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Autore: BabyLolita    06/07/2014    3 recensioni
Vorrei dirti quello che penso di te, ma non posso farlo. Vorrei poter esprimere liberamente i miei sentimenti, ma la nostra attuale situazione mi impedisce di confessarti tutto. Vorrei gridare al mondo quanto ti trovo stupenda, ma se lo facessi rovinerei tutto quanto.
La nostra relazione si basa su un accordo che non posso infrangere, perché se ti confessassi ciò che provo davvero, perderei tutto quello che sono riuscito ad ottenere. Perché tu hai bisogno di me, ed io ti amo più di chiunque altro al mondo.
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nathaniel, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Resto imbambolato ancora qualche secondo prima di decidermi a muovermi. Inizio a camminare per i corridoi con lo sguardo perso nel vuoto stringendo tra le mani quel bicchiere che mi pare il trofeo più importante di questo mondo. Finisco di berne il contenuto e poi mi reco al bagno lavandolo con cura. Non appena esco lo scoccare della campanella mi riporta alla realtà. Scatto rapido correndo verso la mia classe entrando appena in tempo. Riprendo fiato avvicinandomi al mio banco e sedendomi sulla sedia sprofondando sullo schienale per recuperare le energie. Dopo qualche secondo la mia attenzione ricade nuovamente sul bicchiere in plastica. Lo appoggio sul banco e lo osservo. È un normalissimo bicchiere in plastica, eppure, mi sembra fatto di puro oro. Mi porto le mani sulla testa grattandomela nervosamente. 
Oh andiamo Nath! Davvero sei così patetico?! Come puoi adorare un bicchiere?!... ho bisogno di una vacanza.
Le ore passano svelte, non che per me sia una novità dato che sono avanti con il programma rispetto ai miei compagni, tuttavia questa volta qualcosa è diverso. Io sono diverso. Anche se in modo impercettibile, per un particolare quasi del tutto nullo, io mi sento differente. Mi sento felice perché lei mi ha parlato per più di dieci secondi, mi ha accettato, mi ha coinvolto nel suo mondo. 
Perché io? Perché no? Perché me lo chiedo? A chi importa poi? Ora siamo amici! 
Sorrido fra me e me fantasticando su quello che la nostra amicizia potrebbe diventare. Mi immagino con lei durante le gite di classe, seduti vicini sul bus. Mi immagino di accompagnarla a fare shopping diventando un utilissimo portaborse grazie all’abbondante pratica fatta grazie a mia sorella. Mi immagino con lei seduto su una panchina a mangiare un gelato, una crepes, un pezzo di torta. I miei pensieri brillano di luce propria fino a quando non incorro in quelli più temibili. Un amico non solo si vede nei momenti divertenti… ma anche in quelli del bisogno. Mi vedo accanto a lei mentre mi parla del ragazzo che ama, raccontandomi di quando lo sogna la notte svegliandosi con il batticuore. Mi vedo con lei mentre mi corre incontro sorridente, illudendomi che il suo sguardo gioioso sia dovuto alla mia presenza, mentre le sue parole “oh mio dio mi ha guardata!” spezzano l’idillio momentaneo dei miei stessi pensieri. Realizzo in un sol colpo che forse il fatto di essermi avvicinato a lei non è una cosa poi così gradevole, anzi, è probabilmente tutto il contrario. La campanella suona per l’ennesima volta ed i miei occhi sono ancora puntati su quel bicchiere che ora rappresenta l’inizio della mia agonia.
Guardare ma non toccare… guardare ma non toccare. È questo che fanno gli amici… perfetto, resterò nella friend-zone a vita.
Sospiro alzandomi dal banco ed afferrando il bicchiere nascondendolo nel sottobanco per poi avviarmi verso la porta dirigendomi verso il cortile. Ho bisogno d’aria.
