbe offesa, anzi si era pure
lamentata quando le avevo chiesto di prestarmi quell’abito.
Lo
sfilai e
rimisi i miei indumenti. Tirai la tenda del camerino, portandomi dietro
quel capo. Elena
aveva un sorriso che
andava da una parte all’altra, contenta di aver azzeccato.
Appena
fuori
dal negozio, c’era un’altra sorpresa ad aspettarmi.
“Mi
stai
spiando?” gli domandai, fingendomi arrabbiata.
“E
poi sarei
l’egocentrico?” replicò Damon prima di
darmi un bacio veloce “Sto andando da
Alaric e ti ho visto nel negozio. Hai comprato il vestito?”
chiese, indicando
il sacchetto.
“Lontano,
non
puoi guardare” lo avvisai.
“Non
ho il
diritto di voto? Sono il tuo cavaliere!” protestò.
“Ah,
questa
volta ti va di mischiarti con noi ragazzini del liceo” lo
stuzzicai.
“Più
che
altro credo di non poter scappare. Immagino che se rifiutassi, tu mi
pianteresti in asso all’istante”.
“Immagini
bene” sghignazzai.
“Il
tuo principe
scintillante, o meglio la tua bestia, non ti lascerà sola la
sera del gran
ballo, uccellino. Facciamo morire d’invidia le tue
compagne”.
“Sei
il
solito egocentrico…sì proprio tu”
sbuffai.
Mi
schioccò
un bacio sulle labbra “Alle sette, cerca di essere puntuale.
Ti aspetterò davanti
a casa: sarò quello bellissimo nel suo smoking, appoggiato
alla sua bellissima
Ferrari”.
Quando
aprii
la porta con le mie chiavi di scorta, tutto mi aspettavo
fuorché un pugno in
faccia.
Oltrepassai
la soglia, chiusi la porta alle mie spalle e SBAM, dritto sulla mia
guancia
destra.
Toccai
la
pelle pulsante con le dita e guardai stralunato il mio aggressore.
Solo
che non
si trattava di un ladro, ma del proprietario di casa.
“Sei
impazzito, Alaric? Sono io!” urlai.
“Lo
so che
sei tu, brutto coglione” mi rispose, altrettanto arrabbiato
“E ti conviene
toglierti dalla mia vista se non ne vuoi un altro”.
“Che
ti salta
in mente, ti è venuto il ciclo?!”.
“Ancora
una
parola e ti faccio cadere tutti i denti. Ti credevo migliore di
così Damon. Non
sei mai stato il tipo tranquillo e sensibile, ma questa è
una carognata anche
per te”.
“Mi
spieghi
per piacere che cosa sta succedendo così almeno posso
difendermi?”.
“Oggi
ho
minacciato Tyler di metterlo in punizione, di fargli saltare il ballo
di fine
anno e sai che cosa mi ha risposto? Che non poteva perderselo, che
doveva
controllare se tu avresti portato o no a termine la scommessa.
È talmente
stupido che non si è nemmeno preoccupato di accertarsi se lo
sapessi o no. Mi
ha raccontato tutto”.
Ora
si
spiegava la reazione violenta. E l’incazzatura. E gli insulti.
“Giuro
che
non è come sembra” mi giustificai, scandendo bene
le parole “E c’è una
spiegazione logica”.
“Osa
rifilarmi la storiella dell’amore nato per caso per una
scommessa e ti butto
fuori a calci” m’intimò.
“Allora
esco
da solo” mi arresi “E comunque tu dovresti essere
mio amico e stare dalla mia
parte” gli rinfacciai.
“Sono
tuoi
amico e per questo ti rimetto in riga quando oltrepassi il
limite”.
“Ti
racconto
tutto se hai voglia di ascoltarmi, ma aspetta di arrivare alla fine
prima di
tirarmi qualcos’altro in testa”.
“Questo
pugno
non è solo per la scommessa. Copre anche gli
arretrati”.
