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Autore: scrittrice in canna    28/06/2014    5 recensioni
“Dove mi trovo?”
“Al Washington General Hospital. Era caduto in coma dopo un’incidente d’auto.”
“Incidente d’auto? Non ricordo.”
“Agente DiNozzo, stia tranquillo, è perfettamente normale che…”
“Agente? Di chi sta parlando?”
Genere: Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Anthony DiNozzo, Leroy Jethro Gibbs, Un po' tutti, Ziva David
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Tiva everywhere.'
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Gibbs fu chiamato dal suo agente, arrivò alla velocità della luce in sala autopsie e vide la donna che continuava a dire: “Questo non è mio figlio!” indicando il corpo con le lacrime agli occhi: “Allora dov’è lui?” chiese adirata parlando con Gibbs che cercò di calmarla dicendo: “Lo troveremo, stia tranquilla. Verrà contattata non appena scopriremo qualcosa.” Avevano un caso particolare per le mani, non sarebbero potuti tornare a casa finchè non avrebbero trovato un senso a quella storia così Jethro prese il telefono e compose un numero, aspettò finchè non ottenne una risposta: “Rachel Cranston, come posso aiutarla?”
“L’agente DiNozzo.” Disse l’altro uscendo dalla sala autopsie.
“Agente Gibbs, mi dica.” La donna si sedette.
“Oggi i miei agenti non posso tornare a casa…”
“Ma lui deve riposare.” Lo interruppe lei.
“… lo so!”  Rispose annoiato.
“Non può lasciarlo in ufficio, sarebbe bene che vedesse qualche sua vecchia conoscenza, che so… un compagno del college, magari potrebbe andare a bere un drink con lui una volta che gli avrete spiegato la situazione.” Gibbs si sentì soddisfatto della risposta che ottenne, ora il suo interesse primario era trovare qualcuno di abbastanza maturo che potesse portare Tony in un pub non molto lontano, magari uno in cui il gestore era una faccia nota, in modo che lo tenesse sott’occhio.
“Un ragazzo risvegliatosi da un coma può andare a bere un drink?” chiese scherzosamente.
“Di solito no, ma si tratta di DiNozzo, vedrà che non far sciocchezze.” Lo rassicurò Rachel.
“Ne sono convinto, doc.” staccò la chiamata e prese l’ascensore per salire all’open-space portando il suo agente con se. Una volta arrivati irruppe nel silenzio ordinando: “McGee, voglio sapere tutto su James Rowan. DiNozzo, inizia ad andare in sala interrogatori. Ziva…” si avvicinò alla ragazza e bisbigliò: “Cerca qualcuno di affidabile che è rimasto in contatto con DiNozzo dal college, prova con la sua agenda.” Si allontanò per andare da Tony che girava spaesato cercando la strada per la sala interrogatori, magari non ricordava proprio tutto, ancora.
 
Quando furono abbastanza lontani Ziva sgattaiolò alla scrivania di fronte, prese un librettino in pelle nera: l’agenda. Tornata al suo posto cominciò a sfogliarlo: all’interno c’erano principalmente nomi femminili, un classico, provò con un paio di persone fino ad arrivare al suo ex compagno di stanza: John Baker, sposato, due figli di due e cinque anni, impiegato statale e niente precedenti penali. Ziva lo trovò perfetto, così lo chiamò e lo informò della situazione, John disse solo: “Non sento Tony da quando lavorava a Baltimora, ma mi farebbe molto piacere rivederlo, lo vengo a prendere sta sera a casa sua, verso le otto, se è così gentile da lasciarmi l’indirizzo.”
“Nessun problema…” sentiva che sarebbe stato utile e che, magari, quella sera Tony sarebbe tornato a casa con dei ricordi in più e delle cose da confessarle.
 
