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Autore: Pisquin    01/07/2014    3 recensioni
“Mia mamma si incazzerà” risi tra me e me infilando il casco. “E per cosa?” chiese lui. “Sai, la solita ‘non accettare mai caramelle dagli sconosciuti’. Io ho accettato addirittura un passaggio, magari stanotte entrerai in casa e mi ucciderai.” Continuai a ridere salendo in sella alla moto e osservai la carrozzeria nera, lucente. Lo vidi scuotere la testa ed accennare ad una piccola risata. “Sei proprio strana.” “Benvenuto nel mio mondo."
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Riot

2.
 
“Tiffany, muoviti. Dobbiamo andare, è tardissimo” Scesi le scale rischiando di rompermi tutte le ossa del corpo, afferrando lo zaino di mia sorella e aprendo la porta. Ero in uno spaventoso ritardo e non ero riuscita a prendere il caffè, quindi ero in uno stato di coma irreversibile e Tiffany non muoveva il suo culo ossuto dalla camera. “Io esco e ti lascio a casa” uscii, facendo per chiudere la porta, quando Tiffany mise un piede in mezzo e uscì con le due trecce che le dondolavano sulle spalle “Sembri un pasticcino” commentai il suo ‘look’ non appena ci affrettammo su per il vialetto e la strada principale “A differenza tua mi piace il rosa” disse con una smorfia, afferrando il suo zainetto dalla mia spalla e infilandoselo. “Vado alla fermata, a stasera” mi fece una linguaccia e si incamminò verso la casa della sua migliore amica Pearl; si, i nomi del vicinato erano uno peggiore dell’altro. Mi affrettai verso la piazza del quartiere dove Mya mi stava aspettando con lo scooter già in moto “E muoviti Chloe, quanto ci hai messo stamattina?” “La sveglia non è suonata e Tiffany non si muoveva. Non ho preso neanche il caffè” “Ahia” fece con una smorfia di disapprovazione e mi passò il casco; sapeva quanto diventavo irritabile senza il mio caffè mattutino “Andiamo che altrimenti il professor Sanchez ci costringe a star fuori anche oggi” Salii velocemente allacciando le braccia intorno alla sua vita minuta mentre lei partì spedita verso la scuola. Mya era molto simile a me su certi aspetti. Aveva i capelli rosso fuoco e quel suo eye-liner perenne. Il piercing sul labbro di certo non la faceva sembrare una ‘brava ragazza’, insomma era una ‘ragazza di Flat Street’ quanto me, il che era un tutto dire. Ci conoscevamo da un sacco di tempo, probabilmente dal’asilo, perché non ho molti ricordi di quanto avevo cinque anni, sai com’è ricordarsi delle cose fatte a cinque anni è pressoché impossibile perché (1) la tua memoria a cinque anni si restringe al nome ‘bambino’, inoltre (2) sono passati circa dodici anni e (3) non ricordo cosa ho mangiato ieri a cena. Appena arrivate al parcheggio della scuola scesi velocemente dal veicolo e mi affrettai verso l’entrata principale, strisciando il badge della presenza. Corsi per il corridoio verso l’aula D5 dove il professor Sanchez teneva il suo corso intermedio di spagnolo. Quest’ultimo si trovava proprio davanti alla porta. Mi fermai quando mi guardò con un sorrisetto scocciato, nel frattempo Mya era arrivata alle mie spalle. “Signorine, vi sembra questa l’ora?” Facemmo un’espressione dispiaciuta a cui avrebbe creduto solo lui, infatti: “Per questa volta va bene, ma alla prossima resterete fuori dall’aula, e non voglio sentire scuse” Si voltò e raggiunse la cattedra, facendoci entrare. Per fortuna gli sfuggì il mio ghigno soddisfatto dopo che andai a sedermi vicino a Gwen. “Ho bisogno di caffè” esordii mentre il professore iniziava ad illustrare la lezione del giorno.
 
