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Autore: LaniePaciock    12/07/2014    7 recensioni
Torniamo indietro nel tempo e spostiamoci di luogo: 1943, Berlino, Germania. Una storia diversa, ma forse simile ad altre. Un giovane colonnello, una ragazza in cerca della madre, un leale maggiore, una moglie combattiva, una cameriera silenziosa, una famiglia in fuga e un tipografo coraggioso. Cosa fa incrociare la vita di tutte queste persone? La Seconda Guerra Mondiale. E la voglia di ricominciare a vivere.
Genere: Guerra, Romantico, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Quasi tutti | Coppie: Kate Beckett/Richard Castel
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna stagione
Capitoli:
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Lo so sono in ritardissimo, mi dispiace, ma purtroppo ero (e sono) di esami in università con i loro soliti alti e bassi, quindi non sono riuscita a fare prima... Spero che questo capitolo mi possa far perdonare almeno un po'! :)
Buona lettura! :)
Ps: ricordate dove eravamo? PREVIOUSLY ON BERLIN: Rick e Kate stavano partecipando a un ricevimento quando è iniziato un bombardamento. Per aiutare, Castle è corso in strada, ma poco dopo gli scoppia una granata davanti e lui perde conoscenza...
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Cap.20 Una voce nel buio
A Fania, 
che ha sognato l'ultimo capitolo della mia storia.
Tranquilla,
ci vorrà ancora un po'!

 

Poi chiuse gli occhi, stremato. La luce del fuoco riusciva a penetrargli tra le palpebre, evitando di vedere solo il buio. Per un attimo sentì ancora il caldo e il freddo in contrasto sulla pelle. Sentì il dolore che gli pervadeva ogni parte del corpo. Sentì l’odore del fumo e del sangue nelle narici. Sentì i rumori ovattati delle esplosioni e dei motori di aereo. Gli parve di udire di nuovo il suo nome. Castle. Poi il suo corpo cedette. Rick. Tutto si fece buio e silenzioso. Non sentì più nulla.
 
Castle… Castle… Rick!... Rick, svegliati ti prego!... Non lasciarmi ora… Non lasciarmi ora, non puoi farlo!... Rick, ti prego… Apri gli occhi… Resta con me, non te ne andare… Ho bisogno di te, Rick… Ti prego, resta con me…
Kate. Fu quello il suo primo pensiero quando un barlume di coscienza si fece finalmente strada in lui. Castle non aveva idea di dove si trovasse, né cosa fosse successo. Gli sembrava di ricordare forti rumori, urla e caldo. Del fuoco forse. La voce di Kate che lo chiamava. In quel momento invece era tutto silenzioso e fresco. Gli pareva di aver vissuto in un sogno, o in un incubo, e di essersi appena risvegliato. Si sentiva stanco e debole.
Pian piano che riacquistava lucidità, Rick si accorse di avere dolore ovunque. La spalla era quella che gli bruciava di più insieme alla faccia e alla gamba. Rimase immobile, sperando che il male passasse almeno un po’. Invece non fece altro che aumentare. Gemette leggermente quando una fitta più forte delle altre lo colpì alla spalla. Per distrarsi, si concentrò sulla voce che gli sembrava di aver sentito prima di svegliarsi. Ricordava a malapena le parole. Però era certo che la voce fosse di Kate. Il tono tuttavia era diverso dal solito. Sembrava spaventata.
Preoccupato, Castle iniziò ad agitarsi. Notò che si sentiva piuttosto immobilizzato. Nonostante ogni spostamento gli facesse male, si mosse per capire dove fosse. Sentì morbido sotto di lui, quindi dedusse di essere in un letto. Aprì gli occhi a fatica e si guardò intorno. Si trovava in una camera da letto che non era la sua. Aveva le pareti bianche e un grosso armadio di legno chiaro, come la cassapanca a lato della stanza e i due comodini a lato del materasso. Una grande portafinestra, che dava su quello che sembrava un piccolo balcone pieno di neve, illuminava la camera. Doveva essere giorno inoltrato perché Rick notò che il sole era alto. Iniziò a muoversi sul letto, cercando di alzarsi, ma il dolore lo bloccò a nemmeno metà dello spostamento. All’improvviso gli sembrò di avere un tizzone ardente infilato nella spalla. Un gemito forte gli scappò dalle labbra e ricadde sul materasso, il respiro affannoso come se avesse corso. Si accorse di stare sudando. Un’altra cosa che notò solo in quel momento era di essere a petto nudo. O meglio, in parte lo era perché, abbassando lo sguardo, vide una grossa fasciatura che gli girava intorno al busto e alla spalla dolorante, immobilizzandola e nascondendo buona parte di pelle alla vista. Dei pantaloni che indossava, vide che una delle gambe aveva un lungo squarcio da cui poté scorgere un’altra fasciatura appena sopra il ginocchio. Il tessuto della divisa era stracciato e bruciacchiato in diversi punti, oltre che del tutto sporco di povere e macchiato da quello che doveva essere il suo sangue.
Castle fece una smorfia che però gli fece dolere e tirare la faccia. Si portò una mano al viso e trovò un cerotto che gli prendeva uno zigomo e buona parte della guancia e una fasciatura che gli girava intorno alla fronte. Nel comprendere il suo stato penoso, il colonnello si agitò ancora più di prima. Cos’era successo? Dov’era Kate? Stava bene?
Tentò di nuovo di alzarsi, stringendo i denti contro il dolore. Con grande sforzo, stavolta riuscì a raddrizzarsi e a voltarsi per buttare giù le gambe dal letto. Solo quel movimento però lo lasciò senza fiato e energie. Con un’ultima fatica provò a mettersi in piedi, appoggiandosi al comodino per sostenersi. Gli girava la testa e aveva la nausea. Per un attimo riuscì nel suo intento. Non appena però staccò la mano dal mobile, le gambe non lo ressero più e cadde miseramente a terra, aggiungendo altro dolore a quello già presente. Rimase immobile, ansante, sudato e sofferente, la faccia schiacciata contro il fresco pavimento in legno della camera.
“Kate…” mormorò piano. Dopo qualche attimo sentì il pavimento tremare leggermente e delle voci ovattate. Poi il rumore di una porta che si spalancava seguito dal suono più bello che potesse udire.
“Rick!!” La voce di Beckett fu come un balsamo. Gli liberò il petto da un macigno e sospirò sollevato, sentendo che lei era lì a pochi passi da lui.
“Kate…” cercò di dire lui un po’ più forte, tentando insieme di alzare la testa per guardarla, ma lei fu più veloce.
“Castle, che hai combinato??” domandò preoccupata, correndo da lui e inginocchiandosi accanto. “Perché hai cercato di alzarti?” continuò, in parte con un tono di rimprovero, iniziando a carezzagli i capelli molto delicatamente. “Hai perso tanto sangue, sei troppo debole per muoverti.” Rick non tentò neanche di dire qualcosa, troppo stanco per farlo, nonostante fosse curioso sul cosa gli fosse capitato. Semplicemente rimase immobile a fissarla e a farsi carezzare con un lieve sorriso in volto. La osservò per bene e fu estremamente sollevato nel constatare che, a parte un paio di graffi superficiali, Beckett sembrava non aver riportato nessuna ferita. Stava bene.
“Castle, che cavolo hai fatto??” La voce di Lanie lo stupì. Non era solo il fatto che non si fosse accorto del suo arrivo. Rick si chiese anche come diavolo avesse fatto a finire a casa di Ryan. Intuì solo in quell’istante che la camera in cui erano probabilmente era proprio quella appartenente al suo amico alla moglie. “Javier, Kevin!” chiamò poi Lanie, correndo da lui per affiancare Kate e controllare le sue condizioni. Un attimo dopo Castle sentì i passi pesanti e rapidi dei suoi due amici sulle scale, seguiti dalle loro voci. Non riuscì a vederli poiché la porta era dietro di lui e non aveva la forza di voltarsi. Lasciò che, seguendo gli ordini di Lanie, Kevin e Javier lo prendessero di peso e lo riappoggiassero al materasso, cercando di procurargli il minor dolore possibile.
“Uff, amico, ma quanto pesi??” sbuffò Esposito, appena prima di lasciarlo sul letto.
“E’ tutta altezza…” mormorò Rick di rimando. I due uomini rimasero sorpresi che riuscisse a rispondere. Con la coda dell’occhio, il colonnello notò Lanie scuotere la testa e Kate cercare di reprimere un sorriso con poco successo. Una volta che fu di nuovo steso, chiese, con un certo sforzo, cosa gli fosse successo. Lo guardarono stupiti.
“Non ti ricordi?” chiese Kevin. Castle in risposta mosse di poco la testa in segno di diniego. La testa gli pulsava dolorosamente e gli era venuto un nuovo attacco di nausea, quindi voleva evitare di parlare troppo. Gli sembrava che solo l’aprire la bocca lo avrebbe fatto vomitare. “C’è stato un altro bombardamento.” continuò allora il maggiore. “Mentre eravate alla festa per i vent’anni di matrimonio del Generale Dirk. Lo ricordi?” A quelle parole, Rick aggrottò le sopracciglia. Sprazzi di immagini iniziarono a passargli davanti agli occhi. Ricordava il ricevimento. Gente che ballava e chiacchierava. I discorsi con gli altri soldati. Poi Beckett, con il suo vestito verde. Poi il caos.
All’improvviso, Castle ricordò il frastuono degli aerei e delle bombe, il bacio che aveva lasciato a Kate, la corsa verso l’esterno della palazzina. Rivide davanti a sé la macchina in fiamme, il fumo, i corpi mutilati, la coppia di vecchi in cerca di rifugio, il bambino intrappolato dalle macerie. Poi un boato e una forte luce. L’impressione di volare seguita subito dal dolore. Quindi il nulla. Iniziò ad agitarsi nervoso sul letto, il respiro accelerato, il sudore tra gli occhi, mentre quelle immagini si facevano strada dentro di lui, diventando sempre più reali. Una granata. Gli era esplosa una granata a distanza ravvicinata!
