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Autore: Lilith_s    02/07/2014    8 recensioni
“ma forse è questo il tuo problema. Farsi consumare è...terribilmente bello, i litigi che vivono dentro di te...il cervello, la testa che dice una cosa, ed il cuore, lo sterno e la bocca dello stomaco in fiamme, come se ribollisse dentro” mi bagnai le labbra per riprendere fiato “Ma io ho capito, con tanto dolore, che questa tremenda malinconia poi muta solo in melanconia...come lo spleen di Baudelaire, hai presente?”
Lui sorrise, timidamente, per il paragone che avevo fatto...tornò a seguire l’andamento delle mie labbra “lo spleen è nero, è velenoso, fa male. Fa male al tuo cuore, Ville” gli toccai, senza pensarci troppo, il cuore... “batte, sì, lo fa, ma a che prezzo? Ama chi ti ama” sussurrai poi, dopo un lungo respiro...
*
*
*
Più passavo tempo con lui, più scoprivo un lato inedito del suo carattere, più occasioni avevo di guardare il suo viso, perfetto, più scoprivo una ruga, un particolare, un’espressione dei suoi occhi, o un modo di muovere le labbra tutto suo, qualcosa che gli appartenesse davvero.
Avrei desiderato immensamente abbracciarmi a lui, il suo profumo, anzi, il suo odore, avvolgeva le mie narici, ogni poro della mia pelle, attirandomi a lui come un magnete..
Genere: Erotico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio, Ville Valo
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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“Show me all you have got
And I will be so free from all that has been”
I will be the end of you-

 

Sarà stato lo stile gotico, sarà stato il limpido cielo notturno, ma quella torre provocava in me una strana fascinazione, come una specie di portale che risospingeva nel passato... chissà chi l’aveva abitata in tempi passati, mi chiesi.
La temperatura si era notevolmente abbassata, ed io mi rimproverai per non aver portato con me qualcosa di più pesante di uno scialletto di seta, ma ormai era troppo tardi per lamentarsi.
Ville aprì il cancelletto, così ci ritrovammo nel suo giardino; non c’erano chissà quanti fiori, ma tutto sommato era ben curato, mi sarei aspettata decisamente di peggio da un tipo come lui.