“Hai
del
ghiaccio?” ignorai il suo commento.
Rimase
in
silenzio e con le mani a posto per tutta la mia spiegazione. Dalla sua
espressione
potevo capire che il suo stato d’animo non fosse dei
più lieti, ma almeno
sembrava meno arrabbiato di prima e più propenso a
comprendere le mie ragioni.
“Sul
serio,
hai dato retta a Katherine? Già l’idea era partita
da quella testa vuota di
Tyler, ma che Katherine l’abbia appoggiata. Non so se tu sia
stato più stupido
o più immaturo. Hai ventun anni, Damon, non ti pare
l’ora di smetterla con
questi giochetti?”.
La
predica
doveva arrivare prima o poi e me la meritavo.
“Non
so
neanche se l’avrei portato a termine comunque. Era per ridere
e nemmeno ci
credevo. Katherine mi spingeva e alla fine si è rovinata con
le sue mani”.
“E
tu?”.
“Io
cosa?”.
“Pensi
di
cavartela così facilmente? È uno scherzo pesante
e ti si ritorcerà contro”.
“Mi
sono
chiamato fuori tempo fa. Anche se Katherine non avesse provato a
sedurre mio
fratello, probabilmente l’avrei lo stesso lasciata,
perché grazie al suo piano
diabolico mi ero avvicinato a Bonnie…quella ragazzina dai
capelli rossi è
capace di farti diventare matto, sai? Ti s’infila nella testa
e non ne vuole
sapere di uscire. Un attimo prima la odi, un secondo dopo
l’adori. Sei contento
di non averla in torno e nel frattempo ti manca. Non ti dico che cosa
avrei
voluto fare a Klaus quando li ho visti insieme a Capodanno.
Quell’inglesuccio
di mer-”.
Mi
bloccai
non appena notai il sorrisino compiaciuto che segnava il volto del mio
amico.
Era più lunatico di me: prima mi prendeva a pugni e poi mi
fissava con gli
occhi inteneriti. Intuii che cosa avrebbe detto da lì a
poco. Non serviva un
genio per capirlo, io stesso ero arrivato alla stessa conclusione
sebbene non
fossi un mostro di sensibilità.
Ma
dirlo e
sentirlo dire ad alta voce era tutt’altra storia.
“Non
ti
azzardare” gli intimai.
“Damon,
non
ti ho mai visto così” mi confidò,
fingendo eccessiva commozione.
“Non
commentare” gli ordinai “Sì, hai
ragione: questa forse è la volta buona, ma
nessuno qui pronuncerà quelle parole, va bene? Ho intenzione
di dirle una sola
volta e sarà a lei” precisai,
mettendo un punto alla questione.
“Come
preferisci, amico” mi accontentò “Resta
il fatto che hai in mano un’arma a
doppio taglio. Tyler è del gruppo e starà zitto,
ma Katherine?”.
“Katherine
terrà la bocca chiusa se sa che cosa è meglio per
lei”.
“E
se
parlasse, che succederebbe?” mi chiese scettico, alzando un
sopracciglio.
Non
aveva
tutti i torti. Katherine non aveva alcun motivo di temermi.
L’unico suo punto
debole erano la sua presunzione e il suo ego. Entrambi facile da minare
qui a
Fell’s Church dove tutti la conoscevano, dove una mia parola
poteva umiliarla e
farla cadere nel ridicolo. In meno di due settimane il liceo sarebbe
finito per
sempre e lei sarebbe partita per chissà quale luogo. Era
rimasta tranquilla per
tutto questo tempo per non minare la sua reputazione da reginetta della
scuola,
ma la sua permanenza qui stava per termine e perché non
uscire di scena con il
botto, mettendo in atto la sua piccola vendetta?
Non
potevo
mica rinchiuderla in una scatola e spedirla dall’altra parte
dell’oceano.
