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Autore: Brokenhearted    27/06/2014    2 recensioni
[USUK. Dark. In futuro: depressione, (accennati) self-harm & abuso, (forse) character death.]
Alfred F. Jones è un ragazzo qualunque. Gli piacciono lo sport, i fumetti e guardare le stelle. Forse è un po' ingenuo, un sognatore, ma nel mondo in cui si trova l'unica cosa che gli rimane è sperare. Arthur Kirkland è un ragazzo problematico, disilluso da una vita troppo incasinata per credere ancora in qualcosa. I due si incontrano per caso, quando Alfred decide che gli farà cambiare la sua visione cinica della vita. Ma non sa che potrebbe già essere troppo tardi, prima che l'altro possa essere salvato.
"La sua esistenza era piatta, spenta, scolorita; come quella di tanti che vivono senza ragione e senza sogni."
{ dedicata alla Uzu perché sì, ispirata a Remembering Sunday degli All Time Low }
Genere: Angst, Dark, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: America/Alfred F. Jones, Inghilterra/Arthur Kirkland
Note: AU | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate
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Buh. Ebbene sì, resuscitai. Non posso quasi crederci d'esser qui dopo praticamente un anno d'assenza, e mi scuso per quelle persone che aspettavano un mio aggiornamento. è che ho avuto delle difficoltà con questa coppia a causa di problemi personali, e questo ovviamente mi ha portato a non essere più in grado di scrivere su di loro come un tempo. Però grazie a una recensione dolcissima, ho deciso che c'avrei provato a continuare questa storia (e la raccolta, che credo aggiornerò domani se Dio vuole). Anche perché la trama è perfettamente delineata nella mia testa, quindi sarebbe uno spreco lasciarla lì per sempre.
Non so se questo capitolo valga qualcosa, dato che l'ho scritto un po' forzatamente e devo riprenderci la mano. Innanzitutto mi dispiace perché è molto corto e abbastanza discorsivo; diciamo che le cose iniziano a smuoversi alla fine di questo chap e prendono il turbo dal prossimo. Spero inoltre che l'atmosfera sia cupa e vagamente noir e claustrofobica, come sto cercando di scriverla, ma sono molto preoccupata su questo punto, dunque gradirei se nelle recensioni mi faceste notare se vi risulta grottesca o stereotipata. Sempre che persone mi recensiscano, ecco. Vi consiglio inoltre di ascoltare la canzone da cui è ispirata tutta la storia, ma questo è ovvio. Enjoy the reading!

Chapter 1.
"He woke up from dreaming and put on his shoes, starting making his way past two in the morning.
He hasn't been sober for days
."

Alfred si alzò dal letto, incapace di addormentarsi. La camera era avvolta dalle tenebre e dal silenzio, salvo l’occasionale auto che si sentiva passare sulla strada. La sveglia sul comodino segnava le due passate, e a guardarla al ragazzo sfuggì un sospiro. Non era la prima notte che faceva fatica a prender sonno, e andando avanti così si sarebbe addormentato di nuovo a scuola prendendo un’altra punizione - e non poteva assolutamente permetterselo, se voleva passare l’anno senza problemi. Inoltre, se avesse continuato ad addormentarsi in classe quasi quotidianamente i professori si sarebbero insospettiti e avrebbero richiesto un colloquio con sua madre, e non voleva infliggerle preoccupazioni ulteriori a quelle che lei già aveva di suo. Questa storia rischiava sul serio di diventare un problema, se non l’avesse risolta immediatamente, il che voleva dire risalire alla sua causa ed estirparla. Purtroppo era praticamente impossibile fare ciò.