“Pollice verde?” domandai ironicamente mentre avanzavamo verso la porta. Sentii Ville ridere per qualche secondo “Oh no, decisamente. La mia ragazza” fece una breve pausa “sicuramente più di me” aggiunse.
Per i primi secondi credevo di aver capito male, e fui grata del fatto che lui si trovasse davanti a me così da non poter vedere l’espressione, divertita e meravigliata, che avevo dipinta in volto.
“Tu? Fidanzato?” chiesi con tono canzonatorio
“Beh?” si girò quasi di scatto, fulminandomi con lo sguardo. Aveva un piccolo ghigno in volto, ma non mi curai tanto di questo, quanto di quello sguardo...si erano come illuminati, due falene nel buio totale. “Non ne ho diritto?” chiese poi, fermandosi qualche istante di fronte a me, facendomi da muro tra lui e la porta.
“Oh, figurati” alzai leggermente gli occhi al cielo. “E’ solo che mi viene spontaneo pensare che lei o è una samaritana, oppure...è pazza” terminai, sorridendogli e sfilandogli di mano le chiavi “Su, levati, se aspettiamo te facciamo alba” lo sorpassai, aprendo la porta; ero davvero davvero curiosa di vedere come potesse essere casa sua, mi immaginavo un caos infernale, date anche alcuni scatti che ricordai di aver visto, e invece...
“E’ in ordine!” dissi ridendo, una volta dentro, con espressione ancora più meravigliata. Il salotto era davvero grande, a pianta circolare, data la forma della torre; certo, dominavano colori abbastanza scuri che appesantivano l’ambiente, ma ogni cosa pareva essere al suo posto...e quell’ambiente sapeva...beh, sapeva di Ville, riconobbi l’odore, ed era decisamente buono, fresco, maschile. Sì, era maschile, un misto tra menta, ghiaccio e tabacco, era la fine del mondo!
“Scusa sei delusa?” fece lui, chiudendo la porta e lasciando le chiavi su un mobiletto, distraendomi dalle mie considerazioni
“Te la prendi se dico di sì?” mi morsi leggermente il labbro inferiore, non volevo farlo arrabbiare, ma avevo immaginato un vero disastro per lui
“Te la prendi se ti caccio di casa?” mi fece il verso mordendosi anche lui il labbro ed imitando la voce di una bambina, trattenne a stento una risata “Accomodati pure” fece cenno con la mano, “vado un attimo di sopra” aggiunse sfilandosi di dosso la giacca
“Ah, Ville, il bagno?” chiesi “Me la sto facendo addosso!”
“In fondo a sinistra” rispose salendo le scale a chiocciola, facendomi un sorriso divertito.
“Grazie” lanciai un urlo mentre raggiungevo la porta del bagno abbastanza velocemente “Oh, che dolore questi tacchi, dio!” farfugliai camminando, pensai che sarei stata davvero più felice senza piedi in quell’istante.
Raggiunsi il bagno e mi tolsi le scarpe una volta dentro “Ah sì” sospirai di piacere, poggiandole a terra.
Ovviamente quello doveva essere il bagno di servizio, date le misure ridotte; anche il bagno era carino, con uno specchio davvero enorme sul lavandino “Narcisista” commentai lavandomi le mani dopo essermi liberata di tutta l’acqua bevuta durante la cena...presi le scarpe e, dopo aver spento la luce, uscii.
Ville doveva essere ancora sopra, così ne approfittai per dare un’occhiata migliore al salotto...era davvero un bell’ambientino, non c’è che dire.
Accanto alla porta c’era un’enorme libreria, e dire che fosse stracolma è dir poco...Poe,Mallarmè,Baudelaire,Lovecraft...Austen?
Rimasi un secondo di ghiaccio, dopodiché scoppiai a ridere..era più forte di me. Non potevo davvero pensare che uno come lui si perdesse tra le pagine di amori di campagna, rivalità tra nobili e cose simili.
Mi stavo ancora riprendendo da quello che avevo visto, quando sentii una presenza dietro di me, “Ehi, sei qui” gli feci cenno un po’ spaventata, non l’avevo sentito arrivare. Si era cambiato, ed ora al posto della camicia indossava una semplice maglietta grigio antrace.
“Come mai ridevi così tanto?” si passò la lingua sul labbro, prendendo posto – o meglio stravaccandosi- sul divano in pelle, al centro della stanza.
“E’ che non ti facevo accanito lettore di Jane Austen...come mai?” indicai i tanti volumi sullo scaffale “Ti fanno gola i gonnelloni dell’epoca eh?” domandai con finta malizia, alzando entrambe le sopracciglia e raggiungendolo sul divano “Magari se cerco meglio trovo qualcosa anche delle sorelle Brontë!” risi a crepapelle, sedendomi e lasciando ciondolare i piedi.

“ah-ah-ah” mi guardò fintamente rammaricato “se avessi saputo che ti bastava così poco per ammazzarti dalle risate…ce ne saremmo andati prima dalla cena” rise, puntandomi gli occhi addosso.

Ecco.
Ancora una volta quel tipo di sguardo.
Me lo sentivo addosso, e mi dava fastidio. Fastidio perché i suoi sguardi, così profondi ed indecifrabili mi spogliavano del tutto.
Ed era una cosa che mi faceva paura.

