End
up here
Il
giorno dopo, mi svegliai tardi. La sera prima
avevamo continuato a fare i cretini fino a tardi, con corse
improvvisate e
giochi intramontabili come nascondino. Avevamo riso fino a star male,
durante
l'ora passata a nasconderci.
Toccava
a Michael a contare. Luke ed io avevamo deciso di nasconderci in posti
vicini
ma diversi: io dietro ad un albero, lui nella casetta dello scivolo.
Quando lo
vidi salire, tentai di avvertirlo, ma arrivai tardi: aveva
già battuto la testa
sul soffitto a misura di bambino. Mi dovetti trattenere dal ridere,
mentre lui
urlava senza voce e si mordeva una mano per non farsi scappare nessun
grido
vero. A parere mio, stava lanciando tante imprecazioni che uno
scaricatore di
porto sarebbe arrossito, a confronto con lui.
Era
buio, la "tana" era l'unico lampione funzionante, dove Michael stava
contando fino a cento, piuttosto velocemente. Quando urlò:
"Arrivo!",
mi feci piccola piccola contro il tronco. Luke sbirciava dalle fessure
fra una
lastra di legno e l'altra e mi avvertiva quando Michael si avvicinava.
Vedevo
chiaramente Madison, che aveva scelto il nascondiglio migliore,
così ovvio da
essere imprevedibile: si era legata i capelli in una crocchia insolita
per lei
e si era messa un coprispalle. Era seduta su una panchina, dando le
spalle a
Michael, che non si era accorto di niente, scambiandola per qualcun
altro. Mi
sporsi dal mio nascondiglio, giusto per vedere Michael che andava nella
direzione opposta alla nostra. Era ancora troppo vicino al lampione per
uscire
allo scoperto, ma Luke non sembrava di questo parere: mentre Michael
non
guardava, scese lungo lo scivolo, rimanendo incastrato a
metà. Lo sentii
sussurrare frenetico: "Mi prendi in giro?!" prima di alzarsi in
fretta e correre verso il lampione, l'erba umida che attutiva i suoi
passi.
Pensava di avere campo libero, ma non fu così: Michael
iniziò a girarsi,
scrutando il parco in ogni anfratto. Luke si buttò, stile
tonno spiaggiato,
sull'erba, rimanendo immobile. Stavo per scoppiare a ridere e vedevo
anche
Madison fare lo stesso, mentre Luke avanzava come un militare in
trincea mentre
Michael non guardava. Improvvisamente, vidi Ashton uscire dal suo
nascondiglio
e correre verso la tana. Sgranai gli occhi, allarmata: non si era
accorto di
Luke. Cercai di attirare la sua attenzione, ma non ci riuscii e lui
calpestò la
mano del mio ragazzo, che urlò. Ashton si prese un infarto
come minimo e gridò
a sua volta, mentre saltava per aria e cadeva a terra. Michael si
voltò verso
di loro, che si appiattirono a terra, agevolati dall'essere vestiti di
nero.
Stava per avvicinarsi a loro, quando con un urlo di guerra Manuela
sbucò fuori
dal suo nascondiglio e corse verso il lampione. Michael
tentò di precederla,
mentre Luke mimava insulti ad Ashton, che cercava di non ridere. Vedevo
la sua
schiena attraversata da singulti e capii che stava ridendo in silenzio.
Improvvisamente, Calum sbucò dal suo nascondiglio,
approfittando di un Michael
distratto. E, come Ashton, si diresse verso Luke. Vidi quest'ultimo
sgranare
gli occhi, come Ashton, e terrorizzato cercare di attirare la sua
attenzione.
Invano: Calum inciampò sulle sue gambe, cadendo su Ashton.
Urlarono tutti e
tre, Calum per lo spavento, Luke e Ashton per il dolore. Non mi
trattenni più e
scoppiai a ridere, imitata da Madison e Carol, nascosta dietro un
albero poco
lontano da me. Michael e Manuela - che intanto era riuscita a salvarsi
- si
voltarono verso di loro, osservando la massa informe a terra. "Ma
che...?!" fece Manuela, illuminando col cellulare la scena. Calum era
steso di traverso, con le gambe addosso a Luke e il petto su Ashton. I
due
sotto gemevano doloranti. Si guardarono un attimo e scoppiarono a
ridere,
imitati da Michael e Manuela.
