Storie originali > Soprannaturale
Segui la storia  |       
Autore: Princess_Klebitz    04/07/2014    1 recensioni
Amici fino alla morte ed oltre; nemici controvoglia. Musica, amore e morte nella metà sbagliata degli anni '90, scaraventati avanti volontariamente per non poter più tornare indietro.*
La tregua tra la Ragione ed il Caos durava da troppo tempo; quando si accorsero dell'errore, corsero ai ripari, e l'Immemore e l'Innocente si trovarono faccia a faccia, dopo anni di ricerche, per riportare la situazione in parità.
Un errore troppo grosso, la persona sbagliata, un imprevisto che non doveva assolutamente accadere.
Storia scritta nel 1997, e l'epico tentativo di riscriverla senza snaturarla.
Spero qualcuno apprezzi.
Genere: Drammatico, Mistero, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
33.Come un tornado

Tolte le bende, sia al piede che agli animi, riarrangiati nuovamente i brani, a primavera l'Over a Velvet Wall tour 2002\2003 ripartì, nuovamente dalla Wembley arena. 

Cinque serate sold out e pubblico per altrettante. 

Per qualche data, causa una scarsa coesione ancora tra i componenti dopo l'ultimo scontro, si evitò la tecnica del tuffo libero passata la metà concerto: non si sentivano in grado di fidarsi l'un l'altro, ma data dopo data tornarono ad essere quello che erano sempre stati.

Non tanto una grande rockband, ma un gruppo di amici prestato all'Olimpo del rock.

Sbarcarono nel Continente a fine aprile, al club Paradiso di Amsterdam, dove sfiorarono più di una catastrofe poichè per scelte completamente errate o per sottovalutazione, era stata programmata una sola serata, mentre tutto il locale era circondato da una folla che lo avrebbe riempito almeno altre sette volte. 
Erano scampati ai fans famelici per miracolo.

 Dorian si era dotato di camice da infermiere per omaggiare il famoso concerto del Festival di Reading dei Nirvana ed aveva fatto il suo primo stage diving.
La security lo recuperò dopo solo un minuto, ma tornò lo stesso sul palco a brandelli, tremante, e  fortunatamente preso al volo da Justin e Shane prima che si accascasse a terra, pieno di lividi e sconvolto dalla ferocia del pubblico.
La chitarra, dispersa e presto fatta a pezzi, non era Phoenix o qualcuno ci sarebbe andato di mezzo, una volta che il biondino si fosse calmato e ripreso dal trauma.
Dopo quell'esperienza, Dorian non si lasciò mai più tentare, neppure dal pubblico più mite.

Justin iniziò a 'scongelarsi', come ne parlò in seguito Eddie, dopo quell'occasione; se prima avevano un algido cantante new waver, poi piano piano ritrovò la vena teatrale che l'aveva sempre caratterizzato e ben presto i due nemici-amici si ritrovarono spalla a spalla nei pezzi più intensi e rockeggianti. 

Sapevano che sarebbe successo, come sapevano che da quel momento, dopo quel periodo di relativa calma, i rapporti si sarebbero ancora pian piano incrinati fino al punto di rottura.
Dorian e Justin, anche se apparentemente diversi, sotto sotto erano fatti dello stesso materiale: ghiaccio duro o vetro, qualcosa di trasparente che si crepava in vari punti ma resisteva fin quando una di queste crepe ne incrociava un'altra. Solo allora esplodeva tutto l'apparato.

Justin lo sapeva e aveva accolto con un misto perfettamente bilanciato di orrore e sollievo quel tornare grandi amici, sia sul palco che fuori, ma forse...
Forse il sollievo aveva prevalso.
Era NETTAMENTE prevalso quando, il 21 aprile, dopo una trionfale tournèe in Germania, arrivarono a Monaco, nel grandioso OlympiaStadion.
Justin era dannatamente felice di avere Dorian al suo fianco quando solo entrò nell'enorme stadio, il primo della loro carriera; sarebbe stata una data che avrebbe avuto un enorme peso nella loro storia, lo sapevano tutti, e serviva la maggiore potenza di spirito, calibro e potenza di fuoco che poteva assicurare loro solo un Dorian in pace col mondo e specialmente col resto della band.

Da aereo ad aereo erano di nuovo a Monaco;dove erano iniziati tutti i loro guai, anni prima, sempre su un aereo, ma dove rischiavano di far avverare il loro sogno una volta per tutte.
*
*
Prima della ripartenza del tour, Dorian era tornato in studio da solo per modificare i brani per il concerto live, con l'assistenza di Flood, ma non aveva mai tirato fuori quel metodo di procedere prima d'allora; ci pensava Justin a congelare l'atmosfera, mentre lui, Shane ed Eddie la mandavano nell'ozonosfera, bollente di passione.