“Beh? Non dovevi offrirmi qualcosa?” cambiai repentinamente argomento
“Tsk, opportunista” fece di no con la testa “E...cosa gradirebbe sua maestà?” scattò in piedi porgendomi il braccio ed inchinandosi. E’ inutile, era davvero un buffone questo Valo “Una camomilla? Tè e pasticcini? Una secchiata di acqua fredda in testa?” alzò leggermente il capo, con una risatina sghemba.
“Stupido.” Stetti al gioco. Così ritrassi la mano e mi voltai di spalle “Mi sa che dovresti rileggere un’altra volta Orgoglio e Pregiudizio”
“La campionessa di pregiudizio qui sei tu, piccola Sybil” sganciò questa bomba freddamente. Il tempo di voltarmi che lo vidi trafficare al carrellino degli alcolici, accanto al giradischi da cui partì una melodia anni ’50 di cui non ricordo l’autore..ma era molto rilassante. “Che intendi?” aggrottai le sopracciglia, mettendomi accanto a lui e sfilandogli la bottiglia di mano “Questa è la seconda volta che mi levi dalle mani qualcosa, smamma!”, mi guardò come gli avessi rubato le caramelle “Tu, hai già bevuto” conclusi.
“Ah, riguardo il pregiudizio...dicevi?” aggiunsi, dopo aver riempito i due bicchieri e avergliene porto uno.
“Grazie eh” fece il finto acido afferrandolo prepotentemente “Beh, tu vieni qui...ti aspetti che io sia uno schifoso disordinato puzzone” rise sorseggiando il whiskey “Non ti aspetti che abbia una ragazza e...”
Lo interruppi. “Ma non è pregiudizio, Ville!” obiettai. “ Uno mi hai invitato tu, e poi non ho mai detto che puzzavi” non resistetti al ridere a crepapelle “Sennò non ti avrei fatto salire in auto!!!”
Raggiunsi lo sgabello del pianoforte, al muro, e mi sedetti “Vedi non so...è che tu adesso sei un’altra persona rispetto a quella che mostri ogni giorno. Ed io non sarò in intimità con te chissà quanto, ma tu dall’esterno sembri uno proprio stronzo” forse fui troppo sincera, o comunque parlai troppo in fretta, ma lui stette a sentirmi “Sei un bell’uomo eh, anche se tra un po’ ti ci vorrà il bastone” mi portai istintivamente un dito in mezzo ai denti, giusto per non ridergli ancora in faccia “ma hai indosso una maschera che è difficile da decifrare, figurati da togliere! Ciò che scrivi è bellissimo, ma non sembra appartenerti...le tue fan ti vedono come un depresso ad un passo dall’ospedale psichiatrico per quanto stai male, ma chi ti vede, anche se non da vicinissimo, come la sottoscritta, non ha quella percezione”
Ville stette zitto ad ascoltarmi.
Poi mi chiese “E che percezione hai di me, tu?”
“Io?” domandai retoricamente “Io dico che tu sei furbo” lo guardai maliziosa “E che fai trasparire una cosa al posto dell’altra. E se avessero ragione le tue fan, che probabilmente ti conoscono più di me a conti fatti, sarei curiosa di conoscerti meglio. Perché a quel punto mi chiederei chi tu sia davvero, chi sia davvero il personaggio, e chi l’uomo” bevvi un sorso “C’è chi dice che i poeti non si studino in base al loro passato, non compongano in base al loro vissuto...ma io non sono sicura che sia così. Certo, c’è il filtro della letteratura tra loro ed il foglio bianco, ma sono certa che non si possa non parlare di sé, specialmente se si parla di amore” tacqui dopo che pronunciai queste parole. “Amore”, pensai...quanti danni che fa...

“Sei gentile a dire questo” quasi sussurrò. Era ancora in piedi...vidi il suo sguardo perso nel vuoto, intento a pensare chissà cosa.
Alzai lo sguardo, lo fissai intensamente, e gli sorrisi. Anche se ero conscia del fatto che i miei occhi non sorridessero affatto. Ogni questione, ogni parola, ogni più piccolo affanno erano lì, pronti come lupi affamati, a far emergere dall’abisso del mio cuore il ricordo di Adrian.
Che poi, “ricordo” designa qualcosa di finito, passato, concluso. Ed io volevo fortemente che fosse così, ma poi, quel messaggio, quelle parole così pesanti, macigni...altri macigni sul mio cuore, altri notte insonni spese nell’oblio, confusione totale della mia mente, anch’essa stanca. “Amore, che senso ha l’amore?” pronunciai ad alta voce, non rendendomi conto di quello che avessi appena fatto.
“Lo chiedi a me o lo chiedi a te stessa?” si avvicinò lentamente “Sybil...che succede?” piegò leggermente il capo in cerca del mio sguardo.