Quello che gli impediva di dormire, oltre alle opprimenti preoccupazioni sempre presenti nella sua testa – a cui però s’era abituato, sicché era da quando suo padre era andato via che ci conviveva – erano i suoi sogni. Da quando aveva incontrato quello strano ragazzo biondo alla tavola calda non aveva smesso di sognarlo, ogni notte. I suoi occhi scintillavano nel buio del suo subconscio e il suo sorriso lo incantava, quasi fosse un serpente velenoso che cercava di attirarlo nella sua trappola. Era piuttosto strano, in verità, dal momento che il suo sorriso non l’aveva mai veramente visto, ma era la cosa che più gli sembrava reale, anche dopo essersi svegliato.
Al di là della presenza di quel ragazzo senza nome, i sogni continuavano a cambiare, a cominciare dall’ambientazione. In alcuni, entrambi si trovavano in un campo di quello che sembrava granturco e il ragazzo sorrideva radioso, mentre lo abbracciava con affetto e lo ricopriva di parole dolci (“Alfred, ti voglio bene più di ogni altra cosa al mondo, Alfred, staremo sempre insieme”, “Alfred, ti proteggerò”, “Alfred, Alfred”); in altri, il ragazzo piangeva, in ginocchio nel fango, guardandolo con uno sguardo che chiedeva “perché”. In altri ancora il ragazzo correva e lo incitava a inseguirlo, le sue risate che si perdevano nell’aria cristallina. Non sapeva dare una spiegazione a tutti questi diversi scenari e atmosfere, ma gli facevano paura. Si svegliava sempre sudato e spesso con le palpebre appiccicate tra di loro, come se avesse pianto fino a pochi momenti prima.
Tutto questo non solo gli turbava il sonno, ma lo inseguiva anche durante il giorno. Spesso a scuola o alla libreria dove lavorava part-time* si ritrovava a pensarci, distraendosi da ciò che doveva fare e combinando pasticci. E anche questo era piuttosto problematico, perché i suoi voti dipendevano dalla sua attenzione e il suo lavoro gli serviva e non poteva rischiare di perderlo. In sintesi, malediva il giorno in cui aveva incontrato quella persona che ora gli stava causando così tanti problemi.
Sospirò di nuovo. Non aveva senso farsi rodere il fegato da quell’incontro in quel momento in cui aveva solo voglia di dormire, così decise di alzarsi e uscire un momento a fare una corsa, per stancarsi al punto da crollare addormentato nell’istante in cui avesse poi toccato il letto. Non era sicuro che avrebbe funzionato, ma valeva la pena provare.
In ogni caso, non aveva nulla da perdere, e rimanere a letto fissando il soffitto avrebbe finito solo per farlo uscire di testa, quindi si infilò le scarpe velocemente e si lanciò giù per le scale, cercando di fare il minimo rumore possibile per non svegliare sua madre. Come lei riuscisse a dormire così beatamente non lo avrebbe mai capito, dato che di giorno sembrava ancora più disperata e perseguitata dagli incubi di lui, ma probabilmente era anche molto più stanca: ogni giorno si spaccava la schiena per far andare avanti la famiglia, e nonostante lui cercasse di dare una mano, un diciassettenne senza alcun titolo di studio né abilità particolari non brillava certo di utilità per un datore di lavoro. Era già stato fortunato a trovare posto alla libreria, e probabilmente non sarebbe neppure stato assunto se non fosse stato per il suo aspetto che attirava le ragazze. Era una visione piuttosto scura della sua vita, ma purtroppo era la realtà dei fatti. A volte ci pensava e si chiedeva se sarebbe mai arrivato da qualche parte, se avrebbe mai fatto qualcosa di realmente importante. Si sentiva un inetto di fronte all’immensità del mondo e dell’universo. Lui non era nessuno, dopotutto.  Era solo un’altra persona che dopo 80/90 anni di vita sarebbe morta, lasciandosi alle spalle solo rimpianti e un’esistenza insoddisfacente. Questi dubbi lo perseguitavano, e a volte credeva davvero che davanti a lui nulla si prospettava se non una vita infelice. Poi però pensava a sua madre. A lei, che anche dopo un’intera giornata di lavoro tornava a casa, e con gli occhi stanchi e rossi e un po’ disperati gli sorrideva come se lui fosse il sole spuntato dopo mesi ininterrotti di pioggia. Una volta gliel’aveva proprio detto, “tu sei il mio sole personale. Non te ne rendi conto, Al, ma tu mi illumini le giornate. Tutti meriterebbero di vedere la tua luce.” Quel giorno non c’aveva dato molto conto, ritenendoli soltanto i discorsi affettuosi di una madre, ma dopo aver incontrato quel ragazzo aveva iniziato a chiedersi se magari avrebbe potuto illuminare anche il suo, di mondo, perché sembrava troppo scuro per viverci bene.
Scosse la testa e cominciò a correre più velocemente. Si stava perdendo nei suoi pensieri, ed era uscito a fare una corsa proprio per evitarlo. Faceva sempre più freddo, e l’aria notturna di ottobre gli penetrava nelle ossa facendolo rabbrividire. L’unica luce che illuminava il marciapiede era quella dei lampioni, giallastra e fredda, che dava al tutto un’atmosfera vagamente inquietante. Guardandosi intorno, decise che avrebbe corso per qualche isolato, fino al parco del quartiere, e poi sarebbe ritornato indietro. Non ci teneva a star fuori di notte da solo molto a lungo; sebbene fosse un quartiere residenziale, c’era sempre il rischio di fare incontri poco simpatici.