“Ehi, amico, calmati, ok?” esclamò subito Javier, portandosi di lato al colonnello e posandogli una mano sulla spalla sana per tranquillizzarlo e insieme tenerlo fermo prima che facesse ulteriori danni a sé stesso. Kate, allarmata, gli prese la mano libera e gliela strinse. Rick si voltò verso di lei, gli occhi sgranati per la paura, incurante del dolore al corpo che la sua agitazione stava intensificando. Stava tremando.
“Una granata…” sussurrò con voce rauca. Beckett annuì piano, con gli occhi lucidi.
“E’ scoppiata poco lontano da te.” mormorò in risposta la donna, senza smettere di stringergli la mano e anzi rafforzando la presa. “Ma per fortuna abbastanza da non ucciderti.” Quindi prese un respiro profondo e abbassò lo sguardo sulle loro mani. “Non sono riuscita a scendere in cantina con gli altri senza di te. Sono venuta a cercarti.” disse piano, sapendo bene di aver fatto il contrario di ciò che lui le aveva chiesto. “Non ti eri allontanato molto e quando ti ho visto a terra…” si bloccò per un momento, le parole strozzate in gola. Rick la ascoltava con la bocca semiaperta, leggermente più calmo. Doveva essere stata la sua voce a tranquillizzarlo, perché le parole di lei certo non lo rassicuravano. Era uscita sotto il bombardamento solo per cercarlo. Il significato di quel gesto da un lato lo faceva infuriare, ma dall’altro non poteva far altro che pensare a quanto era innamorato di quella donna. Non riuscendo a stringerle la mano come avrebbe voluto, Castle iniziò a farle, con il pollice, dei piccoli giri sul dorso della mano. Beckett prese un altro respiro profondo e continuò. “Ho cercato di svegliarti, ma non ci sono riuscita. Eri svenuto ed eri… eri pieno di sangue… e non sapevo cosa fare! Poi però è arrivato il colonnello che avevamo conosciuto prima…”
“Gersdorff.” ricordò Castle in un mormorio roco. Kate annuì.
“Mi ha aiutato a portarti al sicuro.” continuò piano, osservandogli il viso con aria impotente, come rivivendo quei momenti mentre li narrava. “Ti abbiamo dato un primo soccorso, ma continuavi a non svegliarti. Alla fine però è arrivato Kevin.” aggiunse poi, alzando gli occhi sul maggiore. Castle si voltò verso di lui, confuso.
“L’attacco è durato poco.” spiegò Ryan. “Inoltre ho saputo che era diretto principalmente ai collegamenti ferroviari. Ricordavo che l’abitazione del generale era a pochi passi dalla ferrovia, quindi quando non vi ho visto tornare mi sono preoccupato. Così ho preso l’auto e sono venuto a cercarvi. A quanto pare avevo visto giusto.” continuò con un mezzo sorriso triste. “Il quartiere era in buona parte devastato. Quando ho trovato Kate, lei mi ha detto delle tue condizioni, poi ti abbiamo caricato in auto e portato qui, in modo che Lanie potesse rattopparti.” Del dopo granata, Rick non ricordava nulla. Solo spezzoni di frasi, che sembravano richiami lontani, da parte della voce di Kate. Rimase per un momento sovrappensiero, quindi tornò a osservare Beckett. Il suo viso era pulito e non indossava più il vestito verde della festa, ma una camicia chiara e una gonna.
“Quanto tempo…” domandò alla fine con fatica, schiarendosi la gola che sentiva secca. “Quanto tempo sono rimasto senza conoscenza?”
“Quasi due giorni.” lo informò Lanie. “E ti servivano tutti, credimi.” Castle annuì piano, in parte più tranquillo ora che avevano risposto alle sue domande, ma insieme ancora scombussolato per l’accaduto. Sospirò e reclinò appena all’indietro la testa sul cuscino, chiudendo gli occhi. Si sentiva così stanco… “Ehi, aspetta!” lo risvegliò subito la signora Esposito. Dovette fare un grande sforzo di volontà per riaprire gli occhi. “Prima che ti riaddormenti, devo farti un controllo. Poi potrai, e dovrai, riposare, chiaro?” Rick annuì di nuovo, troppo stanco per controbattere. Aveva ancora male ovunque, ma in quel momento la sua fiacchezza sembrava prevalere sul resto. Non aveva neppure fame.
Lanie mandò Javier a prendere un bicchiere d’acqua per Castle, quindi, con l’aiuto di Kate, controllò tutte le fasciature sul colonnello. Esposito e Ryan rimasero in camera con loro in caso servisse una mano a spostare l’uomo. Per distrarlo Kevin gli raccontò nel frattempo di come avevano faticato lui e Jenny a trovare altri pezzi di garza per le fasciature. Rick però sentì meno della metà del discorso. Si lasciò esaminare docilmente e calcolò man mano le sue ferite. Contò una profonda lacerazione sulla spalla, un lungo taglio sopra il ginocchio e uno sfregio che gli prendeva tutto lo zigomo, quasi dal naso all’orecchio, tutti sul lato sinistro del corpo, poi una ferita dietro la testa, dove aveva battuto quando era caduto, e diverse altre escoriazione, più un paio di bruciature lievi, sul resto della pelle. In fin dei conti era stato fortunato. Aveva ancora tutti gli arti e niente di rotto.
“Ok, finito.” disse alla fine Lanie quando ebbe concluso il suo esame. “Sembra che niente si stia infettando per ora. Continua a riposare e in men che non si dica sarai di nuovo in piedi a sparare battute come tuo solito.” A Rick scappò un mezzo sorriso per quella uscita, anche se gli fece male alla faccia. “Noi ora andiamo.” aggiunse poi la signora Esposito. “Verremo a controllarti di tanto in tanto, ma se hai bisogno chiama. Non ti azzardare più a muovere, ok?” Lui annuì subito, preoccupato dallo sguardo di minaccia della donna. A quel punto Lanie, Kevin e Javier si voltarono per uscire. Tentò di farlo anche Kate, ma Castle la tenne tenacemente per la mano. Non voleva lasciarla andare.
“Uhm… ragazzi, vi raggiungo tra un momento.” disse Beckett agli altri, sedendosi di nuovo accanto a lui. Quelli annuirono comprensivi con un piccolo sorriso, quindi sparirono fuori dalla stanza, chiudendosi la porta alle spalle. Avrebbero avuto tempo di fare battute quando Castle si sarebbe ripreso. Per il momento potevano lasciare ai due un po’ di tregua.
Quando il rumore dei passi sulle scale sparì, Kate si girò verso Rick e gli sorrise dolcemente.
“Ehi…” mormorò piano, come a salutarlo. Per tutta risposta, lui racimolò le ultime energie, lasciò andare la mano della donna e allungò il braccio sano verso il suo viso. Poi, ignorando il suo corpo che urlava di stare fermo, la tirò delicatamente, ma con impazienza, verso di lui e, alzandosi appena con la testa, fece incontrare le labbra di lei con le sue. La baciò quasi famelico per qualche momento, finché le forze glielo permisero. Aveva un assoluto bisogno di sentirla viva accanto a lui e di ringraziarla per non averlo ascoltato. Le succhiò avidamente il labbro inferiore, mordendoglielo poi piano, giocando con la sua lingua. Poi, cercando di alzarsi ancora di più dal materasso, una fitta alla spalla fasciata lo fece staccare bruscamente. Con un lieve gemito di dolore, ripiombò sul letto ansante e affaticato, mentre Kate lo osservava preoccupata.
“Scusa.” borbottò in un sussurro irritato. “Non hai idea di quanto vorrei… partecipare di più, ma…” Beckett lo bloccò posandogli due dita sulla bocca.
“Quando ti sarai rimesso, mi mostrerai quanta voglia hai di partecipare.” replicò con un mezzo sorriso e uno sguardo insieme divertito e malizioso. Spostò la mano per lasciargli una lieve carezza sulla guancia sana, leggermente ispida per l’accenno di barba non fatta. “Per ora però, voglio solo che ti riposi.” aggiunse quindi dolcemente, allungandosi per lasciargli prima un piccolo bacio sopra la fasciatura sulla fronte e poi un altro a fior di labbra. Rick annuì piano, incapace di comunicare in altro modo anche volendo. Si sentiva davvero sfinito. Chiuse gli occhi e si lasciò cullare dalle carezze che Kate aveva iniziato a fargli tra i capelli, addormentandosi in pochi minuti.
 
Quando Castle si svegliò di nuovo, la prima cosa che notò fu il cambiamento di luce. Le ombre si erano allungate di molto nella stanza e la luce rossastra che lo illuminava dalla finestra gli indicò che era il tramonto. Fece appena in tempo a guardarsi intorno, cercando Kate, che una piccola matassa di riccioli neri spuntò davanti alla sua visuale.
“Zio Rick?” lo chiamò piano Leandro, seduto sulla sedia accanto al letto. “Sei sveglio?” Non sapendo il perché dei sussurri, sussurrò anche lui. Non che avesse ancora la forza di fare molto altro, visto che sentiva di nuovo la gola secca.
“Sì.” rispose quindi in un bisbiglio rauco. Neanche il tempo di dirlo, e il bambino si precipitò giù dalla sedia per correre alla porta, sotto lo sguardo sorpreso del colonnello.
