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Autore: Hermione Weasley    28/08/2008    1 recensioni
Sette Peccati. Sette Fanfics. { Adam 'Kensei' Monroe }
Genere: Malinconico, Song-fic, Erotico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro Personaggio, Angela Petrelli
Note: Alternate Universe (AU), Raccolta | Avvertimenti: Spoiler!
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Too Much Life (Going To Waste).

Scare myself to death
That's why I keep on running
Before I've arrived
I can see myself coming
I just wanna feel
Real love feel the home that I live in
Cos I got too much life
Running through my veins
Going to waste


Robbie Williams - Feel



"E' snervante non poter vedere la tua faccia."

La voce di Adam gli arriva - come sempre - dall'altra parte della parete che li separa.
Elle è appena uscita, la messinscena già consumata (ormai quotidianamente), le pillole già sputate e fatte finire nel cesso.

Il letto è scomodo, e cigola non appena ci si siede sopra.
Non gli risponde subito, ma aspetta di essersi sistemato, di aver appoggiato la schiena al muro, e di aver socchiuso gli occhi, come se avesse bisogno di concentrarsi.

"Nemmeno io posso vedere la tua," commenta infine, piegando le ginocchia per poterci appoggiare le braccia.
"Oh, sul serio?"

Peter non si è ancora abituato al tono canzonatorio di Adam.
Ha la continua, stressante convinzione che si stia prendendo gioco di lui, e che si diverta pure, ridacchiando silenziosamente, al sicuro dal suo sguardo indagatore.

"Perché non trovi un modo per venire di qua, allora?"

Chiede, allargando leggermente le braccia. Gli piace pensare di averlo davanti, e di poterci parlare normalmente, non come due topi chiusi in gabbia che attendono di essere infilati nei meandri di chissà quale perfido, labirinto mortale.

"E farmi fare l'elettroshock dalla psicotica?" Lo sente sbuffare. "Non ci penso nemmeno."
"Allora dovrai accontentarti di immaginartela, la mia faccia."
"Sono solo pigro, amico, non te la prendere," aggiunge sarcasticamente, ridendo appena.

C'è una pausa, in cui entrambi fissano le pareti che hanno di fronte. Grigie e spoglie come qualsiasi altra cosa racchiusa tra quei vetri.

"Tu non sei americano, vero?"
"No, inglese."
"Come diavolo ci sei finito qua dentro?"
"E tu come ci sei finito?"
"Da quando in qua si risponde ad una domanda con un'altra domanda?"
"Da sempre?"
"Oh. Temo di essermelo perso."
"Tranquillo, amico. Ti assicuro che sono in giro da tanto di quel tempo che," sbuffa una risata, di nuovo, "bè, puoi fidarti ciecamente di me."

Peter sorride. Sta parlando con un uomo che nemmeno conosce, di cui non può dire di aver visto la faccia, ma che gli sta assicurando di esser degno di fiducia, anche di quella di un perfetto sconosciuto.

"Da quanto sei qua dentro?" Domanda, improvvisamente incuriosito.
"Da troppo tempo," taglia corto Adam.

Peter scommette che, dicendolo, Adam ha alzato gli occhi al soffitto.

"Sei sempre così vago nelle tue risposte?"
"Dipende da cosa mi chiedi."
"Cosa dovrei chiederti per metter su una conversazione interessante?"
"Chi ha vinto la Guerra d'Indipendenza?"
"Mi dispiace, non sono molto ferrato in materia. So che hanno vinto gli americani, però," conclude con una sorta di malcelata, patriottica soddisfazione nella voce.
"Questo lo sanno anche i criceti, Petrelli."

Peter riapre gli occhi, infastidito dalla luce biancastra dei neon. Non fosse stato per la consapevolezza di esserci (esserci seriamente, con la testa e tutto il resto), avrebbe trovato quel posto tale e quale ad un ospedale pischiatrico.

Scaccia il pensiero.

"Te l'ho detto che non sono molto bravo in storia," si giustifica, stendendosi sul letto, "e sentiamo... com'è che conosci il mio nome?"
"Tutti conoscono il tuo nome."
"Tu non dovresti."
"La psicotica parla troppo."
"Capisco."

Sbadigliano entrambi. Peter leggermente in ritardo rispetto all'altro.

"Quanto ci vuole per perdere la testa qua dentro?"

Il suono tono cambia di colpo, facendosi solo molto stanco e decisamente stufo.
Incrocia le braccia dietro la testa, chiudendo ancora gli occhi e fingendo di essere nel suo letto, nella sua stanza, nel suo appartamento.

"Più di quanto tu possa credere, amico," risponde Adam.
Di certo non quello che si aspettava. Gli ha detto di essere rimasto lì molto a lungo, ma quanto di preciso? Quantificare - in questo momento - gli è praticamente impossibile.

Rimangono entrambi in silenzio per un attimo che sembra durare un'eternità.

"Sono troppo vivo, per restare qua dentro," lo sente mormorare, quasi fosse sovrappensiero, "troppo, troppo vivo, Peter. Mi stanno negando tutto ciò che un essere umano dovrebbe poter provare."

Tutto?

"E tutta questa vitalità... si sta sprecando, e basta. Sono relegato ad un'accidia obbligata, per colpa dei miei - dei nostri - carcerieri."

Peter non risponde, ma capisce che Adam dev'esser rimasto a fissare quelle pareti grigie incredibilmente a lungo. Magari ne conosce ogni crepa, ogni imperfezione.
Il pensiero lo costringe a rabbrividire, mentre qualcosa di molto simile ad un conato di vomito gli risale su per la gola.

Non vuole rimanere chiuso là dentro. Non sa cosa ci sia fuori, ma la sua vita - per quanto sfocata gli possa apparire - non può avere come unici spettatori quegli stupidi muri spogli.

"Cosa facevi fuori di qui?"
"Cercavo di rendere il nostro, un mondo migliore," asserisce Adam con aria stranamente piccata, "ma nessuno sembrava intenzionato ad aiutarmi."
"Lo farei io, se potessi," ribatte Peter, concedendosi un sorriso storto.

Non è quello che voleva fare lui stesso? Cambiare il mondo, renderlo migliore, seguire i propri ideali, aiutare chi ama... tutti obbiettivi che ha tentato di raggiungere, ma che l'hanno portato sempre più lontano da casa e da se stesso.

Salva la cheerleader, salva il mondo.
Se potesse ricordarselo, Peter penserebbe che ci vorrebbe qualcuno pronto a salvare lui, adesso.

Adam, forse, può farlo.

"Usciremo di qui," decide infine, tamburellando pigramente le dita sulle proprie cosce, "e quando saremo liberi, ti aiuterò a salvare il mondo," annuncia solennemente.
"Sul serio? Un pensiero nobile, da parte tua, Peter."

Pronuncia il suo nome con un'inflessione strana, ma Peter non ci fa caso.

"Grazie, amico," aggiunge Adam subito dopo, sperando di non esser suonato troppo scontroso.
"Ci pensiamo domani mattina, okay?"
"Ricevuto," gli fa eco, prima che le luci si spengano di colpo.

  
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