“La
tua
storia con Bonnie è nata sulla base di una bugia,
Damon” mi fece notare Alaric
“Non importa se ti sei ricreduto, se hai mollato tutto. Nel
momento in cui
scoprirà la verità, si sentirà
tradita. Meglio che sia tu a confessare,
piuttosto che qualcun altro. Magari sarà meno propensa ad
ammazzarti” mi
suggerì.
“Ne
dovrò
discutere anche con Stefan” valutai “Era pronto a
picchiarmi quando ci ha
trovati insieme nella stessa camera, figuriamoci
se…”.
“Io
non mi
preoccuperei di Stefan” azzardò Alaric
“Hai altre gatte da pelare: Elena, Caroline
e Meredith. Hai finito di vivere, lo sai questo?”.
Appariva
piuttosto divertito dal mio destino funesto. Ero contento che almeno
qualcuno
ne vedesse il lato ironico.
Gettai
una
veloce occhiata alla mia immagine riflessa nello specchio: sembravo un
bambino
di sei anni cui avevano tolto il giocattolo di mano.
Nero
in
volto, con il broncio. Quasi offeso.
Lungi
da me
passare per la vittima innocente, ma – dannazione –
mi sarei mai scrollato di
dosso quell’aura da cattivo che mi etichettava da tutta la
vita.
Avevo
commesso un errore, mi ero lasciato trascinare in uno scherzo stupido,
egoista
e meschino e avevo permesso a Katherine di manipolarmi, le avevo
concesso il
potere di controllare me e ferire Bonnie.
Mi
odiavo per
tutto ciò, per essermi rivelato così ingenuo. Ero
io il responsabile, potevo
prendermela solo con me stesso; eppure trovavo ingiusto venire
tormentato in
quel modo da quello sbaglio oramai passato.
Perché
non
potevo lasciarmi tutto alle spalle e non parlane più? Alla
fine mi ero pentito
e avevo cambiato totalmente i miei piani.
Era
davvero
necessario mettere nel dito nella piaga?
Il
ragionamento di Alaric era sensato: battere Katherine sul tempo prima
che mi
facesse fare la figura del doppiogiochista, falso. D’altro
canto non mi
vergognavo di ammettere che se non ci fosse stato quel rischio, mi
sarei
portato il segreto nella tomba.
Di
sicuro non
l’avrei svelato per molto tempo ancora.
Quella
piccola stronzetta che voleva sempre scombussolare i miei progetti. Non
le
bastava essersi finta la sua gemella per baciare mio fratello.
No,
lei era
Katherine Gilbert e in un modo o nell’altro doveva per forza
intromettersi,
condurre le danze. Insopportabile egocentrica, sempre al centro di
tutto.
Era
impossibile prevedere la sua prossima mossa. Un tempo amavo quella sua
scaltrezza, ora non esisteva caratteristica che detestassi maggiormente.
E
se poi si
fossero rivelate solo paranoie mie e di Alaric, allora sarebbe stata la
beffa
peggiore di tutte. In entrambi i casi, era lei a vincere.
Potevo
sperare – pregare – con tutte le mie forze che
Bonnie non saltasse subito alle
conclusioni, che si mostrasse almeno disposta ad ascoltare la mia
versione,
capendo infine che per quanto fossi stato un cretino, tenevo moltissimo
a lei.
Ma
non ero un
illuso e già mi preparavo ad affrontare le conseguenze.
Le
possibilità che Bonnie mi perdonasse su due piedi erano meno
che inesistenti.
“Domani
c’è
il ballo di fine anno” mormorai, rendendomene conto solo in
quell’istante “Non
posso rovinarle la serata, non posso dirglielo adesso”.
“Stai
cercando delle scuse per rimandare” mi stuzzicò
Alaric.
“Sono
serio”
affermai “È la notte che ogni ragazza del liceo
sogna. Ha già comprato un
vestito, io non ho fatto storie per accompagnarla. È
già convinta che sarà una
festa perfetta. Probabilmente passerò comunque per lo
stronzo di turno, almeno
non vorrei diventare lo stronzo che mi ha fatto piangere la
notte del ballo”.
