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Autore: NamelessLiberty6Guns_    15/07/2014    8 recensioni
Suzuki Ryo, 46 anni, sposato ma senza figli. Dirigeva un’azienda molto grande per la sua età, era soddisfatto dunque del suo lavoro e aveva ancora molti progetti da realizzare. Come tutti aveva avuto un passato che però aveva deciso di rinchiudere in un cassetto remoto della sua mente. Quel strano giorno il suo passato era ritornato, con una lettera che aveva trovato nella posta personale quel mattino.
Genere: Drammatico, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Un po' tutti
Note: AU, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Una fiamma brillò nel buio, andando a bruciare una sigaretta, e facendo salire il fumo verso l’alto.
Takanori prese una pesante boccata di fumo, lasciandolo uscire con calma.
Lui e Ryo si erano messi fuori dal garage di casa, perché Takanori si godesse la sua sigaretta. Il silenzio regnò per pochi istanti. 

“Mi sei mancato.” mormorò appena Ryo, con un leggero batticuore.

“Anche tu, Ryo. Anche tu.” rispose Takanori dolcemente. “Non vedo l’ora di poter parlare con te, raccontarti tutto.” e gli rivolse un tenero sorriso.

“Inizia, allora.” esortò dolcemente Ryo, sorridendo a sua volta.

“No, Ryo. Abbiamo tutta la notte. Lasciami creare il discorso.” 

Ryo annuì, e lasciò che Takanori finisse la sigaretta.
Sentiva il cuore battergli all’impazzata, non sapeva come poterlo frenare. Entrarono dunque in casa, sedendosi sul comodo divano.

Rimasero un attimo in silenzio, poi Ryo disse: “Parlami, Taka. Ho bisogno di sapere tutto quello che prima non hai raccontato.” 

“Sì, Ryo. Ora ti dirò tutto.” Takanori prese un profondo respiro, cercando anche lui di rallentare i battiti cardiaci. “Sai, il giorno in cui ci siamo lasciati ti ho detto una bugia.” iniziò.

“Cioè?” chiese Ryo.

“Non era vero che non ero felice. Io sono sempre stato felice al tuo fianco. Io non avevo mai conosciuto il dolore, accanto a te. Sto ancora cercando di capire perché ti diedi quella risposta, e ogni volta mi dico che, forse, volevo a tutti i costi sapere se là fuori potevo essere felice.” Rifletté un attimo prima di continuare. “Andai ad abitare da lui, quel Matsuhiro. Sembrava andasse tutto bene, sai. Stavo iniziando a convincermi che là fuori le cose erano davvero cambiate. Ma poi… Come quasi tutti nella mia vita, mi fece del male. Molto male.”

Ryo rabbrividì.

“Quella notte diventai grande. Capii di essere diventato adulto quando sentii le tue parole risuonare nella mia mente. Un giorno mi dicesti che dovevo imparare a mettere la mia felicità prima di tutto… E così, mentre lui dormiva profondamente, raccattai le mie così e me ne andai a Kanagawa per qualche settimana. Avevo pochissimi soldi, avevo un peccato da espiare, il peccato di aver sbagliato ogni cosa quella maledetta sera. Prima di allora, non avevo compreso appieno ciò che tu volevi dirmi. Infatti lo usai per realizzare quel maledetto desiderio. Ma tu avevi voluto darmi tutt’altro insegnamento: il diritto di scappare quando stavo male, quando le persone mi ferivano. E così, ogni volta che qualche piccola storiella andava male, me ne andavo sempre. Era quello che mi avevi insegnato. Ogni posto dove andavo mi ricordava qualcosa di te, per un motivo o per l’altro. Una delle città che mi ha parlato di più è stata Kyoto. Così piena di vita, nasconde in sé piccole meraviglie, proprio come te. Ho amato Kyoto con tutta l’anima, ma anche da lì sono dovuto fuggire.” disse guardando un punto lontano oltre il muro di fronte a lui.

“Quante storie hai avuto, Taka?” chiese Ryo, freddamente.

“Poche, tre o quattro. Tutte di brevissima durata. Ciò ha fatto maturare in me la certezza che non posso stare con nessun altro che non sia tu. Più diventavo vecchio e più sentivo la tua giornaliera presenza. Ti vedevo in ogni persona, sapevo che eri con me anche nei momenti più bui. Mi mancavi da impazzire, e non avevo mai la forza di ritornare a Tokyo a chiederti scusa, mai. Non ho mai smesso di scrivere canzoni, sai?” disse, traendo da una tasca dei foglietti piegati e aprendoli uno ad uno per trovare quello di cui aveva bisogno.
Finalmente lo trovò, e lo porse a Ryo. “Questa è una delle più importanti.” disse, con un piccolo sorriso.