Era stato un mix perfetto che aveva mandato il pubblico alle stelle; vi erano momenti in cui Justin, come al solito nerovestito, teneva persino le mani dietro la schiena mentre cantava con aria seria, ma senza pose alla Liam Gallagher, mentre attorno a lui il palco impazziva come in un tornado di sound. La loro fama di nipotini dell'eurowave e di un certo rock alternativo dei primi anni '90 ne aveva giovato non poco, ma non poteva durare molto.
Justin teneva quelle pose per insicurezza nonostante le sue parole, temendo in uno sfacelo e restando serio al limite del funebre; ora la sua personalità da frontman, a lungo frenata, stava uscendo dal coma dell'indecisione, muovendosi prima a scatti e con prudenza e poi raggiungendo la disinvoltura di un rocker americano anni '70, persino chiedendo (e purtroppo ottenendo) di suonare la sua Telecaster.
Dorian, cosciente quanto se non più di lui della potenza dell'immagine ,specie in merito alla sovraesposizione sempre maggiore dei media rispetto a quella che era la loro esperienza di fans, e dotato di occhio distaccato e critico (a parte che ad Amsterdam), aveva deciso che se l'immagine era cambiata, con Justin che padroneggiava la sua natura di frontman con passione come tutti loro, avrebbe congelato qualcosa nella musica; così voleva che loro e la loro musica apparissero.

Una contrapposizione continua tra freddo gelido e caldo bollente. 
E per Dio, ce l'avrebbe fatta. 

Fu così che, nei tre giorni preparatori alla data (unica) di Monaco, chiuse tutti nel primo studio decente che trovò e grazie a due nottate insonni in cui fece lavorare quasi tutti in punta di frusta, rivelò cos'avevano ideato lui e Flood per il tour e che poi avevano abbandonato.
Avevano lavorato su avvolgenti coperture di synth programmati, talmente gelidi da dare l'impressione che ritrovarsi nel tornado di quelle note avrebbe riportato tutti negli anni '80; avevano effettato la chitarra e la voce in modo da renderle meno dirette e Dorian, dotato di effetti tali da rendere Phoenix una tastiera, dovette convincere Justin a non 'sbraitare' (come lo rimproverava) sul suo range alto abituale, come al suo solito, ma tornare in modalità 'stoccafisso' per certe canzoni, per il reverbero che avevano regolato altissimo per il suo microfono. 
La resa della batteria di Eddie fu ridotta di volume ma non di spessore; ora il rosso batterista non suonava più direttamente da macellaio, ma girava attorno al ritmo ossessivamente; il ruolo di Shane fu paradossalmente aumentato, con un potente basso che stava sotto a tutto, anch'esso ispessito da effetti, in primis una compressione micidiale.

Quando, finita la preparazione, si presentarono nel backstage dell'OlympiaStadion di Monaco, erano lo stesso gruppo, ma sentivano di avere in mano finalmente l'esecuzione giusta, quella che fino ad allora era mancata nonostante i fans non sembravano essersene accorti, per la loro musica.

Gelavano tutti poi gettavano fuoco vivo e poi rigelavano il tutto; era come l'aveva descritto Shane in un'intervista. 
Arrivavano come un tornado, non si sapeva se generato dal calore o dal freddo; lasciavano comunque i morti alle loro spalle. 
*
*
Dorian stava facendo un soundcheck solitario sull'enorme palco dello stadio di Monaco, schiacciando vari pedali e cacciando il tecnico delle chitarre, intenzionato a fare da solo, tradendo così il proprio nervosismo.

Justin salì i gradini del backstage e si appoggiò al tom della batteria, ormai senza neppure l'ombra di zoppìa; era stata una giornata calda, da tre giorni batteva sole splendente su Monaco di Baviera, ma internamente tremava, come era sicuro stesse tremando Dorian.

Il biondino, sotto il sole, come al solito scuoteva la chioma mentre cavava suoni scintillanti dalla chitarra, mandando raggi ovunque; freddi dagli amplificatori, caldi dai suoi capelli, vitrei dagli occhi verde acquamarina, che guardavano con inquietante fissità il campo vuoto davanti a loro. 
Sembrava impossibile che quella creatura, proveniente da un mondo forse di elfi e fate che suonavano la chitarra, fosse stato vicino a spaccargli il cranio poco meno di due mesi prima, ma in quella luce, in quel momento, niente sembrava impossibile.

Persino che il loro primo set in uno stadio, con quelle modifiche all'ultimo secondo da synth rock di Dorian e Flood, avessero funzionato. 

Justin, spostato di poco (ma non di molto, in fondo era vicino. Era quello che li condannava a stare vicini e che forse li aveva riconciliati -prima di quando?- Prima della prossima rottura, ovviamente), fissò il microfono al centro del palco con una paura quasi irrazionale.
Lui, paura di un microfono?
Un microfono al centro di un palco in uno stadio?
Lui, la rockstar?
Diavolo, sì.

