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Autore: sociopaticoiperattivo    01/07/2014    4 recensioni
Presto finirà tutto.
L’odore di urina mi ucciderà prima o poi.
Non riuscirò mai a salvarlo.
Ho mai visto occhi così azzurri?
Devo rimanere tutta la notte in questa stanza con un traditore?
È il colore del mare quello?
Spero i punti non gli facciano male.
È davvero una ferita orribile.
Stanno cominciando di nuovo.
Non posso farlo dormire in queste condizioni.
È sempre una bella sensazione, il disinfettante sulla pelle, quando non hai ferite.
Domani lo tortureranno, solo perché ha provato a salvarsi.
Ha ancora il viso così sporco, e le sue labbra sono così vicine.
Non finirà mai.
[AVVERTIMENTI: tematiche forti riguardanti la guerra]
Genere: Angst, Guerra, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Sherlock Holmes
Note: AU, OOC | Avvertimenti: Contenuti forti
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Che cosa sto facendo-
John ha il respiro pesante mentre si allontana da Sherlock, dal suo lettino. Gli tremano le mani mentre lascia il panno che ha avuto sempre stretto tra le mani, sotto l’acqua fredda.
Al contrario, Sherlock, chiude gli occhi, facendo cadere la testa all’indietro, beandosi di quello di cui è stato privato per anni.
 
Devo uscire da questa stanza solo... solo qualche minuto.
John gira appena la testa, tenendo le spalle a Sherlock, buttando poi un occhio sulla sua ferita. Controlla le cuciture e il grande spazio roseo nel centro, assicurandosi che non sanguini e che non sanguinerà nel giro dei prossimi dieci minuti. Alza le mani tremanti, sospira e chiude gli occhi.
 
È giusto, non ho fatto niente di sbagliato.
“John dove vai?” Sherlock si accorge che sta aprendo la porta. I rumori della guerra vengono immediatamente amplificati.
John non risponde.
“John se inizia a sanguinarmi la ferita?” Ora Sherlock è alzato con tutto il busto, le mani strette in due pugni di rabbia, forse verso se stesso.
John continua a non rispondere. Si ferma con la mano sulla maniglia, con gli occhi chiusi a prendere un gran respiro: è solo confuso.
Si chiude la porta alle spalle, non sentendo più la voce di Sherlock. Davanti a sé ha le scale, percorse qualche ora prima con il comandante. Si chiede se avesse avuto qualche possibilità di evitare tutto ciò, ma subito dopo si chiede perché mai avrebbe dovuto evitarlo.
Onestamente, non gli è mai successo.
Tutto questo non gli è mai successo.
La guerra, un traditore, un tedesco, una ferita del genere, un colpo di fulmine, un bacio, un uomo.
 
Non sono assolutamente gay, o no?
Sì, pensa John, ha baciato un uomo. Non si sente in colpa però, dovrebbe? Gli è piaciuto? Ovvio, certo che gli è piaciuto, Sherlock ha delle labbra così particolari e così invitanti, ma è stato giusto?
Un uomo. Chi dice che baciare un uomo non è giusto? Nessuno effettivamente, eppure John non riesce a smettere di pensarci.
Un traditore. Non importa chi sia?
Un tedesco. No, non importa.
Un uomo. Si è un uomo ma gli è piaciuto e lo rifarebbe, molto probabilmente.
Chiude gli occhi, se li strofina con le mani sperando di allontanare tutte le sensazioni provate poco prima, sperando di riuscire a seguire un filo logico per arrivare alla soluzione più razionale.
Invece non ci riesce.
 
“Sarà difficile in guerra, se trovi la felicità, prendila.”
La voce del nonno gli sembra più vicina che mai.
Sherlock si stende di nuovo, passandosi le mani sul viso e stringendosi i ricci tra le dita. Non è mai stato bravo con i sentimenti, non è mai stato bravo in nulla se non nella guerra. E in guerra non è permesso portare i sentimenti nel sacco a pelo con te: sul campo di battaglia peserebbero troppo insieme alla tuta e all’armamentario.
Non è una persona che s’illude facilmente, sa per certo che tra poche ore morirà, che la frusta lo colpirà così tante volte da sfiancarlo e ucciderlo. È solo preoccupato per John in questo momento: lui non morirà.
Forse ha preso male il bacio, forse non è stato un colpo di fulmine per lui, forse lo vede solo come lo sporco traditore che è.
Nonostante la porta chiusa, ora entrambi possono sentire il respiro dell’altro.
 