Mentre sto per raggiungere la porta per uscire una persona in particolare attira la mia attenzione. Rallento il passo senza fermarmi ed osservando con la coda dell’occhio i suoi movimenti, non voglio che si accorga che lo sto fissando. Indossa dei jeans blu ed una maglia verde coperta da una color panna il tutto sovrastato da un gilè blu scuro ed una sciarpa abbinata. I suoi capelli neri sono arruffati, probabilmente non va molto d’accordo con la spazzola, oppure con la sveglia la mattina. Le sue dita si muovono velocissime sulla sua console mentre i suoi occhi seguono ogni movimento di chissà quale personaggio che quel marchingegno proietta tramite i suoi circuiti. Tiene i denti digrignati e le sopracciglia corrucciate mentre con il busto dondola avanti ed indietro come ad incitare un qualche strano movimento del suo personaggio. Non appena sparisce dal mio campo visivo riprendo a camminare a passo svelto. 
Sarai tu che le ruberai il cuore? sempre che tu non l’abbia già fatto… 
Alzo gli occhi verso l’alto rassegnandomi e cancellando dal mio cuore quel bagliore di speranza che da poco si era acceso.

Raggiungo il cortile accomodandomi su una panchina ben lontana da quella di Castiel ma posizionata comunque all’ombra. Mi lascio cullare dal profumo delle rose che si trovano a poca distanza da me. Chiudo gli occhi e mi godo l’arietta piacevole che inizia ad accarezzarmi il volto. Quando riapro gli occhi osservo davanti a me un uccellino che saltella di qua e di là probabilmente alla ricerca di qualche mollica che qualche studente ha lasciato cadere a terra mentre sgranocchia un panino per attenuare la fame. Osservo le sfumature sulle sue ali e, quando mi avvicino un po’ di più per osservarlo meglio, lui vola via spaventato. Continuo ad osservalo mentre raggiunge un ramo alto su un albero poco lontano da me e, non appena si ferma, mi sento quasi preso in giro. Sotto quello stesso albero, Celeste è seduta a terra con la schiena appoggiata contro la corteccia intenta a scrivere qualcosa sul suo inseparabile taccuino. Sbuffo agitato mentre mi sembra che tutto il mondo mi voglia far capire che non ho speranze con lei, ma che sono destinato a guardarla da lontano. Mi guardo un po’ intorno indeciso sul da farsi. 
Siamo amici, dove sta il problema se vado da lei? 
Mi arrovello il cervello per qualche minuto fino a quando non raccimolo coraggio a sufficienza per alzarmi e raggiungerla. Più la distanza tra noi diminuisce, più sento il terreno sotto i piedi crollarmi. Mi sento debole ed intimorito, quasi come se avessi difronte a me un giudice supremo intento a giudicarmi. 
Ma che diavolo sto farneticando…è solo una persona Nath…solo una ragazza! 
Una folata di vento le scompiglia i capelli e subito lei si porta le mani sulla nuca per ripararsi. Non appena la folata cessa si passa svelta una mano fra le ciocche scompigliate dandole un aspetto quasi selvaggio. 
Mio dio ma perché deve essere così bella?! 
I suoi occhi incrociano i miei e solo allora mi rendo conto che mi sono fermato come un ebete ad osservarla. La guardo inclinare la testa in segno di domanda ed io tiro fuori un sorriso forzato, quasi a scusarmi di aver fatto l’ennesima figuraccia.
   «Stai aspettando la fine del mondo?» mi chiede poi.
   «No perché?»
   «Sei li imbambolato come uno stoccafisso mi chiedevo che stessi facendo.»
   «Ah…beh ecco…volevo venirti a salutare.»
   «Ciao Nath.»
   «Ciao Celeste…»
   «…»
   «C-che c’è?»
   «Sicuro che sia solo questo?»
   «Si sicuro!»
   «Pensi di restare li tutto il giorno o vieni a sederti vicino a me? C’è ancora tempo prima della fine dell’intervallo.»