“ZIO RICK SI È SVEGLIATO!!” urlò, in modo che lo sentissero anche dal piano di sotto. Castle si agitò nervoso e una fitta di dolore gli passò attraverso il corpo. Trattenne a stento un gemito mentre gli sembrava che la spalla andasse a fuoco. Voleva dire a Leo di non urlare perché i muri non erano del tutto insonorizzati, ma Lanie fu più veloce di lui. La donna era salita subito per le scale, riprendendo il figlio con tono severo, ma calmo, e raccomandandogli di abbassare la voce. Dietro di lei, Rick poté notare entrare in camera anche gli altri abitanti della casa, ovvero Kevin, Jenny, Javier, Gates e infine Kate. La cameriera aveva con sé un vassoio con dei panni puliti, una caraffa d'acqua e un bicchiere. Nel vederli, il colonnello si ricordò di essere assetato.
“Castle, hai perso un sacco di sangue quindi ti sentirai disidratato.” gli spiegò Lanie, mentre la Gates appoggiava il vassoio sul comodino. Ryan e Javier lo aiutarono a mettersi in una posizione più o meno seduta. Quel solo movimento, per di più assistito, gli aveva fatto di nuovo girare la testa, anche se per fortuna non pulsava più. Lentamente prese il bicchiere con il braccio sano e se lo portò alla bocca. Si accorse che la sua mano tremava leggermente. Si stupì inoltre di trovare il bicchiere molto più pesante di quanto ricordasse, ma poi ricordò di essere lui quello che si era indebolito. L'acqua fresca fu un toccasana per la sua gola asciutta. Bevve tre bicchieri uno dietro l'altro, quasi senza prendere fiato, aiutato da Kate che ogni volta gli versava di nuovo l’acqua dalla brocca.
“Allora, Rick, come ti senti?” chiese alla fine Jenny quando lui finalmente riappoggiò il bicchiere sul vassoio sul comodino e reclinò la testa all’indietro, chiudendo gli occhi, sul cuscino che Kevin e Javier gli avevano alzato dietro la schiena e la testa.
“Come uno investito dallo scoppio di una bomba.” replicò Rick con voce leggermente più ferma e un mezzo sorriso. Tirare su l’angolo della bocca gli causò una fitta di dolore allo zigomo tagliato. Fece una smorfia e strizzò gli occhi, come se quello avesse potuto far passare prima il dolore. “Ho male ovunque.” mugugnò poi.
“Ti ci vorrà un po' di tempo, ma ti rimetterai in sesto.” lo rassicurò Lanie. La donna stringeva davanti a sé il piccolo Leandro. Il bambino guardava il colonnello con gli occhi sgranati, come se fosse insieme curioso e impaurito.
“Abbiamo fatto a turno per controllare che stessi bene, zio.” disse all'improvviso il piccolo in tono un po’ esitante. “Avevi un sacco di incubi e ti agitavi tanto! Per questo ti ho chiesto se eri sveglio. E poi ho chiamato tutti come mi avevano detto di fare se ti svegliavi.” Rick gli sorrise teneramente, ignorando le lievi fitte della sua faccia. Dal tono del bambino era palese che fosse ancora preoccupato che qualcuno lo sgridasse perché aveva gridato in casa.
“Sei stato bravissimo, Leo.” lo rassicurò Castle piano. Leandro gli fece un bel sorriso di rimando, alzando poi lo sguardo verso la madre, come a chiedere silenziosamente se era contenta di lui. Lanie sorrise dolcemente al figlio e gli lasciò un bacio tra i capelli.
“Hai fame?” domandò poi Kate al colonnello. Rick ci pensò un momento, quindi scosse la testa in segno negativo, sorpreso lui stesso da quella constatazione.
“Ti tornerà tra poco.” spiegò Lanie. “Il tuo corpo si sta riabituando a essere sveglio. Comunque ti consiglio di iniziare a provare a mandare giù qualcosa per iniziare a rimetterti in sesto. Brodo o minestra andranno benissimo.” A quelle parole Castle fece una smorfia.
“Brodo o minestra?” ripeté con tono schifato. La signora Esposito alzò un sopracciglio e gli lanciò un’occhiata che era un misto tra ‘Beh, che ti aspettavi?’ e ‘Non vorrai fare il bambino!’ mentre gli altri tentavano, senza riuscirci, di non ridacchiare. Rick sbuffò appena, quindi alzò lo sguardo al soffitto, all’improvviso pensieroso. “Quando potrò alzarmi?” chiese poi in tono serio.
“Per ora sarebbe il caso che non facessi alcun tipo di sforzo.” rispose Lanie. “Hai dormito due giorni, perso molto sangue e il tuo corpo è in diversi punti rammendato come meglio ho potuto. Hai bisogno di riposare e di lasciare che il tuo organismo di riprenda.” Castle rimasi silenzioso per un momento, gli occhi ancora a osservare un punto imprecisato del soffitto. Poi si morse il labbro inferiore e si voltò verso Kate. Lei lo guardò insieme curiosa e inquieta. Aveva imparato a riconoscere i suoi sguardi e sapeva che quello gli avrebbe fatto tirare fuori qualche strana idea.
“Pensi… pensi di riuscire ad occuparti di me?” domandò piano, quasi timido. “In un caso ipotetico in cui fossimo solo noi due, come me in queste condizioni.” Lei lo guardò perplessa.
“Io… sì, credo di sì.” replicò cauta.
“Non voglio essere un peso.” aggiunse subito il colonnello. “Solo… solo che voglio tornare a casa.” Un coro di “Cosa??” accolse la sua frase.
“Castle, ti ho appena detto che devi stare a ripos…” cercò di dire Lanie, ma lui la bloccò.
“Lanie, se qualcuno dovesse venire a cercarmi, vorrei evitare di dover fare le vostre presentazioni.” replicò secco.
“Oh, Zimmermann è passato.” dichiarò Ryan, schioccando le dita. “Mi ero dimenticato di dirtelo. E’ venuto ieri. Chiedeva di vederti, ma eri ancora incosciente.”
“E’ entrato in casa?” domandò Rick allarmato. Kevin annuì e lui si mosse agitato, sentendo fitte di dolore in diversi punti.
“Allora stasera torno al mio appartamento.” affermò deciso. Ci fu un altro coro di proteste.
“Andiamo, amico, non dire idiozie.” lo riprese Esposito, scuotendo la testa con forza. “Non hai abbastanza forze per alzarti, figurarsi per tornartene a casa!”
“Aiutatemi allora!” esclamò allora Rick, nervoso. “Ma non resterò ancora qui. Non solo sto occupando un letto, facendo dormire Kevin e Jenny chissà dove da due giorni. Il peggio è che non posso rischiare che vi scoprano, Javi. Kate ha detto che si può occupare di me e in più io mi riprenderò presto, quindi…”
“Rick, ti prego, aspetta.” lo bloccò Jenny, sedendosi sul letto accanto a lui, un po’ a fatica per la grossa pancia. “Prima di tutto devi sapere che io e Kev ce la possiamo benissimo cavare senza un letto ancora per un po’ poiché, per tua informazione, siamo riusciti a comprare una branda piuttosto larga per casi del genere, per ospiti straordinari, diciamo.” continuò con un sorriso dolce. Quindi posò una mano sulla sua e la strinse appena in un gesto rassicurante. “Per quanto riguarda Javier, Lanie e Leandro, siamo sempre molto attenti. Sai bene che non li metteremmo mai in pericolo. Quindi non hai bisogno di soffrire, più di quanto tu già non faccia ora, per noi.” Castle la osservò per qualche momento in silenzio, combattuto. Alla fine si voltò di nuovo verso Kate con una muta richiesta di aiuto nello sguardo. Lei si mosse a disagio sul posto e si morse il labbro inferiore, dubbiosa.
“Posso occuparmi di lui.” disse alla fine Beckett, ripetendo le parole precedenti del colonnello. Tutti gli occhi si puntarono su di lei. “So cucinare, quindi non morirà di fame. Inoltre so come cambiare delle bende e sono in grado di aiutarlo nei movimenti. Ditemi se devo saper fare altro e lo farò.”
“Modalità crocerossina?” domandò Javier, divertito e malizioso, senza riuscire a trattenersi. La donna arrossì all’istante, lanciandogli un’occhiataccia.
“Ah, ma allora è per questo che vuoi andartene!” continuò Kevin con lo stesso tono dell’amico, rivolto però a Castle. “Altro che le tue belle frasi su di noi! Tu vuoi solo stare da solo con Kate a farti coccolare!” aggiunse ridacchiando. Questa volta fu Rick a lanciargli un’occhiataccia, mentre Beckett arrossiva più di prima.
“Ecco, hai rovinato il mio piano!” esclamò però poi a sorpresa il colonnello, ghignando leggermente, per quanto il dolore allo zigomo glielo permettesse. Si girò quindi verso Kate, mettendo su la migliore faccia da cucciolo che gli riuscisse al momento. “Giuro che sarò un bravissimo paziente. E poi, con la giusta dose di coccole, quando mi sarò rimesso io potrei…”
“Fermo, aspetta!” lo bloccò Lanie. Quindi tappò le orecchie del figlio con le mani. Leandro alzò lo sguardo e lanciò un’occhiata perplessa alla madre. “Ok ora puoi continuare.” disse poi la signora Esposito con un sorrisetto.
“Devo tappare anche le orecchie alla mia pancia?” domandò poi Jenny, scuotendo la testa divertita. “Perché se è così potrei avere dei problemi…”
“Castle, ti avverto, se fermi la crescita a mio figlio, o figlia che sia, mentre è ancora nella pancia di mia moglie, te la vedrai con me!” dichiarò Ryan con un tono a metà tra il serio e lo scherzoso. Kevin e Rick si guardarono torvi per un momento. Quindi scoppiarono a ridere, coinvolgendo con loro anche gli altri, Gates e Leandro compresi. Castle per un momento riuscì a dimenticare la paura per la situazione in cui erano. Per un attimo dimenticò persino il dolore.