Ryo lesse. 

“A volte vorrei avere una macchina del tempo.

Vorrei tornare indietro e cambiare metà della mia vita.

Mi accendo un’altra sigaretta e scappo via da un altro posto.

Sempre in fuga, sempre in viaggio.

E’ il destino di chi sbaglia, come me.”

 

Ryo rimase di stucco, interrompendo la lettura. “Non ci crederai mai ma… Questa me l’avevi fatta leggere in sogno.” Ora che quelle parole erano impresse sul foglio che reggeva in mano, sembravano ancora più veritiere e reali.

“Scherzi?” chiese Takanori incredulo.

“Assolutamente no. Me la ricordo perfettamente.” disse Ryo sorridendo.

Rimasero un attimo in silenzio, nessuno dei due ci credeva veramente. 

“L’ho scritta pochi mesi fa, quando ancora abitavo a Yonago, e l’unica cosa che volevo era tornare a Tokyo, da voi… E’ strano,” disse gettando un malinconico sguardo fuori dalla finestra, “ero convinto che voi quattro sareste rimasti vicinissimi ed era principalmente per questo che non volevo tornare. Sentivo che dopo quello che avevo fatto il vostro perdono non sarebbe mai arrivato. Invece ecco che scopro che vi siete separati…” e sospirò appena. 

“Taka… Ti prego, dimmi perché l’hai fatto.” sospirò Ryo, passandosi una mano sul volto.

“Te l’ho detto Ryo, volevo sapere se ero finalmente in grado di cavarmela da solo. Sono stato un coglione, me lo sono ripetuto mille volte. Non posso avere un diverso nome.” e dicendo questo gli rivolse un lungo sguardo.

“No, Taka. Non voglio sentire mai più quella parola riferita a te, così come non ho mai accettato ‘puttanella’, chiaro?”  disse leggermente inferocito.

Takanori annuì.

“Ha ragione Yuu, alla fine. Lo stupido sono stato io, a prendere quelle decisioni così frettolose invece di aspettarti. E’ stato il pensiero di te accanto ad una persona che non ero io a farmi impazzire così.”

“In realtà sono più d’accordo sul fatto che ognuno di noi ha le sue colpe.” disse Takanori avvicinandosi impercettibilmente a Ryo. 

“Oh, mi sono ricordato di una cosa.” disse Ryo illuminandosi. “Poco tempo fa Yuu mi chiamò dicendomi che aveva ricevuto due telefonate misteriose…”

Takanori ridacchiò. “Ah, ero io.”

“Davvero? E come…”

“Ero a Yonago, in stazione, e era uno di quei giorni in cui ero convinto che sarei tornato a Tokyo senza alcun dubbio. Così ero entrato in un piccolo bar che aveva ancora i telefoni pubblici, e vi era addirittura l’elenco. Volevo solamente provare ad avvertire Yuu del mio arrivo. Così presi il cellulare ed uscii, digitai il numero ma il coraggio mi venne ovviamente a mancare. Ritentai la seconda volta ma l’arrivo di quel treno mi interruppe. Da lì a pochi giorni decisi di andare a Nagoya.” 

Ryo era incredulo, sentendo tutti quei misteriosi avvenimenti venire finalmente spiegati da lui, da Takanori. “E perché non chiamasti me?”

“Ryo…” disse Takanori scuotendo appena la testa. “Come puoi solamente pensare una cosa del genere? Ero sicuro che non mi avresti mai rivoluto avere accanto a te. Sei il motivo principale per cui ho peregrinato tutti questi anni senza mai avere il coraggio di affrontarvi. Con che faccia avrei potuto chiamare te?” concluse guardandolo negli occhi. 

Ryo si lasciò sfuggire un innocente sorriso. “Saranno passati gli anni, ma i tuoi occhi sono ancora bellissimi…” confidò sottovoce.

Takanori arrossì. “Sei cambiato tantissimo, Ryo.” mormorò a sua volta.

“Ho voluto e ho dovuto.” bisbigliò, avvicinandosi al biondino.
Ora erano vicinissimi, occhi negli occhi, sorridendosi appena.
Come se il tempo non fosse veramente mai passato, fu Takanori a cercare timidamente l’abbraccio di Ryo.
Quest’ultimo ovviamente lo accolse, viaggiando in un battibaleno in un mondo di ricordi e di sensazioni non dimenticate.
Fu solo e soltanto in quel momento che quel cassetto smise per sempre di esistere, e che le tessere della sua vita tornarono a sistemarsi ognuna nel suo posto, dove dovevano stare.
Non capirono per quanto tempo rimasero abbracciati, beandosi di nuovo della presenza reciproca.
Ma quando l’abbraccio si sciolse, sembrava che non ci fosse veramente null’altro da dire. Rimasero ancora per un attimo a guardarsi, perdendosi nei loro caldi sguardi.