La osservo un po’ sorpreso prima di avvicinarmi a passo svelto e sedermi accanto a lei. La guardo mentre ritira il quaderno e lo infila nella sua borsa. È una borsa molto grande rossa come il fuoco. Ha una grande tasca laterale ed un braccialetto attaccato con un gatto sopra.
   Ti piacciono i gatti?» le chiedo incuriosito da quel ciondolo, badando bene a non citare il momento in cui l’ho scoperta mentre nutriva di nascosto quella gattina.
   «Mmm…direi di si. Ne ho tre a casa.»
   «E come si chiamano?»
   «Lucy, Midnight e Romeo. Come lo hai capito?»
Le indico il ciondolo attaccato al braccialetto e lei sorride non appena lo osserva.
   «È un regalo di mio fratello.»
   «Non sapevo che avessi un fratello!»
   «Direi che ci sono tante cose che non sai di me.»
   «Beh potrei dire altrettanto.»
   «Allora parlami di te.»
   «Non credo ci sia molto da dire… e poi… non sono molto bravo in queste cose.»
   «Intendi…che non sei bravo a parlare di te stesso? Cosa c’è di difficile?»
   «A dir la verità nulla… proprio perché non c’è niente da dire su di me.» rispondo quasi abbattuto giocando con la manica della camicia.
La osservo sbuffare spostando un ciuffetto ribelle prima di ricevere un pugno sulla spalla.
   «E piantala con questo alone depressivo! Perché diavolo ti senti una nullità?! Non ti è mai successo niente di male! Per quale stupida ragione ti senti tanto debole?! Perché ti ostini a sentirti un “nessuno”?!»
   «Beh io…»
Come rispondere a questa domanda? Infondo io sono sempre stato così. Non c’è un vero e proprio motivo. Sono sempre stato una persona chiusa e timida. Ho sempre vissuto all’ombra di mia sorella, così espansiva ed arrogante, mentre io ero solo quello bravo negli studi e nelle faccende di casa. Fino ad oggi è sempre stato così, nulla è mai cambiato. Non che non lo voglia, ma non ci ho mai davvero provato. L’unico mio tentativo di ribellione è stato quando ho tentato di tenere testa a Castiel durante i primi anni di liceo, ma il mio piano è fallito miseramente riportandomi alla mia routine quotidiana.
   «Io sono sempre stato messo in secondo piano. A casa mia tutti gli occhi sono sempre stati puntati su mia sorella. Lei è quella bella, quella che si veste alla moda, quella che punta ad una carriera di modella ed è in grado di parlare con chiunque ed avere la meglio. Io sono sempre stato il buono a nulla. Quello bravo negli studi, ma che al di fuori di quello non era in grado di far nulla. A parte tenere pulita la casa.»
   «Beh, ora si spiega il motivo per il quale Ambra si sente sempre su un piedistallo. Ma non sei stufo di questa situazione? Perché non provi a cambiare le cose?»
  «Non è semplice. Vedi ormai le cose sono in stallo da quando siamo nati. Perché dovrebbero cambiare adesso?»
   «Perché è ora che tu cambi! Datti una mossa! Vuoi diventare qualcuno o restare a vita l’ombra di quell’oca egocentrica di tua sorella?!» i suoi occhi ghiacciati intrappolano i miei. La sua aggressività mi paralizza mentre un brivido di freddo mi percorre la schiena. La sua ira mi travolge mentre mi sento sempre più piccolo. «Reagisci Nath! Reagisci e sii uomo!»
Reagire eh? 
Distolgo lo sguardo appoggiando la testa al tronco dell’albero alle mie spalle. Alzo gli occhi al cielo osservando le nuvole che corrono veloci sopra la mia testa. Penso un po’ alle sue parole ostinandomi a vacillare come faccio di solito. 
Cambiare, non cambiare,… cosa cambierà se deciderò di cambiare? 