“Sei
sempre
così altruista, Damon” mi prese in giro.
“Sta’
zitto”.
Non
potevo
credere che quella lettera fosse arrivata proprio il giorno del ballo.
Non mi
aspettavo più una risposta, non dopo così tanto
tempo.
Me
n’ero
scordata e adesso la busta se ne stava appoggiata alla mia scrivania in
attesa
di venire aperta.
Avrebbe
aspettato ancora un giorno. Non sapevo che cosa ci fosse scritto e non
desideravo scoprirlo prima della mia grande serata né farmi
condizionare.
Senza
contare
che ne dovevo ancora parlare con Damon.
Il
suono di
un clacson richiamò la mia attenzione. Finalmente era
arrivato il momento. Mi
guardai velocemente allo specchio, sistemando qualche piega del vestito
e
scesi.
Mio
padre era
già pronto con la macchina fotografica. Provai a dribblarlo
ma fu tutto
inutile. Mi obbligò perfino a fare una foto con Damon che si
dimostrò un
perfetto accompagnatore e lo accontentò.
Salutato
mio
padre e la sua mania di immortalare tutto con il suo obiettivo,
entrammo in
macchina. Normalmente era tradizione affittare un limousine, ma Damon
aveva una
Ferrari tutta sua. Non c’era storia.
Stefan
e gli
altri non erano ancora arrivati, così li aspettammo nel
parcheggio. Mi guardai
un po’ in giro per assicurarmi che nessuno avesse comprato il
mio stesso
vestito.
Per
il
momento, l’imbarazzo sembrava evitato: non vedevo neanche
nessuna con il mio
stesso colore. Si erano buttate su tonalità più
audaci.
Poco
più in
là Katherine stava parlando con il suo cavaliere (un membro
della squadra di
football). In realtà fingeva di ascoltarlo perché
– e potevo vederlo
distintamente – ogni due secondi spostava gli occhi su di
noi, squadrandoci con
superiorità.
“Se
penso che
a Homecoming hai accompagnato lei”
commentai con una smorfia.
Damon
intuì a
chi mi stavo riferendo e ghignò “Beh, tu sei
venuta con Mutt”.
Corrugai
le
sopracciglia. E quel nomignolo da dove saltava fuori?
“Matt”
lo
corressi.
“È
lo stesso,
un nome non lo renderà certo più virile. O
più stupido di quello che è”.
“Se
è una
competizione per l’ex peggiore, tu vinci a mani
basse” replicai piccata.
“Un
errore in
buona fede” commentò “Non potevo
immaginare fosse una tale stronza. Non potevo
nemmeno immaginare che sarei finito insieme a te
quindi…”.
“Oh
mi
ricordo bene. Mi dissi che Matt mi aveva invitato perché gli
facevo pena”.
“E
tu che
Katherine preferiva comunque mio fratello”, si accorse di
quanto fossero vere
quelle parole e si girò dall’altra parte,
contrariato.
Mi
morsi la
lingua per non pronunciare quell’avevo ragione che
mi si era bloccato in
gola.
“Ci
avevi
visto giusto, piccola strega” considerò con voce
triste.
Gli
posai una
mano sulla spalla e una sulla sua guancia. Damon continuava a evitare
di
guardarmi. Probabilmente cercava di nascondere la sconfitta stampata
sul suo
volto, l’orgoglio ferito.
“Siamo
la
coppia peggio assortita” ridacchiai “Ma ci siamo
scelti. Io non sono la copia
della tua passata ossessione e tu non sei il principe azzurro che ho
sempre
sognato. Non ci stavamo simpatici, no scusami, non ci sopportavamo
proprio.
Siamo cresciuti, abbiamo imparato a conoscerci ed è capitato
per caso. Nessuno
di noi due l’aveva programmato” gli dissi
“Sai che cosa significa? Che io e te
siamo qui, siamo reali. Chi se ne frega degli idioti che abbiamo
incontrato
prima. Quale ragazza sana di mente guarderebbe altro, quando
può avere te?”.