Sospirai. Poggiai i piedi a terra.
“Okay, io te lo dico. Però porta qui la bottiglia” risposi con tono perentorio “Non ti scandalizzi se mi sbronzo, no?”
Ville rise fragorosamente “IO?” domandò retorico con gli occhi sbarrati.


Dio, Ville, contieniti. Sei da carcere con quello sguardo.

“Per me puoi fare quello che vuoi” appoggiò la bottiglia su un tavolino, mentre prendeva posto sul bracciolo del divano “Basta che non vomiti sul tappeto, sennò Sandra potrebbe avere qualche crisi isterica” gli partì una risatina sciocca.
“Sandra?” ripetei “E chi è? La tua donna di servizio?”

Ville incurvò lo sguardo.
Si fece improvvisamente serio...sì, per tre secondi all’incirca, dopodiché esplose in una risata mai vista, perdendo addirittura l’equilibrio e sprofondando sul divano.

“Ville?” mi alzai un tantino preoccupata “ma che ho detto?” mi sporsi oltre il bracciolo giusto per capire dove fosse finito. Uff, avrei voluto ridere anche io...

“Beh...beh…” prese fiato, ma inutile...continuò a ridere come un pazzo e solo dopo un minuto buono rinvenne da quell’attacco di ridarella improvviso “Sandra” si schiarì la voce “E’ la mia fidanzata, non la mia badante” strizzò gli occhi mentre rideva, portandosi entrambe le mani sul viso.

“Io ho detto donna di servizio, non badante” precisai con tono ironico “vedi che il tuo inconscio ammette la tua vecchiaia galoppante” lo guardai con un sorriso soddisfatto.

“Sono ancora in tempo per darti la bottiglia in testa” mi fece la linguaccia “Su vieni” indicò il divano “Sono curioso...” di colpo il suo tono si fece serio, e anche l’atmosfera scherzosa volò via. Odiavo la pesantezza di questa cosa, la pesantezza dell’aria al solo pensiero di essa, odiavo il fatto che lui potesse rovinare qualsiasi cosa.

Insomma, tra un bicchiere e l’altro, e non perché sia un’alcolizzata ma solo perché l’alcol, così come per tutte le ferite, rende più sopportabili anche quelle – più profonde dell’anima- invisibili, raccontai a Ville ogni cosa. Ogni dolore, ogni gioia. Ogni promessa da lui fatta. Ogni promessa da lui mai mantenuta.
E gli raccontai di quanto fosse bello, dei suoi occhi, molto simili a quelli di Ville, dei suoi capelli biondo-rossicci e della cresta “cresta politica” precisava Adrian, che portava. “Ha le gambe storte” ridacchiai, sebbene più raccontassi la storia più i miei occhi si facessero lucidi “ma per restano perfette così. Non cambierei niente di quel ragazzo...fuori almeno” conclusi, abbassando lo sguardo, giocherellando con le punte dei capelli. “La sua ragazza invece è brutta. E intendo davvero brutta! Davvero, è uno schifo, e non lo dico solo per gelosia e moooolta invidia, ma perché è così. Ha trent’anni ma ne dimostra almeno quaranta. Ed è stupida!” mi complimentai davvero per il bel ragionamento che feci, nemmeno avessi avuto cinque anni, quando sentii un braccio di Ville avvolgermi le spalle e portare, con l’altra mano, la mia testa sul suo petto, appena sotto il suo mento”

Fu un gesto così improvviso, ma carico di qualcosa che definirei...amore.
Sì, amore.
Disinteressato, senza fini, senza nulla in cambio.
Un abbraccio può offrirti molta più comprensione delle parole, e Ville aveva capito dalle mie, per quanto fossi ormai più di là che di qua, quanto dolore avessi nel mio cuore... nemmeno la più robusta gabbia toracica riesce a proteggerlo quando si ha un abisso nel petto.

