Attenzione: consiglio tantissimo di ascoltare Never be durante la lettura, è una canzone magica!!
Never be
Era passato
circa un mese da quando i ragazzi avevano vinto
il concorso, e ancora niente risultati. All’inizio erano
carichi di
aspettative, ma più il tempo passava, più la
speranza sfumava.
Quel giorno,
però, non importava a nessuno.
Stavano partendo
per le vacanze estive e tutta la loro
attenzione era puntata sui bagagli e su come dividersi nelle macchine.
Avendo
un sacco di valigie, avevano optato per il furgoncino che usavano i
ragazzi per
spostarsi con gli strumenti e l’auto di Ashton, che era la
più grande.
Luke mi
aiutò a caricare la mia valigia, azzurra con
decorazioni floreali, nel retro del furgoncino. “Ma cosa ti
porti dietro,
scusa? Stiamo via tre settimane, non un anno!” fece lui, i
muscoli tesi per lo
sforzo. Dovevo ammettere che era una gran bella visione. Rimasi
immobile senza
rispondere, tenendo la mia borsa con dentro qualsiasi cosa, utile,
futile,
conosciuta, sconosciuta. Manuela mi passò di fianco e la
urtò per sbaglio,
facendo cadere un oggetto incriminato, che mi affrettai a raccogliere
nella
speranza che nessuno lo vedesse. Invano. Ashton si avvicinò
a me e mi prese
dalle mani il mio peluche. “Coco, hai diciassette
anni” fece stranito. “Non
m’importa! Per me Milky e Dayna sono parte della famiglia, e
vengono con me.
che vi piaccia o meno!” risposi, prendendo il peluche di
tigre bianca e
rimettendolo in borsa con quello di lince. “E io povera
illusa che speravo che
te ne dimenticassi, quest’anno” fece Carol
ridacchiando. Io le feci una
linguaccia. “Se vuole portare i peluche, che li porti,
scusate! Sono suoi,
decide lei” mi difese Luke, ancora alle prese con la mia
valigia, che non
riusciva ad incastrare. Cercai di aiutarlo, mentre facevo un mezzo
sorriso. Insieme
riuscimmo a farla combaciare con le altre. Chiudemmo il bagagliaio
prima che
potesse esplodere, era l’ultima.
“Andiamo,
allora?!” fece Madison, impaziente. Era emozionata
come una bambina a Natale e non capivo perché. Guardai
interrogativa Calum che
mi fece segno di venire dietro l’auto. “Che ha
Maddy?” chiesi confusa. “Non ha
mai visto il mare. È sempre stata in montagna e adesso non
vede l’ora” mi
spiegò lui. Io rimasi a bocca aperta. Quella reazione
l’avevo avuta solo quando
avevo saputo che Avril Lavigne era in tour in Italia e io me
l’ero persa.
“Abbiamo
finito, no?” chiese Michael, chiudendo il bagagliaio
della macchina di Ashton. Noi annuimmo e ci infilammo nelle due auto.
Luke, io,
Ashton e Carol eravamo nel furgoncino, gli altri nella macchina di
Ashton.
“Dove
vi porto, signorine?” chiese Ashton ridacchiando.
“Al
mare, nobile cavaliere!” rispose Luke, con voce acuta. Io lo
guardai di
traverso, ridendo, imitata dai due davanti a noi. Ashton si
schiarì la voce.
“Ero rivolto alle ragazze, Lukey.”
“Eh, e
io cosa sono, scusa?”
“Tu
sei un essere non identificato che si è infiltrato
nell’auto sbagliata.”
“Voi
dove andate?”
“In
Liguria.”
“Allora
sì, ho sbagliato.”
“Perché,
tu dove vai?”
“Alla
casa della nonnina. La mamma mi ha detto di non parlare
con il lupo cattivo.”
“Bambine,
siete tanto carine, ma se permettete io ho un
appuntamento con la spiaggia che non voglio perdere per i battibecchi
fra
Cappuccetto rosso e l’autista di un taxi sessista!”
intervenne Carol. Ashton si
voltò verso di lei. “Intanto dillo, che
quest’autista di un taxi sessista ti
piace da impazzire” fece sorridente, prendendole il mento fra
le dita e
scoccandole un bacio sul naso. Io feci un sorriso a trecentosessanta
gradi.
