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Autore: Alexandra93    06/07/2014    1 recensioni
"Mi spiegava le parti più noiose. Lo ascoltavo poco, quando un argomento lo catalogavo come “difficile” o “noioso” era una battaglia persa, lui lo sapeva ma era certo che qualcosa l’avrei memorizzata comunque.
Poi improvvisamente, tra una parola e l’altra, ho commesso l’errore più grosso della mia vita."
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Universitario
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II.

Stringevo il cuscino tra le braccia, le gambe distese e i piedi erano poggiati sullo schienale del divano. I capelli sciolti toccavano il pavimento.

-          Ma come fai a concentrarti in quella posizione assurda?

-          “Il novus Codex era diviso in dodici libri, divisi a loro volta in titoli, le costituzione erano disposte cronologicamente…” - cominciai a ripetere a cantilena le ultime parole che aveva da poco pronunciato.

-          Come vedi ti stavo ascoltando – continuai, lanciandogli un’occhiataccia.

Marco sbuffò e sfogliò qualche pagina, erano le otto di sera ed ancora mancavano due capitoli. Vorrà ammazzarmi – pensai, mi venne da ridere ma non glielo feci notare.

 

*

 

Appena scesi dal bus mi accorsi che le gambe tremavano ancora. Mi incamminai verso l’università, avrei voluto premere l’acceleratore del tempo ed andare avanti di un paio d’ore.

L’esame si svolgeva in un’aula molto grande che prima di allora non avevo mai visitato. Presi posto in quinta fila. L’aula era semivuota e silenziosa, detestavo quell’atmosfera, l’ansia aumentò. Avanti a me, in quarta fila, un ragazzo sfogliava le sue dispense, aveva il capo chino ed annuiva come se volesse convincere sé stesso di una buona preparazione.  

Presi dalla borsa le mie dispense e andai direttamente agli ultimi capitoli, rilessi alcuni paragrafi, tra cui alcuni su cui Marco, la sera prima, si era soffermato. In quell’istante mi apparve tutto nuovo, come se stessi leggendo per la prima volta. Diamine.

Entrai ancor di più in agitazione.

 

*

 

Marco mi propose una simulazione d’esame, accettai. Cominciò a sfogliare il libro e a farmi domande a caso. Si schiarì la voce e assunse quel tono da ragazzo per bene che adoravo tanto, sorrisi.

-          Signorina, mi parli dell’organizzazione politica in età monarchica – disse con tono aristocratico. La sua “R” moscia lo aiutava ad immedesimarsi a pieno nella parte.

Questa volta risi rumorosamente, approfittai della risata per pensarci su, poi risposi:

 

       - L’organizzazione si identificava:

1.      Nell’ideal tipo della tribù con accentuazione del carattere etnico comune di tutti gli abitanti, al cui interno non c’era una forte stratificazione sociale;

2.      Quello della famiglia “proprio iure” che ha basi salde fondate sul matrimonio e “l’agnatio”, cioè la parentela che univa per linea maschile tutti coloro che si trovavano sotto la potestà di un pater familias;

3.      Nell’ideal tipo della gens, cioè dell’organismo di parentela fondato da tutti coloro che avevano lo stesso nomen, “il gentilicium”.

-          Sono sorpreso! – sbottò Marco con tono divertito. Feci una smorfia e gli chiesi di continuare.

 

*

 

Quando la commissione entrò in aula l’ansia raggiunse l’apice. Chiusi le dispense e le riposi nella borsa. Come va, va! – pensai.

La commissione era composta da due donne e tre uomini, tra cui il mio professore. Studiai i loro volti per capire quali mi ispirassero maggior fiducia, lo facevo sempre prima di un esame.

I professori cominciarono a chiamare in ordine alfabetico. A passo lento il malcapitato di turno, si dirigeva verso la grande cattedra. Prima o poi toccherà anche a me.

Avevo caldo, le labbra screpolate e tanta sete. Cercavo di leggere il labiale della professoressa seduta sulla destra, chiese ad una ragazza di parlarle di un argomento qualsiasi, wow – pensai. Fu proprio quell’anziana donna a guadagnarsi il mio premio di “fiducia”.

Dopo mezz’ora…

-          Martinelli?

Ebbi un sussulto. Era il mio turno.

 

*

 

Al termine della simulazione Marco si complimentò, disse che se non fosse stato per la domanda sui Senatoconsulti mi avrebbe lui stesso messo trenta. Certo.

Rimanemmo sul divano, accese la tv, facendo proprio come se fosse a casa sua, e cominciò a carezzarmi i capelli, lisciandoli - come se non lo fossero già di loro - con la mano. Era esausto. Mi chiese se nel frigo ci fosse una birra. Risposi di si.

Tornai poco dopo con una Raffo ghiacciata ed un coca cola per me, sgranocchiamo quel che rimaneva delle patatine che mia madre aveva comprato prima di partire; era a Londra con Luca, il suo nuovo compagno.

Marco era concentrato sulla partita, mi annoiavo:

-          Preferirei guardare cento pubblicità di fila, anzi, preferirei addirittura “Uomini e donne”!

-          Suvvia Chiara, ma non vedi che… GOOOAL! GOAL!!!

L’Inter segnò, la sua squadra del cuore. Lo vidi esultare. Si alzò in piedi rovesciando per terra tutte le patatine rimaste nella ciotola e alzò le braccia al cielo.

Per non so quale motivo, non so quale forza soprannaturale mi abbia spinta, non so come né perché, mi alzai ed esultai anche io, imitandolo, dimenticandomi che “tifassi” Juventus da una vita. La mia mente in quel preciso istante era annebbiata, posseduta, esorcizzata.

Mi gettai tra le sue braccia e lo baciai.

 

 

 

   
 
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