 
Non possono essere già qui.
John alza la testa di scatto quando sente dei passi sul corridoio di metallo sopra la sua testa. Anche Sherlock riesce a sentirlo e un sorriso amaro si forma sulle sue labbra, riconoscendo l’andatura sicura del comandante e quella più pesante sicuramente di un superiore.
“Sì signor generale, con lui c’è il dottor. Watson, uno dei migliori che abbiamo, il soldato è sicuramente vivo.” La voce del comandante Haig raggiunge John prima che il rumore dei passi si sposti sulle scale. Non ci sono solo loro due, ora che riesce a sentire meglio.
È paralizzato.
La figura slanciata e piena di muscoli del generale prende forma davanti a lui, affiancata da quella leggermente più minuta del comandante.
“Oh dottor. Watson, Douglas mi ha parlato parecchio di lei, assicurandomi che lo sporco traditore sia in buone mani.” Il generale Spencer, a comando dell’intera spedizione di guerra, gli tende la mano, con un falso sorriso che si trasforma in una smorfia schifata mentre parla del ‘soldato traditore’.
 
Come fanno ad essere così cinici.
Tende la sua mano in risposta, subendo una stretta micidiale che non ha nulla a che vedere con la sua timida da venticinquenne.
“Non si preoccupi signor generale, il soldato tedesco è ancora vivo, anche se ha una bruttissima ferita, ed è sinceramente un miracolo.”
John si rende conto di essere fermo davanti alla porta solo quando il comandante lo fissa con un sopracciglio alzato, intimandogli con la mano di spostarsi.
“Non esistono i miracoli dottor. Watson, esistono i bravi dottori, e lei è uno di quelli.” Il generale aspetta che il giovane dottore si sposti, per aprirla poi di scatto entrando nella stanza.
 
È davvero così calmo?
Con un segno della mano, Sherlock, saluta il comandante Haig e poi finge un inchino a mezzo busto al generale, non guardando nemmeno per un secondo il terzo uomo, con una frusta in mano. John riesce a vedere che sta trattenendo una risata e scuote la testa.
Ribelle. Insolente.
Il generale finge di non aver visto niente, stringendo i pugni. Tutto questo non fa che aumentare la voglia di torturalo senza neanche il minimo preavviso, ma la sua provenienza di alta famiglia britannica gli impone di seguire le regole.
“Ogni uomo merita di sapere perché muore.” Dice con tono quasi solenne al soldato tedesco, iniziando a camminare lentamente davanti al suo letto. “E per quanto io sappia che tu ne sei sicuramente già a conoscenza, e per quanto la tua insolenza mi spinga a frustarti in questo preciso istante, ti devo dare il motivo preciso.”
John sussulta alla brutalità delle sue parole, correndo con lo sguardo al viso di Sherlock. Ha gli zigomi prepotenti alzati, gli occhi color mare ghiacciati puntati esattamente sul collo pieno di rughe e vene del generale.
“Non solo sei uno sporco tedesco, ma lo sei perché hai tradito la tua patria!” Lo fa sembrare un reato come andare in guerra e uccidere milioni di persone con bombe, mitra e gas.
“Infondo, però, essere un bravo traditore potrebbe aiutarti.” Sia il comandante che John lo guardano con uno sguardo interrogativo, mentre si ferma esattamente davanti alla gamba ferita.
La ispeziona per qualche secondo con lo sguardo, per poi sputarci sopra, senza ritegno, senza pudore. Sherlock viene scosso da un brivido di dolore, stringe la coperta tra le mani, la gamba si muove impercettibilmente verso destra, cercando sollievo nello spostamento d’aria, ma il suo sguardo non subisce mutamenti, anzi.
Gli occhi si sono limitati ad essere due piccole fessure, che inquadrano solo ed esclusivamente l’orribile generale davanti a lui.
“Se tradissi la tua adorata seconda patria con alcune informazioni per noi... potremmo non torturarti e lasciarti vivere, in carcere ovviamente.” Sul volto gli si forma un’espressione compiaciuta, abbastanza sicuro di ottenere quello che cerca, credendo di conoscere l’indole di quel ragazzo.
 
Non lo ha detto davvero.
“Nemmeno sotto venti fruste, mio caro generale Spencer.” Sherlock sorride, mentre gli risponde, sembra divertirsi a prendersi gioco di lui senza pensare minimamente alle conseguenze.
John è paralizzato in un angolo della stanza, guarda la scena con le pulsazioni a mille, ripensando alle parole dette solo poco prima.
Ha detto che non lo avrebbe permesso, e invece il terzo uomo si sta avvicinando con la frusta, sotto comando del generale. Vuole scappare, urlare, dimenticare tutto e smetterla di fare promesse sotto l’incantesimo di stupide emozioni e labbra a pochi centimetri dalle sue.
Lo sguardo di Sherlock, come se fosse stato chiamato, si va ad incrociare con quello di John, in quell’angolo così poco illuminato, e gli sorride, ma John se ne accorge.
 