"Chiedo
il time out! Mi arrendo! Bandiera bianca!" esclamò Luke,
sofferente. Io mi
avvicinai a lui, ancora scossa dalle risate. "Stai bene?" chiesi. Lui
mi guardò inarcando un sopracciglio. "Ho preso una testata
degna di Willy
il Coyote. Mi sono buttato di pancia a terra. Ho perso l'uso della
mano. Calum
è inciampato sulle mie gambe. Direi che va tutto bene" fece.
Io risi di nuovo.
"Era una scena epica, però" dissi. Lui sembrò
pensarci su. "Sì,
direi di sì" rispose ridacchiando.
Ripensai alla scena della sera prima e mi misi a ridere da sola. Non
era stata
l'unica, ma di sicuro una delle migliori. Avevamo avuto anche la prova
che la
punizione divina esisteva.
Stavamo camminando in una piazza piccola,
circondata da palazzi, dietro al parco. La zona centrale era composta
da
robuste grate anziché mattonelle color cipria come tutto il
resto della piazza,
ed era circondata da un basso muretto, interrotto in quattro punti da
due pali,
uniti da una catena. Noi ragazze scavalcammo il muretto, avendo i
tacchi e non
volendo rovesciare il gelato che avevamo preso. Io avevo in mano una
granita,
come Luke: il mio odio per il gelato sciolto lo aveva contagiato.
Mescolai
ancora la granita due gusti: limone e coca-cola. Il sapore era identico
ad una
Pepsi. Anche Luke l'aveva presa come me. Carol, invece, arancia e
limone.
Calum
esibiva un enorme cono gelato, al cioccolato, stracciatella e nutella,
con
panna montata sopra. Una bomba di calorie, in poche parole. Di quelle
che ad
ogni morso portano dieci chili.
"Io ti odio!" fece Madison, osservando il gelato. "Perché?"
chiese Calum, perplesso. "Perché mangi sempre, ma non
ingrassi!! Non è assolutamente
giusto!!" rispose lei disperata, facendoci ridere.
Noi ragazze avevamo scelto la via facile e sicura per il centro della
piazza. I
ragazzi, come tutto il genere maschile, sentirono però il
bisogno di fare gli
splendidi. Si misero quindi a saltare la catena bassa che separava la
zona
delle grate dal resto. Ashton e Michael non ebbero problemi. Quando
toccò a
Luke, però, Calum diede un calcio alla catena, facendola
alzare di una decina
di centimetri. "Calum!" urlammo tutti, allarmati. Luke avrebbe potuto
farsi male, ma fortunatamente non successe niente. Luke si
voltò torno verso
Calum. "Ringrazia che ho la granita in mano o ti avrei già
ucciso."
fece truce. Calum ridacchiò prima di leccare il gelato...
Trovò il vuoto. Si
voltò verso il cono, dove dovevano esserci diecimila calorie
concentrate,
trovando solo la cialda. Sgranò gli occhi quando
realizzò che il gelato era a
terra, irrimediabilmente spiaccicato. Urlò di orrore,
cadendo in ginocchio di fianco
al cadavere, mentre tutti noi scoppiavamo a ridere. "È la
punizione
divina!" fece Madison.
A quei ricordi, scoppiai a ridere. Sentii un mugolio infastidito e
notai che
Luke era accanto a me, ancora addormentato. Era tutto accucciato, senza
coperta.
Mi mordicchiai il labbro quando realizzai di essermi avvolta a bozzolo
in essa,
rubandogli la sua parte. Mi "debozzolai", come diceva Carol, e lo
coprii. Subito lo vidi distendersi di un paio di centimetri. La
coperta, grazie
a me, era calda, e doveva essere un bel sollievo dopo essere rimasti al
freddo
tutta la notte. "Scusa" sussurrai, sapendo che non avrei ricevuto
risposta. Mi sorpresi, quindi, quando Luke borbottò:
"Tranquilla."
"Da quando sei sveglio?" chiesi sorpresa. "Da quando hai riso"
fece lui, ancora con la voce impastata dal sonno. "Ops" feci io. Lui
liquidò la questione con un gesto della mano. "Che ore
sono?" chiese.
"Le tre" feci io. "Di notte?!" esclamò sorpreso. "No,
di pomeriggio" risposi perplessa. Lui scattò a sedere. "Non
so quale
delle due sia peggio" fece, basito. Avevamo dormito tanto? Seriamente?
Ci
alzammo e ci dirigemmo in cucina, dove c’erano
solo Michael e Ashton. Probabilmente, le ragazze erano in giro. In
quanto a
Calum, c’erano due possibilità: o stava dormendo,
o stava celebrando il
funerale del suo gelato.