Furono
interrotti da Calum, alla guida della macchina di
Ashton, che suonò il clacson. “Ragazzi, a dopo i
baci. Almeno chi guida. Vorrei
arrivare al mare entro domani” fece, sporgendosi dal
finestrino. Ashton sbuffò,
mentre Luke ed io sghignazzavamo. “Siete delle carogne, voi
due!” si lamentò
Carol.
Io scalciai le
mie infradito e mi sdraiai sul sedile, con le
testa sulle gambe di Luke, che prese a carezzarmi piano i capelli
raccolti in
una treccia sfatta. Io chiusi gli occhi, sorridendo da ebete.
Per qualche
tempo, ci eravamo preoccupati su dove andare in
vacanza. Avevamo paura che le varie famiglie pretendessero i figli, e
per un
po’ era stato anche così. Poi, però, la
zia di Calum ci aveva salvato la vita:
ci aveva proposto tre settimane nella sua casa al mare, dicendo di
voler fare
una vacanza in qualche altro posto. Quindi, oltre alla casa, avevamo
anche la
scusa di non poter offendere questa zia così generosa. I
miei, quando lo avevo
detto, mi avevano dato della faccia di bronzo, ridendo, ma mi avevano
permesso
di passare la vacanza così.
“Che
facciamo, per queste ore di viaggio?” chiese Carol,
insofferente. Odiava i viaggi lunghi. “Si ascolta la musica,
si canta, si
dorme, cosa vuoi di più dalla vita?” fece Ashton
ridacchiando. “Del cibo e un
bacio!” rispose lei. “Per una cosa ti posso
accontentare subito” rispose Ashton
con un mezzo sorriso. Carol lo imitò, ma il sorriso le
morì sulle labbra quando
lui le porse un panino. “Ma che…?!”
“Non
volevi cibo?”
“Ma
io…”
“Ti ho
detto di poterti accontentare per una cosa, e così ho
fatto.”
“Sei
un cavernicolo, cretino e insensibile per di più!”
fece
Carol, incrociando le braccia e dandogli le spalle. Ashton si mise a
ridere.
“Dai, lo sai che scherzo” fece, carezzandole la
schiena. “Non te la cavi così,
mio caro!” rispose lei, sempre mantenendo la sua parte da
offesa. Ashton
ridacchiò di nuovo e le pizzicò il fianco per
farle il solletico. Carol
sobbalzò, portando i gomiti contro i fianchi e schiacciando
le dita di Ashton.
“Ecco, te lo meriti! Lo sai che reagisco così
quando mi fanno il solletico!”
esclamò lei, vedendolo dolorante. “Ora siamo pari,
però” fece lui, dandole un
lieve bacio sulle labbra. Carol fece una smorfia che probabilmente era
un sì e
Ashton riuscì a mettere in moto, mentre io porgevo a Carol
il porta-cd. Lei
estrasse da questo l’ultimo cd di Avril, mentre Ashton alzava
gli occhi al
cielo.
Sei ore dopo,
eravamo arrivati sulla costa ligure. Eravamo
stati rallentati da un incidente che aveva creato una coda
chilometrica, tanto
che ad un certo punto io e Luke avevamo deciso di scendere e
sgranchirci le
gambe. Dato che di fianco a noi correvano campi di girasoli, ci
infilammo in
essi, arrivando in un punto dove i fiori ci superavano in altezza.
Iniziammo a
giocare a nascondino, chiamandoci a vicenda per capire dove eravamo. Mi
stavo
nascondendo dietro un paio di alti steli, ridacchiando, quando lo vidi
che si
avvicinava. Ridacchiai, allontanandomi, ma lui sentì il
fruscio provocato e mi
inseguì. Corsi, ricevendo solo tante foglie in faccia,
ridendo, fino a che non
arrivai al limite con l’autostrada. Luke si
scontrò contro di me e scoppiammo a
ridere. “Fermi tutti, dove sono i ragazzi?” chiesi
poi. Luke guardò
l’autostrada e impallidì. “Oh.”
