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Autore: Darth_Riddler    30/06/2014    1 recensioni
Cosa sarebbe accaduto se l'Enigmista, durante la sua eterna guerra contro il crociato incappucciato, avesse incontrato la sua anima gemella e avesse avuto una figlia?
Genere: Drammatico, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: Violenza
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Mi hanno detto di provare a stendere due righe su ciò che ricordo, che magari mi avrebbe aiutato. Sinceramente non mi sono mai fidata degli psicologi, ma questo mi è sembrato un buon consiglio, e così eccomi qui a a scrivere. Vi dirò la verità: ho ventidue anni, ma ricordo appena il 20/25% di quella che è la mia vita, tutto il resto lo conosco a grandi linee grazie ai rapporti della polizia e dell’Arkham, e a leggerlo mi è estraneo come se fosse la vita di un’altra persona. Ma a questo ci arriverò più tardi. Il mio nome è Emily Nashton, figlia di Edward Nashton o Nigma se preferite. Mi hanno detto molte cose su mio padre: irritante, ottuso, folle, ossessionato, geniale… ma l’unica cosa che riesco a ricordare è il suo cadavere in una camera d’albergo, legato ad una sedia, con la testa che ricadeva mollemente sul suo petto, il volto reso irriconoscibile dal foro di un proiettile e il sangue che gocciolava sulla sua giacca verde scura macchiandone i punti interrogativi. Allora avevo dodici anni, e quando mia madre in lacrime mi disse con la voce spezzata che era stata lei ad ucciderlo, le credetti, e le sparai un colpo in testa con la pistola che avevo preso da terra sulla scena del delitto. Lasciai di scatto la pistola come se fosse diventata incandescente, e la guardai cadere a terra, probabilmente non pensavo neanche avrebbe sparato. Poi rimasi lì a fissare inorridita il corpo. E lì mi trovarono, poco tempo dopo, i poliziotti, chiamati probabilmente da un passante che aveva sentito lo sparo. Ebbi un processo e ovviamente mi giudicarono colpevole, condannandomi a 10 anni, solo perché ero minorenne, altrimenti mi sarebbe capitato di peggio, credo. Così arrivai a Balckgate, ma avendo come padre un “cliente assiduo” dell’Arkham, e essendoci all’epoca una sovrappopolazione carceraria, presto mi trasferirono in manicomio. Sui primi sei anni di detenzione non ho trovato molte informazioni, non deve essere accaduto nulla di significativo, ma riesco a ricordare molto bene gli ultimi quattro, quando lo psicologo che mi aveva in cura andò in pensione e fui assegnata al neoassunto dottor Jonathan Crane…
  
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