Anonymous
Il mio problema
“Insomma,
Ry-chan, finiscila di fare il bambino!”
Kise
aveva letteralmente preso d’assedio la camera della sorella maggiore. Dopo
essere entrato in casa, la prima cosa che aveva fatto era fiondarsi in camera
sua. Kaori aveva chiaramente lasciato intendere che sapeva delle cose su Aominecchi, in particolare per ciò che riguardava i suoi
sentimenti. Aveva afferrato la maniglia ma, dopo averla abbassata, la porta
della stanza di Kaori non si era mossa, segno che si era previdentemente chiusa
dentro.
Il ragazzo aveva battuto entrambi i pugni sulla
porta prima alternandoli, poi tutte e due insieme. “Fammi entrare e raccontami
tutto quello che sai!”
E così, da tre quarti d’ora, andava avanti quella
guerra psicologica, tra Ryota che ripeteva le stesse
domande (“Con chi hai parlato?”, “Che cosa sai di Aominecchi?”,
“Cosa hai scritto in quel diario?”) e sua sorella che glissava le risposte
dicendogli quanto fosse infantile il suo comportamento.
La situazione era già abbastanza tragicomica di suo
e, tanto per complicare maggiormente le cose e metterla ancora di più in
difficoltà, Kaori sentiva già da dieci minuti la vescica gonfia e l’impellente
bisogno di andare in bagno per svuotarla. Ma andare al bagno significava uscire
e uscire significava affrontare il fratellino più agguerrito che mai.
Era calato il silenzio tra loro, così, speranzosa,
Kaori si avvicinò alla porta, estrasse la chiave e spiò dal buco della
serratura. Ryota era proprio lì, seduto sul pavimento
del corridoio a gambe incrociate come un pellerossa e non sembrava intenzionato
a muovere un solo muscolo.
Accidenti! Strinse le gambe per trattenersi, ma non
servì a nulla, anzi, lo stimolo sembrava persino aumentare.
“Ry-chan, è inutile: tanto
non ti dirò nulla di nulla” cercò di scoraggiarlo, ma a quanto pareva l’altro
non fu minimamente toccato dal suo blando tentativo di dissuaderlo.
“Prima o poi dovrai uscire da lì.”
Purtroppo aveva ragione. Kaori iniziò a saltellare
da un piede all’altro. Era davvero al limite e non c’erano vie di fuga. Sentiva
il bassoventre pulsare dolorosamente e aveva tutti i muscoli contratti. Se non
si fosse liberata al più presto di quella piattola del fratello avrebbe finito
per fare la pipì lì dov’era e allora sì che non avrebbe avuto più il coraggio
di uscire dalla sua stanza.
“Che ne dici di un patto?” tentò.
“Che genere di patto?”
Bene, si disse la ragazza. Ryota
era estremamente curioso e se si trattava del suo Aominecchi
sicuramente si sarebbe lasciato raggirare facilmente pur di ottenere un
briciolo di informazioni. Non era facile pensare lucidamente in quella
situazione e soprattutto apparire serafica, ma non poteva certo confessare che
aveva bisogno di andare al bagno: Kise ne avrebbe
approfittato per spillarle la verità fino all’ultima goccia. Non poteva tradire
così la sua ‘fonte sicura’, ma date le circostanze era costretta a cedere.
“Tu mi prometti che non mi assillerai più con questa
storia ed io in cambio ti darò il diario che ho fatto leggere a Daiki-kun: mi sembra più che equo, non trovi?”
Kise
doveva ammettere che leggere il famoso diario era una prospettiva allettante e
magari gli avrebbe anche permesso di capire perché Aomine
si era comportato in modo così strano con lui. Ma il fatto che sua sorella
avesse avanzato quella proposta voleva dire che stava per cedere. Anche per lui
era snervante starsene appostato lì senza potersi muovere, ma la posta in gioco
era troppo alta.