***
 
Aaron
 
Mi asciugai le mani con uno straccio che lasciai appeso ad un pomello vicino al piccolo lavandino che si trovava in officina. Lavoravo lì da poco più di sei mesi e ad ogni pausa pranzo non avevo la più pallida idea di dove andare. Casa era troppo lontana e avrei solo consumato la benzina, non potevo restare ogni giorno lì dentro a mangiare gli avanzi della sera prima, quindi conclusi che un bel giro al McDonald’s non me lo avrebbe tolto nessuno. Mi avvicinai alla moto mentre componevo sul cellulare il numero di Nathan. Magari aveva già finito il suo turno e avremmo potuto mangiare insieme. “Hey Aaron, c’è qualche problema?” “Perché ogni volta che ti chiamo deve esserci un problema?” replicai sentendolo ridacchiare “Okay, non c’è nessun problema. Dimmi allora, perché hai chiamato questo poveraccio che tra poco deve iniziare il turno?” “Ah, quindi non hai ancora attaccato? Perfetto, tra cinque minuti ti raggiungo al nostro tavolo” “Okay, mi sono ufficialmente perso metà discorso, ma va bene. A dopo” riattaccò e montai velocemente sulla moto, allacciandomi il casco e partendo con una brusca accelerata verso il McDonald’s più vicino, ovvero quello dove lavorava Nat. Un anno fa gli era successa una ‘disgrazia’ più o meno simile alla mia, quando era stato costretto ad abbandonare il college per la malattia della madre, che poco dopo era venuta a mancare. Eravamo allo stesso anno delle superiori e ci siamo rincontrati casualmente un giorno mentre compravo uno dei miei primi pranzi all’officina, proprio nel McDonald’s dove lui lavora. Di lì ci siamo incontrati sempre più spesso, durante tutte le volte in cui dovevo mangiare e non sapevo dove andare;  iniziammo ad uscire insieme ed è un po’ così che nacque la nostra amicizia. Era il mio confidente e riusciva sempre a tirarmi su di morale, anche quando non mi aspettava niente di buono. E in quel momento volevo parlargli perché non sapevo cosa pensare dell’incontro della sera precedente, con Chloe. Mi era sembrata una ragazza stranissima, con i suoi capelli scuri e quell’acidità che la distingueva. Era così fuoriposto in quel quartiere di ‘signorine per bene’ che mi aveva fatto subito simpatia. Aveva un non-so-cosa di particolare con quella maglietta che non avevo mai visto indossare da una ragazza, soprattutto da una di quelle che abitavano in ‘Flat Street’. In mezzo a tutta quella perfezione la trovavo un piacevole errore. Quando scesi dalla moto, intravidi Nat già seduto al nostro tavolo, uno di quelli che si trovava vicino alle finestre, alla fine della sala. Entrai e lo raggiunsi a passo spedito “Non ci credo, già hai ordinato?” Vidi il mio McMenù dalla mia parte del tavolo e mi sedetti, aprendo l’involucro del panino. “Ti stavo aspettando mon chéri” “Taglia corto con i francesismi, non siamo a Parigi” gli feci un sorrisetto e addentai il mio panino. Amavo ed odiavo la sensazione di addentare un panino del McDonald’s perché (1) era così gustoso ma nel frattempo (2) era pieno zeppo di calorie e (3) sì, ero uno di quelli attenti alle calorie. Ognuno di noi ha un difetto, no? Beh, quella era una delle mie tante debolezze. “Hey A, dimmi perché sei qui.” “Per mangiare?” gli lanciai uno sguardo ovvio “A me non la fai. Quando vieni a mangiare qui c’è sempre qualcosa che mi devi dire. Dai su, sputa il rospo” “Ma non è vero, non è sempre così” Mi lanciò un’occhiata di ammonimento e alla fine cedetti “Okay, okay, questa volta è così. Hai ragione” “Modestamente” sorrise, sbocconcellando delle