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Autore: PK ShowdowN    11/07/2014    1 recensioni
(su richiesta, mi impegnerò ad ultimare questa storia, che ho deciso sarà la mia ultima fanfiction)
Il tempo passa, si sa. Dieci anni non durano una vita e col crescere sogni e speranza vengono meno. Tocca rientrare e riaffrontare la dura realtà, ma come può uno come Ash ambientarsi in una città viziata dagli eccessi e dal denaro?
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Ash, N, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Anime
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“no… no… NOOOOOO!”
Svegliatosi in preda al panico, Ash sentiva piccole goccioline di sudore scendergli lungo il collo.
Si mise una mano sul petto. Il cuore batteva forte, forte e con suoni sordi e brevi.
Ci mise un po’ Ketchum a capire di essere stata vittima per l’ennesima volta di quell’orribile incubo.
Una sagoma gialla acciambellata su una cesta proprio di fronte al letto dell’allenatore drizzò le orecchie. Era l’inseparabile Pikachu, il dolce topino elettrico con un passato da spietato combattente, capace di sconfiggere quei Pokémon che si è soliti definire leggendari.
Ash sorrise, osservando il topino fiondarsi contro di lui. In preda alla commozione, il moro abbracciò forte quello che al momento era il suo unico punto di riferimento.
Sospirò, il monolocale che la mamma del ragazzo aveva preso in affitto portava un chiaro avviso: I Pokemon non sono ammessi, se non all’interno delle sfere poké. Ci scusiamo per il disagio, ma il tutto è fatto per il garantire una pacifica convivenza nel condominio.
Da una parte avevano ragione, pensava Ash, ma lui, un allenatore così in gamba, aveva allenato egregiamente il suo Pikachu. Mai un comportamento errato, sempre silenzioso e rispettoso. Non era il tipo di Pokemon che si metteva a lanciare attacchi contro tutto e contro tutti.
In sostanza quindi, avrebbe dovuto esserci scritto: se possiedi dei Pokemon e vali zero come allenatore non puoi entrare.
Comunque, non era il momento di fare considerazioni di quel tipo.
Erano le cinque del mattino, e tra due ore Ash avrebbe dovuto alzarsi, fare colazione ed andare alle lezioni.
E la giornata di oggi sarebbe stata piuttosto impegnativa, due ore di latino, una di greco e poi la tanto desiderata educazione fisica. Quattro ore, almeno per i primi due anni di scuola avrebbe goduto del lusso di uscire tre giorni alle 12:15.
Sospirò di nuovo, lasciandosi sprofondare nel soffice letto.
Sedici anni da poco compiuti significava maturarsi a ventuno… non era proprio il massimo.
Improvvisamente gli si stagliò in mente l’immagine di lui con una scopa in mano ripulire una strada canticchiando in latino… no, non era questo il genere di futuro che aveva sognato.
In realtà non aveva mai considerato una possibilità che non fosse allenare i Pokémon, e questo era un problema.
In ogni caso, doveva necessariamente recuperare quei due anni. O quantomeno uno, proprio per non sembrare un pluribocciato.
La sua classe attuale era la prima F, l’ultima delle sei sezioni dell’istituto ma particolarmente rinomata per la difficoltà del percorso di studi.
In totale erano ventuno alunni, lui compreso, mentre quattro erano professori, un numero stranamente basso. Nello specifico si trattava di:
Kenji Tajiri, docente di letteratura, latino, greco e geostoria, materia frutto dell’ultima riforma sull’istruzione che ora vedeva storia e geografia contare come un’unica disciplina.
Asper Manai, professoressa di matematica e scienze.
Klaus Toffer, insegnante di inglese.
E per finire Stuart Nicolson, docente di educazione fisica. Era questo lo squadrone di prof con cui avrebbe dovuto misurarsi Ash Ketchum…
Un suono stridulo e fastidioso interruppe il fantasticare del ragazzo di Pallet.
Ruotò il capo, confuso. Da dove diamine veniva quel baccano?
Pikachu alzò la zampetta destra, indicando il comodino.
Ash scoppiò a ridere. “Andiamo, Pikachu, da quando una lampada fa bip?”
Pikachu scosse la testa, saltellando fino al mobiluccio.
Quindi afferrò a fatica una grossa sveglia a forma di Noctowl, nascosta proprio dietro il lumino a forma di pokéball.
Gli occhi color nocciola, non troppo vispi, si posarono quindi sul display dell’oggetto.
Un bel display, pensò Ash. Molto colorato. Poi quella scritta “7:05” che lampeggiava era a dir poco ipnotica.
Pikachu, infastidito dalla tontaggine del proprio padrone, corrugò la fronte lanciandogli una piccola scossetta elettrica. 
“AAAAAH” urlò Ash agitandosi come un Magikarp fuor d’acqua.
“Le 7:06? Cavolo, è tardissimo!!”
E in un sol balzo quel ragazzo incredibile, Ash Ketchum, fu capace di uscire dal letto, aprire la dispensa e versare i cereali in una tazza.
Pikachu si mise a fare due conti, quindi, rassegnato dal trovare una spiegazione logica a tutto ciò, decise di ricoricarsi nella sua accogliente cesta.
 