Era riuscito a salvare la sua amicizia con Aominecchi dicendogli che il diario era fasullo e che
qualsiasi cosa avesse letto su di esso non era stata scritta da lui, ma ciò non
voleva dire che le parole sul diario fossero false. Come aveva detto al
telefono Kaori, si stava accontentando di un’amicizia senza fare niente per
ottenere qualcosa in più e fino a un’ora prima era certo che con Aomine non ci sarebbe mai potuto essere quel ‘qualcosa in
più’, ma le parole di sua sorella avevano acceso una luce che difficilmente si
sarebbe spenta.
“Ma che sta succedendo qui?” Sakura, rientrata da
lavoro, aveva trovato il fratello minore seduto sul pavimento a parlare con
Kaori, attraverso una porta: non era difficile capire che la situazione era
alquanto bizzarra, persino per gli standard di quei due.
Kaori per poco non cantò un accorato Alleluja quando sentì la voce della sorella maggiore
dall’altra parte. Aveva proprio un urgente bisogno di aiuto e i loro genitori
sarebbe rientrati solo più tardi.
“Kaori mi ha fatto un brutto scherzo e mi ha messo
in ridicolo davanti ad Aominecchi. Dice che sa delle
cose di lui che non mi vuole dire e adesso io…”
“Un momento!” imperò Sakura e subito Kise si zittì. “Ricomincia tutto da capo e cerca di essere
più dettagliato possibile.”
Kaori si inginocchiò per la disperazione. Non poteva
attendere un solo minuto di più. Era la sua grande occasione di fuga, ora che Ryota era impegnato a narrare tutta la vicenda a Sakura.
Girò la chiave nella toppa molto piano, in modo da
non far sentire il clangore della serratura che veniva aperta. Per fortuna, la
voca squillante del fratellino copriva bene il rumore.
Contò fino a tre. Aprire la porta e sgusciare via
verso il bagno fu un secondo.
Kise,
preso alla sprovvista, impiegò più tempo del necessario per disincrociare le
gambe, ma Kaori era già giunta alla porta del bagno e Sakura gli mise una mano
sulla testa per impedirgli di alzarsi. “Continua a raccontare” gli disse e lui
obbedì.
Intanto Kaori si concesso un lungo e meritato
momento di relax.
Una volta ascoltate le versioni sia
di Ryota che di Kaori, Sakura si prese qualche
secondo per soppesare la situazione. Si era casualmente ritrovata a recitare il
ruolo di giudice e giuria, ma se fossero stati lasciati a sé stessi, suo
fratello e sua sorella non avrebbero cavato un ragno dal buco. E visto che
oltre ad essere fratello e sorella erano anche modello e sua manager, era
essenziale trovare un accordo quanto prima.
In attesa di giudizio, i due contendenti erano
seduti sul letto di Ryota, mentre Sakura si era
accomodata sulla sedia della sua scrivania, a gambe e braccia incrociate.
“Kaori.”
“Sì?”
“Anche se a fin di bene non avresti dovuto
intromettermi negli affari di cuore di Ryota. Le
incertezze e gli errori sono tipici degli adolescenti, e sono essenziali per
loro. Per cui, d’ora in avanti, gli darai consigli solo se Ryota
dovesse chiederteli esplicitamente. Inoltre, gli hai proposto di fargli leggere
questo diario galeotto, quindi daglielo.”
“Va bene” rispose remissiva la sorella.
“Ryota.”
“Sì!”
“Kaori ha diritto ad avere i suoi segreti e se ha
promesso a questa persona di non spifferare nulla, è giusto che lei mantenga la
parola data. Per cui prenderai il diario segreto e non le chiederai nient’altro
al riguardo. Se vuoi scoprire cosa prova per te Daiki
dovrai farlo da solo, fermo restando che potrai sempre venire da noi per
qualsiasi consiglio.”
“D’accordo.”
“E ora vado a prendermi un’aspirina: mi avete fatto
venire il mal di testa” concluse Sakura, uscendo dalla stanza mentre si
massaggiava le tempie.
