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Autore: Oceans_216    12/07/2014    2 recensioni
Kurtbastian AU
Io sono il numero quattro.
Non ho un vero nome né una vera identità, ma solo un numero di identificazione, e questo è il quattro.
Io e i miei otto fratelli non siamo umani, ma proveniamo da un pianeta di nome Lorien, troppo lontano per poter quantificare gli anni luce che lo dividono dalla Terra.
Ognuno di noi ha una collanina con un ciondolo a forma di ottaedro ma differiscono l'uno dall'altro per la decorazione sopra esso impressa. Se riunite, le nove collanine forniscono il potere assoluto a chi le indossa, rendendolo l'imperatore di tutto l'universo.
La nostra era una popolazione pacifica che, anche se in possesso di cotale potere, non lo utilizzava per scopi malvagi, ma lo custodiva.
Ma non tutti sono come noi: un'altra popolazione, i Mogadorian, bramava il nostro potere e ci attaccò.
I nostri genitori, re e regina di Lorien, ci affidarono una collanina ciascuno ed un numero, proteggendoci con un incantesimo: potevamo morire, sì, ma solo nella giusta sequenza.
[...]
Ero il prossimo.
Genere: Avventura, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Kurt Hummel, Sebastian Smythe
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Buon pomeriggio :)
Finalmente riesco ad aggiornare! Avrei voluto farlo prima ma io e la Chiara, la mia fedele beta, abbiamo avuto dei problemi a scambiarci i file e a discutere di alcuni dettagli.
Anyway, here I am!
Vorrei ringraziare tutti coloro che hanno letto ma in particolare:
- itsNichole, enialk, Anna_Vik, IAmAKlainer e Terminator_boom che hanno recensito;
-carpediem91Faanboy___, IAmAKlainer, itsNichole, Terminator_boom e xxzioVoldy che hanno aggiunto la storia tra le preferite;
-Anna_Vik, Tallutina e Terminator_boom che hanno aggiunto la storia tra le ricordate;
-Anna_1990, Anna_Vik, Deirdre Willowfrost, enialk, marghevale123, Noiz, Pikkola Rin, RachelElizabethHolmes, Saranghae7, sery_as, Terminator_boom, _Breakable che hanno aggiunto la storia tra le seguite.
WOW, davvero, WOW! 5 recensioni, 6 preferite, 3 ricordate e 12 seguite solo al primo capitolo... grazie a tutti, davvero <3

P.s. Se ve lo steste chiedendo, la pazza Terminator_boom è la mia socia Chiara ahahahah grazie del sostegno Claire! :* e per il betaggio, of course ;)
 

 LOSE CONTROL
Solitudine

 

Quattro giorni in quella che Sebastian aveva soprannominato Alcatraz 2.0 e già non ne poteva più.

Lui era un tipo da feste, da amici, da popolarità.

Non un 'Mr. Invisibile', ma si stava seriamente impegnando ad esserlo.

Si era ripromesso di sedersi in uno degli ultimi banchi, di socializzare il minimo indispensabile e di non eccellere con i voti. Insomma, non un mister popolarità come era stato in Florida.

Ma poteva accettarlo: se quelle erano le condizioni per poter frequentare la scuola e avere un minimo di relazioni sociali, lui le avrebbe rispettate.

Magari avrebbe potuto flirtare un po' con quel castano dagli occhi chiari e il sedere da urlo che aveva incontrato l’altra mattina; giusto per non perdere la mano.

Sapeva che niente si sarebbe concretizzato, perché il bene e la salvezza di Lorien venivano prima di tutto.

E anche se Lorien e i suoi abitanti non esistevano più, la sua collanina li rappresentava: proteggere essa era proteggere Lorien stessa.

Perciò Sebastian avrebbe svolto il suo compito, senza interferenze né distrazioni eccessive.

Gli dispiaceva per quel Kurt, ma lui era off-limits quell'anno... o per molti degli anni seguenti...

Non ci voleva pensare, né doveva farlo.

Finalmente arrivò l'ora del pranzo: stava morendo di fame.