Sento la mano di Celeste appoggiarsi sulla mia spalla. Mi volto nella sua direzione perdendomi nel suo sguardo.
   «Ascoltami, so di non essere la persona più indicata per dirti queste cose, ma di certo sono l’unica che ha intenzione di farlo. In questi anni non ti ho mai visto avere un rapporto che andasse oltre quello scolastico con qualcuno. Non sono affari miei, ma la cosa mi scoccia parecchio. So che non sei il genere di persona che deve stare sola, e so che nel profondo nemmeno tu vuoi esserlo, solo che sei stato abituato per così tanto tempo ad essere un non nulla che per te ora non c’è niente altro. Ma è qui che ti sbagli. Ci sono tante cose che puoi fare, tanti sogni che puoi realizzare. Non venirmi a dire che non hai un obbiettivo perché non ci crederò nemmeno da morta. Focalizzati su quell’obbiettivo e fa di tutto per raggiungerlo e sono certa che, nel tentativo di realizzarlo, riuscirai a cambiare quanto basta per dare una svolta alla tua vita e far uscire il vero te stesso che da anni tieni seppellito dentro di te, dietro l’ombra di Ambra.» ascolto le sue parole osservando le sue labbra muoversi rapidamente. La sua voce è rapida e tagliente, sufficientemente affilata da scalfire ed abbattere le mie difese, raggiungendo l’abisso dentro di me. Posso davvero farlo?  «Fissa un obbiettivo Nath. Fissalo nella tua mente, qualunque esso sia, e fa qualsiasi cosa per raggiungerlo.»
Il mio sguardo torna a posarsi sui suoi occhi e resto a guardarla per qualche secondo. È questione di un attimo ed il mio obbiettivo compare chiaro nella mia mente. 
Voglio che tu sia mia.
Celeste si allontana di poco dal mio viso mantenendo il contatto visivo.
   «Lo hai trovato vero?» faccio cenno di si con la testa. Lei fa altrettanto prima di alzarsi e cominciare a camminare verso l’entrata della scuola. «Good luck.» conclude facendomi un rapido cenno di saluto mentre sparisce dietro le porte.
Alzo lo sguardo verso l’altro ritrovando l’uccellino che poco prima osservavo. Gli sorrido mentre lui mi guarda cinguettando. Mi alzo e torno in classe, deciso a diventare quello che non ho mai avuto il coraggio di essere.
Le ultime due ore passano al volo e non appena l’ultima campanella suona esco dall’aula dirigendomi a casa. Non appena arrivo mi butto sul letto e inizio a pensare a come far colpo su Celeste. Ci penso e ci ripenso, ma non mi viene in mente nulla. Mi metto al computer e cerco qualche metodo di conquista su internet, ma tutti si discostano fin troppo dal mio modo di essere. È vero, ho deciso di cambiare, ma non voglio farlo annullando quella parte di me che ancora non ho tirato fuori. Spengo il pc e mi metto a leggere un libro. 
In qualche modo farò.
Il giorno dopo torno a scuola ma, per mia sfortuna, non incontro Celeste per tutto il giorno. Quando le lezioni finiscono vado in sala delegati per riordinare dei documenti. Non appena ho finito appoggio le braccia sul banco e successivamente ci affondo il viso. Ho intenzione di riposarmi solo per qualche minuto, ma prima che me ne renda conto, sto già dormendo. Quando riapro gli occhi sono le sei di sera. 
Merda! Merda, merda, merda! Non dovrei essere qui a quest’ora! 
Scatto in piedi e mi avvicino alla porta. Controllo che nei corridoi non ci sia nessuno ed esco di soppiatto. Mi allontano il più silenziosamente possibile quando un suono attira la mia attenzione. Mi volto e sento altri suoni provenire dalla stanza alle mie spalle. Mi avvicino ed apro la porta abbastanza da permettermi di vedere cosa succede dentro. Non appena mi accorgo di chi si tratta spalanco la porta ed entro richiudendomela svelto alle spalle.