“Oh,
buongiorno, ragazzi. Ancora un po’ e ci
perdevamo l’ultimo round di stasera” fece Michael,
alzando appena lo sguardo
dal foglio. Ashton era di fianco a lui. “Che fate?”
chiesi. “Cerchiamo l’ultimo
verso per questa canzone” rispose quest’ultimo,
scocciato. “Ancora con End up here?”
fece Luke. Loro annuirono
e io li guardai interrogativa. “Ti spiego: è una
canzone che scrivono da non so
quanto tempo. Sappiamo la musica a memoria e le parole che ci sono, ma
manca
quella parte piccola che la rende speciale. E loro si stanno fondendo
il
cervello da troppo, per i miei gusti” fece Luke, mettendo su
l’acqua per
prepararsi una camomilla. “Vuoi?” chiese. Io
annuii, avvicinandomi al testo. Lo
lessi in fretta, mentre chiedevo loro di darmi un’idea di
come fosse la
melodia. Ashton chiamò Calum – che si
rivelò essere in sala – e gli spiegò
tutto, mentre Luke cercava sul cellulare quella che doveva essere la
base
musicale. Mi ritrovai a tenere il tempo con un dito, mi piaceva. Un
po’ come
tutte le loro canzoni, ovviamente, ma questa aveva qualcosa di
particolare.
Iniziarono a cantare, a bassa voce per non dar fastidio ai vicini. Il ritornello mi piaceva tantissimo.
How did we end up talking in the first place?
You said you like my Cobain shirt
Now we’re walking, back to your place
You’re tellin’ how you
tought about that song
About living like a prayer
I’m pretty sure that we’re
half way there
But when I wake up next to you
I wonder how
How did we end up here?
Continuarono
a cantare, poi si interruppero per
qualche secondo, prima di ricominciare. Capii che era la parte che
mancava. Mi
grattai la testa perplessa, mentre la canzone finiva. “Prima
di tutto, siete grandi.
È stupenda!” dissi ammirata.
Loro sorrisero. “Se non fosse che manca quel cavolo di
pezzetto!” fece poi
Michael, disperato. Io mi alzai per prendere due tazze.
“C’è spazio per quattro
versi, vero?” chiesi. Loro annuirono. “Ci
penserò, ma non garantisco nulla” feci
ridacchiando. “Se ci riesci, non rispondo delle mie azioni.
È troppo tempo che
stiamo dietro a questa canzone!” rispose Ashton. Io versai la
camomilla – era
troppo tardi per mangiare bene, avremmo sbocconcellato in giro qualcosa
– nelle
tazze, canticchiando i versi. “Accidenti a voi, me
l’avete messa in testa” feci
scocciata. Loro si misero a ridere. “Se ti venisse in mente
qualche idea
geniale, ricorda che la parte è di Calum” mi disse
Michael. Io annuii, pensierosa.
“Adesso è una sfida, però!”
feci poi, cercando i versi giusti. “Non ridurti
come questi due disperati. Uno dei quali, non facciamo nomi, mi ha
distrutto la
mano ieri. Vero?” fece Luke, guardando torvo Ashton, che
scoppiò a ridere. “Ti prego,
la scena è stata da film!” esclamò lui,
mentre anche io e Michael ci mettevamo
a ridere. “Chiedilo alla mia mano!” rispose Luke.
“Stai bene? Vero che non ti
ho fatto male?” chiese Ashton, rivolto alla mano di Luke. Lui
la fece muovere,
mentre con una vocina acuta diceva: “No, mi hai solo
schiacciato col tuo dolce
peso.” Ashton alzò gli occhi al cielo.
“Mi stai dicendo che sono grasso? Sono
offeso!” fece con voce rotta da lacrime tanto fasulle quanto
la sua faccia. “Io
non ho detto niente, l’ha pensato la mano” rispose
Luke. “Certamente, e tu sei
un bravo ventriloquo” Ribatté Michael, inarcando
un sopracciglio. “Ah, ah, ah,
aspetta che rido!” fece Luke ironico. “Ragazzi, mi
sento un’esclusa” dissi.
Luke mi abbracciò, facendomi appoggiare a lui. Io mi
accoccolai contro il suo
petto, crogiolandomi nel calore che emanava e mugolando felice.
“Ragazzi, devo andare
all’ospedale” fece Ashton, alzandosi.
“Perché?!” chiedemmo in coro noi tre.
“Perché mi devono fare il controllo per il
diabete. Sapete, tanta dolcezza mi
fa male” rispose lui. “Ma vattene a quel paese, mi
stavo spaventando!”
esclamai. Lui mi fece una linguaccia.