Aveva un corpo che sembrava umano, sì, ma in realtà c'erano delle differenze tra lui e gli uomini della Terra: lui era più veloce, più forte, più resistente. Poteva resistere anche cinque giorni senza cibo né acqua, poiché essendo un guerriero gli era stato insegnato, fin da piccolo, ad adeguarsi ad ogni situazione, brutta o terribile che fosse.

Anche se non aveva più ricordi di quel periodo della sua vita, il suo corpo aveva mantenuto i progressi fatti.

Tale resistenza era però data dal fatto che facesse dieci pasti al giorno nei periodi pacifici, cioè mangiava circa tre volte un umano normale. Vivendo sulla terra però, si era dovuto abituare alle loro 'usanze', così i dieci pasti quotidiani erano diventati tre, seppure molto più abbondanti del normale.

Molto spesso i suoi amici gli avevano chiesto come potesse avere così tanta fame (lo chiamavano 'Daniel il pozzo senza fondo') e non ingrassare, ma lui rispondeva semplicemente che era così di costituzione e che ogni tanto si allenava; cacchiate. Si allenava ogni giorno minimo quattro ore e non erano corsette intorno al quartiere, ma allenamenti secondo il regime di Lorien. Una tortura, in sostanza, ma che aveva reso Sebastian quello che era e lui non poteva che esserne grato.

Perciò, sfoggiando il suo sorriso migliore, chiese alla signora della mensa due porzioni di tutto. La donna, seppur scocciata, sembrò non riuscire a resistere al sorriso del ragazzo e gliele diede.

Non fallisco mai, si disse Sebastian.

Volse poi lo sguardo verso i tavoli e, non vedendone nessuno vuoto, decise di uscire fuori e mangiare sulle scalinate del campo da football.

Stava per l’appunto arrivando là, quando cambiò direzione e girò a sinistra.

Non sapeva perché, ma sentiva di dover andare a sinistra. In realtà non si stava nemmeno chiedendo il motivo, aveva semplicemente cambiato direzione.

Non sapeva dove stesse andando, ma Sebastian continuava tranquillamente a camminare con il suo vassoio tra le mani e non si fermò finché non arrivò nel bosco dietro la scuola: non era molto ampio né particolarmente bello, ma era esattamente quello che il ragazzo stava cercando.

Un posto silenzioso e vuoto.

Un rumore, seppur impercettibile, lo fece fermare di scatto.

C’era qualcuno poco lontano da lui, riusciva a sentirlo respirare… Spinto una seconda volta dall’istinto, seguì la scia che gli forniva il rumore ed arrivò dalla persona nel bosco.

“Oh, non ci credo! Mi hai seguito?” rise Kurt, appoggiando la schiena al tronco dell’albero sotto cui era seduto.

“In realtà stavo solo dando un’occhiata in giro per trovare un posto dove poter mangiare tranquillamente” sorrise Sebastian, seducente.

“Ah-ah, e quindi mio caro Dasebastian, sei giunto proprio qua! Ma che bella coincidenza”

“Pensi che io sia arrivato fin qua solo per stare con te? Non ti sembri un po’ presuntuoso?”

“Farò finta di crederci. Vuoi pranzare con me?” gli chiese Kurt, gentilmente, prendendo in mano la sua forchetta e guardandolo.

Quando i loro sguardi si incrociarono, qualcosa dentro Sebastian si mosse e non poté che accettare, sedendosi davanti a lui, rilassato.

“Oh cielo, ma quante cose hai preso?” disse Kurt, sgranando gli occhi osservando il suo vassoio.

“Avevo fame e ho preso del cibo, semplice” alzò le spalle, cominciando a mangiare.

“…quel pasto mi basterebbe per almeno due giorni! Mangi sempre così tanto?” si interessò Kurt.

“Oh, dolcezza, posso mangiarne anche il doppio se ho molta fame”

“E come fai ad essere così magro?” lo guardò sospettoso l’altro.

“Sono così di costituzione e beh, l’allenamento aiuta” rispose semplicemente.