“Tu
mi hai
snobbato per mesi!” esclamò.
“Sei
serio?
Dopo tutto il mio discorso, è la prima cosa che hai da
dirmi?” mi finsi offesa.
“Bonnie
McCullough” mormorò prendendomi le mani
“Non ti ho cercato e non ti ho
considerata, ma non importa come siamo finiti insieme o perché,
quello
che provo per te è più vero e più
forte di qualsiasi altra cosa abbia mai
sentito. Fanculo il resto”.
“Adoro
il tuo
romanticismo” gli sorrisi ironica.
“O
mio Dio,
non ci credo che questo sarà il nostro ultimo
ballo!” urlò una voce dietro di
me e un secondo dopo una figura mi stritolò in un abbraccio.
Damon
alzò
gli occhi al cielo e si spostò. La sua tolleranza a Caroline
cominciava già a
vacillare. Me l’avrebbe rinfacciato tutta la vita.
Mi
stupii
dalla facilità con cui la mia amica saltellava su quei
tacchi vertiginosi.
Tyler
la
seguiva un po’ meno entusiasta, probabilmente spossato dai
modi di fare
esigenti e maniacali della sua ragazza. Se c’era una donna
che poteva metterlo
al guinzaglio, quella era Caroline Forbes.
Damon
fece un
passo avanti e lo prese malamente per un braccio “Dobbiamo
fare quattro
chiacchiere io e te, piccolo idiota” ringhiò,
trascinandolo via.
Caroline
mi
guardò confusa e io scrollai le spalle.
L’ultimo
dei
miei pensieri era immischiarmi nelle faccende di quei due.
Stefan
e
Elena arrivarono subito dopo. Sembravano due divi del cinema,
splendidi,
camminavano sopra tutti.
Infine
giunse
Meredith, sola perché il suo cavaliere non si poteva
mostrare, perché lei era
ancora una studentessa e lui un insegnante. Nonostante tutto era
contenta: dopo
il ballo, mancavano solo due settimana al diploma e poi c’era
Harvard ad
aspettarla.
E
Alaric.
“Questo
sarà
il migliore Prom di sempre” esultò Caroline
“Me lo sento”.
“Questo
sarà
l’ultimo Prom” precisò Elena, un velo di
tristezza sul volto.
“No,
non ci
provare” l’avvisò Stefan
“Niente musi lunghi, Caroline ha ragione: è la
nostra
serata e ce la dobbiamo godere”.
“Io
sono al
ballo di fine anno da sola, va bene? Da sola!”
ribadì Meredith “Sono l’unica
che ha il diritto di lamentarsi e non lo farò. Voi fate il
vostro dovere di
amici e rendetela la notte più bella della mia
vita” ci incitò.
“Più
bella
delle notti spese con il tuo professore?” la
stuzzicò Caroline.
“Se
proprio
ti interessa, abbiamo passato pochissime notti insieme e a
parlare”.
“A
me non
interessa” le fermò Stefan mettendosi le mani
sulle orecchie “Non voglio sapere
come trascorri il tempo con il mio professore/barra migliore amico di
mio
fratello. A proposito, dov’è Damon?”.
“Proprio
qui,
fratellino” rispose quello, ricomparendo con Tyler e non
solo. Dietro loro due,
seguivano Matt e Sue Carson, una nostra compagna di scuola.
“Ehi,
Matt
pensavo non arrivassi più” lo salutò
Stefan con una pacca sulla spalla.
“Io
e Sue
abbiamo trovato traffico” spiegò “Appena
parcheggiato, abbiamo incontrato Damon
e ci ha invitato a unirci a voi”.
Io
sbarrai
gli occhi, considerate le parole poco gentili che il mio ragazzo gli
aveva
rivolto poco prima.
“Certo,
Mattie, non sarebbe lo stesso senza di te” lo
abbracciò Elena.
