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Autore: Qetsiyah313    04/07/2014    1 recensioni
Francesca è una ballerina di danza classica che frequenta il primo anno di college alla Y. una prestigiosa scuola giapponese. Nella sua stessa classe trova Patrick, un ragazzo di un anno più grande di lei, il ragazzo più popolare di tutta la scuola, quello che flirta con tutte le ragazze più carine, il classico teppista che ama la musica rock e l'odore forte della vernice spruzzata sul muro dalle bombolette. Inizialmente Francesca lo odia, ma le sue continue dichiarazioni d'amore la fanno pensare. Ha sempre voluto che qualcuno la coccolasse, e mentre lei si perde nei suoi profondi e pungenti occhi verdi smeraldo scatta qualcosa. Che sia il colpo di fulmine?
Genere: Comico, Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
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Mi sveglio con il trillo insistente del cellulare. Guardo il numero sconosciuto con sguardo torvo. Quale pazzo chiamerebbe qualcuno alle sei e un quarto del mattino?! Decido di rispondere, ma prima che possa schiacciare quel tasto verde che mi separa dall'uccidere qualcuno la chiamata viene declinata. Meglio così, il rompiscatole si è salvato chiudendo la chiamata. Mi tuffo con la testa sul cuscino. Il cellulare torna a squillare. Questa volta lo afferro con cattiveria e rispondo, quasi gridando un "Pronto?!" secco.
Dall'altro capo del telefono parla una voce suadente, con una nota giocosa che guizzava in tutte le parole da esso pronunciato, era una voce maschile.
-Ryoko? Sono io, Patrick. Ricordati di lasciare le chiavi dove ti ho detto ieri, nel vano tra il vetro e il supporto di legno. Voglio saltare la seconda e la terza ora, non mi piace la matematica. Hey, Ryoko, ci sei ancora?
-Ma con che criterio pensi di poter chiamare la gente a quest'ora?! 
Sbotto furiosa.
-Non sei Ryoko?
-Ti sembra la mia la voce di un ragazzo?! Non so, se lo fossi ti avrei già raggiunto e preso a pugni, non credi?!
Sono arrabbiata. Davvero, come faceva a essere così idiota?!
-Non tutti i ragazzi sono così, sai?
-Sai dire solo frasi con il punto interrogativo?
-Potrei dire la stessa cosa a te.
Rimango di sasso. Finora nessuno era mai riuscito a lasciarmi senza parole, se fossi stata in Italia mi avrebbero urlato "Ti ho chiuuuuso!!!", ma dato che siamo in Giappone questo tizio si è limitato a un sottile sarcasmo nei miei confronti. Ed è una cosa che odio.
-Comunque, si può sapere il nome di questa furiosa fanciulla?
-Perché mai dovrei darti quest'informazione?
Il ragazzo ride, con una vena di sarcasmo in quella breve risata. Magari odio  il modo in cui si stava relazionando con me, ma la sua voce era davvero stupenda, credo di non averne mai sentite di simili. È vellutata ma penetrante e sonora nello stesso tempo.
-Perché stai ridendo?
-Perché ti sei messa sulla difensiva in un modo che qui in Giappone ho visto rare volte fare. Tu non sei di qui, vero? Nemmeno io sono giapponese, i miei sono coreani, ma mia mamma ha discendenze inglesi, mio nonno si chiamava Patrick, ecco spiegato il motivo del mio nome qui insolito. Sono in Giappone da quando sono nato, perché mentre mia madre mi portava in grembo mio padre fu trasferito qui per lavoro.
Sospiro.
-Cosa ti fa pensare che io voglia sentire la storia della tua famiglia.
Lui ride ancora, con la stessa risata che prima mi stregato.
-Era solo per scioglierti un po', sai, pensavo che parlandoti di me avresti capito che non sono un malintenziona...
-Bhe, pensavi male, caro il mio Patrick.
Lo interrompo. Durante la mia sfuriata sia Enia che Federica si sono svegliate. Leggo il loro labiale mentre si strofinano gli occhi. Mi stanno chiedendo che ore sono.
-Dimmi, che ti ho fatto di male per non meritare di sapere nemmeno il tuo nome?
-Che hai fatto? CHE HAI FATTO?! Ti rendi conto che sono le sei del mattino e tu chiami la gente per dirgli che salterai matematica?! Che poi, come fai a sapere l'orario delle lezioni se la scuola inizia tra un'ora e mezza circa?!
-Se ti calmi e la finisci di urlarmi nelle orecchie posso dirti che mi sveglio tutte le mattine alle cinque per poter fare una bella passeggiata. Mentre facevo questa suddetta passeggiata ho visto la segreteria aperta per chissà quale assurdo motivo e ho dato una sbirciatina agli orari, essendo la segretaria della direttrice mia cugina so esattamente qual'è la mia classe, ovvero la 1^F, e se mi dici il tuo nome posso dirti qual'è la tua classe e gli orari della giornata. Ah, giusto, c'è un unico nome straniero nella mia classe, ed è Francesca, non è forse il tuo? Che simpatico, la nostra classe coincide con la tua iniziale. 
Interessante. E così ho un legame, seppur lontano, con questo rompiscatole...
-Forse. Cosa te lo fa pensare?
-intuito.
Risponde vago. Ride una terza volta.
-Ora devo andare, devo andare carissima Francesca, ci vediamo a lezione... Ti aspetto nell'aula di letteratura!... *tu tu tu tu tu*
La chiamata era terminata. Mentre io finivo la conversazione Federica aveva aperto la finestra, arrampicandosi sul mio letto, ed Enia aveva rifatto il suo letto. Si girano entrambe verso di me, ammiccando e scambiandosi qualche occhiata complice.
-Sentiamo un po', chi era al telefono?
-Un tizio che sto per andare a uccidere!
Mi vesto in fretta e furia sotto le occhiate sconcertate delle mie due compagne di stanza. 
-Tra l'altro, un uccellino mi ha detto che non siamo in classe insieme! 
Esco dalla camera sbattendo la porta. Nella tracolla ho soltanto un piccolo quaderno e qualche penna colorata per prendere appunti. Accelero il passo, sono troppo curiosa di sapere chi è il pazzoide che mi ha svegliato.