Mi sento così sporco.
Gli occhi di Sherlock ora sono così azzurri e così blu. Gli sorride, lo vede, gli chiede scusa per quel bacio rubato senza chiedere il permesso. Le pupille dilatate però lo tradiscono, come lui ha tradito la sua patria. Lo tradiscono per una buona causa. Lo tradiscono urlando la paura che in realtà ha di essere portato via da lui in maniera così bruta.
Voleva solo amare, di nuovo, catturare ciò che di bello si crea in poche ore, con poche parole, attraverso pochi sguardi, per un’ultima volta, prima di morire.
 
Voglio uscire da questa stanza.
È un secondo. La mano tesa all’indietro, fin dietro la schiena, scatta in avanti producendo un rumore sordo che lacera l’aria in un solo secondo.
Nessun urlo, il dolore più forte di due bottiglie piene di disinfettante vuotato sulla carne fresca, nessun gemito.
È un altro secondo. Un secondo ancora più breve, la mano non torna completamente indietro ma si riempie di forza il braccio.
 
Non riesco a chiudere gli occhi.
I riccioli scomposti di Sherlock gli cadono sul viso abbassato.
Non rivedrò mai più i suoi occhi.
Anche se non lo vede, è sicuro che la sua bocca sia chiusa in una stretta di dolore come poche ore prima e che al lato dei suoi occhi si siano formate delle piccole rughe.
 
Spencer e Haig hanno lo sguardo fermo sulla frusta, nera come la pece, che si muove avanti e indietro senza fermarsi un secondo. Chiedono con gli occhi al soldato traditore della propria patria di alzare il viso per ammirare la sua espressione piena di dolore, ma sorridono comunque soddisfatti dai fremiti che gli scuoto il corpo prendendoli come evidente segno.
 
Inizia a sanguinare, ce n’è ovunque.
La pelle nivea diventa sempre più bianca, il contrasto con il rosso del suo sangue e del viola delle sue vene sul collo quasi acceca John, costringendolo ad aprire la bocca per respirare.
Un’altra frustata, questa volta con più forza, con più rabbia, questa volta la schiena s’inarca tanto da far comparire il volto del giovane soldato, da far vedere il suo viso.
Gli occhi sono chiusi, le labbra serrate con veemenza quasi insopportabile, la mascella fa male e gli zigomi sporgono forse quasi troppo. Assomiglia ad uno scheletro. Uno bellissimo.
 
“È ancora sicuro di non voler dire niente, mio caro soldato tedesco?”
Con un veloce cenno della mano il generale Spencer ferma il terzo uomo, ancora sconosciuto, e si avvicina al viso di Sherlock con un sorriso beffardo.
Lo prende in giro inclinando la testa prima da un lato e poi dall’altro, aspettando che apra gli occhi, per assaporare la vittoria.
“Ci sarà un motivo per il quale ho scelto la Germania, mio caro generale.” La voce di Sherlock trema ma non si ferma. Le labbra si muovono lentamente e piano, tremanti. Le stesse labbra che poco prima lo avevano baciato.
 
Non posso permetterlo ancora.
Un altro cenno e la frusta si percuote di nuovo su di lui, con la stessa forza di prima, con la stessa determinazione, con la stessa rabbia.
John si accorge che il sangue inizia a colare anche sulle braccia, le ferite sulla schiena diventano sempre più profonde, la pelle sempre più provata. John sente Sherlock gemere.
 
Lo stanno uccidendo.
Anche il comandante Haig volge appena lo sguardo verso la porta, dopo una frustata che lascia un segno talmente profondo da far vedere i lembi di pelle piegarsi verso l’esterno. Il generale Spencer, invece, non distoglie lo sguardo nemmeno per un secondo. Non ferma il suo sorriso davanti a nessun tipo di atrocità.
 
Se morirà, cosa farò?
John sente la gola stringersi improvvisamente in un nodo mai conosciuto prima. Deve chiudere gli occhi un paio di volte per non piangere, per non permettere alle lacrime spinte dal profondo del petto ad uscire mostrandosi a tutti in qualcosa di sconosciuto in quella stanza se non al soldato traditore tedesco.
 