Strinsi
la
mano a Damon per ringraziarlo. Dopo la nostra
“rottura”, i rapporti tra me e
Matt si erano raffreddati parecchio. Ogni volta che
c’incrociavamo, imbarazzo e
tensione si avvertivano nell’aria. Allora Matt si era
allontanato dal gruppo di
noi ragazze per non creare ulteriore disagio.
“Alla
prima
occhiata ambigua che ti lancia, lo stendo” mi
sussurrò Damon all’orecchio.
Io
gli tirai
una leggera gomitata. Si trattava sempre di Damon Salvatore.
Superammo
lo
stand delle foto. O meglio, Caroline ci obbligò tutti a
posare per l’album del
ballo, ma non fu così tragico.
Quindi
oltrepassato il primo ostacolo, finalmente la vera atmosfera del Prom
ci
avvolse. Le decorazioni e l’organizzazione in generale erano
ovviamente
impeccabili, dato che se n’era occupata Caroline.
Tema:
com’eravamo. Tutta la palestra era tappezzato di foto di
tutti gli alunni
dell’ultimo anno, durante il tempo trascorso al Robert E. Lee
High. Immagini di
partite di football, altri balli e feste, riunioni studentesche e
aggregazioni
di club.
Passammo
un’ora a commentarle tutte, a prenderci in giro per
improbabili look o pose, a
valutare quanto quattro ci avevano cambiati.
Damon
compreso che s’inseriva nel discorso con simpatici aneddoti
sulla nostra
infanzia. Dove nostra stava per noi poveri piccoli pivelli e
lui ragazzo
già maturo costretto a subire la nostra presenza.
Ebbi
un po’
di tempo anche per parlare con Matt e qualunque incomprensione venne
spazzata
via da risate e affetto.
L’euforia
esplose poi nel momento in cui Caroline venne proclamata reginetta,
battendo
così Katherine che furiosa lasciò il palco.
Il
re fu
senza tante sorprese Stefan, ma entrambi aprirono le danze con i
rispettivi
partner, rompendo così la tradizione del ballo tra re e
reginetta.
Nessuno
ci
fece caso e lentamente le varie coppie scesero in pista, compresi Damon
e io.
“Ho
un segreto da confidarti” sussurrai
all’improvviso.
Mi
ero decisa a lasciar passare almeno un giorno o
due prima di parlargliene. Nemmeno sapevo che cosa c’era
scritto in quella
lettera
Chiunque
altro non avrebbe avuto problemi a tenere la bocca chiusa, ma io no, io
dovevo
complicarmi la vita.
Non
riuscivo a
trascorrere una serata tranquilla con quel peso sullo stomaco. In ogni
caso
avevo preso la mia decisione e il contenuto della busta non poteva
farmi
cambiare idea.
“Sei
stufa
del ballo e vuoi scappare da qualche parte con me?” mi chiese
speranzoso e ironico.
“Che
cosa?
Sei pazzo?! Mi sto divertendo e anche tu. Ammettilo”.
“Pensavo
peggio”.
“Ma
dopo
possiamo scappare dove ti pare” lo accontentai.
“Musica
per
le mie orecchie” si compiacque “Allora, svelami il
tuo segreto. Onestamente mi
auguro che sia qualcosa di perverso e sporco”.
“Perverso
e
sporco, io? Sei certo di essere con la ragazza giusta?”.
“Al
cento per
cento” mi assicurò prima di baciarmi senza fretta,
prendendosi tutto il tempo
per strapparmi qualche sospiro e un mezzo sorriso.
“Non
distrarmi” lo ammonii.
“Va
bene,
uccellino, ti ascolto”.
“Beh,
qualche
mese fa ho mandato le richieste d’iscrizione alle
università. E tra le mie
alternative c’era anche un campus a Londra”.
Mi
strinse
istintivamente i fianchi e la sua espressione tradì una
certa apprensione, ma
cercò di mantenere la sua compostezza.