Il
pomeriggio, io e Luke uscimmo da soli. Il
giorno prima eravamo passati davanti ad un negozio che non
frequentavamo da
tempo, ma che era rimasto nei nostri cuori, dalla prima volta. Mi
ricordavo con
le lacrime agli occhi quei momenti paradisiaci.
Esatto,
il negozio di caramelle.
Anche
quella volta, facemmo scorta. Io trovai le
fragoline e ne presi un sacco: le adoravo. Luke saccheggiò
il barattolo delle
angurie e delle strisce alla coca-cola, io quello delle stelle alla
frutta e
delle strisce multicolore. Altro che adulti seri e responsabili. I
bambini
presenti ci guardavano sconvolti.
Ci
nascondemmo di nuovo al parco, stavolta su un
albero. Fu problematico salire con i miei stivali, ma Luke ci mise
davvero un
sacco di tempo. “Quanto ci vuole?!” feci ridendo.
“Amore mio, io non sono una
scimmia!” fece lui, appeso ciondolante al ramo più
basso. Io mi sporsi verso di
lui. “Dillo ancora” gli chiesi.
“Cosa?”
“Come
mi hai chiamato.”
“Amore
mio, perché?”
“Perché
mi piace” dissi con fare tenero, tornando
sui rami più alti dell’albero. Luke
tentò ancora un paio di minuti, prima di
rinunciare. “Andiamo ad un albero con i rami più
bassi?” chiese. Io annuii,
scendendo e porgendogli la borsa. Il salto più alto mi
preoccupava, mi facevo
sempre male alle caviglie. Luke notò la mia indecisione e
mise giù la borsa. “Ti
prendo io” fece risoluto. Io lo guardai come se fosse pazzo.
“Ti ucciderei, è
meglio di no!” risposi. “Non voglio che ti faccia
male!” mi disse lui. “Ma ne
farei a te!”
“Tranquilla!”
“Luke!”
“Coco,
ti fidi di me se ti dico che riesco a
prenderti?” mi chiese con una faccia da cucciolo. Come potevo
resistere?!
Accidenti a quel suo potere. Mi avrebbe rovinato.
Mi
calai più che potevo, piegando le braccia. Il
salto era di un paio di metri, ma con i tacchi, anche se bassi, era un
suicidio. Quando non riuscii più a scendere, sentii le sue
braccia sotto le
ginocchia e sulla schiena, quasi a dire: “Ci sono, non ti
lascerò andare, sono
qui.” Questo mi diede il coraggio di lasciare la presa sui
due rami. Lui mi
prese stile principessa, barcollando un paio di secondi, prima di
riprendere
l’equilibrio. “Visto? Non era tanto
difficile” disse. Io sospirai di sollievo.
“Grazie” feci. Lui sorrise, prima di avvicinarmi al
suo viso e baciarmi
dolcemente. “Conosco un albero di ciliegie qui vicino. Ha i
rami bassi e ci si
sale facilmente. Ti alletta l’idea?” mi chiese poi.
I miei occhi si
illuminarono. “Le ciliegie sono mature?” chiesi.
“Non credo. È presto, ma
l’albero è sempre stato prematuro, quindi tanto
vale andare a vedere” disse,
mettendomi giù lentamente. Io presi la mia borsa e lo
seguii. “È lontano?”
chiesi. Lui esitò qualche istante, prima di rispondere con
un: “Naah” per
niente convincente. Come mai pensavo di non potermi fidare di quella
risposta?
Mezz’ora
dopo, mi diedi ragione da sola. “Luke,
non era vicino?” chiesi con i piedi doloranti.
“Perché ti sei messa i tacchi se
sapevi che ti saresti arrampicata sugli alberi?” fece invece
lui. “Te l’ho
detto mille volte che posso usare solo scarpe rialzate”
risposi. Avendo le
caviglie deboli, col tempo avevo iniziato a camminare male, e di questo
ne
risentivano caviglie, ginocchia, anche e schiena. Per sostenere
l’arcata, avrei
dovuto scegliere fra plantari o scarpe col tacco, anche piuttosto
basso: con
questo, se avessi camminato male, sarei caduta. Era una costrizione a
camminare
bene. Sentivo la mancanza di una paio di scarpe da tennis da quando
avevo
quattordici anni, ma le potevo usare davvero per poco tempo prima di
sentire
male di nuovo.
“Siamo
arrivati, è qua dietro” mi disse poi,
circondandomi la vita con un braccio. Io sospirai, appoggiandomi a lui.
