Fanfic su artisti musicali > Tokio Hotel
Segui la storia  |       
Autore: soulles    11/07/2014    0 recensioni
Scarlett e Samantha. Due anime che si scontrano, due vite sconvolte dagli eventi. Dovranno lottare per far tornare le cose come prima: l'amore per Tom, da una parte, e la voglia di dare una svolta alla propria vita dall'altra. Raramente viene data una seconda possibilità dal destino, ma quando questo accade riuscirà a risolversi tutto per il meglio?
Genere: Fantasy, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Tom Kaulitz, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Souls Intertwined
(2. We're one, but we're not the same.)



Per tutta l'equipe del pronto soccorso del St. John Hospital il week-end era ingestibile. La maggior parte degli incidenti d'auto più terribili accadevano nella notte fra venerdì e sabato, ma passate le ore notturne con i casi più critici, la mattina era - il più delle volte - il momento più "tranquillo" della giornata, ideale per fare una pausa o scambiare quattro chiacchere fra colleghi.

Tyler se ne stava appoggiato contro la macchinetta del caffè, con un bicchiere fumante in mano, cercando di riprendersi dalla notte appena trascorsa. Era ancora un infermiere tirocinante e non salvava molte vite, ma correre dietro ogni barella, passare i bisturi ai chirurghi e ricucire qualche ragazzino spericolato era più stancante di quanto si potesse immaginare.

Buttò il bicchiere nel cestino e prese il cellulare dalla tasca del proprio camice azzurrino, controllando messaggi e chiamate. Niente, neanche un messaggio del buongiorno. Sospirò contrariato e lo ricacciò dentro, pulendosi le mani con il disinfettante prima di rientrare nel reparto. Un infermiere lo bloccò subito da un braccio, ammunendolo agitato, mentre se lo trascinava dietro verso una delle tante sale operatorie « Dove sei stato? C'è un codice rosso! Un incidente in moto, giovane sulla ventina, grave emorragia cerebrale con stato d'incoscienza » . La situazione che gli si prensentò una volta entrato dentro la sala non era delle migliori. Tutta la sua equipe era concentrata su un corpo dai vestiti strappati in più punti - così gli sembrava di vedere, dalla sua posizione - quasi interamente coperto di sangue.

« Collins finalmente! » la dottoressa Hook, impegnata a controllare i segni vitali, alzò la testa per qualche secondo per guardarlo, « presto, vieni! ». Alcuni infermieri si fecero da parte per lasciarlo passare, ma non appena i suoi occhi riconobbero chi avevano davanti il sangue gli si gelò nelle vene.

Conosceva perfettamente quelle labbra spaccate, quel viso fin troppo familiare, quei capelli rossi macchiati di sangue rappreso. Non poteva crederci, non voleva crederci. « S-scarlett.. No, no.. ».


* * *


Aprì gli occhi dopo quella che le sembrò un'eternità e la prima cosa che vide furono le spesse nubi che foderavano il cielo. Per qualche strana ragione si trovava sdraiata sul marciapiede di una delle vie più trafficate di Los Angeles, mentre la gente la schivava, troppo impegnata per accorgersi di lei. La testa le scoppiava tremendamente e, nonostante ricordasse perfettamente di aver passato la serata precedente avvolta in un plaid, sul divano, si sentiva come in uno di quei post-sbronza paurosi, quando si risvegliava in posti di cui non conosceva neanche l'esistenza.

Tenendosi una mano premuta sulla fronte, con la vista ancora un po' offuscata, si rimise in piedi barcollando, rischiando di prendersi pure una storta. Quando diavolo si era messa delle decolletè? Guardò inorridita le "proprie" scarpe e, alzando lo sguardo, si ritrovò a fissare la figura slanciata di una bionda perfettamente messa in tiro e fresca di manicure, riflessa in una vetrina.

D'un tratto l'inequivocabile suoneria di un iPhone trillò dentro una borsa a pochi metri da lei. Sperava con tutto il cuore che quella borsa non fosse "sua", che qualcuno la prendesse prima di lei, che si risvegliasse subito da quel dannatissimo incubo, ma nessuna delle cose precedentemente elencate accadde. Con passo incerto (maledetti tacchi) si abbassò verso la borsa ed estrasse il cellulare tenendolo quasi come se fosse una bomba pronta ad esplodere da un momento all'altro, mentre sul display lampeggiava insistente la scritta "Love".

Si guardò intorno furtiva, come se qualcuno da un momento all'altro l'arrestasse per "identità rubata" e, incapace di realizzare che cosa diavolo stesse succedendo, rispose alla chiamata senza parlare. La voce maschile al di là del cellulare la precedette. « Samantha? »

Deglutì e, sentendo mancare un battito nell'udire un nome che non somigliava minimante al proprio, scosse la testa, come se il suo interlocutore potesse vederla. « No, sono Scarlett. Che razza di scherzo è questo? ».


* * *


Quella mattina non era iniziata per niente bene. Samantha aveva deciso di non voler essere accompagnata in macchina all'appuntamento, ma di voler fare di testa sua, andando a piedi. Come se non bastasse Bill l'aveva anche appoggiata, sbuffando un sonoro "Sei troppo apprensivo, Tom, le farà bene prendere un po' di aria. Le persone normali lo fanno ogni giorno, sai?".