Ci mettemmo a
correre nella corsia centrale, dove sapevamo
trovarsi le due auto. Eppure, non trovavamo i ragazzi. iniziavo a
preoccuparmi,
così chiamai Ashton. “Dove siete finiti?! Qui si
sta muovendo tutto, fate in
fretta!” Mentre lo diceva, le auto iniziarono a muoversi,
lentamente. Erano più
avanti, quindi. Iniziai a correre, sentendo Luke che mi seguiva. Alcuni
clacson
suonarono e noi ci tappammo le orecchie, erano davvero troppo forte. Mi
stavo
guardando intorno, quando qualcosa mi colpì in testa.
Gemetti e guardai cosa
era arrivato: un’infradito di cuoio, con una stella marina
dove si incontravano
i lacci. Conoscevo bene quella scarpa. “Coralie! Voltati,
sorda!” urlò Manuela.
Io la cercai, basandomi anche da dove era arrivata
l’infradito, e vidi Manuela
sbracciarsi dall’auto di Ashton. Sospirai di sollievo e li
raggiungemmo. “Non
sparite più, o vi lasciamo a fare l’autostop,
chiaro?!” ci riprese Carol. Noi
rimanemmo in silenzio, consapevoli di essere in torto.
“Coco!” urlò Manuela
dall’altra macchina. Io mi sporsi dal finestrino.
“Pretendo la mia infradito!”
esclamò lei. Io gliela lanciai, ma colpii il cofano
dell’auto. Ashton urlò di
orrore. “La mia bambina! Non potete trattarmela
così!” urlò, guardando la sua
adorata auto. Carol lo fissò torvo. “A volte mi
chiedo chi tu preferisca, fra
me e lei” fece. Ashton non sembrò neppure
sentirla, mentre io mi scusavo e
Manuela recuperava l’infradito.
Una
mezz’ora dopo, arrivammo alla casa della zia di Calum.
“Finalmente, casa dolce casa!” fece lui, scendendo
dall’auto e correndo ad
aprire la porta. Noi lo seguimmo, trovandolo bloccato nel corridoio.
“C’è
qualcuno in casa” disse solo, allarmato. Noi ammutolimmo e lo
seguimmo per le
stanze, mentre lui, silenzioso, cercava di capire chi produceva quei
rumori.
Calum ci indicò quello che probabilmente era la sala,
facendo segno di rimanere
in silenzio. Io sentivo il sangue gelare nelle vene: se fosse stato un
ladro?
Se fosse stato armato? O fossero stati in tanti? Cosa avremmo fatto
noi?
Sentimmo dei
passi, piccoli e veloci, venire verso di noi.
Calum, improvvisamente, svoltò l’angolo della
porta, urlando. Sentimmo un altro
urlo, femminile e terrorizzato. Poi Calum: “Zia!”
“Per
l’amor del cielo, Calum, che ci fai qui?!”
Noi uscimmo allo
scoperto, lentamente, per non far spaventare
ulteriormente la zia di Calum. Notammo sbigottiti che era in vestaglia.
“Oggi
dovevamo arrivare noi, ti ricordi?” fece Calum. La zia
sgranò gli occhi. “Ti
sbagli, io parto domani mattina!” rispose. Noi spalancammo la
bocca. “Ma no,
non è…” fece Calum, cercando il
cellulare dove aveva salvato il messaggio.
Quando lo trovò, si interruppe. “Ragazzi,
c’è un problema” disse.
La zia di Calum
aveva ragione, e noi eravamo senzatetto per
un giorno. “Sei un genio!” fece Madison, torva. Lui
incassò la testa nelle
spalle. “Se volete, potete pure
rimanere…” iniziò la zia di Calum.
“No, si
figuri, ci scusi il disturbo, non volevamo darle fastidio, grazie
comunque”
fece Luke. Noi fummo d’accordo e uscimmo dalla casa,
scusandoci di nuovo. “E
ora che facciamo?” chiesi. Ci guardammo attorno.