Dopo circa venti minuti di corsa per i corridoi trovo finalmente l'aula di letteratura. Entrò con irruenza. Seduta all'ultimo banco in fondo all'aula, vicino alla finestra c'è seduta una ragazza bionda, sta disegnando qualcosa su un enorme blocco da disegno. Appena entro però chiude tutto di botto, spaventata dalla mia entrata piuttosto fuori dal normale. 
-Ciao.
Dico timidamente.
-Non è che shi visto un ragazzo dall'aria spavalda qui vicino?
La ragazza fa segno di no con la testa. Bene, sono già stata fregata. Torno nella mia stanza, dove le mie compagna si stanno ancora preparando. Mi si avvicina Enia.
-Hey, lo hai trovato? Uff, ma guardati, hai ancora i capelli tutti arruffati!
Prende un pettine e inizia a pettinarmi i capelli. Guardo le sue dita giocare con le ciocche scure dei miei capelli, attraverso lo specchio.
-Perché quel broncio?
Domanda Federica.
-Prova a indovinare.
Rispondo secca io, torturandomi il labbro son i denti.
-Non so cosa stai facendo, ne ho capito che hai detto questa mattina, quindi non so che dirti.
-Meglio così.

Io ed Enia usciamo a braccetto dalla camera. Federica vuole aspettare ad uscire anche se è piuttosto tardi, contendo che non conosce quale sia l'aula dove deve andare. Attraversiamo i corridoi della scuola con sicurezza, ora che ho trovato l'aula per la prima lezione. Enia controlla sul suo foglio con la piantina della scuola e gli orari delle lezioni. Mi sembrava di aver visto l'aula di scienze poco più indietro rispetto alla mia. Lascio Enia davanti alla porta ed entrò per la seconda volta in oggi nell'aula di letteratura. Ora oltre alla ragazza con il blocco da disegno ci sono altri ragazzi, seduti a gruppetti che parlano tra di loro, ma nonostante questo il rumore delle loro chiacchiere è molto basso. Mi siedo nell'ultimo banco, dalla parte opposta della ragazza di questa mattina. Mentre aspetto l'arrivo di tutti gli studenti e della professoressa penso a cosa posso dire per presentarmi. Buongiorno a tutti, mi chiamo Francesca, fino ai miei 12 anni ho vissuto in Italia, quindi perdonate il mio modo stentato di parlare giapponese. Si, così potrebbe andare. Sono così assorta dai miei pensieri che non mi accorgo che qualcuno si é seduto nel posto di fianco al mio. Mi giro. Due penetranti e freddi occhi verdi mi scrutano. Sussulto.
-Che c'è, ti sei forse spaventata?
Questa voce... Quello sbruffone?!
-Certo che no!
Dico scocciata. Mi giro verso la parete davanti a me, poggiando i gomiti sul banco e il mento sui pugni chiusi della mia mano. Mi scostò i capelli e li mise dietro l'orecchio.
-Hey, Francesca... Puoi per lo meno guardarmi in faccia.
-No!
Taglio corto.
Lui sospira.
-È arrivata la prof. Ti dispiace se resto qui?
-Si, mi dispiace eccome.
-Non ti chiedo che ti ho fatto perché sono sicuro di ricevere una sfuriata da parte tua. Mi sembri un pokèmon sai? Un piccolo pokèmon coccoloso che si è arrabbiato tanto tanto.
Le sue labbra formano una specie di tre e la voce diventa quella di un bambino piccolo. 
-Quindi resto qui!
-O mio Dio...
Mi rassegno all'idea di un intero anno con questo tizio rompiscatole.
  
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