Quando alla fine gli ultimi residui di ilarità scivolarono via da lui, Rick reclinò la testa all’indietro e chiuse gli occhi.
“Comunque dico sul serio, ragazzi.” mormorò alla fine stancamente. Si sentiva di nuovo stremato, come se quella chiacchierata gli avesse prosciugato le forze. “Preferirei tornare a casa stasera stessa. Non voglio darvi più problemi di quanti già non ne abbiate.” Ci fu un momento di silenzio intorno a lui. Era sicuro che i suoi amici si stessero lanciando occhiate di soppiatto creando un silenzioso discorso.
“Va bene.” borbottò alla fine Ryan con un sospiro. Castle riaprì gli occhi e lo vide passarsi una mano tra i capelli. “Ti riportiamo a casa.”
“Però prima devi mangiare qualcosa o non arriverai neppure alla porta di sotto.” intervenne Lanie. “Inoltre devo far vedere a Kate come controllarti le ferite.” Il colonnello semplicemente annuì. A quel punto i suoi amici si dispersero. La Gates andò a preparare un brodo, Javier prese in braccio Leandro e ritornò al piano di sotto insieme a Jenny e Kevin. Nella stanza rimasero solo Kate e Lanie. La signora Esposito mostrò a Beckett come togliere e rimettere le fasciature nel modo migliore, come controllare che non si infettassero i tagli e come procedere in caso contrario. Non sarebbe dovuto succedere, ma lui al momento era debole e facilmente preda dei batteri. Le raccomandò comunque di chiamarla in caso di qualsiasi problema o dubbio.
La cameriera tornò poco più di dieci minuti dopo con un vassoio e un piatto di minestra poggiato sopra. Lanie aveva appena finito di elencare a Kate tutti i punti che avrebbe dovuto esaminare e le tipologie di ferite sul corpo del colonnello in modo che le ricordasse. Rick storse il naso come i bambini quando sentì l’odore delle verdure. Non gli dispiacevano, ma il minestrone non lo sopportava.
“Andiamo, Castle, non fare il bambino!” lo riprese Kate, scuotendo la testa esasperata quando lo vide fare una smorfia e girare il viso dall’altra parte rispetto al vassoio sul comodino.
“Posso restare senza mangiare un giorno.” bofonchiò semi nascosto dal cuscino.
“Sono due giorni che non mangi.” gli ricordò Lanie con un sopracciglio alzato. “Devi mangiare qualcosa e, per il tuo stato, la minestra è la cosa migliore. Hai bisogno di reintegrare liquidi al momento. Da domani potrai iniziare a mangiare qualcosa di solido, ma poco per volta.” Rick sbuffò, ma si voltò di nuovo verso le tre donne.
“Mi stupisco che il suo stomaco non abbia già iniziato a reclamare cibo, signor Castle...” commentò la Gates con un mezzo sorriso, facendo ridacchiare Kate e Lanie, mentre il colonnello metteva il broncio.
“Beh, lo lasciamo nelle tue mani, ragazza!” esclamò poi divertita la signora Esposito, facendo l’occhiolino a Beckett. “Il tuo paziente ti aspetta!” Quindi si incamminò con la Gates fuori dalla camera. Prima di chiudere la porta dietro di sé però si voltò un’ultima volta verso i due. “Mi raccomando: crocerossina ok, ma niente gioco del dottore finché il paziente qui presente non si sarà almeno un po’ ripreso, chiaro?” Kate fece appena in tempo a capire la sua allusione e ad arrossire, che la donna aveva già chiuso la porta con un sorriso malizioso. A quel punto Beckett si sedette sulla sedia accanto a Rick con un sospiro rassegnato.
“Perché sei lì?” domandò Castle. Lei lo guardò perplessa.
“Dove dovrei essere?” chiese di rimando.
“Sul letto con me.” rispose l’uomo, indicando un punto libero sul materasso accanto ai suoi fianchi. Beckett scosse la testa.
“Non voglio rischiare di farti male.” replicò.
“Più di così…” borbottò lui. “Almeno puoi avvicinarti?” continuò poi con un tono strano, a metà tra il serio e il divertito. “Hai una cosa sulla guancia.” Kate mosse in automatico una mano sul viso, cercando qualunque cosa le stesse indicando. “No, è più… Dai, avvicinati che te la levo.” aggiunse poi Rick, allungando una mano. Lei fece come gli aveva detto: si alzò per sedersi accanto a lui sul letto e poi si abbassò un poco su di lui. Non appena fu alla sua portata, Castle appoggiò la mano sul viso di Kate e la attirò piano a sé, studiando un punto imprecisato della sua guancia. Poi però, invece di levare qualsiasi cosa avesse in faccia come le aveva detto, la avvicinò ulteriormente finché non riuscì ad allungarsi per lasciarle un bacio sulla guancia. “Proprio qui hai qualcosa…” mormorò sulla sua pelle, sentendo Beckett tremare leggermente. “Aspetta che non si è tolta…” continuò poi, spostandosi appena e lasciandole così un altro bacio all’angolo della bocca. Si accorse che Kate stava trattenendo il respiro. Poi lei si voltò e gli lanciò uno sguardo che lui interpretò come bramoso, mordendosi insieme il labbro inferiore.
Rick la attirò nuovamente a sé e stavolta le loro labbra si unirono. Passò le dita tra i capelli di lei e la tenne contro di sé. Avrebbe voluto sentirla contro il suo corpo, ma al momento era qualcosa di semplicemente impossibile per lui. Giocò con la lingua di lei e le sue labbra finché ne ebbe fiato e forza. Non avrebbe mai voluto smettere di baciarla. La debolezza e il dolore però ebbero la meglio su di lui. Dovette separarsi da lei, lasciandosi cadere stancamente contro il cuscino con il respiro un po’ affannoso.
“Sai,” commentò a un certo punto Kate, anche lei con il respiro appena più corto del normale, le labbra rosse e leggermente gonfie che fecero solo venire voglia al colonnello di riprendere a baciarla. “Se volevi baciarmi non bastava che chiederlo.” Rick ghignò allegro.
“Davvero?” chiese, puntando i suoi occhi blu dritto dentro quelli verde-nocciola di lei. Lei annuì piano, con un piccolo sorriso, un po’ rossa in volto. Poi notò il piatto abbandonato sul comodino e si ricordò cosa dovesse fare.
“Coraggio, ora è il caso di mandare giù la minestra.” disse quindi, alzandosi dal letto. Castle fece una smorfia.
“Speravo lo avessi dimenticato.” borbottò come un bambino, osservandola sedersi sulla sedia e portarsi il vassoio sulle gambe.
“Ah, quindi il bacio era per farmi dimenticare la minestra?” domandò lei retorica, alzando un sopracciglio. “Me ne ricorderò la prossima volta…” commentò poi con un mezzo sorriso divertito mentre ritrovava il cucchiaio nascosto sotto il piatto.
“Ma io…” cercò di dire il colonnello con tono allarmato.
“Taci e mangia ora, Castle.” lo riprese lei scherzosa, riempiendo un cucchiaio di minestra e portandoglielo davanti alla bocca. Lui storse subito il naso alla vista di quelle verdurine molli e senza vita che galleggiavano sul brodo. “Ti conviene mandarla giù oppure ti avverto, da me non avrai più nemmeno un bacio a distanza.” Rick sgranò gli occhi preoccupato. Quindi prese un respiro profondo, tappò il naso e ingoiò la minestra.
 
Quando la cena fu completata, dopo diversi mugugni e silenziose proteste, Rick si sentì effettivamente un poco più in forze. Non sapeva se fossero effettivamente state le verdurine galleggianti, la potenza della suggestione o semplicemente la voglia di tornare a casa a farlo sentire meglio. In realtà non riusciva ancora a mettersi seduto da solo né, quindi, ad alzarsi in piedi, però si sentiva meno debole da quando si era svegliato. Dovette farsi aiutare a sollevarsi dal materasso e scendere le scale da Ryan ed Esposito. Dalla porta di casa invece, il carico del suo peso passò alle spalle di Kevin e Kate. Si sentì un po’ in colpa per quello sforzo che li stava costringendo a compiere, ma non c’erano altre soluzioni.
Appena uscirono di casa, Rick notò che fuori era completamente buio. Arrivati alla macchina, posteggiata giusto davanti all’ingresso per non dover fare strada con lui in quelle condizioni, Castle si sentì già senza più forze. Si accasciò sul sedile posteriore dell’auto ansante, sudato e con un mal di testa pulsante che gli stava dando anche la nausea. Per fortuna il vetro freddo del finestrino, dove aveva appoggiato la fronte, limitò un po’ il capogiro e attenuò la sensazione di voltastomaco. Chiuse gli occhi e si lasciò cullare dal basso borbottio della macchina e dalle lievi carezze tra i capelli di Kate, seduta accanto a lui.
Pochi minuti dopo erano a destinazione. Ryan aiutò Beckett a trasportare di peso il colonnello in casa. Si mossero lentamente per l’appartamento fino a raggiungere la camera di Castle, dove i due lo stesero piano sul materasso. Dopo di quello, Rick non avrebbe saputo dire cosa accadde poiché, appena appoggiata la testa sul cuscino, si addormentò sfinito di un sonno senza sogni.
 
Quando Castle si svegliò di nuovo, la prima cosa che notò fu la luce del giorno entrare dalla finestra. Sbatté le palpebre più volte e si guardò intorno, dimentico per un momento del fatto che fosse tornato al suo appartamento. Quando capì dove si trovasse, notò una sedia vuota poco lontana dal letto che prima non c’era mai stata. Aggrottò le sopracciglia confuso.