Finalmente, vidi l’albero in questione e i miei occhi si
illuminarono: i rami
erano piegati dal peso dei piccoli frutti così scuri da
sembrare neri. Improvvisamente,
le mie gambe ripresero vita. Corsi verso i rami più bassi e
colsi un paio di
frutti. Ne porsi uno a Luke, che lo scrutò in cerca di
difetti, come feci io.
Sapevo bene che quegli alberi erano la preda preferita di bruchi e
merli. Non
trovandone, la morsicai. “Aspetta, non…”
tentò di bloccarmi lui. Non fece in
tempo: dal morso, schizzò fuori il succo, rosso intenso.
Somigliava in maniera
inquietante al sangue. Io mi scansai subito, per evitare alla mia
maglia rosa
confetto una fine orribile: una macchia di ciliegia non sarebbe andata
via
nemmeno a pregare. Il gesto brusco mi fece cadere il berretto grigio
nell’erba
umida. Probabilmente, di notte aveva piovuto. “Mi sono
dimenticato di dirtelo.
Devi mangiarle tutte in una volta, o puoi dire addio ai
vestiti” fece. Io mi
pulii il rivolo di succo che mi scendeva lungo il mento. “Lo
terrò a mente!”
risposi ridacchiando e cercando eventuali macchie. Fortunatamente,
avevo avuto
buoni riflessi. Raccolsi il berretto e me lo sistemai in testa.
“Le
ciliegie più buone sono sempre in alto” feci
poi, cercando un modo per superare tutti i rami che mi impedivano di
raggiungere il tronco. Trovai un varco, dove mi infilai, seguita da
Luke.
Appoggiai la borsa a terra e mi arrampicai senza difficoltà,
issandomi per raggiungere
il primo ramo. Anni di pallavolo mi avevano lasciato una certa forza
nelle
braccia, che non esitavo a sfruttare. In poco, raggiunsi i rami
più alti,
lasciando a Luke lo spazio per salire dopo di me. Alzai lo sguardo e
rimasi
incantata: centinaia di frutti scurissimi pendevano fuori dalla mia
portata.
“Coco, ce la fai ad avvicinarmi quel ramo?” chiese
lui, indicandomi una fronda
poco lontana da lui che partiva dal ramo su cui ero appollaiata. Io la
piegai
verso di lui, che raccolse le ciliegie in poco e le mise nel sacchetto
di
plastica che avevamo preso in più dal negozio di caramelle.
Io mi allungai,
raggiungendo tante altre ciliegie. Il sacchetto si riempiva sempre di
più,
nonostante ne stessimo scartando un sacco e mangiando altre.
Improvvisamente,
misi un piede su un ramo più sottile, per raggiungerne un
altro, carico di
frutti. “Coco, fai attenzione, è troppo
debole!” mi avvertì Luke. Io scesi,
curvando il ramo a cui ero aggrappata. Quando notai che tanti frutti
erano
difettati, lo lasciai andare. Questo fece cadere molte ciliegie,
soprattutto
sulla mia testa. Una, non si sa come, si infilò nella mia
scollatura. Sbuffai
scocciata e tirai il colletto della maglia per toglierla. Urlai di
orrore: non
era una ciliegia, bensì un ragno enorme.
“Coco?!” fece Luke sotto di me, mentre
io cercavo di far uscire quel mostro orribile dalla maglietta. Quando
ci
riuscii, il ragno cadde sul piede di Luke, che se lo scrollò
via in fretta.
Avevo il fiatone. “Scendiamo” feci solo, ancora
terrorizzata. Lui scese subito,
lasciandomi lo spazio per fare lo stesso. Mi allontanai in fretta,
mentre Luke
cercava di tenere il passo. “Che schifo!” esclamai
quando arrivammo ad una
panchina. Era stato orribile. Mi tolsi il cappello, alla ricerca di
qualche
essere tremendo. Non ce n’erano, per fortuna.
“Tutto
ok?” mi chiese Luke. Io scossi la testa.
Avevo ancora il cuore a mille. Lui mi abbracciò, tirandomi
sulle sue gambe.
“Tranquilla, è tutto a posto” fece. Io,
nel suo abbraccio, mi calmai poco a
poco.
Un
tuono ci interruppe. “Fino ad un attimo fa
c’era il sole!” esclamai sorpresa, osservando il
nuvolone nero che ci
sovrastava. Per un attimo, si illuminò di bianco, facendo
esplodere nel cielo
un rumore terribile. Sembrava che ci fosse scoppiato di fianco alle
orecchie.