patatine fritte. Lo osservai chiudendo il coperchio della confezione del panino e giocherellando con la tovaglietta di carta. “Ieri sera ho incontrato questa ragazza” “Uh uh, ragazze” lo fulminai con lo sguardo, anche se il mio sorrisetto compiaciuto mi aveva già tradito. “Insomma stava davanti la scuola e io ho dovuto inchiodare a due centimetri da lei perché una macchina mi stava per investire” mi interruppe con un risolino, poi continuai “Lei ovviamente era tutta un ‘non mi guardare, chi sei?, non mi toccare’” Nat ridacchiò quando sentì quelle parole, convinto che fosse una delle solite ragazze ‘fricchettine’ “E quando lei ha iniziato ad incamminarsi verso la fermata io l’ho seguita” “Ma che sei uno stalker?” “Hey, volevo solo parlarle” “Devo ancora capire cosa ha di speciale questa” “E mi sono presentato e lei non voleva rispondermi. Continuava a camminare ma stava per piovere, quindi alla fine le ho chiesto se voleva un passaggio e lei si è presentata come Chloe, al che ho riso perché non sembra minimamente una Chloe. Sai quando vedi le persone e ti immagini come possano chiamarsi?” lui annui guardandomi mentre gesticolavo “Ecco, lei non è una Chloe. Ha uno stile tutto particolare e le ho visto addosso una maglia dei Blink. Ed è una ragazza! Capisci il perché le ho offerto il passaggio? Mi sembra una persona interessante, ecco.” “Quindi mi vuoi dire che ti piace, e neanche la conosci, giusto?” “No, non è che mi piace. La trovo simpatica e alquanto strana, ma non mi piace.” “D’accordo” annuì poco convinto invitandomi a continuare “Cioè almeno non mi piace in quel senso. Allora le ho chiesto dove abita e lei mi ha detto in ‘Flat Street’, a quel punto sono rimasto interdetto. Le conosci quelle di ‘Flat Street’, no? Non sono quel genere di ragazze e basta, non mettono eye-liner e magliette di band. Comunque, a quel punto è salita in moto e siamo andati a casa sua, che è invece una tipica casa di quel quartiere. Ci siamo messi a chiacchierare e mi ha chiesto del college, le ho raccontato tutto quanto e lei ha detto di fare il quarto. Poi è scappata dicendo che si era fatto tardi, ci siamo salutati e me ne sono andato via” “Insomma, qual è la morale della storia?” chiese Nat, cominciando a sistemare tutte le cartacce sul vassoio che poi avrebbe buttato “In poche parole vorrei rincontrarla ma non so come” “Tipico tuo, insomma” rise e andò a gettare le cartacce, sistemando poi i vassoio negli appositi contenitori. Sbuffai contrariato alle sue parole e mi alzai dal tavolo, seguendolo fuori per la sua - e la mia - solita sigaretta del dopo-pranzo. Accendemmo tutte e due le rispettive cicche e ci sedemmo sul muretto che dava sulla strada principale. Nat era abbastanza diverso da me. Oltre a quella ridicola maglia da commesso di McDonald’s che era costretto ad indossare, portava dei jeans larghi e sformati e degli stivaletti marroni – che io odiavo da quando li aveva sfoggiati la prima settimana del quinto anno. Aveva i capelli ingellati di tutto punto, e io odiavo il gel, ma per il resto, aveva un carattere piuttosto cordiale ed era sempre disposto ad aiutarti, anche se si era rivelato un po’ vendicativo. “Di certo non ti posso dire di andare a casa sua ad aspettarla, come minimo prenderebbe un colpo” risi a quelle parole, espirando il fumo dalla bocca “Puoi aspettarla all’uscita da scuola, o magari il fato ti farà un favore e la rincontrerai dove meno te lo aspetti” “Speriamo” dissi, gettando la sigaretta per terra e schiacciandola con la suola.
 