“Ehi, buongiorno bell’addormentato!” lo salutò Kate con un sorriso, entrando in quel momento in camera con un vassoio e trovandolo sveglio. “Come ti senti?” gli chiese poi, notandolo ancora un po’ frastornato.
“Uhm… hai una domanda di riserva?” replicò Castle, passandosi una mano sugli occhi per tentare di svegliarsi. Non sarebbe stato necessario in realtà. Il dolore che aveva in tutto il corpo, e che per la stanchezza nel sonno non aveva percepito, si stava risvegliando insieme a lui. Kate appoggiò il vassoio sul comodino accanto al letto e si sedette sulla sedia, guardandolo preoccupata.
“Non hai antidolorifici in casa, vero?” gli chiese speranzosa. Rick scosse piano la testa in segno di diniego e Beckett sospirò rassegnata. “Jenny non ne aveva neppure. Lei e Kevin hanno anche provato a recuperarne qualcuno, ma tutti i flaconi sono stati requisiti per gli ospedali.” Lo osservò sofferente, come se il dolore che provava lui riuscisse a sentirlo anche lei. “Mi dispiace.” mormorò.
“Non importa.” rispose piano Rick. “Non sto così male in fondo.” aggiunse poi con un mezzo sorriso tirato. In realtà stava malissimo. La stanchezza stava passando e man mano che riprendeva lucidità il male si faceva sempre più insistente e intenso. La spalla gli bruciava con forza e il taglio sullo zigomo sembrava che tentasse di spaccargli in due la faccia. Strinse la mascella e si mosse leggermente contro il cuscino, cercando una posizione che non lo infastidisse troppo. Per la faccia non poteva fare nulla, ma almeno per la spalla e il resto del corpo poteva tentare qualcosa. Kate lo studiò in ogni movimento, le labbra contratte e le sopracciglia aggrottate. “Allora, cosa… cosa mi hai preparato di buono?” chiese poi Castle, tentando di nascondere la sofferenza. “Sono affamato.”
“Latte, pane e miele.” replicò Beckett, non del tutto convinta della sua recita. Prese comunque il vassoio, posandoselo sulle gambe per mostrargli il contenuto che gli aveva appena elencato. Il colonnello notò una grossa ciotola di latte, qualche fetta di pane ben impilata su un piattino e il barattolo del miele. “Ordini della dottoressa.” aggiunse poi la donna con un mezzo sorriso, intendendo Lanie. “Ti aiuto a mangiarlo?” Rick cercò di tirarsi su piano facendo leva sul braccio sano, ma appena si mosse una fitta alla spalla e al fianco lo fece ripiombare sul letto.
“Sì, per favore.” le rispose alla fine, un po’ vergognoso. Non voleva farsi vedere così debole da lei, anche se lui stesso le aveva chiesto di prendersi cura di lui. Strinse i pugni e contrasse la mascella, lo sguardo cupo rivolto al soffitto.
“Sai che non hai bisogno di farti vedere forte da me, vero?” domandò lei retorica, come se gli avesse letto nel pensiero. Lui si voltò stupito e la vide fargli un sorriso dolce. Kate riappoggiò il vassoio sul comodino, quindi si alzò e si allungò per lasciargli un piccolo bacio a fior di labbra. “Sei stato quasi dissanguato da quella granata.” sussurrò piano, a pochi centimetri dalla sua bocca. Rick per un attimo poté sentire ancora una nota di paura nel tono. “Sei rimasto svenuto per due giorni. Non hai bisogno di fare l’uomo, so già che lo sei. Tu pensa solo a riprenderti ora e lascia a me i dettagli tecnici della tua guarigione, ok?” aggiunse poi insieme con tono dolce e divertito. Castle la osservò per un lungo momento, la bocca semi aperta e il cuore in qualche modo con il battito accelerato. Poi allungò il braccio sano e la attirò nuovamente a sé per baciarla.
“D’accordo.” rispose alla fine il colonnello in un mormorio basso, gli occhi chiusi, la fronte di Kate appoggiata alla sua. “Ma ti prometto che troverò il modo di dimostrarti la mia gratitudine.”
“Una volta che ti sarai rimesso, potresti anche ripagarmi in natura...” replicò Beckett piano. Castle la allontanò leggermente da sé e la guardò con gli occhi sgranati, sorpreso, ma insieme stuzzicato da quella prospettiva. La donna ridacchiò per la sua faccia, incurante del caldo che quella sola frase aveva provocato all’uomo.
“Appena sarò abbastanza in forma, sono certo che riuscirò a ripagarti come mi chiedi.” le rispose in un tono basso e quasi provocante, nonostante le sue condizioni. Rimasero per un momento a fissarsi negli occhi con uno sguardo quasi di sfida, come se lei volesse capire se diceva sul serio e lui volesse darle a intendere che era serissimo. Beckett fu la prima a spostare lo sguardo, un po’ rossa in volto.
“Allora vuoi fare colazione o no?” borbottò poi per cambiare argomento, facendo spuntare a Rick un sorrisetto soddisfatto. A quel punto Kate lo aiutò a raddrizzarsi un poco, così da riuscire a mangiare meglio, e si rimise il vassoio sulle gambe. Pian piano inzuppò il pane con il miele nel latte per ammorbidirlo e lo imboccò. Lui non sarebbe stato in grado di tenere il portavivande addosso e inoltre braccio sano gli tremava leggermente. Non sarebbe riuscito nemmeno a tenere in mano un pezzo di pane senza farlo cadere. Secondo Lanie quel fatto era dovuto sia all’indebolimento che allo shock dell’esplosione e ci sarebbe voluto ancora qualche giorno, se non di più, prima che sparisse.
Dopo colazione Castle cercò di dormire ancora un po’, ma il dolore lo tenne in una sorta di dormiveglia agitato. Si svegliò del tutto solo quando sentì qualcosa di caldo muoversi sul suo petto. Aprì gli occhi e notò le mani di Beckett sopra la fasciatura che gli teneva bloccata la spalla e che gli girava intorno al torace nudo.
“Kate?” domandò assonnato quando lei, accortasi di averlo svegliato, tirò velocemente via le mani, arrossendo vistosamente. “Che stavi facendo?”
“Scusami, non volevo disturbarti.” disse piano, come sperando che lui si riaddormentasse subito a quelle parole. Solo che Rick non lo fece, quindi dovette continuare a parlare. “Ti sei agitato parecchio durante il sonno e ti si era spostata la fasciatura. Stavo cercando di risistemarla, quando…”
“Risistemare la fasciatura?” ribatté Castle ironico con un sorrisetto stampato in faccia, ormai del tutto sveglio. “E’ così che si dice ora quando si vuole approfittare del corpo del proprio ragazzo mentre è semi paralizzato a letto?” Kate gli lanciò un’occhiataccia, ancora più rossa in viso.
Ragazzo??” ripeté lei con un sopracciglio alzato. “Cos’hai, quindici anni? Da dove esce fuori? No, aspetta!” continuò poi, alzando una mano come a bloccare ogni possibile commento e scuotendo la testa. “Lasciamo stare. Per quanto riguarda l’approfittarsi, invece, tu probabilmente stai ancora sognando! Io non volevo approfittare proprio di niente!”
“Oh, andiamo, ammettilo!” replicò lui, ridacchiando. 
“Nemmeno per idea!” esclamò di rimando Beckett, incrociando le braccia al petto e scuotendo di nuovo la testa con forza. Le si leggeva in faccia che era sempre più imbarazzata. “Ripeto, tu sogni! Ti stavo solo risistemando la fasciatura!”
“Sì, certo…” commentò Rick sempre più divertito. Quindi sospirò, ma si bloccò a metà e fece una smorfia.
“Che hai??” chiese subito la donna preoccupata, abbandonando la posa offesa e allungandosi verso di lui.
“Come diavolo fai a starmi vicino??” domandò il colonnello stupito e infastidito, annusandosi la fasciatura alla spalla. “Puzzo.” continuò con un’altra smorfia disgustata. A furia di stare sotto le bende, la sua pelle aveva iniziato a rilasciare un po’ di cattivo odore. Non era però propriamente quello a seccarlo, ancora non era diventato un odore insopportabile. Il problema era che Rick sentiva anche puzza di cenere e sangue. E gli stava facendo venire la nausea.
Per un attimo entrò nel panico. Voleva togliersi quell’odore, dimenticare l’esplosione e il dolore. Poi però si impose di restare calmo. Prese dei respiri profondi, cercando di ignorare il puzzo della sua pelle, e reclinò la testa all’indietro sul cuscino, chiudendo gli occhi.
“Ho bisogno di una doccia.” mormorò stancamente. “Un doccia, un bagno o qualunque altra cosa.”
“Castle, nelle tue condizioni non…” cercò di farlo ragionare Kate, ma lui la fermò.
“Ti prego.” la implorò piano, guardandola speranzoso e disperato insieme. “Ne ho bisogno davvero. Per la mia salute mentale.” aggiunse poi con un mezzo sorriso tirato. Non sapeva neppure lui se scherzasse o meno. Kate lo osservò per un momento, incerta, mordendosi il labbro inferiore. Alla fine però annuì sconfitta.
“Beh, in piedi o seduto non puoi stare.” affermò lei. “Potrei portare qui una bacinella, ma rischierei di bagnare tutto e non mi sembra il caso di farti dormire su un materasso umido. Però…” aggiunse poi pensierosa, aggrottando le sopracciglia. “Però forse ho una soluzione.”