Io e Luke saltammo, spaventati, in piedi. “Andiamo a casa,
fra un po’ piove” disse
lui. Io annuii e iniziammo a correre. Diciamo che quello che correva
era lui:
io mi lasciavo trascinare, troppo lenta per competere con lui.
“Luke, così
muoio!” dissi dopo un paio di minuti, già sfinita.
Lui si fermò,
mordicchiandosi un labbro. “Idea” disse poi. Prese
il cellulare e scelse una
canzone, che riconobbi alle prime note: Back
for you. “Corri piano, a tempo” mi
suggerì, iniziando a dare il ritmo della
corsa. Effettivamente, funzionava: la fatica si sentiva di meno, con la
musica
a fare da sottofondo.
Corremmo
per un paio di isolati, prima di essere
coinvolti in quello che sembrava il titolo di un film: Il diluvio
universale 2.
In dieci secondi, aveva iniziato a piovere come se non ci fosse un
domani. Ci
nascondemmo sotto un porticato, col fiatone. “Chiamiamo
qualcuno per venirci a
prendere?” chiesi. Lui annuì e composi il numero
di Ashton. “Pronto?” fece lui.
Dall’altra parte sentii una risata, probabilmente era con gli
altri a
divertirsi, in casa. “Ciao Ash, puoi venire a prenderci?
Siamo ai portici” feci.
“Perché? I piedi ce li avete, no?”
chiese lui confuso. “Sì, ma diluvia”
risposi.
Lui fece un verso sorpreso e sentii dei passi. Probabilmente si era
avvicinato
alla finestra. “Oh, porca…”
“Ash!”
“Scusa.
Arrivo subito, datemi cinque minuti” disse
lui, prima di mettere giù ridacchiando. Io scossi la testa.
Ashton era
probabilmente il mio migliore amico nel gruppo. Mi trovavo bene con
lui, quasi
fosse un fratello. Inoltre, Luke non era geloso. Per niente.
Ringraziavo tutti
i giorni ogni divinità esistente per questa cosa: sarebbe
stato scocciante se
Luke fosse stato uno di quelli “Sei solo mia, nessuno
può parlarti, non puoi
avere contatti umani all’infuori di me”. Anche per
questo era fantastico. La
gente diceva sempre: “Ne trovi uno su mille,
così.” Io avevo Luke. Manuela
aveva Michael. Madison aveva Calum. Carol aveva Ashton.
Nei
miei pensieri di prima mattina, quelli che
non hanno un senso logico nemmeno se lo cerchi, mi ero detta che se
avevamo
trovato quell’uno su mille in quattro, nel mondo
c’erano almeno 3996 ragazze
con un ragazzo inadeguato. Poi mi ero svegliata e mi ero data della
stupida da
sola per quei pensieri incoerenti.
Nel
giro di cinque minuti, Ashton parcheggiò
vicino ai portici. Salimmo in macchina, fradici per le gocce gelide di
pioggia,
e Ashton ci guardò con fare assassino. “Ho lavato
ieri la macchina. Io vi
uccido.” Noi ridacchiammo. “Non lamentarti. Pensa
se fossimo entrati in
macchina come quei due” fece Luke, indicando una coppia di
ragazzi, sotto un
ombrello striminzito che non serviva a niente. La ragazza sembrava
molto più
piccola di lui, ma stavano bene insieme. “Dai, sono fortunati
ad avere quel
coso rotto che un tempo doveva somigliare ad un ombrello”
commentò Ashton,
mettendo in moto. Io rimasi in silenzio, sdraiata con la testa
appoggiata alle
gambe di Luke. Nella mia testa rimbombavano tanti pensieri su quella
coppia
così diversa. Improvvisamente, balzai in piedi.
“Mi serve Calum!” urlai. Loro
mi guardarono come se fossi pazza. “Non guardatemi
così! Ho i versi di End up here!”
urlai. Loro sgranarono gli
occhi e Ashton accelerò. “Devo scriverli o li
dimentico!” esclamai, prendendo
il cellulare.
Arrivammo
a casa e ci fiondammo dentro. “Calum!
Michael!” urlò Ashton. I due si affacciarono
subito dalla sala, perplessi. Io
spiegai tutto e loro spalancarono la bocca. Michael mi porse il foglio
dove era
scritto il testo e io copiai i quattro versi, accennando a Calum la
melodia.
Lui canticchiò qualche secondo per ricordarla.