Fermatevi!”
Lo pensa, forse lo urla, forse la voce gli trema. Il comandante e il generale si girano di scatto, anche il terzo uomo si ferma, con la frusta per aria che si lascia andare smaltendo tutta la forza caricata poco prima.
“Come dottor. Watson?” Il generale volta lentamente il viso fino a puntare i suoi occhi di fuoco in quelli del dottore.
John deve schiarirsi la voce prima di parlare, prima di rendersi conto di averlo detto davvero. Guarda Sherlock ma lui non da alcun segno.
“Intendevo che, per quanto sono sicuro che questo traditore meriti la morte.” Si gratta la nuca e il generale annuisce lentamente. Sherlock ancora non si muove. “Sono altrettanto convinto che l’Inghilterra abbia bisogno di informazioni dalla Germania, soprattutto per quanto riguarda le bombe a gas.” Prende grande respiro. “Lasciate che lo curi, che lo faccia sopravvivere un’altra notte, per poi torturarlo ancora, e se non parlasse nemmeno in quel caso, lo uccideremo.” La voce gli trema davvero sulle ultime parole, le mani si muovono frenetiche l’une contro la altre.
 
La prego accetti, non me lo porti via.
Il sergente Spencer si passa una mano sul viso, lentamente, contemplando la richiesta. Guarda poi il comandante Haig che sembra sorridere.
“Cosa ne pensa comandante?” Gli chiede stiracchiandosi, con una mano sulla schiena.
“Credo che sia il modo migliore di trattare un traditore tedesco.” La voce è compiaciuta, mentre il suo sguardo si posa su John, donandogli un sorriso a trentadue denti, complimentandosi con gli occhi.
John abbassa il capo, cercando di sfuggire a quegli sguardi pieni di gratitudine che non sanno.
 
Ne vale la pena?
“Non è solo un ottimo dottore allora, signor Watson, dovrei raccomandarla al governo britannico.” Il generale scherza, mentre il terzo uomo pulisce la frusta e le sue mani con un fazzolettino, per poi gettarlo a terra.
Non sa come sia finito in quella stanza, in quella guerra, in quell’esercito privo di emozioni che mantengono in vita. Non hanno mai avuto una famiglia che li abbracciasse da piccoli?
“Ne sarei onorato signor generale.” Lo sforzo che prova nel pronunciare quelle parole è uno di quelli così duri da usare solo per portare la legna a casa, durante l’inverno, su per la collina.
“Mi chiami anche Bill, dottor...”
“John, John Watson.” Si affretta a rispondere con un falso sorriso, pensando a tutt’altro.
Bill Spencer sorride, posando una mano sulla spalla dell’amico Douglas Haig. “Credo sia opportuno andare ad occuparsi di nuovo delle questioni sul campo, lasciamo a John il tempo di rimettere in sesto questo giovane soldato, torneremo domani sera.”
Si salutano con un sorriso e un cenno del capo, e si chiudono la porta alle spalle.
 
Se ne sono andati.
John trattiene il fiato insieme a Sherlock finché non sente i passi scomparire tra i rumori non più tanto forti dell’attacco nemico.
 
Forse se ne sono andati anche loro.
Non riesce a non trattenere un sorriso liberatorio seguito da una risata nervosa trattenuta a stento.
“Dio Sherlock, perdonami, ho temuto davvero per il peggio, non sapevo cosa fare, spero tu non ti sia offeso insomma sai benissimo che io non intendevo... “ John si ferma di scatto, quando sente Sherlock battere la mano sul lettino. Si gira verso di lui preoccupato.
“Sherlock cosa succede? Mi dispiace, davvero.” John si avvicina, preoccupato, prendendogli la mano e accarezzandogli appena le dita per poi passare al palo al braccio.
Spalanca gli occhi, bloccando il petto prima di espirare, gli gira improvvisamente la testa, lo lascia senza forza nelle gambe.
 
Non c’è polso.














Buonasera ragazze.
Lo so, lo so, vi avevo promesso che sarebbe stato entro il primo di lugli ma non quasi il secondo. Ho davvero fatto il mio meglio e sono sorpresa che almeno una piccola parte di tutto ciò mi convinca. Devo molto a quella pazza di Chiara (anche se lei dice di no) e spero davvero che piaccia anche a voi.
Ser come cazzo fa a piacerci una cosa talmente angst?
Non uccidetemi per quello che ho fatto, hey, è nelle indicazioni del genere.
Mi sto effettivamente dilungando troppo quindi vi lascio sperando solo che vi sia piaciuto e che continuerete a leggere questa pazza storia nata come os in una notte. (Bri fammi sapere che ne pensi senza insultarmi)
  
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