“C’è qualche possibilità che ti veda nuda con me da qualche parte in questa soluzione?” domandò Rick con il tono più angelico che gli riuscì. “Insomma, non vorrei che ti bagnassi anche tu…” Kate gli lanciò un’occhiata omicida che bastò a farlo ritrattare. “Ok, ok, era solo per chiedere.”
 
Dopo che Beckett ebbe raccomandato a Castle di non muoversi (“Cavolo, e io che pensavo di uscire a farmi un giro fuori a prendere un caffè!”), uscì dalla camera senza dire nulla sulla sua idea. Tornò solo dieci minuti più tardi trasportando a fatica un materasso, preso probabilmente dal letto del piano di sopra.
“Kate, che diavolo stai facendo??” le chiese stupito quando la vide entrare con quell’ingombrante peso. Lei in risposta sbuffò e tirò un’ultima volta il materasso così da posizionarlo di lato al letto dove era steso Rick con un tonfo sordo. Quindi uscì di nuovo e rientrò pochi minuti dopo con un basso secchio pieno d’acqua, una spugna e un asciugamano appeso al braccio. Quando finalmente appoggiò tutto a terra, guardò la sua opera soddisfatta.
“Bene,” annunciò con un sorriso Kate, rialzando lo sguardo sul colonnello. “Ora manchi solo tu.” Rick alzò un sopracciglio, nonostante la fasciatura alla testa gli impedisse buona parte di quel semplice movimento.
“Scusa?” replicò ironico.
“Hai detto che volevi lavarti, no?” rispose lei, indicando il secchio d’acqua. “Questa è l’unica soluzione che mi è venuta in mente per non muoverti troppo e per non bagnare il letto dove ti trovi. Se hai altre proposte, sono disposta ad ascoltarle.”
“Che c’entra il materasso?” domandò Castle, lanciando un’occhiata all’oggetto per terra vicino a lui. “Hai intenzione di mettermi sopra e poi lanciarmi l’acqua addosso?” Kate roteò gli occhi esasperata.
“Certo,” replicò sarcastica. “Perché non ho altro da fare che tentare di provocarti una polmonite!” Rick le lanciò un’occhiata curiosa e attese spiegazioni. “Non riesci a reggerti seduto, né in piedi, quindi devi restare sdraiato.” si spiegò la donna. “Avrei potuto portarti in bagno, ma la vasca è al piano di sopra e comunque sarebbe stato alquanto difficile lavarti una volta dentro. Quindi mi sono inventata una soluzione: ho preso il materasso del mio letto e l’ho portato qui. In questo modo tu dovrai solo scendere e sdraiarti di nuovo. Ti aiuterò a lavarti e poi potrai tornartene nel tuo letto. In questo modo si bagnerà al più il pavimento e…”
“E tu dove dormirai?” le chiese Castle stupito e con una lieve nota di trepidazione nella voce. Avrebbe tanto voluto che lei gli dicesse che avrebbe dormito con lui. Non osava sperarlo però. Inoltre non era esattamente nelle condizioni più adatte per tenere Kate con lui. Forse l’avrebbe solo infastidita nel sonno. Eppure avrebbe voluto tanto averla lì…
“Beh, hai un letto grande…” cominciò Beckett con gli occhi bassi, arrossendo e passando il peso da un piede all’altro a disagio. “Se entro stasera non si asciuga il mio materasso pensavo di… di poter dormire… con te.” sussurrò, mordendosi il labbro inferiore e osando lanciargli un’occhiata di sfuggita. Rick era a bocca aperta, gli occhi sgranati. Poi un sorriso enorme, incurante del dolore allo zigomo, gli si piazzò in faccia senza che riuscisse a contenerlo.
“Qui sei la benvenuta quando vuoi.” replicò con tono allegro. Kate, ancora rossa in volto, alzò gli occhi al cielo rassegnata, ma non disse niente. Anzi un piccolo sorriso le si formò sulle labbra, lasciando il povero colonnello incantato a guardarla.
“Allora, vogliamo iniziare?” domandò poi qualche momento dopo Beckett, spezzando il momento imbarazzante. Castle osservò per un momento il materasso a terra e gli altri arnesi, pensieroso. Quindi tornò a guardarla. Alla fine sospirò e annuì. “Ok.” continuò Kate, passandosi una mano tra i capelli. “Per prima allora cosa devi toglierti i vestiti.” A quelle parole, Rick drizzò le orecchie e alzò le sopracciglia, guardandola divertito.
“Questa parte già mi piace…” commentò con un ghigno, slacciandosi intanto il bottone dei pantaloni con la mano sana. “I tuoi quando li raggiungono?” Kate alzò di nuovo gli occhi al cielo, senza comunque riuscire a nascondere il fatto che fosse arrossita un’altra volta.
“Dove ti trovo qualcosa di pulito?” domandò invece, cercando il più possibile di tenere gli occhi bassi e lontani da lui. Non importava il fatto che tra poco lo avrebbe visto comunque quasi del tutto nudo per lavarlo.
“Secondo e terzo cassetto.” rispose Rick, indicandole con un cenno della testa la cassettiera poco lontano, cercando intanto, con qualche difficoltà per la posizione scomoda e i bendaggi che lo immobilizzavano, di aprirsi la zip e iniziare a togliersi i pantaloni. Kate andò a tirargli fuori un paio di mutande e di calzoni puliti, quindi li appoggiò con cura sul letto, lontano da dove lo avrebbe lavato per evitare di bagnare tutto. A quel punto tornò dal colonnello e lo aiutò a spogliarsi. Era già a torso nudo, quindi dovette assisterlo solo per i pantaloni. Rossa in volto, ma ancora decisa a non alzare lo sguardo, prese i lembi dei pantaloni, che Castle era riuscito a portare fino a mezza coscia, e li tirò delicatamente fino ai piedi, togliendo di mezzo anche le calze. Lui si schiarì la gola un po’ imbarazzato. Non era certo quello il modo con cui aveva pensato di farsi vedere nudo per la prima volta da Kate. Inoltre doversi fare aiutare a togliere i vestiti era una cosa che lo metteva a disagio, facendolo sentire debole o incapace di muoversi. Cosa che però, effettivamente, in buona parte era.
Quando Beckett poi lo aiutò ad alzarsi, solo in boxer, finalmente Castle poté vedere tutti i danni che la bomba gli aveva causato. Non sapeva esattamente come fosse messo sotto i bendaggi, visto che ne aveva solo sentito parlare a Kate e Lanie, ma il resto della sua pelle era coperto in gran parte da graffi e sporco, per lo più cenere e sangue. Esattamente l’odore che aveva sentito e che lo aveva nauseato.
Distolse gli occhi dal suo corpo e si concentrò sullo scendere dal letto per sdraiarsi nuovamente sul materasso a terra. Dopo giorni di immobilità, sentì ogni muscolo rigido e dolorante, aggiungendo altro male a quello che già sentiva. Quando appoggiò la testa al letto improvvisato, chiuse gli occhi sollevato e ringraziò il cielo che Kate avesse avuto quell’idea. Non ce l’avrebbe fatta a stare in piedi nella doccia o a salire al piano di sopra per farsi un bagno.
“Castle, ci sei?” chiese piano la donna, inginocchiandosi per terra di lato a lui e spostandogli dolcemente un ciuffo di capelli che aveva superato la benda sulla sua fronte. Lui riaprì gli occhi e annuì, la mascella ancora leggermente contratta. “Ascolta, Lanie mi ha avvertito di muoverti il meno possibile e di non bagnare assolutamente dove ha posizionato i cerotti. Però mi ha detto che posso rimuoverti parte delle bende per lavare intorno alle ferite. Il problema il realtà è solo la spalla perché la fasciatura che hai lì sostiene il peso del braccio. Se lo tolgo ti farà un male, ma se non lo faccio non riuscirò a lavarti nessuna parte al di sotto di questa. Cosa vuoi che faccia?”
“Toglile.” rispose sicuro Rick. Voleva levarsi quell’odore nauseabondo di dosso da ogni punto.
“Va bene, allora.” replicò Kate. “Quindi… ehm…” balbettò poi, all’improvviso rossa in volto. Fino a quel momento era riuscita a contenere l’imbarazzo, ma ora che doveva avere un vero contatto fisico con l’uomo, il disagio per la cosa era tornato a sorprenderla. “Da… da cosa vuoi cominciare? Torso o gambe?”
“Torso.” rispose Castle.
“Ok…” mormorò lei con un mezzo sospiro. Quindi si arrotolò le maniche della camicia che indossava fino al gomito e si preparò per l’operazione. Per prima cosa rimosse molto lentamente le bende dalla spalla di Rick, arrivando a scoprire il grande cerotto che Lanie aveva posizionato appena sotto la clavicola. Quindi prese il secchio e lo avvicinò a sé insieme alla spugna, lasciando l’asciugamano a portata di mano. Intinse la spugna nell’acqua, la spremette bene perché non bagnasse troppo e poi, con mano leggera, iniziò l’operazione di pulizia. Doveva avere aggiunto una piccola quantità di sapone perché Castle poté sentirne l’odore dolciastro che iniziava a mescolarsi con quello di fumo e sangue.
Kate partì dal braccio sano del colonnello. Lo pulì delicatamente, muovendosi all’insù fino ad arrivare alla spalla. Poi mosse piano la spugna sul suo collo e passò all’altra spalla. Con molta attenzione e pazienza, pulì tutta la zona intorno al cerotto, cercando di dargli il meno fastidio possibile, quindi scese sull’altro braccio. Una volta completato anche quello, tornò sul collo e discese lentamente lungo il suo petto, fino ad arrivare a bagnare lo stomaco e i fianchi appena sopra la linea dei boxer che indossava.