“Mh, sarà... ma dimmi qualcosa di te, Sebastian. Da dove vieni? Quanti anni hai?” sorrise Kurt, mangiando la sua insalata.

“Posso chiederti perché ti interessa tanto, dolcezza?” chiese maliziosamente l’altro.

“Pura curiosità. Siamo a Lima, vivo con le stesse persone da tutta la vita. Una faccia nuova è una grande novità qua da noi”

“Vengo da Santa Fe, New Mexico, ho diciotto anni e frequento l’ultimo anno. Tu?”

“Anche io ho diciotto anni e anche io faccio l’ultimo anno ma per mia grande sfortuna ho sempre vissuto qui” storse il naso Hummel, cercando di nascondere un sorriso triste.

“Capisco… che schifezza. Anche se ti posso assicurare che passare da là a qua è traumatizzante”

“Non fatico ad immaginarlo, Dasebastian” scherzò Kurt, mettendosi una mano davanti alla bocca, ridendo.

“E dai, smettila!” mise il broncio Sebastian, incrociando le braccia.

“Ohhhh il povero Dasebastian è triste” fece una finta espressione addolcita Kurt, continuando a ridere.

“Gne gne. Ora capisco perché non hai amici” rispose, sporgendosi verso di lui e fermandosi a circa dieci centimetri dal suo viso.

“Ma io ho degli amici! Cosa ti fa credere che non ne abbia?” arrossì Kurt, allontanandosi.

“Mmmm forse il fatto che è solo il quarto giorno di scuola e ti sei nascosto per pranzare da solo?”

“Questo non vuol dire niente -disse frettoloso Kurt- e comunque sei tu quello che non conosce nessuno e che dovrebbe farsi dei nuovi amici, perciò perché non sei in mensa?”

“Non cerco nuovi amici, semplice” alzò le spalle Sebastian, tranquillo.

Scomodo in quella posizione, decise di stiracchiarsi, piegare le gambe sollevando le ginocchia e appoggiare il vassoio sull'erba.

“Ah sì? E perché sei qui, allora, con me?” sorrise Kurt, guardandolo intensamente.

“Solo perché camminando ci siamo incontrati. Ti ripeto di non montarti la testa. Siete tutti così presuntuosi a Lima?” chiese Sebastian, facendogli l'occhiolino.

“Ha parlato lui! Non sembri Mr. Purezza, sai? E direi che il tuo ego fa concorrenza al mio”

“Può darsi. Di certo in New Mexico non rimorchiamo così” sorrise maliziosamente.

“Perché ti sei trasferito? Se non sono troppo invadente, ovviamente” disse timidamente, finendo la sua insalata.

“No, figurati. Henri doveva spostarsi per lavoro e siamo venuti qua, niente di particolarmente sconcertante”

“E Henri sarebbe?...”

“Il mio tutore”

“Ah, e i tuoi genit-”

‘Whistle’ cominciò a risuonare dall’Iphone di Sebastian, interrompendo nuovamente la conversazione.

“Henri, stavo appunto pensando a te” disse, rispondendo al cellulare.

Sebastian. Tutto bene?

“Sì, tutto bene”

Nessun comportamento sospetto da parte di qualcuno?

“No”

Qualche segno dei Mogadoriani?

“No, signore”

Eccellente. E mi raccomando: non farti notare. Devi essere invisibile

In quel momento, Sebastian alzò gli occhi su Kurt, sorpreso.

Come diavolo era arrivato lì, vicino a lui?

Aveva promesso a se stesso di non interagire con lui… come era potuto succedere? Stavano pranzando insieme e lui nemmeno se ne era preoccupato.

Non era possibile, Sebastian seguiva sempre ciò che si imponeva di fare.

L’autocontrollo era la prima cosa che veniva insegnato ai giovani guerrieri di Lorien, poiché la ragione sconfigge sempre la forza bruta.

‘E’ con la furbizia che ci si salva, non con le armi’ è sempre stato il motto di Henri e Sebastian l’aveva sempre rispettato.

Quindi, che cosa era successo?