In preda all’affanno, con la bocca ancora addolcita dal latte, Ketchum si lanciò in una corsa sfrenata verso l’istituto di Zafferanopoli.
Si morse quindi nervosamente il labbro, se avesse perso l’autobus delle 7:15 sarebbe sicuramente arrivato in ritardo… non doveva, non doveva!
“No, il rosso no!” esclamò il moro arrestando la sua corsa e sorbendosi le maledizioni dell’automobilista di turno.
Poi il rumore di un clacson più cupo del solito attrasse nuovamente la sua attenzione.
Un autobus. Un dannatissimo autobus.
Corrugò quindi la fronte, fessurando gli occhi.
“Dannatissimo Arceus figlio di un panino abbrustolito, è la mia linea!” urlò il moro osservando la scena impotente. Si stropicciò gli occhi, si diede un pizzicotto infine si lasciò cadere sul suolo.
“Perché capitano tutte a me? Città orribile dove i semafori durano ore, perché?”
“Ketchum che da pugni all’asfalto? Sei proprio tu?”
“Se sei un allenatore in cerca di una sfida, lascia perdere, non ho Pokémon con me”
 Rispose triste il moro avvicinando sempre di più la testa alle ginocchia.
“Ahaha buona questa, ma che allenatore ed allenatore. Sono, insieme a Crystal Dyne uno dei due rappresentante di classe di terza F, Jacques Didò.”
Ash si girò repentinamente, squadrandolo dalla testa ai piedi.
Il ragazzo era alto, ma non troppo… diciamo sui 175 cm.
Era vestito piuttosto bene, portava dei pantaloni scuri, tendenti al marrone, ed una giacca beige che delicata gli sagomava le spalle.
Di carnagione scura, Jacques aveva dei lunghi capelli incredibilmente biondi che a poco a poco formavano dei soffici riccioli alla base del collo.
Ash si grattò la testa, fissando quel tipo incantato. Col suo stile raffinato, diverso, Didò era una di quelle persone che ti facevano sentire rozze, prive di classe.
Ciononostante era sicurissimo di non averlo mai visto… poco importa.
“Oh Jacques” fu tutto quello che riuscì a dire accettando la mano del ragazzo che lo invitava a rialzarsi.
“Sei in ritardo, Ketchum.”  Esclamò l’altro lanciando un’occhiata all’orologio.
“Non me ne parlare… ho appena perso l’autobus”. Borbottò il moro incrociando le braccia.
Jacques sospirò.
“Sai andare in moto?”
Ash scosse la testa “No”.
“Fa niente.” Rispose lui lanciandogli un qualcosa di sferico. “ Afferra questo casco e stringiti forte a me. Penso supereremo un bel po’ il limite di velocità”.
 
TO BE CONTINUED…
 
  
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