Singhiozzai, e piansi e parlavo, parlavo, aggrappata al petto di Ville, sporcandogli la maglia del trucco nero che ero solita portare. “Mi vergogno con te” mormorai appena, quando le sue mani possenti mi presero le braccia e mi allontanarono via dal suo corpo caldo “Vergogni?” sorrise dolcemente “Hai aperto il tuo cuore a me, Syl” mi disse sussurrando, come intimorito che qualcuno potesse sentirci.

Era la prima volta che mi chiamava Syl in tutti quegli anni, ed io gli avrei chiesto come mai mi stesse chiamando così in quel momento, se non fosse che ero emotivamente distrutta, incapace di essere la solita “Sybil punto e virgola” come mi definiva Adrian “dai peso ad ogni parola” mi diceva sempre...ma Ville mi riportò alla realtà, “non vergognarti di guardarmi” mi sistemò una ciocca rossa che avevo davanti agli occhi “non devi fare così. Sei un essere umano...e hai il cuore spezzato” un muto silenzio cadde tra noi due, ora che ci guardavamo l’uno negli occhi dell’altra, i suoi verdi ed i miei grigi con piccole pagliuzze verdognole; tastai in quel momento, nella durezza dei suoi lineamenti, dalla sua bocca serrata con prepotenza, dalla smunta intensità dei suoi occhi che anche Ville, in quel preciso istante, stava soffrendo. Non potevo sapere per cosa, o a causa di chi, ma lui mi apparve semplicemente...triste.

“Mi dispiace” fu l’unica cosa che riuscii a sibilare, prima di abbracciarlo – e in modo incontrollato- “Avevo torto su di te, su tutto” nascosi il viso nell’incavo della spalla, cose che forse non sarei riuscita mai a fare da sobria. Ma non c’era malizia in tutto ciò che stavamo facendo, solo una muta complicità, forse per affinità di situazioni, che portava entrambi a comportarsi, improvvisamente, come vecchi amici.

Sentii Ville sospirare, e poi ridacchiare “Non ti devi preoccupare” mi rispose abbracciandomi a sua volta.
“A volte sento di non farcela” mi staccai dopo poco da lui, restandogli vicina.

E poi si fece cupo.


“Io vivo l’inferno ogni giorno. Qui. Questa torre...alzò la testa, guardandosi attorno...questa vita, la mia ragazza, tutto questo...è una protezione Sybil.” Mi disse “Siamo alla mercé del destino proprio come la sabbia è alla mercé del vento.”
Fece una pausa, lunga un secondo, lunga un’eternità.
“Devi proteggerti” mi disse afferrandomi ancora le braccia “Sei giovane, sei intelligente, sei bellissima, non ti posso veder piangere così disperatamente” scosse la testa e si alzò di scatto, lasciando me immobile e zittita.

“Questa persona di cui mi parli è un’autolesionista. Certo, lo siamo tutti...ma è totalmente abulico, non lo capisci? Ti amerà di certo, non lo metto in dubbio...ma non ha le palle, Sybil...non ha le palle di mandare al diavolo quella sua vita di merda. Tu l’avrai sconvolto così tanto, la sua vita...” girava per la stanza non perdendomi mai di vista “le sue MISERE certezze…capisci?” tornò dopo poco di nuovo accanto a me “Questo ragazzo, questo mezzo uomo che mi hai descritto era chiaramente abituato al nulla, ad avere ciò che ad uno come lui spettava...e quindi il minimo. Ma poi tu sei entrata di forza nella sua vita, tu... credo che tu per lui sia stata la luce” abbassò lo sguardo, rilassò le spalle poggiandosi allo schienale del divano.
“Una medicina” aggiunsi, ricordando, con sguardo vitreo, quante volte Adrian me lo avesse ripetuto “sei la mia medicina”.
“Sì.”
Annui Ville. “Ma adesso devi esserlo per te stessa” sorrise dolcemente, accarezzandomi una guancia, ed io notai l’ennesimo gesto carino, disinteressato e vagamente paterno che quell’uomo mi stava rivolgendo.
“Non è questione di tempo. E’ questione di coraggio. E il coraggio non nasce dal niente. Basta così. E se te lo dico io...” sorrise malinconicamente.