La serata arrivò molto velocemente, Tony aveva condotto un buon interrogatorio anche se la madre non li aveva aiutati e, come previsto, alle sette e mezza erano ancora tutti in ufficio. Gibbs era stato ovviamente informato dell’appuntamento di Tony quindi lasciò lui e Ziva andare per poter raggiungere John che aveva già fatto fare uno squillo al telefono della ragazza per informarla che sarebbe stato all’appartamento dell’amico di lì a breve. Raggiunsero la Mini di Ziva in silenzio, non avevano molte occasioni di parlare durante il giorno ma non avevano intenzione di farlo in quel momento, non che ci fosse imbarazzo tra i due, anzi quel silenzio era confortevole, gli accarezzava dolcemente le orecchie ed era bello restare muti, lasciando spazio alle parole che i loro sguardi si scambiavano ad ogni semaforo rosso e ai sorrisi appena accennati, tutto ciò sapeva di complicità. Era sempre stato così, le parole non erano mai veramente servite perché i loro occhi parlavano solo per loro due, come un loro codice segreto che nessun’altro poteva capire ed era sempre bastato..
Arrivarono a destinazione in poco tempo, salutarono l’ex compagno che si presentò per niente imbarazzato dagli anni di lontananza: “John. Ero il tuo compagno di stanza al college.” Disse sorridendo, Tony strinse la mano all’uomo leggermente stempiato e cercò l’approvazione di Ziva che sorrise e annuì da dietro le spalle di John, il ragazzo si sentì meglio e acconsentì a salire in macchina con lo sconosciuto, ma non prima di aver salutato la collega: “Ti trovo a casa quando torno, vero?” Ziva sorrise e rispose: “Certamente. Lascia il cellulare acceso.” Gli raccomandò come una madre preoccupata.
“Sta’ tranquilla.” Disse arruffandole leggermente i capelli. Lo faceva, a volte, prima dell’incidente. Il cuore della ragazza si fermò e ripartì solo quando sentì il suo telefono suonare e l’auto era ormai lontana.
“Gibbs, dimmi.” Rispose Ziva salendo sulla Mini.
“Dove sei?”
“Sto arrivando.” Rispose lei mettendo in moto.
“Lascia stare. Va a casa e riposati, a DiNozzo ci penserà McGee.” Le consigliò.
“No.”
“No?” ripeté l’uomo sconcertato.
“Mi ha chiesto di restare sta notte.” Spiegò Ziva.
“Perché ho due agenti così testardi?!” Si chiese Gibbs staccando la chiamata, Ziva lo prese come un “Okay.”, scese dalla macchina e salì i due piani, forzò la serratura, richiuse la porta e si sedette sul divano aspettando il ritorno di Tony.
 
Il pub che aveva scelto John brulicava di gente, non ci sarebbe stato modo di muoversi dal bancone, ma lui non era un tipo a cui piaceva ubriacarsi, preferiva semplicemente prendere una birra e farsela bastare per tutta la serata e, in fondo, aveva sempre retto bene l’alcool, quasi meglio di Tony che stava seduto sullo sgabello accanto al suo con un bicchiere di martini - rigorosamente agitato, non mescolato - e che aveva cominciato a fargli un paio di domande come: “Quindi ci conosciamo dal college, come mai non siamo rimasti in contatto?” ottenendo risposte come: “Dopo che sei andato a Baltimora per lavorare alla omicidi ci siamo sentiti per un po’… poi più nulla. Io ero fidanzato e stavo per sposarmi.” Da qui erano passati attraverso tentativi di ricordare: “Oh, me la ricordo. Si chiamava… Giulia?”.
“Katrin.” L’aveva corretto John.
“Giusto… state ancora insieme?” chiese allora Tony.
“Sì. Abbiamo due bambini: Eleanor e Michael.” Rispose mostrando l’immagine dello schermo del suo smartphone: la moglie e i due figli in una gita in campagna. Sembravano molto felici e Tony pensò se mai sarebbe riuscito ad avere quello di cui il suo ex compagno di college gli stava parlando: una famiglia.
“Sono bellissimi.” Ammise ancora intontito dal pensiero che dentro di lui c’era un bisogno spasmodico di essere felice come lo era lui e, per qualche minuto, invidiò quell’uomo dal fisico tutto meno che atletico, dalla carente capigliatura e dal lavoro modesto. Eppure lui era Anthony DiNozzo: un agente federale con un fisico e dei capelli invidiabili e un’agenda piena di nomi e numeri di splendide, giovani ragazze, ma non riusciva a farne a meno, in quel momento avrebbe rinunciato a tutto per avere una donna che lo amasse e che amava e dei figli da poter viziare.
“Tu, invece?” si risvegliò dai suoi pensieri e tornò alla realtà, rispose: “Single.”
“Quindi con Wendy non ha funzionato?”
“Wendy?” chiese Tony non capendo.
“Oh, giusto… scusa. Stavi per sposarla quando lavoravi a Baltimora, non ho mai saputo come è andata a finire.” Spiegò. Tony si illuminò, c’era una donna che avrebbe voluto veramente costruire una famiglia con lui? Se lui stava per sposarla doveva amarla molto.
“Guarda, è proprio lì. Non è cambiata molto, credo sia proprio lei.” Disse John indicando una ragazza dall’altro lato del bancone, l’agente non ci pensò un attimo, si alzò e si avvicinò alla ragazza: “Wendy?” la chiamò poco sicuro, lei si girò sorridendo: “Tony, quale onore.” Fece un giro completo sullo sgabello per poterlo guardare meglio, lui la squadrò da capo a piedi: era bella, striminzita in un abitino da cocktail verde scuro e capì perché era stato attratto da lei. John li raggiunse per tenere l’amico sotto controllo e la salutò: “Ciao Wendy, sono John. Ti ricordi? Andavo al college con Tony.” Lei distolse lo sguardo dal ragazzo che l’aveva avvicinata per stringere la mano all’altro uomo che lei ricordava bene, stringerli la mano e sfoggiare un sorriso carismatico, gli fece le solite domande di rito: “Come sta tua moglie? Alla fine avete avuto dei bambini?” lei sapeva che John aveva sposato una delle sue più care amiche, ma non si concentrò molto su di lui, voleva parlare con Tony, aveva bisogno di parlare con Tony, ma quando cercò di farlo chiedendo: “Allora. Che mi racconti? Niente di nuovo all’NCIS?” e lui rispose schietto: “In effetti sì: ero in missione con la mia collega quando abbiamo avuto un incidente. Mi sono svegliato dal coma pochi giorni fa e non ricordavo chi fossi. Se non fosse stato per i ragazzi non so dove sarei ora.” A Wendy si gelò il sangue nelle vene e si chiese se era ancora così convinta del voler parlare con lui, poi lo vide sorridere e si disse che sì, ne era ancora convinta e dopo i soliti: “Oddio, deve essere stato orribile!” e “Come va adesso?” aveva chiesto: “Ti sei deciso a dichiararti a lei?” in realtà voleva solo sapere se era ancora single e apparve abbastanza evidente ad entrambi i ragazzi.
“Lei? Non so di chi stai parlando.” Chiarì Tony sedendosi allo sgabello accanto e urlando: “Due martini, grazie.” Sotto il sorriso di Wendy.
 