“Beh, abbiamo la spiaggia, ed
è disabitata. Possiamo semplicemente fare un falò
stasera, e intanto stare qui.
Poi dormiremo o sotto le stelle, o in macchina” propose
Michael. Ci aprimmo in
sorrisi entusiasti. “Viva il campeggio!”
esclamò Manuela, esaltata.
Facemmo un salto
al supermercato per prendere la carne da
fare alla griglia e poi tornammo in spiaggia. Rimanemmo incantati nel
vedere la
spiaggia incontaminata, tutta per noi. “Io amo la zia di
Calum!” fece Carol,
sognante. Stendemmo i teli mare, fissandoli con dei sassi per non farli
volare
via. “L’ultimo che arriva non mangia!”
urlò Manuela, correndo verso il mare.
Iniziò una corsa disperata, in cui cercavamo di ostacolarci
a vicenda e di
arrivare verso l’acqua. Durante il tragitto, ci togliemmo
magliette e
pantaloncini, abbandonandoli sulla spiaggia e pregando che il vento non
li
portasse via. Ci tuffammo nonostante il fondale bassissimo
nell’acqua gelida e
rabbrividimmo, per scoppiare a ridere. Vidi che Luke si avventurava
più al
largo e nonostante il freddo e il mio timore di calpestare qualche
animale
strano, lo seguii, fino a che l’acqua non raggiunse le mie
spalle. Luke si
voltò verso di me e sembrò sorpreso nel vedermi.
“Coco, torna a riva, hai le
labbra viola” mi disse, avvicinandosi subito a me. io scossi
la testa, mentre
battevo i denti. “Ce la faccio.”
“Coco,
davvero, poi stai male.”
“Ma io
voglio stare con te.”
“Allora
vengo a riva anche io.”
“No…”
“Perché?”
“Non
voglio che tu debba sempre rinunciare a tutto per me.”
Luke mi guardò qualche secondo, prima di abbracciarmi.
“Ricordati solo questo:
io rinuncio al cielo, per avere il Paradiso.” Io sorrisi
piano, mordendomi le
labbra, mentre sentivo gli occhi pizzicare. Ricambiai
l’abbraccio, cullata dal
calore che il suo corpo emanava. “Ti amo.”
“Anche
io, cucciola.”
La sera, ci
sedemmo sui teloni che
avevamo steso sulla sabbia, mentre Ashton litigava con la legna per
farla
ardere. Io ridevo, vedendolo sfregare il bastoncino contro un altro.
"Sembri tanto Sid il Bradipo" disse Calum. "Lui almeno era il
Signore delle Fiamme. Io, invece, sto pregando questi due bastoncini di
prendere fuoco!" rispose lui. Luke allungò un braccio
– di più non poteva
fare, con me accoccolata su di lui – e toccò i
bastoncini. "Ma lo sai che
sei un genio? Usare legno bagnato per accendere un fuoco!" fece
ridendo.
Ashton si lasciò cadere a terra. "Non ci credo! Non erano
bagnati, dove li
tenevo io!!" fece disperato. Manuela si avvicinò al fuoco e
prese un
bastoncino, avvolgendolo con la carta di un giornale. Lo cosparse
d'olio e fece
lo stesso col falò, aggiungendoci diversi fogli di carta
appallottolati.
"Sai, Ash" fece, frugando nelle tasche "Hanno inventato una cosa
geniale. Si chiama accendino." Così dicendo, diede fuoco al
bastoncino che
teneva in mano, gettandolo nel falò che prese fuoco in un
paio di minuti.
"E fu così che la tecnologia batté Madre Natura"
commentai
ridacchiando. Ashton preferì rimanere in silenzio, mentre
Carol lo abbracciava
da dietro. "Dai, non fare così. La prossima volta ce la
farai" la
sentii sussurrare. Ashton si voltò verso di lei per darle un
bacio, che lei
ricambiò subito. "A volte mi chiedo cosa ci fa uno di due
anni più grande
di noi qui. Non ti annoi?" chiese Madison. Ashton la guardò
come se fosse
pazza. "Annoiarmi?! È impossibile, con voi, fidatevi!"
rispose
ridacchiando. Io presi dalla borsa tutta la carne che avevamo preso il
pomeriggio e la posai sul telo, ancora confezionata, mentre Calum e
Michael
cercavano di dar vita ad una griglia alquanto instabile. "Metteteci dei
sassi, attorno, o cadrà!" fece Luke. "Se sei così
esperto, dacci una
mano!" esclamò Calum. "Non farlo!" feci io invece.