Un momento prima stava pensando di andare alle scalinate… e un momento dopo decideva di girare a sinistra.

Perché? Cosa l’aveva spinto fin lì?

Sebastian?

“Sì, scusa Henri. Ho capito, non preoccuparti”

Bene, ti aspetto a casa” chiuse la chiamata l’uomo.

Il ragazzo mise il cellulare in tasca e, velocemente, si alzò e raccolse il suo vassoio ancora pieno.

“Devo andare” disse, sbrigativo, per poi allontanarsi da Kurt che, sorpreso, gli urlò delle parole che Sebastian interpretò con un “Stai bene? E’ successo qualcosa?”, ma non se ne preoccupò.

Gettò il suo pasto nel primo bidone disponibile e poi semplicemente si sedette, incrociando le gambe.

“Okay, sono calmo –cominciò a sussurrare, prendendo respiri profondi- sono un guerriero e sono padrone delle mie emozioni. Esse non mi possono controllare, io controllo loro. Per me, per i miei fratelli e per Lorien”

Cominciò a pensare, a pensare e a pensare.

Si interrogò su tutto quello che era accaduto, eppure non riusciva in nessun modo a spiegarsi il motivo delle sue azioni…

Ma era sicuro di due cose: primo, Henri non sarebbe mai dovuto venire a conoscenza della sua perdita di razionalità di quel giorno; secondo, non sarebbe mai, mai più dovuto accadere.

Ciò che non sapeva, però, era se sarebbe riuscito a placare tutto quello.

Era come se il suo corpo e la sua anima per quella mezz'oretta che aveva passato con Kurt si fossero staccati dal resto del mondo come se nulla oltre a quello che stava accadendo avesse importanza.

Perché? Perché era successo? Perché non era riuscito a rimanere razionale?

Che c’entrasse il nuovo posto dove si trovava? Che c’entrassero le persone che lo circondavano in quella scuola? Che c’entrasse Kurt?

No, ancora una volta Sebastian si ripeté semplicemente che non era possibile…

Era stata una svista. Una svista che non si sarebbe più dovuta ripetere, punto e basta.

Poteva resistere alle tentazioni e alle passioni.

Doveva resistere.

Per Lorien.
 

 



“Finalmente sei a casa!” pronunciò la voce di Henri da un albero.

“Sei inquietante, lo sai?” alzò gli occhi Sebastian, continuando a camminare per il giardino.
“No, sono un genio della tecnologia! Le telecamere e i microfoni funzionano alla perfezione” disse la voce dell’uomo da un sasso.

“Sìsì, come vuoi” annuì Sebastian, entrando in casa e dirigendosi subito in cucina.
“Com’è andata?”

“Futto Fene” rispose il ragazzo mentre cercava di mandare giù un panino.

“Hai fame? Non hai mangiato?”

“No, c’era troppo casino in mensa”

“Mmmm tu che rinunci a mangiare? Non l’avrei mai detto”

“Ah, visto? Non hai sempre ragione, capitano”

“Parlando di cose serie! Sono riuscito a entrare nel sistema operativo della Florida e ho cancellato perfino i più insignificanti dettagli che avrebbero potuto ricondurre chiunque a noi. Ho cambiato la mia identità in Henri Smythe, senza cambiare il nome dato che per tutto il tempo in cui siamo stai là sarò uscito di casa al massimo cinque volte”

“Perfetto, almeno non dovrò chiamarti in nessun altro modo. Già è strano sentirsi chiamare Sebastian, figurarsi se ti dovessi chiamare Pierre

“Pierre? Uh, mi piace! Potremmo chiamare il cane Pierre”

“Tu non chiamerai il mio cane Pierre!” disse inorridito Sebastian.

“E allora come vorresti chiamarlo?”

Il ragazzo, pensieroso, fischiò per chiamare l’animale che in pochi secondi lo raggiunse.
“Cucciolo, come vuoi chiamarti?”

“Paul?”

“Henri, per favore! Lascia scegliere a me… Ce l’ho! Derek! Ti piace il nome Derek, cucciolo?”