Kise
aveva letto, sconvolto, il diario. Era sconcertante come molte cose
corrispondessero ai suoi veri pensieri e sentimenti, segno che la sorella lo conosceva
davvero bene. Era rimasto anche sorpreso dalla dovizia di particolari e
dettagli riguardo le date e gli avvenimenti che vi erano riportati: non credeva
che Kaori avesse una memoria così eccellente e soprattutto che fosse stata così
scrupolosamente attenta alla sua vita.
Per sicurezza, il giorno dopo si era portato il
diario a scuola; ora che ne era entrato in possesso non lo avrebbe lasciato
andare tanto facilmente. Dio solo sapeva cosa avrebbe potuto architettare
ancora quella impicciona!
Finite le lezioni, si recò nello spogliatoio e
ripose con cura la cartella e il suo prezioso contenuto nell’armadietto, per
poi iniziare a cambiarsi per l’allenamento.
“Yo!” Il familiare saluto
di Aomine lo colse così alla sprovvista che per
istinto Kise si voltò e si parò tra l’amico e il
proprio armadietto, come se temesse di essere derubato.
Aomine
lo fissò con un sopracciglio inarcato. “Nervoso, eh!” lo canzonò. A quanto pare
era di buon umore.
Secondo Kise, ciò era
dovuto al fatto che il giorno prima avesse negato di provare qualsiasi tipo di
sentimento per lui. Evidentemente, ora Aomine era più
rilassato e poteva riprendere a trattarlo come sempre. Kaori sosteneva che Ryota avrebbe dovuto confessarsi, ma visto l’atteggiamento
che il ragazzo oggetto dei suoi desideri aveva assunto, dichiarare il proprio
amore era la cosa più sbagliata di questo mondo.
“Diciamo che sono solo un po’ pensieroso…” abbassò
poi la voce per non farsi udire dai compagni nello spogliatoio, tutti intenti a
cambiarsi, “… ieri ho avuto una discussione con mia sorella per… quel fatto
lì…”
“Oh, già…” Aomine sembrò a
disagio. Evidentemente, ora che era stato chiarito tutto (o almeno questo era
quello che lui credeva) tornare sull’argomento era inutile, nonché
imbarazzante.
Certo, sarebbe stato facile far finta che non fosse
successo niente, tuttavia Kise sentiva che non poteva
chiudere lì la questione. Era come se ci fosse un piccolo ingranaggio
all’interno di quel meccanismo che non facesse funzionare tutto come avrebbe
dovuto. Una piccola vite piantata nel posto sbagliato. Non sapeva dire cose
fosse, ma qualcosa non quadrava. “Possiamo parlare da soli?”
Aomine
sbarrò gli occhi per la sorpresa. Il tono di Kise non
faceva presagire nulla di buono e lui era sinceramente stanco di trovarsi in
mezzo a quei casini sentimentali che non sapeva gestire. “Ok” acconsentì.
Magari voleva solo parlargli delle loro ‘indagini’ riguardo la storia yaoi del giornale. Ora che ci pensava: il nuovo capitolo,
quello più scottante, sarebbe stato pubblicato a breve.
Uscirono dallo spogliatoio e si incamminarono nel
più assoluto silenzio verso l’esterno della palestra. Il cuore di Kise batteva così forte da farlo sentire una ragazzina
innamorata davanti alla propria rockstar preferita: vicino, eppure così
irraggiungibile.
“Ieri quando ho saputo quello che aveva fatto mia
sorella sono praticamente corso via e non abbiamo concluso la nostra
conversazione.”
“Credevo non ci fosse altro da dire, visto che era
uno scherzo.”
E invece no, pensava Kise:
c’era molto da dire. Kaori sosteneva che Aomine
provasse qualcosa, per lui, e che una fonte sicura glielo aveva rivelato. Non
voleva dare troppo credito alle parole della sorella, ma non riusciva a fare a
meno di illudersi che forse, nel profondo, nell’angolo più remoto
dell’universo, si nascondesse un briciolo di verità. “Però questo non cancella
il fatto che hai iniziato ad evitarmi: perché?”
