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Autore: Matt1103    05/07/2014    2 recensioni
Un ragazzo con il desiderio di diventare un scrittore, una leggenda che prende vita sotto i suoi occhi e una grande decisione da prendere che potrebbe cambiare il suo destino. Tutto questo per il raggiungimento di un sogno.
Genere: Fantasy, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 1
 
 
Avete mai avuto un sogno? No, non uno di quei sogni irrealizzabili, ma uno di quelli concreti che scalpita pur di uscire dal cassetto in cui è represso. Sogni semplici, come formare una famiglia o più ambiziosi come vivere dei propri racconti, diventare uno scrittore. Proprio di uno scrittore parla la mia storia, o meglio, di un giornalista che lo vorrebbe diventare.


Il soffitto è un grande amico quando cerchi di riordinare i pensieri. È taciturno, ma riesce a consigliarti anche standosene in silenzio. Come si sa, però i momenti di serenità durano ben poco, infatti, quegli istanti di quiete furono interrotti dal suono metallico della sveglia. Quel giorno, tuttavia, la sveglia si rivelò inutile, visto che Frederick era sveglio già da un’ora; riuscì solo a fargli perdere il filo del discorso che ripeteva a mente ormai da mezz’ora. Non sapeva se alzarsi o rimanere a fissare il soffitto, ma alla fine decise che il momento era arrivato. Si eresse in piedi e in pochi minuti riuscì a vestirsi, cosa che gli riusciva facile grazie all’allenamento che faceva ogni giorno. Decise di non fare colazione e uscì di casa lentamente, quasi a sperare che la casa da un momento all’altro prendesse vita e riuscisse a tenerlo prigioniero. Camminare è un ottimo rimedio per pensare, ma è difficile camminare e essere concentrato su un’altra cosa contemporaneamente, infatti rischiò più di una volta di scontrarsi con un lampione. Quando finalmente arrivò, pregò mentalmente affinché tutto andasse per il meglio. Raggiunse il suo ufficio e si mise a sedere alla scrivania. L’aria tetra che si respirava in quel luogo non rispecchiava lo stato d’animo di Frederick. Per troppe volte aveva desiderato che quel giorno arrivasse e ora che era giunto gli sembrò troppo presto. Si alzò e tirò un pezzo di carta accartocciata nel cestino lontano qualche metro da lui. Con quel gesto non aveva gettato solo il lavoro di un giorno, ma anche la sua vecchia vita per ricominciare da capo. Percorse il lungo corridoio che portava all’ufficio del direttore. I muri sembravano guardarlo, erano ricoperti di fotografie che ritraevano l’ “Impiegato del mese”, riconoscimento che per quanto ci provasse Frederick non era mai arrivato ad ottenere. E alla fine arrivò alla porta. Restò fermo per qualche secondo a osservare la targhetta sull’ingresso, in cui era inciso il nome “M. Davidson”. Prese un profondo respiro e alla fine trovò il coraggio di bussare.  –Avanti!- tuonò una voce dall’altro lato della soglia. La luce all’interno della stanza lo abbagliò per un istante. Quell’ufficio luminoso e ben curato non aveva nulla a che vedere con il buco in cui era costretto a lavorare Frederick, l’unica nota fuori posto in quella stanza era data da un omino tozzo e occhialuto che sedeva alla scrivania. –Che c’è Faraday, dovresti essere nel tuo ufficio a lavorare all’articolo sulla sparatoria di ieri. - disse il direttore.  –Do le dimissioni. - rispose Frederick con un pizzico di orgoglio misto a impertinenza che meravigliò anche se stesso. –Cosa significa che dai le dimissioni? Non mi puoi piantare in asso in questo modo!-
-Senta, io non voglio fare questo nella vita. Voglio scrivere libri, non dieci righe che verranno messe in un angolino del giornale. Voglio alzarmi la mattina e pensare che potrò scrivere quello che voglio. -Detto questo Frederick si voltò e uscì dalla stanza, incalzato dalle urla del signor Davidson. Era arrabbiato, ma non sapeva nemmeno lui perché lo fosse, forse era arrabbiato con il direttore perché non l’aveva mai nominato impiegato del mese o forse, più semplicemente, era arrabbiato con se stesso perché aveva rinunciato al suo sogno per troppo tempo. Raggiunse il suo ufficio consapevole che quella sarebbe stata l’ultima volta che avrebbe messo piede in quell’antro e raccolse le sue cose, soddisfatto e pensieroso. Uscito dall’edificio, si voltò a guardare quello stabile, gli sembrò imponente come non mai e pensò che forse avesse sbagliato a lasciare il lavoro.

La via che prendeva sempre per tornare a casa quel giorno non gli sembrò la stessa, era cosparsa di dettagli che lui non aveva mai notato: la ragazza che arrancava per stare al passo del suo cane, gli sguardi tra gli innamorati seduti sulle panchine, le monetine che scintillavano nella fontana. Anche quando arrivò sul portone del suo monolocale, pensò che ci fosse qualcosa di diverso, non aveva mai notato che la pianta all’ingresso era appassita e se ne restava lì, senza dare fastidio a nessuno, anche lui sarebbe diventato così se non avesse abbandonato il lavoro. Si mise a sedere nel divano a fissare il vuoto per qualche minuto. Poi decise che se voleva diventare uno scrittore non doveva perdere neanche un secondo e pensò all’argomento che poteva trattare il suo libro. Se c’era una cosa che aveva imparato dall’esperienza appena fatta era che doveva fare quello che più gli piaceva, quindi anche l’argomento del suo libro lo doveva rispecchiare. Non c’era risposta più semplice a questa domanda. Gli bastò guardare la sua libreria per capire che quello che più lo incuriosiva erano le leggende, famose o meno, ogni scaffale ne era pieno. Compiaciuto per aver trovato la sua strada si addormentò, cullato dai pensieri di diventare un giorno un grande scrittore.


 
   
 
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