“Ok, ci sono” disse. Luke fece
partire la base musicale, ma Carol ci interruppe: “Ragazzi,
andate in garage. È
insonorizzato, potete urlare quanto volete.” Noi schizzammo
in garage, dove
Luke alzò il volume al massimo. Cantarono a squarciagola e
dovetti ammettere
che così era ancora meglio. Poi, arrivò il
momento della verità. Calum,
reggendo il foglio, iniziò a cantare:
Call me lucky ‘cause in the end,
I’m a six and she’s a ten
She’s so fit I’m insecure
But she keeps coming back for more
Finirono
di cantare e mi guardarono. “Se non
sapessi che Luke e Carol mi ucciderebbero, ti darei un bacio”
fece Ashton, con
un sorriso enorme. “E fai bene a pensarlo!” disse
Luke, anche lui entusiasta.
“Ma chi se ne frega! Un bacio te lo meriti!” fece
Calum, schioccandomene uno
sulla guancia e facendoci ridere. “Sei un genio!”
fece Michael esultante. “Va
bene, allora?” chiesi. “No, non va bene.
È semplicemente fantastica!” rispose
una voce alle mie spalle. Madison, Manuela e Carol erano esaltate,
sulla soglia
del garage. Manuela mi corse incontro e mi abbracciò,
sollevandomi. “Io ti
adoro! E adoro questa canzone!” urlò. Io mi misi a
ridere. “Anche io ti voglio
tanto bene, splendore!” feci, ricambiando
l’abbraccio.
Tre
ore dopo, eravamo seduti ai tavoli del bar,
per la terza sera di fila. Ormai erano gli ultimi due turni, i manager
si erano
già fatti un’idea, ma si sarebbe eletto il
vincitore dopo il quinto round.
Erano rimasti in gioco quattro band, i Let me love you, i ragazzi, una
band che
non conoscevo e i Frappé alla fragola. Non sapevo cosa
avessero fatto, ma molte
band eliminate odiavano questo gruppo. Come se fosse successo qualcosa
che
aveva fatto eliminare gli avversari. “Cosa cantate, in questo
round?” chiesi. “She looks
so perfect. Teniamo Good girls
per ultima, adesso ci
scontriamo con i Let me love you e quindi abbiamo messo il nostro
cavallo di
battaglia adesso” mi disse Luke. Io annuii, avevano
perfettamente ragione. In
più, i Frappé alla fragola e l’altra
band non erano così pericolosi.
Cantarono
prima i Frappé alla fragola, il cui
nome mi sembrava più ridicolo ogni secondo, contro la band
sconosciuta, poi Let
me love you contro i 5 seconds of summer. Dopo un lungo dibattito, per
pochi
voti, vinsero i 5 seconds of summer. “Mi dispiace per
Vale.” Dissi, con una
smorfia. “Anche a me, ma abbiamo vinto!” fece
Ashton, entusiasta. Lo capivo:
parlando senza presunzione, gli avversari – i
Frappé, che chissà come erano
passati – non erano al loro livello. La vittoria era
praticamente in tasca.
Vidi
la band sconosciuta sedersi in un angolo,
insieme a tutte le altre scartate. Notai che anche loro lanciavano
occhiate
d’odio ai Frappé alla fragola. Mi chiesi di nuovo
cosa fosse successo: fra nessun’altra
band c’era questo rancore.
Lo
capii dieci minuti dopo, quando il cantante
dei Frappé annunciò il titolo della loro canzone.
“Non ci credo!” fece Manuela,
a bocca aperta. Eppure, stava succedendo davvero: la band stava
intonando le
note di Good girls.
“È
la nostra canzone!” urlò Calum, sconvolto. Noi
eravamo basiti, troppo sorpresi per essere arrabbiati. Ora capivo cosa
era
successo. Probabilmente, i Frappé avevano sempre rubato i
testi. Ecco perché
tanto odio. Mi avvicinai ad un ragazzo di una band eliminata e gli
chiesi
conferma. “Sì, quelle facce di bronzo hanno rubato
la nostra canzone e ci hanno
eliminato perché non avevamo provato abbastanza le altre e
quindi non eravamo
pronti” disse lui. Feci il giro delle band, ottenendo la
stessa risposta. Così,
tornai dai ragazzi. “Cosa facciamo adesso?!” chiese
Michael. “Non possiamo
cantare le altre canzoni. Non mi ricordo più i
testi!” fece Luke, sconvolto. “E
io le note!” ribatté Calum. Erano tutti nel
panico. Improvvisamente, mi venne
un’idea. “Invece avete una canzone di cui sapete
tutto a memoria!” feci. Loro
mi guardarono interrogativi. “End up
here.
L’avete cantata oggi e mi avete detto di sapere le note.
È l’unica cosa da
fare.” Le ragazze furono d’accordo con me.