Ziva aveva cominciato a guardare dei film senza guardarli davvero, aveva sistemato la casa, dato da mangiare a Kate e, alla fine, cominciato a preoccuparsi: perché non tornava? Erano circa le tre di notte e lui non si era fatto vivo, non aveva risposto al telefono nelle ore precedenti e non l’aveva fatto nemmeno John. Se solo avesse saputo dove si trovava sarebbe andata per assicurarsi che stesse bene e poi strangolarlo con le sue stesse mani, che aveva cominciato a rosicchiare, si fermò: lei non si era mai rosicchiata le unghie, non era mai caduta in un tale stato di ansia, o forse sì, qualche volta, sempre per colpa sua.
Non poteva continuare così.
Decise di sdraiarsi mettendo una delle sue felpe, molto simili a quella di Gibbs con cui aveva dormito la sera prima, si tolse la maglietta c per indossare la felpa più piccola che aveva trovato, ma che le stava comunque enorme, si sdraiò nel divano in modo che, quando Tony fosse tornato, avrebbe potuto sdraiarsi nel suo letto e dormire. Provò per una buona mezz’ora a chiudere occhio, ma era inutile, non ci riusciva e il profumo impregnato in quella maglia la faceva solo distrarre di più. La tolse restando in canottiera, faceva spaventosamente freddo per essere quasi a Maggio, ma non se ne curò e riprovò a prendere sonno, sempre in vano. Si rimise la felpa, si sedette su divano e chiese: “Tony, dove sei?” anche se sapeva che non avrebbe ricevuto risposta.
 Intanto, in una casa lontana da quella in cui Ziva si stava angosciando, Tony abbracciava Wendy nella sua camera da letto, sorridente nel sonno.






 
Scrittrice in canna's corner
con l'estate tornano anche i miei orari completamente anormali! (erano mai andati via?) Sono le 2.35 (2.37, per l'esattezza) e sto aggiornando prima che il mio PC segnali la sua morte urlando "BASTA LEGGERE FANFICTION, DAMMI UN CARICABATTERIE!" uuh potrei scriverci una OS :D
Anyway volevo portare una ventata fresca alla storia altrimenti sarebbe stato tutto: NCIS, casa di Tony, NCIS, casa di Tony e NO, grazie. Quindi mi sono scervellata per trovare questo colpo di scena! (Due giorni ci ho messo a impostare tutto. DUE) :D Vi avevo promesso del Tiva? Well... Nope. Sorry. Spero vi sia piaciuto lo stesso hahaha giuro che Ziva smetterà di soffrire... prima o poi...
tutta colpa di Meggie90, ti avevo detto che avrei architettato qualcosa di perfido, no? Muahaha dooolce vendetta :3
*voce da lettrice delle pubblicità dei medicinali* per chi non sapesse di cosa sto parlando, andate a cercare Meggie90 e leggete la sua ff: "I'm not giving up on you" 
Be'? Che aspetti? Sei ancora qui? Su, Su. MUOVITI! VAI A PIANGERE, VIA!
Il mio computer reclama lo spegnimento... e anche il mio cervello.
Lalia tov a tutti.
vostra
scrittrice in canna
   
 
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