Il cane in risposta gli leccò una guancia e Sebastian, felice, lo accarezzò.

“E va bene, che Derek sia” accettò sorridendo Henri, tornando nella sala dove aveva risposto tutti i computer.

Sebastian, con il cane tra le braccia, salì le scale e si sedette sul letto, vicino all’animale.

Cominciò a ripensare agli eventi di qualche ora prima e, con cautela, tirò fuori da sotto la maglietta la sua collanina.

Lorien è pace. Lorien è prosperità.

Lorien è giustizia. Noi tutti promettiamo di proteggerla sempre, a costo della nostra vita.

Ognuno dei nove pezzi è speciale e unico, ma insieme possono combinarsi e creare un potere. Creare un imperatore.

Promettiamo di proteggere questa collana che ora ci state dando come segno di fiducia e di non mettere mai la nostra sopravvivenza davanti a quella di Lorien, perché Lorien è la nostra casa.

Noi siamo Lorien.

Lorien è la nostra essenza.

 

Mentre Sebastian pronunciava quelle parole, la collanina si illuminò di luce viola.

Viola, il colore di Lorien.

Quella promessa era l’unico ricordo che aveva ed ogni volta che lo ripeteva, la collanina emetteva luce.

Alcune volte però si illuminava anche quando non lo faceva e Sebastian aveva sempre pensato che significasse che lo stava facendo un altro dei suoi fratelli. O almeno lo sperava, perché voleva dire che nessuno di loro si era dimenticato la promessa.

Che tutti stavano combattendo, che nessuno si stava arrendendo.

“Sai, Derek, penso davvero di aver bisogno di qualcuno con cui parlare. Sono solo. So che è il mio destino, ma tranne Henri, non ho mai avuto nessuno al mio fianco… non veramente. Ho dovuto abbandonare tutti quelli che consideravo amici, ma non ho mai permesso al mio cuore di affezionarsi a nessuno. Perché sono il numero quattro e la mia missione è proteggere questa collanina, non vivere felice e contento. Ma ci ho fatto l’abitudine ormai, sai? E poi adesso ho te. Penso che diventeremo grandi amici, Derek. Non sarò più solo, non dovrò più tenermi tutto dentro. Perché sono stanco. Stanco di allenarmi. Stanco di recitare. Stanco di scappare da un destino inevitabile. Alcune volte vorrei essere un ragazzo normale, vivere in una bella casa, avere un padre con cui parlare di auto e una madre che mi cucina i pancake la domenica mattina... e magari un fidanzato con cui andare al cinema. Ma questo non accadrà mai, perché io non sono un ragazzo normale. Io sono il numero quattro: questo è ciò che sono, questa è la mia missione e non posso fallire. Sono onorato di questo mio incarico che porterò a termine con tutte le mie forze” disse Sebastian, accarezzando dolcemente l’animale.

Non ci pensava mai, ma era vero.

Era solo.

Certo, aveva Henri ed aveva i suoi fratelli in giro per la Terra, ma era solo.

Fin da piccolo, la sua vita da ‘umano’ era girata attorno all’allenamento e alla preparazione per un eventuale attacco dei Mogadoriani.

Non aveva mai fatto veramente amicizia con nessun bambino o ragazzo della sua età e questo gli aveva permesso di sparire più facilmente, ma gli aveva anche impedito di essere realmente felice.

Come poteva essere felice una persona che viveva solo per allenarsi e combattere?

Quella non era una vera vita.

Non era normale.

Ma, infondo, Sebastian non era normale. Non era un umano.

Sebastian era un alieno ed era il numero quattro.

Quello era il suo destino e mai sarebbe potuto cambiare.

O forse sì.

Ma questo, ancora, lui non lo sapeva.


Nello stesso istante, un ragazzo dagli occhi color ghiaccio soffiò per spegnere una candelina con il numero diciotto sopra e, nella solitudine e nel silenzio di una casa vuota, cominciò ad intonare la canzone 'Tanti auguri', asciugandosi con una manica della felpa le scie bollenti delle lacrime amare che gli scorrevano sul viso.

 

  
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