Beckett fece tutta l’operazione in completo silenzio, mentre Castle non poteva fare a meno di osservarla rapito. Lei sembrava estremamente concentrata, con la sottile rughetta tra le sopracciglia che la rendeva adorabile. Un lieve rossore continuava ad aleggiare sulle guance di Kate, ma pareva che fosse riuscita a mettere da parte l’imbarazzo per aiutarlo. Quando la donna raggiunse la parte bassa del suo stomaco però, Rick non riuscì a non trattenere il respiro per un momento, contraendo la mascella e la pancia, facendo arrossire di più la donna e mordere con forza il labbro inferiore.
“Scusa.” mormorò imbarazzata.
“Non scusarti.” borbottò in risposta Castle con voce leggermente roca, gli occhi chiusi nel tentativo di non impazzire per i suoi leggeri tocchi. “Mi sembra di non essere mai stato meglio.” aggiunse senza pensare. In effetti per qualche momento il dolore era quasi come svanito. I passaggi di Beckett sulla sua pelle erano molto lievi e rilassanti, tanto da riuscire a distrarlo dalle sue ferite per concentrarlo su pensieri ben poco casti e puri che riguardavano loro due. Viste le sue condizioni forse avrebbe dovuto evitare, ma non riusciva a togliersi quelle fantasie dalla testa. Non con lei così vicina che gli lavava il corpo e con lui quasi nudo.
“Rick, è una fortuna che tu non ti sia rotto niente e soprattutto che tu non sia morto.” replicò Kate con tono basso e triste, finendo di passare la spugna sui suoi fianchi, cercando di pulire con delicatezza una macchia di sangue che nascondeva un taglio superficiale. Castle riaprì gli occhi e la guardò. Pareva assorta nel suo lavoro, ma allo stesso tempo con i pensieri anni luce da lui.
“Ehi…” la richiamò, posando la mano sana sulla sua, fermando il lento movimento della spugna e facendola voltare verso di lui. Kate aveva gli occhi lucidi.
“Saresti potuto morire…” sussurrò piano. Rick scosse la testa.
“Mai.” dichiarò serio, stringendo appena la presa sulla mano di lei. Sentì l’acqua fuoriuscire dalla spugna e scivolargli lenta lungo il fianco e tra le dita. “Te l’ho già detto, non ti libererai così facilmente di me.” continuò con un tono più dolce e un mezzo sorriso. Beckett gli fece un piccolo sorriso di rimando, un poco più tranquilla. Quindi si abbassò su di lui e gli lasciò un bacio sulle labbra. “Ti ho sentita, sai?” mormorò poi Castle quando lei si scostò. “Ti ho sentita mentre mi chiamavi.” Kate sgranò gli occhi. “Non hai idea di quanto avrei voluto risponderti. Tutto quello che riuscivo a percepire era la tua voce che mi chiedeva di restare con te.” Le sorrise dolcemente. “Non ho fatto altro che seguirla e sono tornato da te. Finché mi chiederai di rimanere al tuo fianco, non ci sarà niente in grado di tenermi lontano. Nemmeno questa guerra. Potrà cercare di dividerci in tutti i modi che vuole, ma io resterò al mio posto, accanto a te. Sempre.” La mano di Kate di strinse ancora di più sulla spugna, facendo scivolare un’altra quantità d’acqua fresca e sapone lungo il suo fianco. La donna aveva la bocca semiaperta e gli occhi di nuovo lucidi. Poi sbatté le palpebre e ricacciò indietro le lacrime, tirando su con il naso.
“Smettila di dire queste cose.” borbottò, fissando le loro mani intrecciate, rossa in volto. “Non so come risponderti e non posso neanche farlo fisicamente al momento.” Stavolta fu il colonnello a sgranare gli occhi.
“Cavolo!” mugugnò. “Avrei dovuto tenermi questo discorso per quando mi sarei rimesso!” Kate rise a quel lamento e scosse la testa insieme come rassegnata. Quindi diede un colpetto alla mano di Rick sopra la sua per farla spostare e concluse del tutto la parte superiore del suo corpo. Prima di passare alla zona inferiore, asciugò con cura la sua pelle in modo da non fargli prendere freddo e rifasciò la spalla. A quel punto spostò il secchio di lato alle sue gambe e iniziò a lavarlo dai piedi, risalendo lentamente. Nei punti in cui i pantaloni del colonnello si erano squarciati, il sangue e la polvere erano mischiati in maniera più consistente. La sua pelle chiara era quasi del tutto coperta da quel miscuglio rosso scuro, a tratti nerastro. Beckett però non si azzardò a raschiare con più forza con la spugna. Aveva notato infatti diversi segni di tagli e graffi e una lieve bruciatura poco sopra la caviglia. Di nuovo tolse le bende che gli medicavano la lacerazione sopra il ginocchio sinistro e gli lavò il sangue in eccesso prima di rifasciarlo, stando ancora una volta attenta a non bagnare il cerotto centrale. Con pazienza, ripulì ogni centimetro della sua pelle fino alle cosce. Quando arrivò al bordo dei suoi boxer però, la donna si bloccò per un momento.
Rick, che per tutto il tempo aveva tenuto gli occhi chiusi, godendosi quelle particolari carezze, li riaprì e la guardò perplesso. Poi capì perché si era fermata. Kate stava osservando i suoi boxer con una occhiata strana. Lo sguardo di Castle divenne curioso e, doveva ammetterlo, un po’ divertito. Lui non si imbarazzava a farsi vedere nudo (o meglio il fatto che fosse lei a dir la verità un po’ lo agitava), ma voleva capire quanto sarebbe andata avanti lei prima di dichiararsi sconfitta dall’imbarazzo. Beckett era di nuovo completamente rossa in volto e sembrava non volersi decidere a muovere. Poi prese un respiro profondo, chiudendo per un attimo gli occhi, e alzò leggermente il bordo del pantaloncino per lavarlo. Finché furono pochi centimetri andò tutto bene. Nel sentirla così vicina alle sue parti basse però, Rick si tese involontariamente. Kate percepì subito quel cambiamento e in un attimo ritrasse le mani.
“No, ok.” sbottò. “Più di così non riesco ad andare.” Castle cercò di reprimere un sorriso per l’imbarazzo di lei.
“Sai che tra un po’ mi vedrai comunque in nudo integrale, vero?” domandò divertito, non riuscendo a trattenersi. “Insomma, quando faremo sesso non saremo certo vestiti!” Kate gli lanciò un’occhiata omicida, più rossa che mai.
“Taci, o l’unico nudo integrale che vedrai sarà il tuo.” replicò seccata. Quindi borbottò qualcosa sul ‘fare sesso’.
“Uhm, no, hai ragione, più che sesso noi faremmo l’amore.” commentò Castle, come se lei effettivamente gli avesse detto qualcosa.
“Ancora parli??” ribatté Kate. “Ti avverto che se pensi davvero di sposarmi, al momento stai rischiando mesi in bianco!” Rick alzò una mano in segno di resa e poi fece il gesto di sigillarsi la bocca. Beckett gli osservò il corpo per un momento, pensierosa, evitando però accuratamente di guardare, anche per sbaglio, la zona dei suoi boxer. Alla fine sospirò. “Se ti aiutassi a metterti seduto,” iniziò. “Tu poi saresti in grado di lavarti il… insomma, lì sotto!” si spiegò sbuffando. “Ce la faresti?”
“Penso di sì.” replicò Castle. “Ma avrei comunque problemi a cambiarmi le mutande.” Beckett fece una smorfia. “Però se mi dai un paio di forbici e mi aiuti a mettere per un tratto le altre, forse riesco anche da solo.” Lei lo guardò perplessa.
“Che ci devi fare con le forbici??” esclamò con tono un po’ preoccupato.
“Tranquilla, non ho intenzione di amputarmi nessuna parte importante là sotto!” rispose Rick ghignando. Lei lo fulminò con lo sguardo. “Però tanto questi boxer sono da buttare.” spiegò poi il colonnello, indicandoli. In effetti erano rovinati e un po’ strappati a causa dell’esplosione (soprattutto sul posteriore, come Kate aveva ben notato mentre lo aiutava a scendere dal letto). “Quindi se mi aiuti a infilare per le gambe gli altri, io dopo taglio questi, mi lavo, asciugo e finisco di indossare i nuovi.” Beckett era ancora dubbiosa sulla cosa, ma, non avendo altre alternative, acconsentì al suo piano. Si alzò e andò a recuperare un paio di forbici dalla cucina. Gliele lasciò accanto, quindi prese i boxer puliti del colonnello e lo aiutò a infilarli fino a sopra il ginocchio. A quel punto lo aiutò a mettersi seduto sul materasso, approfittandone per fare una passata veloce di spugna sulla sua schiena. Poi Kate si girò, voltandogli le spalle e appoggiandosi a lui in modo che fossero schiena contro schiena. In quel modo sarebbe stata lì in caso Castle avesse avuto problemi, l’avrebbe sorretto e allo stesso tempo non avrebbe spiato niente di quello che lui avrebbe lavato.
Rick tagliò i boxer ormai rovinati e con il braccio sano prese la spugna che Kate gli aveva lasciato accanto. Prima di immergerla nella bacinella si bloccò per un momento. Lo aveva appena colpito il pensiero che era completamente nudo e appoggiato a lei. Si morse l’interno della guancia e prese un respiro profondo, infilando poi la spugna nell’acqua.
“Tutto bene?” gli chiese Beckett, sentendo la sua tensione sulla schiena.
“Sì, sì, a posto.” replicò, cercando di non far trasparire il disappunto per le bende che aveva indosso e per la sua momentanea debolezza. Appena mi sarò ripreso… pensò con un sospiro. Lavò velocemente l’inguine e si asciugò, quindi, con attenzione e inarcandosi un poco contro Kate, riuscì a far scivolare al loro posto i boxer puliti. “Fatto.” dichiarò alla fine con tono affaticato. Non aveva fatto molto, ma il sangue che aveva perso, il dolore e l’effetto rilassante di quel bagno improvvisato lo avevano davvero stancato.