"Perché?"
"Sono troppo
comoda, una
posizione così non la trovo più!" esclamai
disperata. Tutti risero, mentre
io mi accoccolavo ancora meglio. "Dopo dovremmo mangiare, lo sai,
no?" mi chiese lui. Io non risposi, troppo concentrata a giocherellare
con
la sua collana. "Ragazzi, anziché un falò sulla
spiaggia questo sembra un
dormitorio. Facciamo qualcosa di divertente?!" chiese Madison. Manuela
tirò fuori dalla sua borsa un pallone da volley e ce lo
mostrò. Io fui la prima
a schizzare in piedi: se avevo un punto debole, quello era la
pallavolo. Luke
mi guardò stranito. "Ma scusa, non..."
"Sono
incoerente, lo so. Ora
giochiamo??" chiesi con gli occhi che brillavano e una faccia da
cucciola.
Lui alzò gli occhi al cielo ridendo e si unì a
noi, come Michael.
"Asociali, venite a giocare anche voi?" chiese Manuela, indicando il
campo che avevamo montato prima. O meglio, la rete.
Iniziammo a
giocare, ragazzi contro
ragazze, fino a notare che non era possibile: i ragazzi avevano troppa
potenza
e le ragazze troppa tattica. Eravamo impari, così Ashton e
Luke si spostarono
da noi e Manuela e Madison dall'altra parte. Io, avendo dalla mia anni
e anni
di pallavolo, indicai ai due i punti dove stare.
La partita
andò avanti, con cadute,
tuffi ed errori inimmaginabili e per questo divertentissimi. Alla fine,
avevamo
perso la speranza di segnare i punti: giocavamo così, giusto
per ridere.
Improvvisamente, Michael sbarrò gli occhi. "Ragazzi, ma la
carne chi la
sta curando?" chiese. Noi ci guardammo terrorizzati prima di correre
verso
il falò, che ardeva imperterrito. Fortunatamente, non tutta
la carne era
bruciata. Tirammo via subito la griglia - era bollente, per poco non ci
ustionammo nonostante i guanti da giardinaggio - e la appoggiammo sulla
tovaglia di plastica, per vedere quanta carne avremmo dovuto eliminare.
“Dai,
non abbiamo fatto un totale disastro. Abbiamo carbonizzato solo un paio
di
costolette” fece Calum, spostando i pezzi di carne
immangiabili con occhio
critico. Facemmo spallucce e ci scartammo la parte rimasta, sedendoci a
gambe
incrociate con i nostri piatti di plastica e le posate che si rompevano
a
guardarle. Carol prese il cellulare e nell’aria si diffusero
le note di Sippin’ on sunshine.
Noi ragazze
iniziammo a cantare, mentre i ragazzi sembravano rassegnarsi
all’idea di non
avere scampo. “Prima o poi, ti stancherai di Avril,
vero?” chiese Ashton alla
sua ragazza. Lei scosse la testa, con la bocca piena, e lui fece segno
di
tagliarsi le vene. “Sono spacciato. Vivrò per
sempre con una fanatica” disse.
Carol lo guardò a bocca aperta, come se non credesse a
quello che aveva appena
detto lui. “Ash, io ti consiglio di smetterla”
dissi. Lui mi guardò. “Coralie,
lo sai come sono fatto. Io prendo in giro Carol, ci scherzo, ci gioco,
la
faccio rimanere male. Ma lei è la mia principessa e non le
farei mai del male
seriamente, perché la amo troppo e sapere di essere la causa
di una sua lacrima
mi spezzerebbe il cuore” disse, serio come non mai. Carol
sorrise e si appoggiò
a lui, che le lasciò un bacio sulla testa. “Spegni
la musica?” chiese Luke.