***
 
Chloe
 
“Che fai qui?” chiese Mya vedendomi appoggiata ad una fila di armadietti “Sto aspettando Gwen da mezz’ora, dove cavolo si è cacciata? Mi deve accompagnare in caffetteria” “L’ho vista cinque minuti fa uscire dall’aula di arte, sai quanto è lontana da qui, no? Starà per arrivare.” “E allora perché tu sei già qui?” “Perché devo mettere subito queste cose nell’armadietto” disse aprendo quest’ultimo e gettandoci dentro un’infinità di libri, ne prese alcuni e lo chiuse sonoramente. “Dove devi andare così di corsa?” “I gemelli sono soli a casa e mia madre è uscita un quarto d’ora fa, mi ha chiamato solo ora e sono sicura che avranno reso la casa un campo di battaglia” Sbuffò contrariata mettendo i libri in borsa “Ci vediamo stasera da me?” le chiesi speranzosa. Non ce l’avrei fatta se avesse rifiutato per colpa di quei due marmocchi “Si, certo. A dopo” mi fece un veloce saluto con la mano e corse come un ossesso verso la porta d’uscita. Quelle due pesti di Ryan e Leah, i due gemelli di otto anni, le combinavano di tutti i colori. E, dato il lavoro della madre, era costretta a badare loro cinque giorni su sette. Non avrei voluto essere al posto suo per niente al mondo. Menomale che la mia cara – non molto – sorellina Tiffany se ne stava in camera sua con la sua amica immaginaria Ariel e i suoi mille mila orsacchiotti. Qualche volta invitava a casa le sue amiche del cuore – quanto odio quella parola – Pearl e Jewels – affermativo, c’è gente che chiama la propria figlia ‘gioielli’ – e io ero costretta a preparare loro merende a basso contenuto di zuccheri perché le loro mamme sono attente alla dieta e tutto il resto. Per ripicca ovviamente io mi preparavo un bel sandwich pieno zeppo di Vegemite e sorridendo lo mangiavo mentre a loro offrivo quelle merde di cibo in scatola che nemmeno il nostro gatto Shan mangerebbe, abituato com’è ai filetti di tonno di mia madre. “Eccomi, eccomi Chloe” una Gwen trafelata si appoggiò al suo armadietto, rifiatando per la corsa appena affrontata. “Alla buon’ora” la presi in giro, mentre lei sistemava i suoi libri. Staccai svogliatamente la mia spalla da un armadietto adiacente a quello di Gwen e la osservai mentre dallo specchietto che teneva appeso sull’anta si accingeva a ritoccarsi il fard. “Sei impossibile. Possiamo muoverci o dobbiamo fare la seduta di trucco?” le chiusi l’armadietto in faccia e lei rimase con i suoi occhi azzurri spalancati, intenta com’era a guardare se il mascara c’era ancora. “Andiamo” la presi sottobraccio e varcammo la soglia della scuola “ho bisogno di caffeina”. Rise e ci incamminammo verso la sua Lexus grigia nuova di zecca, ovviamente suo fratello Miles non aveva badato a spese dato che si trattava della sua – unica – sorellina preferita. Magari avessi avuto io un fratello più grande che mi faceva questi regali per i diciassette anni; Tiffany di solito mi regalava un biglietto d’auguri riciclato da qualcuno che glielo aveva regalato a sua volta per il suo compleanno. Quindi ero costretta ad aprire questo biglietto con scritto ‘Adesso hai 10 anni!’: patetico. Salii sull’auto di Gwen e la guardai sistemarsi il vestito. Se ci aveste visto insieme non ci avreste creduto: eravamo agli antipodi. Lei era una tipica abitante di ‘Flat Street’, con quei suoi capelli biondi e i vestitini a fiori. Era sempre pacata, gentile, studiosa: la ragazza perfetta. Diciamo che io ero tutto il suo contrario: le mie manie sull’eye-liner perfetto e quale maglietta di band sarebbe stata la prossima ad entrare nel mio guardaroba in cui, per giunta, tenevo solo due vestiti: uno usato per il matrimonio di mia zia ed un altro regalatomi proprio da Gwen per i miei diciassette anni, il mese scorso. Ci eravamo conosciute durante il primo anno di superiori, anche se praticamente vivevamo a cento metri l’una dall’altra. Litigavamo spesso e quasi sempre per colpa mia che volevo incoraggiarla a lasciarsi andare e a mollare un po’ quel mondo di lustrini e pailette. Non c’era niente da fare, era fatta così. Quindi dopo un po’ lasciai perdere e mi dedicai ad altri passatempi, come farle perdere la pazienza quando appoggiavo i piedi sul cruscotto “Togli i piedi dal cruscotto, Chloe. Ho lavato la macchina ieri e non ho saputo spiegare al lavasecco le strane impronte sul cruscotto, quindi smettila” Risi e tolsi i piedi, per mettermi a gambe incrociate sul sedile “Scusa, ma composta non ci so stare” Sorrise scuotendo la testa e rallentò quando vide un posto libero proprio davanti la caffetteria. Parcheggiò e uscimmo dall’auto entrando subito nella caffetteria che sprigionava un invitante aroma di caffè. Mi misi in fila mentre Gwen se ne stava seduta ad un tavolo ad aspettare che le prendessi i suoi soliti pasticcini alla fragola. Giocava con il suo iPhone, ennesimo regalo di suo fratello. Mi stavo annoiando da morire, anche perché la signora davanti a me stava ordinando da bere per un esercito. “Hey, ragazza dal nome carino” E adesso chi diavolo era che stava ostacolando la mia assunzione giornaliera di caffeina?






Salve salvino,
rieccomi qui dopo neanche un giorno.
Okay, devo dire la verità, ci ho messo pochissimo a scriverlo hahaha
Si sono aggiunti un po' di personaggi, come vedete
Nathan è ispirato dal fascinosissimo Colton Haynes, come promesso ecco la foto: colton
Mentre Mya l'ho trovata molto simile a Luanna Perez: luanna
La bellissima Gwen l'ho immaginata come una ragazza bon-ton, totalmente differente dalle altre, un po' come Chloe Grace Moretz: chloe
Come avrete visto non ho messo nessuna immagine per la protagonista, Chloe. Infatti siete liberi di immaginarvela come volete, ovviamente come tutti gli altri hahaha
Benissimo, spero che questo secondo capitolo vi piaccia e stavolta continuerò dopo due recensioni, perchè credo sia il minimo ahaha
Come sempre vi invito a recensirmi, anche perchè ne ho tanto bisogno
Se mi volete contattare trovate tutto sempre in bio.
Un bacio,

Sara xx
  
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