Aomine
digrignò i denti e si portò una mano dietro la nuca per grattarsela. Era
nervoso e in quel momento voleva solo prendere un pallone da basket e fare
qualche schiacciata per scaricare la tensione. “Senti, mi trovavo in una
situazione strana: la storia gay sul giornale della scuola, quelle psicopatiche
delle tue fan che mi minacciano, tu che… be’, insomma, non ci stavo capendo
niente.”
“Aominecchi, sei troppo
evasivo!”
“Ma che cosa vuoi che ti dica?”
I toni iniziarono ad alzarsi. Ancora una volta
stavano litigando e Kise proprio non riusciva a
trattenere la propria frustrazione. “Sono riuscito ad avere il diario, ieri! Mi
vergogno se penso che anche tu lo hai letto e credevi che io provassi certi…
sentimenti… per te… ma falsi o veri che siano, non ti stavi comportando bene.
Ti vergognavi a parlarmi dopo aver saputo certe cose, oppure… oppure ti facevo
schifo?”
Aomine
si sentiva alle strette. Ma perché cazzo se la stava prendendo tanto a cuore?
Perché doveva rendere le cose così difficili? E soprattutto perché tutti quanti
(Sastuki, Tetsu, Kise) lo rimproveravano come se fosse sempre lui quello
dalla parte del torto? Non ne poteva davvero più.
“Mi avete proprio rotto le palle, tutti quanti! Te
la stai prendendo come se ti avessi spezzato il cuore per davvero! Da quando è
cominciata questa storia non avete fatto altro che rompermi l’anima! Ma si può
sapere qual è il tuo problema?”
“Il mio problema è che mi piaci! Ecco, qual è il mio
problema!” Kise urlò così forte che solo per miracolo
non lo avrebbero sentito tutti quelli nella palestra. Lo aveva detto. Non
poteva crederci, ma lo aveva fatto sul serio. Era così esasperato che non ce
l’aveva fatta a tenersi tutto dentro un secondo di più. Rimasero entrambi
pietrificati senza proferir parola; il silenzio tra loro era squarciato dal
chiacchiericcio dei ragazzi nella palestra e dal suono dei palloni che
rimbalzavano sul parquet.
D’un tratto, Aomine si
accorse di un’altra presenza lì vicino. Voltò la testa di scatto, non sapendo
se essere grato di avere un pretesto per uscire dal limbo di imbarazzo e
meraviglia in cui erano caduti oppure temere il peggio.
“Stiamo per iniziare e l’allenatore mi ha chiesto di
venirvi a cercare” spiegò Kuroko per giustificare la
sua presenza lì. Di certo aveva udito la confessione di Kise.
“Sì,
arriviamo” rispose Aomine, camminando meccanicamente.
Notò che Kise era rimasto impalato lì dov’era e si
fermò per guardarlo. Aprì la bocca per dirgli qualcosa, anche solo incitarlo ad
entrare, ma non riuscì ad emettere alcun suono dalle labbra dischiuse. Si voltò
e lo lasciò lì, solo, nel suo limbo di sconcerto e disperazione.
Note dell’autrice
Che ci crediate o no, questo è stato
un colpo di scena anche per me XD Inizialmente non l’avevo pensata così la
dichiarazione, ma scrivendo ho lasciato che gli eventi mi guidassero e sono
giunta a scrivere ciò.
Altro che storia romantica, qui Kise e Aomine passano la maggior
parte del tempo a litigare! D:
Ringrazio le ben 114 persone che
preferiscono/ricordano/seguono questa long (non pensavo nemmeno che lo
frequentassero il fandom così tanti lettori) e
ovviamente chi recensisce con tanta passione e pazienza trasmettendomi l’entusiasmo
per continuare X3