“Non
ne ho
mai fatto parola perché me n’ero perfino
dimenticata. Non credevo di passare la
selezione, era solo uno sfizio”.
“Invece
ci
sei riuscita” concluse per me.
“No…cioè
non
lo so” chiarii “Oggi mi è arrivata una
lettera dall’università, ma non l’ho
ancora aperta”.
Damon
annuì
“Prima vediamo che c’è scritto e
poi…sono sicuro che tu sia entrata. Potrei
trattare un contratto con l’American Airlines o
magari…Londra è piena di ottime
scuole. Niente mi vieta di tentare un master là”.
Mi
scaldò il
cuore il fatto che stessa già cercando delle soluzioni.
Gli
misi
delicatamente un dito sulla bocca per zittirlo “ Non voglio
andare a Londra.
Quando ho mandato la domanda ero in un periodo un po’
confuso, non sapevo come
sarebbe stato il mio futuro. Londra era un’opzione per
spronarmi”.
“Bonnie
non…va bene, non ti mentirò: è chiaro
che sarei molto più contento se tu
rimanessi da questa parte dell’oceano. Se ci tieni,
però, me ne farò una
ragione e…”.
“Non
c’è
niente a Londra che io non possa trovare qui” affermai
“Tranne te. Mi hanno
accettata all’università di Atlanta, sai. Voleva
essere una sorpresa, ma a
questo punto…”.
“Atlanta
non
è lontana da qui” calcolò Damon.
“Infatti.
Le
cose tra noi devono funzionare. Non c’è motivo di
volare in Europa quando qui,
vicino a te, con te, ci sono dei college altrettanto validi. Posso
avere
tutto”.
Appoggiò
la
fronte contro la mia e ondeggiò guidandomi nei movimenti
“Adesso avrei davvero
voglia di scappare via con te”.
Ero
tentata
di rispondergli di sì, ma la voce di Meredith mi precedette
“Scusate ragazzi,
avete visto Elena?”.
Sapevo
che
non ci avrebbe mai disturbati se non per qualcosa
d’importante.
“Stava
ballando con Stefan” replicò Damon guardandosi in
giro.
“Stava”
ripeté Meredith “Si è allontanata per
andare a parlare con Katherine. Penso
volesse accertarsi che non facesse scenate o robe simili. Non
è ancora tornata.
Considerando i due soggetti, forse stanno provando a uccidersi a
vicenda”.
“Ti
aiuto a
cercarla” mi proposi.
“No
vado io”
si offrì Damon velocemente “Se si stanno
azzuffando, ci vuole un maschio per
dividerle. Voi godetevi la festa”.
Sparì
un
secondo dopo. Ne restai perplessa.
Anche
Meredith continuò la sua ricerca e io mi ritrovai sola in
mezzo alla pista da
ballo. Mi decise a fare un giro di ricognizione. Il mio cavaliere se
n’era
andato e i miei amici non si vedevano, tanto valeva rendermi utile.
M’inoltrai
per i corridoi della scuola e controllai nelle classi vicine alla
palestra.
“Sei
solamente una bambina viziata. Accetta la sconfitta e vivi la tua
vita”.
Questa
era la
voce di Elena che urlava.
Trovate.
La
mia intuizione era giusta. Mi diressi verso l’aula da cui
proveniva il vociare.
“Adesso
sei
tu che ti stai impicciando degli affari miei”.
Questa
era
Katherine.
“Ti
conosco
da troppo tempo. Ho visto come guardavi Damon e Bonnie. Ti ho visto
camminare
verso di loro. Cosa credevi? Che ti avrei lasciato rovinare la loro
serata?”.
Quella
sgualdrina. Già me la immaginavo a infastidirci con le sue
parole velenose.
“Hai
mente di
rinchiudermi in uno sgabuzzino? Sorvegliarmi a vista?”.
Avevo
rallentato il passo perché ero davvero curiosa di sentire
dove sarebbe andata a
parare quella conversazione.