“Io sono laureata in medicina sai” schioccai la lingua contro il palato “Neuroscienze” aggiunsi, con sguardo un po’ divertito “E’ la branca più interessante del mondo secondo me”
“Sarebbe?”
“Beh, non è psichiatria, e nemmeno neurologia...è un’insieme di tutto ciò ma va molto più a fondo...ti permette di comprendere tutto dell’animo umano” indicai la testa “e sai, l’area del cervello che si attiva quando veniamo feriti...per qualcosa come un pugno o un qualsiasi dolore fisico, è la stessa che si attiva quando abbiamo il cuore spezzato”
Il suo sguardo, nonostante l’ora ormai tarda, era vivo ed interessato, e la cosa mi procurò un certo piacere.
“Tu” temporeggiò qualche istante, passandosi la lingua sulle labbra “non so...sei diversa Syl” espirò violentemente.


“Se non fossi la figlia del mio manager potrei rischiare di innamorarmi di te” si zittì poi.
Conscio del fatto che probabilmente era stato l’alcol a parlare per lui.


“E se fossi più grande, o magari tu più piccolo?” chiesi retoricamente, per stemperare la cosa “Ah, non dimenticando che sei fidanzato!!!” battei le mani “Ma, scusa eh, questa fidanzata...si prende cura del giardino, okay...e evidentemente ha uno speciale attaccamento ai tappeti” dissi poi cercando di non farmi sfuggire qualche risatina “ma...dove sta? Sei sicuro che esista?” aggrottai un sopracciglio.
“Naaaaaah” spalancò i suoi occhi “inizia a correre, Sybil, perché se ti prendo ti uccido!” disse con un ghigno in volto.


Okay, Ville Valo era ufficialmente ubriaco. E ora stava mostrando il suo lato esuberante.
 

“Uno...due...tre!” si alzò di scatto per rincorrermi, cosa che mi procurò un infarto cardiaco nonché cerebrale per qualche secondo. Balzò così velocemente che feci un capriolone al contrario andandomi a schiantare col sedere per terra in meno di cinque secondi. Ma non ebbi tempo nemmeno per lamentarmi che scattai anche io – probabilmente con un livido sulla chiappa- in cerca di una via di fuga.
Per quanto dovessi rispondere a questo meccanismo di attacco-fuga, per quanto fossi ubriaca e per quanto dovessi avere un aspetto da clown, fui particolarmente divertita da Ville che sì, era sbronzo...ma era ridiventato improvvisamente bambino! Ed era stupendo trovarsi in quella situazione, farsi guidare dall’istinto, prendere anche se per poco la vita come un gioco, sì, un gioco serissimo, proprio come stavamo facendo noi due!


“Attenta che ti prendo!” sfrecciò lui attorno al divano, mentre cercavo di divincolarmi e distrarlo, così gli lanciai un cuscino addosso, beccandolo in pieno volto.
“Seeeee Ville! Buonanotte ahahah!!” scappai subito verso le scale, percorrendo il più velocemente possibile la lunga scalinata a chiocciola e guardando dietro con la coda dell’occhio.
Mi ritrovai improvvisamente al piano di sopra... “Cazzo” mormorai...c’erano solo due stanze, una doveva essere il bagno, l’altra la sua camera da letto... “Ehi tu” ebbi il tempo di dire non appena intravidi un’ulteriore scalinata che mi avrebbe portato dio solo sa dove, e così non persi tempo ma la percorsi.

“Tanto non mi scappi!” sentii Ville sempre più vicino.