“Perché?” feci io.
“Perché avete la possibilità di sentire
musica dal vivo, ben
più romantica di questa” rispose lui, mentre si
alzava per andare in macchina a
prendere la chitarra. I ragazzi lo imitarono e ci andammo a sedere su
uno
scoglio. Solo Ashton si sedette su una cassa di legno, che usava al
posto della
batteria. “Un concerto dal vivo, e solo per noi! Sono
commossa!” fece Manuela
elettrizzata. Loro ridacchiarono, di fronte a noi. Come sottofondo, lo
sciabordare delle onde. Vidi Michael proporre qualcosa al gruppo, che
acconsentì.
Noi eravamo troppo lontane per capire, nonostante ci separassero due
metri
scarsi, ovvero la distanza fra i due scogli che avevamo scelto come
anfiteatro.
Luke impugnò un microfono invisibile e si schiarì
la voce. “Questa canzone è
dedicata a quattro ragazze speciali, che ci sono sempre affianco, ci
aiutano e
ci sostengono. Non potremmo amarle più di così,
ed è solo uno dei tanti motivi
per cui queste parole sono per loro. Grazie, ragazze, di
esistere.” Noi applaudimmo,
sorridendo emozionate, mentre loro iniziavano a suonare.
I need your love to light up this
house
I wanna know what you’re all about
I wanna feel you, feel you tonight
I wanna tell you that it’s alright
I need your love to guide me back
home
When I’m with you I’m never
alone
I need to feel you, feel you tonight
I need to tell you that it’s alright
We’ll never be as young as we are now
It’s time to leave this old black and
white town
Let’s seize the day, let’s
run away
Don’t let the colors fade to grey
We’ll never be as young as we are now
As young as we are now
I’ve seen myself here in your eyes
I stay awake ‘til the sunrise
I wanna hold you, hold you all night
I wanna tell that you’re all mine
I felt our hands entertwine
I hear our hearts beating in time
I need to hold you, hold you all night
I need to tell you that you’re all
mine
We’ll never be as young as we are now
It’s time to leave this old black and
white town
Let’s seize the day, let’s
run away
Don’t let the colors fade to grey
We’ll never be as young as we are now
As young as we are now
We won’t wait for tomorrow
It’s too late, we don’t
follow
We won’t wait for tomorrow
It’s too late, we don’t
follow
We’ll never be as young as we are now
It’s time to leave this old black and
white town
Let’s seize the day, let’s
run away
Don’t let the colors fade to grey
We’ll never be as young as we are now
As young as we are now
Quando finirono
di cantare, noi
avevamo le lacrime agli occhi. “È…
stupenda!” disse Madison, commossa. Noi convenimmo,
facendoli sorridere.
Erano unici,
inimitabili. I nostri eroi,
una banda sgangherata di eroi molto alternativi, ma erano i nostri
eroi. E anche
per quello, eravamo innamorate di loro. Di tutto quello che li rendeva
così. Di
tutto quello che facevano o erano. I ragazzi migliori del mondo, ecco
cos’erano.
Suonarono per
noi ancora a lungo,
canzoni vecchie, nuove o inventate al momento, fino a che la luna non
fu alta
nel cielo. Quando dissero di aver male alle dita, misero via gli
strumenti e
preparammo dei sacchi a pelo improvvisati. Ci addormentammo sotto le
stelle, a
raccontare storie assurde e a ridere.
“Esprimi
un desiderio” mi disse
Luke, ad un certo punto. Io lo guardai interrogativo. “Hai
visto una stella
cadente?”
“Sì.”
“Io
no.”
“Ma
come? Ha attraversato tutto il
cielo ed è caduta proprio qui.”
“E tu
come lo sai?”
“Semplice.
La sto tenendo fra le
braccia adesso” rispose stringendomi più forte. Io
sorrisi. “Buonanotte, amore
mio” mi sussurrò baciandomi. Io ricambiai.
“Buonanotte, pinguino.”
*Angolo autrice*
Come erano vestite Manuela, Carol, Madison e Coralie
Grazie a tutti per essere arrivati fino a qui!
Ciaoo
Ranya