Si rendeva conto di essere apprensivo, lo era sempre stato con lei, fin dal momento del loro primo incontro, ma chiunque lo sarebbe stato dopo il loro incontro ravvicinato con le stalker che li perseguitavano in qualunque posto. La sua era una "paura infondata", continuavano a ripetergli, ma come faceva a stare sereno se dopo due ore lei non gli aveva mandato neanche un sms?

Samantha era l'amore della sua vita, su questo non c'erano dubbi. Si erano conosciuti due anni prima in una sera in un cui pioveva a dirotto. Lei aspettava la sua coinquilina fuori da un locale, non aveva neanche un ombrello perché, da neo abitante di Los Angeles, era stata tratta in inganno dal pomeriggio assolato che non dava nessun segno di pioggia imminente. Era bagnata fradicia, dalla testa ai piedi, e sbatteva i piedi sbuffando a braccia incrociate. La classica inglese viziata.

Ma lui era rimasto colpito da quei capelli dorati, lasciati sciolti sulle spalle. Era rimasto colpito dalla sua semplicità, dal suo muovere le labbra e storcere il naso contro l'amica quando era arrivata. Aveva obbligato se stesso ad entrare in quel locale, a cercarla, e quando pochi minuti dopo la indicava al barista per offrirle qualcosa da bere non poteva immaginare che da lì a qualche ora si sarebbero persi l'uno negli occhi dell'altra, senza più lasciarsi.

Avevano parlato per ore quella sera, di tutto quello che passava loro per la testa. Le aveva offerto la sua felpa, i suoi sorrisi, i suoi sguardi, e solo quando era arrivato il momento di tornare a casa aveva realizzato di non averle chiesto neanche il nome. « Samantha », aveva risposto lei con un sorriso, marcando il forte accento inglese, senza scomporsi. Lui l'aveva riaccompagnata a piedi, sfiorando solo per brevi istanti la sua spalla con la propria, senza andare oltre, lasciandola davanti la porta di casa con un « Buonanotte, Sam », messo in soggezione dal verde limpido dei suoi occhi.

Soltanto qualche mese più tardi le avrebbe confidato, dopo aver fatto l'amore, che quella notte il cuore gli batteva così forte nel petto che avrebbe voluto sbatterla contro la porta d'ingresso del palazzo e farla sua senza pudore; e lei lo avrebbe semplicemente baciato sul mento, pizzicandosi le labbra con la barba, prima di sussurrargli un « maiale! »  poco convinto all'orecchio.

Da quel momento in poi avevano vissuto in simbiosi ogni singolo giorno della loro vita. Avevano condiviso preoccupazioni, gioie, paure, ansie, concerti, casa, amore. Tom non aveva voluto passare neanche un momento lontano da lei; neanche quando suonava riusciva a farlo bene se non l'aveva in prima fila, o dietro le quinte, a dargli sostegno morale e fisico.

« Dai, chiamala » suo fratello riusciva a leggergli nel pensiero meglio di qualsiasi altra persona al mondo, e neanche quella volta gli era sfuggito il suo stato d'animo « ma solo per questa volta, solo perché sta facendo preoccupare anche me ». Aveva composto in fretta il numero della ragazza e quando aveva risposto di non essere Samantha ma Scarlett, non aveva potuto fare a meno di storcere il naso. « Samantha, riconosco la tua voce. Hai firmato il contratto? Dai, dimmi dove sei, ti vengo a prendere ».

Lei non aveva risposto subito, aveva respirato pesantemente contro il telefono per interminabili secondi e poi, con voce incerta, aveva nominato una vita praticamente dietro casa, chiudendo immediatamente la chiamata.


 
* * *


Non riusciva a capire dove si trovava. Sembrava rinchiusa dentro quattro mura bianche ma in realtà poteva muoversi in uno spazio infinito, delimitato dal.. nulla. Era proprio questo il problema. Attorno a lei c'era il nulla,  una distesa di luce che non aveva nè inizio nè fine. Non un rumore, non uno spostamento d'aria che suggerivano la presenza di qualche altra presenza. Non una casa, una strada, un qualcosa che potesse rendere quel posto più reale.

Un sogno, questa era la soluzione più plausibile. Si trovava in un sogno e ben presto si sarebbe svegliata fra le braccia di Tom, accoccolata al suo petto, con questa morsa al cuore svanita. Ma ciò che accadde fu ben diverso: come in un cinema, l'immagine di se stessa nello stesso posto in cui si trovava quella mattina, fu proiettata in uno schermo invisibile. Parlava al telefono, la si poteva vedere perfettamente come se fosse ripresa da un cameramen che la inquadrava in primo piano, e fu quello che disse a lasciarla di stucco: « No, sono Scarlett. Che razza di scherzo è questo? ».

Un' improvviso attacco di panico la colpì in pieno e, senza rendersene conto, Samantha si ritrovò a ripetere quasi urlando le ultime parole che la sua stessa voce, poco prima, aveva pronunciato in quel video. « Che razza di scherzo è mai questo? ».
  
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > Tokio Hotel / Vai alla pagina dell'autore: soulles