   «Non dovresti essere qui!»
   «Nemmeno tu.» sibila Celeste mentre interrompe improvvisamente quello che sta facendo.
   «Che diavolo fai?!»
   «Secondo te che sto facendo?! Oggi la preside mi ha sequestrato il taccuino dove scrivo i miei… beh… chiamiamoli appunti. Lo rivoglio indietro.»
   «Se ti beccano qui è la fine! Non solo non rivedrai più il tuo taccuino, ma rischi anche una sospensione!»
   «Piantala di frignare! Mi manca solo più uno scaffale.»
Inizio a mordermi il labbro nervosamente avvicinandomi a lei. Le passo accanto dirigendomi verso la cattedra della direttrice. Celeste mi guarda interrogativa mentre apro il secondo cassetto sulla destra:
   «È qui che la direttrice mette gli oggetti sequestrati agli alunni.»
Cerco un po’ nel cassetto prima di trovare quello che sto cercando. Estraggo il quaderno e Celeste si fionda su di me strappandomelo dalle mani.
   «Grazie.» dice poi, iniziando a sfogliarlo controllando che non manchi nulla.
   «Prego. Ma ora andiamocene, e veloce anche!»
Richiudo il cassetto e ci avviciniamo alla porta d’uscita quando dei passi dall’altra parte della porta ci paralizzano. Il mio corpo si immobilizza mentre inizio ad entrare nel panico. Le finestre sono sigillate e l’unica porta d’uscita è quella davanti a me, che ci porterebbe inevitabilmente verso una sospensione di almeno una settimana. Cerco di farmi venire un’idea quando sento Celeste che mi strattona il braccio tirandomi dentro l’armadio dove la dirigente appende i suoi cappotti e richiude la porta alle sue spalle. Lo spazio è piccolo e stretto. Così stretto che i nostri corpi sono totalmente appiccicati. Tengo le braccia lungo i fianchi mentre le sue mani sono appoggiate al lato della mia testa. Il suo viso è rivolto verso la porta dell’armadio mentre appoggia sul mio petto. Di certo si è resa conto di quanto il mio cuore stia battendo velocemente ma so di poter attribuire la cosa alla paura di essere scoperti, anche se in realtà sta tamburellando così veloce per ben altri motivi. Le sue gambe sono intrecciate alle mie e cerco di restare immobile per evitare di fare mosse false.
I minuti passano e ogni mio tentativo per calmarmi risulta vano. Sento la porta dell’ufficio aprirsi mentre trattengo il fiato per non farmi sentire. Celeste si muove leggermente, probabilmente a causa della posizione piuttosto scomoda, spostando le gambe nella mia direzione facendo ancora più pressione sul mio corpo. Stringo le mani a pugno a causa dell’agitazione per tutto quello che sta succedendo. Sento qualcuno fare il giro dell’ufficio mentre io e lei siamo rinchiusi in uno spazio fin troppo ristretto mentre nella mia testa rimbombano i ticchettii del suo orologio da polso.



Commento dell'autrice: scusarmi per il ritardo pare futile visto che sono passati mesi T.T lo so, sono un disastro, ma questa volta ho toppato alla grande. Purtroppo ogni storia è ferma, non perchè non so cosa scrivere, ma più che altro perchè il tempo scarseggia T.T spero comunque che questo capitolo vi sia piaciuto e che ci sia ancora qualcuno che segue questa storia. Sto facendo Nath così ''pappamolla'' per un motivo che capirete più avanti. Ho tante idee per questa storia, ma purtroppo mi capita che alcune non riesco a svilupparle come vorrei quindi ho quasi paura di non riuscire a scriverla tutta. In ogni caso continuerò finchè riesco e cercherò di pubblicare il prox capitolo con più tempismo! Grazie a tutti e scusate per il ritardo!!!!
   
 
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