Beckett si scostò da lui piano, in modo che non crollasse all’improvviso, e lo aiutò a riadagiarsi sul materasso. Quindi gli diede una mano a infilarsi il paio di pantaloni comodi che aveva tirato fuori in precedenza insieme ai boxer.
“Vuoi fare anche i capelli?” chiese poi lei, passandogli delicatamente una mano tra questi. Erano piuttosto polverosi.
“Mi faresti un gran favore.” mormorò il colonnello. La donna quindi lo aiutò a scivolare un po’ indietro in modo che la testa sporgesse dal materasso. Per fortuna il secchio dove aveva preso l’acqua era piuttosto basso, quindi le bastò spingerlo sotto il capo di Rick per essere certa di non bagnare ulteriormente in giro. A quel punto gli tolse la benda che gli fasciava la testa e iniziò a sciacquargli i capelli con le mani. Ancora una volta si mosse piano e con attenzione per evitare di bagnare il taglio dietro il capo di Castle. Lui per tutto il tempo tenne gli occhi chiusi e si lasciò coccolare da lei e dai suoi gesti lenti.
“Non fermarti…” mugugnò quando non sentì più le sue dita delicate massaggiargli la testa. Kate ridacchiò al suo tono lamentoso e insieme desideroso. Pareva proprio un bambino. Rick riaprì gli occhi e la vide, sottosopra, asciugarsi le mani sull’asciugamano, un piccolo sorriso divertito in volto. Lui mise il broncio, sperando forse di muoverla a compassione per ricevere ancora un po’ di attenzioni. Al contrario però, non fece altro che far ridere Beckett di più.
“E’ ora di concludere il bagno e tornare a letto, bambinone.” lo prese in giro lei dolcemente, avvicinandosi poi per lasciargli un bacio sottosopra sulle labbra imbronciate prima di alzarsi e recuperare l’asciugamano. Rick sospirò e si lasciò asciugare docilmente la testa.
“Sai, non mi spiacciono per nulla tutte queste coccole.” commentò Castle da sotto l’asciugamano.
“Non ti ci abituare.” replicò lei divertita.
“Perché no??” esclamò subito il colonnello. Kate alzò gli occhi al cielo, rassegnata.
Concluse di asciugarlo, quindi gli rimise la benda intorno alla testa. A quel punto lo aiutò a scendere un poco di nuovo sul materasso, così che la testa non gli penzolasse fuori, e iniziò a rimettere a posto le cose sparse a terra. Lasciò le forbici in cucina, buttò i boxer distrutti nel cestito, chiuse il secchio nello sgabuzzino e riportò la spugna e l’asciugamano in bagno. Quando tornò da Castle, lo trovò in dormiveglia con gli occhi socchiusi e il respiro pensante.
“Non addormentarti ora, Castle.” lo svegliò piano. “Devi tornare sul tuo letto, ricordi?”
“Non posso stare qui?” borbottò lui in risposta.
“No.” replicò Kate. Quindi, con un po’ di fatica, lo aiutò ad alzarsi dal materasso a terra per rimettersi a letto. Quando Castle riappoggiò la testa sul cuscino aveva una smorfia di dolore in volto. Però, senza più lo sporco addosso, si sentiva in qualche modo più leggero. Gli faceva sempre tutto male, ma pareva che le attenzioni di Beckett lo avessero rilassato abbastanza da sentire meno il dolore. Nel giro di qualche minuto le ferite però smisero di pulsare per lo sforzo e lui si addormentò di botto.
 
Kate lo svegliò di nuovo per pranzare qualche ora più tardi e a quel punto Rick capì di sentirsi meglio. Aveva ancora dolore ovviamente, ma pareva leggermente smorzato rispetto a prima. Inoltre un altro sintomo del suo miglioramento era il fatto che gli fosse tornato appetito. Talmente concentrato sul resto, notò solo in un secondo momento che il materasso a terra era sparito. Chiedendo spiegazioni alla donna e sentendo che lo aveva riportato al piano di sopra per lasciarlo ad asciugare nella vasca da bagno, la rimproverò per aver fatto quello sforzo senza aiuto.
Il resto della giornata passò piuttosto pigramente. Kate aveva preso un libro e si era messa a leggere sulla sedia accanto al letto mentre Rick dormicchiava. L’unica nota rilevante fu la comparsa del generale Zimmermann, venuto a trovare il colonnello per sincerarsi della sua salute e per fargli gli auguri di pronta guarigione. Si disse stupito ma insieme felice che Castle avesse avuto la forza di tornare al suo appartamento invece che restare dai Ryan, dove era andato a cercarlo, perché voleva dire che si stava già riprendendo. Rick non voleva certo spiegargli il perché della sua scelta, così gli lasciò credere che fosse meno acciaccato di quanto fosse in realtà.
Verso sera, Kevin chiamò per sapere se andava tutto bene o se avessero bisogno di una mano. Kate lo rassicurò e aggiornò poi Lanie sulle condizioni del suo paziente. Quindi Castle e Beckett cenarono presto, lui sempre aiutato, e alla fine venne il momento tanto temuto, ma allo stesso tempo desiderato, da entrambi: dormire insieme nello stesso letto. Non che non l’avessero già fatto, ma in quel momento era diverso. Per prima cosa non avevano più pesanti segreti e poi stavano praticamente insieme. Cavolo, avevano parlato di fare sesso, o l’amore, e Rick le aveva pure detto che l’avrebbe sposata!
“Sicuro che vuoi che resti?” domandò Kate preoccupata. Si era già cambiata con una vestaglia più comoda per dormire che le arrivava a mezza gamba. Gli occhi di Rick faticavano a spostarsi da lei. “Non vorrei farti male…”
“Kate, il tuo materasso è ancora bagnato.” replicò il colonnello con un sospiro esasperato. “Quindi allunga quelle tue belle gambe fino qui e sali sul letto!” Beckett alzò un sopracciglio alle sue parole, ma non disse nulla. Quindi si morse il labbro inferiore e coprì gli ultimi passi fino al materasso, salendoci poi sopra facendo attenzione a non muoverlo troppo. Rick aveva già scostato le coperte dalla sua parte di letto, quindi lei si infilò direttamente sotto di esse. “Perché stai così lontana?” chiese poi Castle confuso e un po’ dispiaciuto quando la vide raggomitolarsi distante da lui, quasi al limite del materasso. Kate sbuffò.
“Te l’ho già detto.” rispose. “Ho paura di farti male.” Fu il turno di Rick sbuffare.
“Non dire sciocchezze.” ribatté lui, allungando la mano del braccio sano verso di lei. “Nel caso puoi essere la mia medicina, ma di certo non il mio male!” aggiunse con un sorriso. Beckett lo osservò per un momento, incerta, ma alla fine cedette. Con un sospiro, gli prese la mano e si avvicinò a lui. Il colonnello non perse tempo ad ravvicinarla quanto più poté a sé, tanto che alla fine Kate si ritrovò quasi completamente attaccata al fianco di lui.
“Castle…” lo richiamò lei con tono di avvertimento. All’inizio rimase un po’ rigida contro di lui, imbarazzata, ma poi si rilassò quasi subito.
“Cosa?” replicò lui con la sua miglior faccia da cucciolo innocente. “Siamo a dicembre e fa freddo. Non vorrei che ti ammalassi a causa mia perché non stai abbastanza al caldo.”
“Lo sai che casa tua è perfettamente riscaldata e che tu sei a petto nudo?” replicò lei con un sopracciglio alzato, appoggiandosi però intanto con la testa alla sua spalla sana. Rick non poté trattenere un ghigno, anche se questo gli tirò il taglio sulla faccia.
“Tecnicamente io ho il bendaggio quindi non sono propriamente a petto nudo.” rispose divertito, passandole il braccio sano attorno alla vita e stringendola a sé. “Ma se è come dici, che sono a petto nudo, allora potrei essere io quello che prenderà freddo. E a quel punto se io mi ammalerò sarà solo colpa tua!”
“Non me la darai vinta, vero?” borbottò lei sulla sua spalla. Il tono voleva essere seccato, ma lui poté ben sentire il sorriso nascosto dalle sue parole.
“Non quando si tratta di poterti tenere abbracciata a me.” dichiarò Rick con tono più dolce, allungando appena il collo per lasciarle un bacio sul capo. In risposta, Kate alzò la testa e gli lasciò un bacio sul collo, facendolo rabbrividire leggermente.
“Buonanotte Castle.” disse infine lei in un sussurro assonnato, accoccolandosi il più vicino possibile a lui. Il respiro di Kate gli solleticava il petto. Rick strinse la presa sulla vita della donna e chiuse gli occhi, aspirando il suo profumo e beandosi del calore del corpo di lei così vicino al suo.
“Buonanotte Kate.” replicò piano con un sorriso stampato sulle labbra.

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Xiao! :D
Allora ehm... mi perdonate almeno un poco? *fa occhioni* (Se qualcuno notasse che il mio livello di richiesta di perdono cresce linermente insieme alla dolciosità del capitolo, faccia finta di niente... XD) Va beh, in ogni caso spero vi sia piaciuto! :) Il "bagno" ammetto che all'inizio non volevo metterlo perché comunque non ero la prima a scriverne, ma poi qualcuno *cough*Katia*cough* mi ha tipo puntato un fucile addosso, chiedendomi poi gentilmente di scriverla XD
Ok, basta sparisco! XD Spero di continuare a scrivere presto, ma purtroppo appunto al momento sono ancora un po' presa dall'uni...
A presto! :)
Lanie
  
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