Tutte le cose che aveva sognato prima che iniziasse la loro disfatta, quella camminata lenta e il microfono al centro del palco, in uno stadio pieno, si erano avverate con inquietante esattezza; sapeva che al buio una luce tra il blu ed il viola avrebbe illuminato i suoi passi lenti e lunghi verso il microfono, mentre i lugubri cori sintetici di 'Someone in my mind' si sarebbero uniti al basso corposo di Shane, mentre Dorian avrebbe cavato qualche nota di ghiaccio ed Eddie al massimo avrebbe fatto risuonare lievemente i piatti, in un crescendo atmosferico che solo lui sarebbe stato in grado di spezzare con la sua voce.

Era straziante.

Per un momento Justin volle fortemente tornare all'ultimo anno alla Wenders school o al primo, unico, vero anno accademico di Trinity college.
Un attimo prima del cambiamento, per poter non cambiare niente, perchè era stato lui a spingere Dorian e Dorian a spingerli tutti giù per quella china, vero?

Ed ora, volente o nolente, doveva farlo. 

Mentre Dorian, ignaro di tutto, provava un'altra chitarra per un'altra canzone e Justin si afferrava la testa tra le mani, colto di nuovo da una delle sue emicranie improvvise che sembrava essersi lasciato in Irlanda, Eddie salì a sua volta dalla scaletta del backstage e stette immobile a guardarli, per un minuto buono.

Uno, sofferente, si teneva la testa non perdendo mai di vista il microfono (o Dorian) e l'altro, i nervi tirati, sembrava entrato in una dimensione parallela per forse non uscirne più; quelli erano i suoi amici, che l'avevano trascinato, a volte forse recalcitrante, a volte forse recalcitranti loro stessi, fin lì.
Non erano un belvedere, ma nonostante la paura che l'aveva attanagliato per i nuovi arrangiamenti ora, uscendo al sole sotto un cielo talmente azzurro che non aveva mai visto in Irlanda nè in Inghilterra, sentiva ogni dubbio riguardo al nuovo sound sciogliersi sotto i raggi caldi benefici.
Sorrise, o meglio, ghignò.

Se i due frontman erano entrambi sul pianeta 'Desperation', anche se ai due poli opposti come al solito, Eddie era allegro come non mai, mentre si avviava alla batteria e dava una pacca a Justin, che levava lo sguardo incerto su di lui.

"Mal di testa ancora?"
"Dev'essere il caldo.", replicò in tono lamentoso Justin massaggiandosi la tempia sinistra; da un mese circa se n'era liberato, ma ora il gesto tornava alla memoria di Eddie più prepotentemente che mai.
 
Dorian lo aveva dato segretamente per spacciato e non credeva alle varie consulenze che aveva chiesto e che avevano escluso ipotesi nefaste (come al solito Dorian aveva subito pensato al cancro al cervello, tanto per stare allegro), ma si era dovuto ricredere quando erano sbarcati in Europa; lo 'scongelamento' di Justin come cantante era andato pari passo con l'attenuarsi dei suoi mal di testa e tutti ci avevano messo del loro, a più sospetti.

Nuove medicine, nuove medicine talmente efficaci da essere droghe o essere usate come droghe, magari prescrivibili sul continente più che sulle isole, droghe pure e semplici, Dorian che aveva ribaltato il camerino di Justin trovando solo aspirine forti ed aveva dovuto arrendersi, non senza un certo sollievo mentre si subiva il cazziatone (ed era stato un cazziatone-one-one, aveva commentato Shane) di Justin sul dare e avere fiducia, a cui aveva ridotto un macello lo spazio per prepararsi.

Non avrebbero perso il cantante, nonchè suo migliore amico. 
Nè per 'mal di testa avanzato', come lo chiamava sottintendendo un tumore maligno, nè per overdose, almeno per quel tour. 

E rieccolo là, l'occhio arrossato e la tempia strofinata, appoggiato ad un tom come non stesse in piedi, di fronte a Eddie, con Dorian che noncurante mandava raggi come una palla da discoteca persino rivaleggiando col sole. 

"Dov'è Shaney? Dobbiamo fare il soundcheck. Quello là...", e Justin indicò col mento Dorian "...ha intenzione di suonare a cazzo e cambiare effetti fino a stasera se glielo concediamo." 
"Stava broccolando una tizia di un canale tedesco, sai; bionda, con due tet..."
"Ho capito... DIO!,dovremo mica andarlo a prendere, pure?", si abbattè completamente sul tom Justin, spalmandosi sulla batteria a mò di disperazione.
"Nah, vedrai che ai primi colpi di grancassa arriva; di corsa ma arriva sempre.",disse Eddie garrullo ed incosciente come sempre. "Sempre se mi lasci sedere."