“Siamo sicuri?” chiese Luke. I
quattro si guardarono, prima di scambiarsi un gesto d’intesa.
“Mi fate un
favore?” chiese un ragazzo, lo stesso a cui avevo posto per
primo la domanda. I
quattro annuirono, perplessi. “Buttate giù dal
palco quei ladri a calci. Non
meritano la vittoria tanto quanto voi, anzi non la meritano
proprio” disse
risoluto. Noi sorridemmo. Ci voltammo e vedemmo di avere il sostegno di
tutte
le band eliminate. Sì, potevamo farcela.
Toccava
ai ragazzi. Erano tesi, in fin dei conti
era la prima volta che provavano End up
here. Annunciarono il titolo e le band eliminate li
incoraggiarono con
fischi e applausi, mentre i Frappé alla fragola
ridacchiavano. Probabilmente
sapevano di avere la vittoria in pugno. Il trucco aveva funzionato per
quattro
round, non sarebbe stato certo il quinto ad andare male. Li guardai con
odio.
Poveri illusi. Avevano già perso quando avevano ingannato al
primo round. Luke
mi si avvicinò. “Dopo la parte di Calum, abbiamo
bisogno che battiate le mani”
mi disse. Io annuii, sorridendo. “Avete l’appoggio
di tutti!” feci, indicando
la sala. Lui ricambiò il sorriso e mi diede un bacio sulla
fronte, mentre
Ashton dava il tempo. Salì in fretta sul palco, mentre io
tornavo a sedere.
Iniziarono
a cantare e vidi lo sconcerto negli
occhi dei componenti del gruppo avversario. “Fate bene ad
avere paura, brutti…”
iniziò Madison. Carol la zittì prima che potesse
iniziare a sviolinare insulti
e tornammo ad ascoltare. Arrivò la parte di Calum e io mi
preparai, iniziando a
battere le mani a tempo. Subito la sala mi seguì, con grande
sconcerto dei
Frappé. Stava andando tutto alla grande: le dita dei ragazzi
volavano sulle
corde, le voci trasmettevano un’energia pazzesca, Ashton si
esibiva in strane
acrobazie con le bacchette, gli altri saltavano da una parte
all’altra del
palco.
Quando
finirono, la sala esplose in ovazioni
entusiaste. Io per prima saltai in piedi, urlando. Luke mi porse una
mano, come
ad invitarmi a salire. Io esitai prima di afferrarla, mentre gli altri
facevano
salire le ragazze.
“Per questa canzone,
dobbiamo ringraziare loro. Queste fantastiche ragazze che ci sostengono
sempre!” fece Michael, tenendo Manuela per mano. Tutti
applaudirono, mentre noi
ci prendevamo tutti per mano e alzavamo le braccia al cielo.
Ecco
di nuovo quella sensazione di potenza che
avevamo provato sul grattacielo. Solo che questa volta eravamo grandi
davvero.
“Non
credo ci sia dubbio su quale sia la band
vincitrice. I 5 seconds of summer vincono la competizione con un
punteggio di
sette voti contro zero!” esclamò il presentatore.
Luke prese il microfono.
“Posso dire una cosa?” chiese. Il presentatore
annuì. “Perfetto. Good
girls è una nostra canzone. Così
come le altre quattro che hanno cantato i Frappé alla
fragola sono delle band
che hanno eliminato. Si sono presi il merito di cinque canzoni che
altri hanno
sudato per scrivere, ma vorrei ringraziarli per aver rubato la nostra,
o non
avremmo cantato End up here”
disse. I
componenti dell’altro gruppo lo guardarono con odio.
“Avete poco da fare così
gli smorfiosi, ve lo meritate alla grande!” urlò
Francesco, dalla platea. Gli
altri lo seguirono, mentre i Frappé si dileguavano,
scappando con la coda fra
le gambe. Noi ci guardammo e scoppiammo a ridere, mentre il
presentatore
consegnava ai ragazzi la coppa in palio.
La
notte, brindammo alla vittoria, con bicchieri
di coca-cola, un banchetto di ciliegie raccolte il giorno stesso e
caramelle,
cantando i versi di End up here
fino
a sentire male alla gola.
La
notte, mi addormentai col sapore delle labbra
di Luke ancora sulle mie.
La
notte, dormii circondata dalle sue braccia.
Quella
notte, posso dirlo senza ombra di dubbio,
fu magica.
*Angolo autrice*
End up here (la amo)
Come era vestita Coralie il pomeriggio
grazie di tutto, ciaooo :)))
Ranyadel