Nonostante questo, si stava godendo il silenzio notturno e la solitudine, situazione assai diversa rispetto al giorno, quando la strada era gremita di persone con le facce scure che correvano di qua e di là, senza badare a nulla di ciò che avevano intorno. Sentiva sempre un peso nel cuore, quando aggirandosi per la città vedeva le persone camminare avendo solo la propria meta in testa, ignorando tutto ciò che di bello c’era da vedere nel percorso per arrivarci. Era triste. “La vita,” lui pensava, “è bella se hai occhi per guardarla. Non c’è gusto a vivere da ciechi.”
Era solo il suo parere però, e sapeva bene che molti non concordavano. Erano tutti troppo impegnati per fermarsi a osservare le cose belle, troppo presi dal lavoro e dagli impegni.
- Le  persone vanno troppo di corsa, - disse il ragazzo, pensando ad alta voce, e sospirò di nuovo amareggiato. Più il filone dei suoi pensieri andava avanti, più gli sembrava che la vita fosse grigia.
Rallentò il ritmo, vedendo in fondo alla via il parco che s’era prefissato come punto d’arrivo, finché non sentì una voce e si fermò del tutto.
- ...non te lo permetto, mi dispiace! -  urlò una voce maschile, seguita dal rumore di uno schiaffo, - Tu sei mio! -
- Io non appartengo a nessuno e non accetto ordini da nessuno! Lasciami in pace, pazzo psicopatico! – rispose un’altra voce, sempre maschile. Una voce che aveva già sentito. Entrambe provenivano da un vicolo, e lui si sporse per vedere chi fosse che stava urlando a un’ora così tarda. Ciò che vide lo fece quasi sussultare – si trattenne solo per non farsi notare. Una delle due persone era il ragazzo biondo, con una guancia arrossata, la testa bassa e i pugni stretti in una posizione difensiva. Sebbene non riuscisse a vederne bene il viso, era certo si trattasse di lui. Indossava la stessa catena al collo, con un lucchetto come ciondolo, e aveva comunque riconosciuto la voce.
L’altro invece non l’aveva mai visto prima: era un ragazzo alto, moro, di bell’aspetto, ma con un’espressione rabbiosa sul volto che faceva paura. Gli occhi grigi scintillavano d’ira. Alfred non sapeva come facesse il biondo a essere il bersaglio di quello sguardo senza tremare; invece lui non sembrava spaventato quanto combattivo e pronto a scattare, se necessario. Il moro gli afferrò un braccio, tirandolo verso di sé con forza.
- Che hai detto? Prova a darmi del pazzo di nuovo, piccolo stronzetto, e ti pentirai di avermi mai contrastato. Ora tu verrai con me e farai il bravo bambino, d’accordo? -
L’altro alzò la testa e annuì, senza dire una parola. Il moro sorrise soddisfatto e allargò la presa per un istante, quanto bastò per il biondo per liberarsi e tirargli un calcio all’inguine, scappando subito dopo. Corse via dal vicolo con tutta l’energia che aveva in corpo, passando vicino ad Alfred senza neanche rendersene conto. Lui non provò neppure a fermarlo, temendo che poi li avrebbe beccati il moro, ma si nascose sfruttando il buio. Osservò il ragazzo dagli occhi grigi, che intanto era piegato in due dal dolore, lo sguardo fisso verso la bocca del vicolo.
- Vaffanculo, troia! Quando ti trovo te la faccio pagare! – gridò, pieno di rabbia, cercando di seguire il biondo fuggitivo. Alfred decise di aver visto abbastanza e si allontanò in silenzio, la sua mente più sveglia che mai. Non capiva cosa aveva appena visto.
Chi era quel ragazzo? Che c’entrava con quello nei suoi sogni? Perché stavano litigando a quell’ora, in quel vicolo? C’era solo una lunga lista di domande senza risposta, e più ci pensava più ne usciva confuso. Aveva paura di essersi invischiato in qualcosa di pericoloso, a giudicare dal piccolo alterco a cui aveva appena assistito. Il ragazzo biondo che gli era sembrato così dolce, fragile e disperato l’ultima volta aveva dimostrato d’essere molto più insidioso di quel che credesse. Evidentemente s’era sbagliato, però sentiva che c’era qualcosa che non quadrava in tutto l’episodio. Non sapeva cosa, ma aveva intenzione di scoprirlo. Il biondo doveva nascondere un segreto molto più profondo di quello che lui aveva immaginato, che magari era anche la ragione per il suo sguardo triste. Così Alfred decise. Sapeva di star rischiando, ma avrebbe rivelato il segreto di quello strano ragazzo dagli occhi verdi e avrebbe riportato la luce nel suo sguardo e nella sua vita. Sarebbe stato quel sole di cui sua madre era orgogliosa. Se avesse potuto cambiare la vita di una persona in meglio, l’avrebbe fatto, al diavolo i rischi. Dopotutto voleva cambiare il mondo, e aveva trovato un punto da cui cominciare.

N/A: *Citazione improbabile di Sekai-Ichi Hatsukoi. Il mio personaggio preferito di quella serie - Yukina - lavora in una libreria, e siccome nella mia mente lui e Alfie si assomigliano da morire, il passo è stato breve ahahah. #muor
  
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