L’altra scalinata era meno lunga delle precedente, ma terminava dinnanzi ad una vecchia porta di ferro davvero difficile da aprire “suuuu, dai!” ansimavo, mentre cercavo di togliere il chiavistello, fin troppo arrugginito “Contaci Ville!” gli urlai di rimando, esultando dopo nemmeno un secondo per l’apertura della porta alla quale segui una del tutto inaspettata ondata di aria fredda che mi paralizzò per così tanto tempo che sentii improvvisamente il polso afferrato di botto, e mi ritrovai dopo poco con la spalle al muro, su un immenso terrazzo a pianta esagonale.

“Beccata” sussurrò lui, guardandosi poco dopo intorno, non lasciando andare la presa.
 “Hai scoperto la mia terrazza segreta!” commentò fintamente meravigliato, con uno strano guizzo negli occhi, come se avesse voluto proprio condurmi fin lì.

Non ero affatto sicura del fatto che fosse il freddo della notte a procurare in me brividi lungo la schiena. Quel brivido che si concentra sul fondo della colonna vertebrale, che aspetta, aspetta...ed esplode, percorrendo ogni centimetro del corpo, dentro e fuori, te lo senti lungo le membra, lungo le gambe...dritto fino al cervello, agli occhi, paralizzandoti.


“Che stai facendo, Ville?”


Ruppi quel momento di tensione.
Ma era troppo.
Troppo il contrasto tra il vento freddo ed il suo respiro corto, caldo su di me.
Troppo vicino. Troppo ancorato al mio polso. Troppo inchiodato ai miei occhi.
Troppo alcol circolava nel nostro sangue.
Potevo percepire a pelle quanto entrambi i nostri corpi fossero bollenti.

“Come è, Sybil?” mi sussurrò in un orecchio, lentamente. Il vento fischiava ormai.
“Cosa?” domandai istintivamente, cercando lo sguardo di lui.
“Percorrere una spirale, velocemente, vorticosamente...ebbra ma non solo di alcol” tornò a guardarmi con uno strano ghigno dipinto in volto “intorpidita, sudaticcia...e poi finire spiattellata al freddo, al buio?” tese lo sguardo verso il cielo, stellato, e con un movimento rotatorio tornò a posare gli occhi su di me “E’ stato eccitante, vero?” alzò il sopracciglio destro, tenendo sempre stretto il mio polso nella sua mano “E’ stato spaventoso, vero? E’ piacevole restare chiusi, al protetto, seppure in una torre? Una fortezza? Sì, Sybil. Se non ci fosse il freddo tu non apprezzeresti il calore, se il calore fosse troppo però...” e si girò improvvisamente, lasciando la presa, dandomi le spalle.

Sbattei ripetutamente le ciglia, due o tre volte, non avendo chiaro (o non volendo capire) ciò che mi stava dicendo.
“Avrei bisogno di aria?” mi azzardai a chiedere
“Hai provato il freddo. L’hai sentito. Ti è entrato nelle ossa.” Si accese una sigaretta, ritornando nella mia direzione “Ora devi proteggerti, stare al caldo, ma non tanto da asfissiarti...sennò finisci come me” aggiunse con tono risoluto, rassegnato, seppur triste.
“Non sono né sano né malato” scosse la testa lentamente “e mi rinchiudo qui, ma poi fuggo. Poi ritorno per fuggire ancora.”

“Questo tuo Adrian ha beneficiato di una medicina che forse io non riuscirò mai a trovare”


Note dell'autrice!

zan zaaan!
Dunque, è notte ormai, ma dovevo assolutamente caricare il capitolo.
Il titolo è chiaramente estrapolato da "just for tonight", canzone che personalmente adoro.
Ho voluto qui approfondire i caratteri dei due, gettare luce su questo ville...che in effetti non è proprio ciò che mostra, per lo meno agli altri, agli "estranei".
Dunque, sono stanca morta, oggi ho fatto l'esame di stato *evviva* ma spero che il capitolo via sia piaciuto :)
Critiche/commenti sempre ben accetti :)
un bacio!
Silvia
P.S Viola ti amo, le tue copertine sono DIVINE *___*

 

 

   
 
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