“Scendi
dal
piedistallo. Hai perso la corona, la scuola è finita. Devi
per forza mettere
zizzania?”.
“Non
è
zizzania, è la verità”.
“Tu
non
sopporti che Bonnie e Damon stiano insieme. Sei gelosa marcia e sei
un’egocentrica…”.
“Bonnie
e
Damon insieme non esistono” rivelò Katherine
“Possibile che nessuno l’abbia
capito? Era solo uno scherzo! Stanno insieme per una mia
idea”.
Mi
arrestai
appena prima della soglia, confusa.
“Che
cosa
stai blaterando?” chiese Elena esasperata.
“Si
tratta di
una scommessa. Quando ci frequentavamo, ho convinto Damon a prestarsi
per
questo giochino. Una scommessa, hai presente? Falla innamorare di te e
spezzale
il cuore. Una cosina banale, in effetti, tanto per
divertirsi”.
Fu
talmente
scioccante che non registrai nemmeno le sue parole. Non mi venne da
piangere e
non mi mancò il respiro. Semplicemente non poteva essere.
“Non
dire
sciocchezze, Damon ti ha lasciato” obiettò la sua
gemella.
“Perché
ho
baciato Stefan – qui probabilmente Elena si trattenne dal
prenderla a sberle –
allora è ripiegato su Bonnie. Non so se stia ancora fingendo
o cosa. So per certo
che lei è comunque una sostituta e se non ci fossimo
lasciati, adesso non la
vedrebbe neppure con il binocolo”.
Ricordai
il
primo bacio che mi aveva dato Damon in macchina, di ritorno da Atlanta.
Gli
avevo tirato uno schiaffo, lo avevo allontanato perché lui
stava con Katherine
e io non volevo entrare nei loro giochini di ripicca.
Ricordai
l’improvviso interesse di Damon nei miei confronti, la sua
determinazione e la
sua insistenza. Ricordai di esserne rimasta sorpresa, dato che ero
l’esatto
contrario di tutte le sue precedenti ragazzi.
E
ricordai
anche i dubbi e i sospetti, la fatica nel dargli fiducia.
Dubbi,
sospetti e fatica che iniziavo a sentire di nuovo.
Ritornai
in
palestra e lasciai le due gemelle Gilbert sole a urlarsi addosso. Non
mi fermai
un attimo finché non raggiunsi il cortile e mi nascosi in un
angolino
appartato.
L’intento
era
di staccarmi dal resto del gruppo per riflettere, per pensare
razionalmente a
quello che avevo appena ascoltato, ma non riuscivo nemmeno a cominciare.
Il
mio
momento di pace non diede i suoi frutti anche per un altro motivo:
scorsi Damon
poco lontano da me che controllava in giro. Fu stupido di scorgere me e
non
Katherine o Elena.
Era
per
quello che si era offerto di cercarle? Non voleva che io mi trovassi a
faccia a
faccia con la sua ex ragazza?
La
serata
aveva preso una piega particolarmente deludente. E
l’espressione agitata di
Damon non mi calmò.
Gli
avevo
promesso che sarei rimasta a Fell’s Church. Adesso, forse, mi
preparavo a
dirgli addio.
Il
mio spazio:
È
stato un
capitolo difficile da scrivere; per questo il confronto tra Damon e
Bonnie è
stato rimandato al prossimo.
Non
volevo
troppa tristezza in un solo pezzo.
La
bomba è
stata sganciata. Bonnie ci crederà? O meglio Damon
sarà abbastanza convincente
da ottenere in fretta perdono e comprensione?
Mancano
solo
due capitoli alla fine, vedremo se riusciranno a risolvere prima che
sia troppo
tardi.
Vi
ringrazio
immensamente per il vostro supporto e affetto!
A
prestissimo,
Fran;)
*Prom è il ballo di fine anno. Homecoming è il ballo d’inizio anno.
Farewell waltz è
il titolo di un libro di Milan Kundera