Justin si girò a guardarlo dalla sua posizione, sfrittellato sulla batteria Pearl, proprio con l'occhio arrossato ma con un'espressione gelida, ed Eddie per un lunghissimo secondo ebbe l'impressione di - non è mal di testa e non è una coincidenza che gli sia passato, non gli serviva più, ma ora forse gli serve...- averlo stuzzicato nel momento sbagliato, poi l'amico si rigirò e si alzò, seppure lentamente.
"Tutta tua, io vado a prendere un paio di aspirine.", sospirò Justin, girandosi verso le scalette per abbandonare la scena.

La sua scena.

Si fermò però ancora accanto alle scalette, mentre Eddie si sistemava gli auricolari e il suo tecnico si avvicinava per provare il sound; impossibile non notarlo, la faccia era una macchia quasi di porcellana, aggravata dal pallore del mal di testa, addobbata dal nero contro quell'incredibile cielo.

Gli stava facendo pena, Justin; sembrava non avesse del tutto superato i suoi guai e proprio quel giorno, il giorno della loro consacrazione, il giorno che tutti sapevano sognava da anni, era ricomparso quel -quella presenza- mal di testa.
Gli lanciò una voce, un po' preso dall'inquietudine ed un po' dall'impazienza del soundcheck.
"Hai intenzione di fargli una dichiarazione o vuoi startene a cuocere lì tutto il giorno, beccamorto?"

Justin si scosse e lo guardò, sorpreso.
"Dorian. Lo guardi come se volessi chiedergli la mano al ballo scolastico.", chiarì Eddie, sempre a pieni polmoni e sempre ignorato dal soggetto della sua discussione.

Finalmente Justin capì ma non scoppiò in una risata o in 'vaffa' gioioso come si aspettava, ma gli sorrise.
E fu bello;era  quel sorriso riservato a loro che lo rendeva così speciale, che gli lasciava i brillantini negli occhi.

"Perchè, tu non te ne innamoreresti, in questo momento?"
E finalmente scese la scaletta, lasciando Eddie interdetto per poi scoppiare in una risata.
"Vaffanculo, lo sapevo! Suono in un gruppo di gay!", proruppe.
Rise fino ad asciugandosi le lacrime, osservando la sottile figura di Justin che finalmente spariva e incrociava Shane che correva in senso opposto ed una stilettata gelida lo colpì, per poi svanire come molti pensieri di tutti loro in quei giorni, solo che questo era nettamente diverso.

-Mi innamorerei anche di te, caro. Se solo ti lasciassi volere bene... Allora ci innamoreremmo tutti di te.-
*
*
La sera calò inesorabile sull'Olympiastadion di Monaco.

L'Over a Velvet Wall tour stava per decollare come un gigante finora costretto a gattonare ed ora libero di camminare, correre e forse anche distruggere.

I synth pre-registrati vennero fatti partire e la band entrò in scena; Shane, che si mise quasi subito a suonare, supportando la corposa linea di synth bass che si stava esaurendo, Dorian che lanciò una lama di chitarra digitalizzata nell'oscurità, Eddie che non si mosse per il momento, ma salutò il pubblico.

E poi, a lunghi e lenti passi, verso il microfono posizionato al centro del palco, mentre ormai tutto era in movimento attorno a lui, pronto a scatenare la tempesta, Justin. 

Justin, in jeans cargo neri e camicia nera fuori dai pantaloni, fasciante, la faccia che risaltava bianca e dentro quella gli occhi che le luci e la matita rendevano di un azzurro brillante: invitante e pericoloso come una pozza d'acqua fredda in una corrente calda.

Si approcciò al microfono a mani unite dietro la schiena, come fosse in chiesa, e  il momento prima di cantare, quando Eddie attaccò,  stese le braccia e si inarcò per poi ricadere sul microfono e scatenare il tornado. 

Era tutto come aveva sempre sognato.



Capitolo non betato.
Signorine, posso capire che l'evento rock possa stufare e che si possa lamentare del poco sovrannaturale, ma si deve leggere tra le righe molto finemente, specie in questi capitoli, specie in quello precedente.
Ci sono due emissari, ci sono due (o più?) protagonisti che non sono nè bianco nè nero.
OVVIAMENTE chi ama la musica è avvantaggiato, non lo nego. 
Sono solo amici prestati al rock, non un vero gruppo da classifica :P
E poi come dice Alael 'Non vivi tremila anni se non impari...' bloah blah ci hai stufato!!
Accetto critiche, ne avrei bisogno come il pane. 
Buona estate


   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Soprannaturale / Vai alla pagina dell'autore: Princess_Klebitz