“Potrai mai perdonarmi, Ryo?” chiese d’un tratto Takanori, con il tono di voce più serio che aveva.

Ryo lasciò andare un leggero sospiro. “Non hai nulla da farti perdonare, in realtà. Sono io che devo farmi perdonare per tutto quello che ho fatto.”

Takanori sorrise imbarazzato. “Ma anche tu Ryo non hai nulla da farti perdonare!” 

Ryo sorrise a sua volta. “In realtà sì… Anche gli altri mi hanno detto la stessa cosa, ma… Se siamo qui è anche colpa mia. Anzi, è proprio colpa mia.” 

Takanori allungò una mano verso il suo viso, posandovi una carezza. “Non importa di chi è colpa, Ryo. Siamo qui, ora. Anche se sono convinto che non è colpa tua, vuoi avere il mio perdono e non posso rifiutartelo.”

“Nemmeno io, Taka.” disse Ryo, a sguardo basso.

“Abbiamo imparato un sacco di cose io e te, in questi anni…” sospirò Takanori. 

“Io ho imparato che non posso starti lontano.” gli disse Ryo, abbracciandolo di nuovo.

“Pure io, Ryo. Quando Yuu prima ha detto quelle cose di noi, non ho potuto fare altro che essere d’accordo con lui.” 

Ryo annuì, tenendolo stretto a sé. Sentiva le lacrime pungere, pronte a scendere lungo il suo viso. Aveva tanto sperato di avere di nuovo Takanori con sé.

Aveva sognato, aveva pianto, si era incazzato fino alla morte. 

Aveva accettato.

E ora stava stringendo quella creatura tanto bramata fra le braccia.

Era forse un sogno?

Sentì Takanori posargli un umile bacio sulla guancia, leggero come ali di farfalla.
E fu in quel momento che Ryo capì che il sogno era diventato realtà. Si allontanò appena per guardarlo, Takanori aveva quel splendido sorriso in viso. 

Ti amo.” gli disse Ryo, lasciando scorrere una lacrima sul viso, e accarezzando appena i capelli di Takanori.

Quanto tempo era passato dall’ultima volta che gliel’aveva detto? Da quanto tempo negava a se stesso quell’amore mai veramente finito?

“Ti amo, Ryo.” gli disse Takanori, piangendo appena anche lui. 

Unirono le loro labbra in un bacio. 

Mai aveva dimenticato.
Quelle labbra, quella dolce sensazione.
Approfondirono il bacio, facendo scontrare le loro lingue in una dolce danza che sapeva di dolcezza e mancanza.
Si strinsero forte, si cercarono ancora di più, in quell’impeto d’amore immutato, nonostante la lontananza, nonostante tutto quello che era successo. Sembrava che il tempo fosse tornato a quell’indimenticata notte di dicembre, dove si amarono per la prima volta.
Unirono di nuovo il loro corpi, in quelle leggera e timida danza.
Si fusero, stretti l’uno all’altro come a non volersi mai più staccare.
Quando finalmente entrambi scoprirono che l’ampiezza e la bellezza del loro amore era rimasto immutato, si accasciarono, l’uno sull’altro, scambiandosi gli ultimi baci di passione. 

“Ti ho fatto male?” si premurò di chiedere Ryo, con il fiatone. 

“Non mi hai mai fatto male.” disse Takanori, poi sorrise.

Ryo appoggiò la testa sul petto di Takanori, e prese a donargli lente carezze mentre riprendevano fiato.

Takanori si allungò appena per posare dei casti baci fra i radi capelli di Ryo, con dolcezza e infinito amore.

Sembrava che quella notte non dovesse mai finire.


 

Una volta ripresi, Ryo e Takanori decisero che forse era meglio dormire.
Ryo lasciò che il piccolo andasse a lavarsi, mentre lui cercava ancora di capacitarsi degli avvenimenti appena passati.
Raccolse gli abiti che erano finiti a terra, per piegarli e riporli nella sua stanza.
Non vedeva l’ora di poter stringere di nuovo Takanori fra le sue braccia e cullarlo durante la notte.
Magari l’avrebbe aiutato a fare bei sogni.
Mentre sistemava un po’ la stanza da letto sentì il phon accendersi, Takanori era quasi pronto.
Quando il piccolo uscì, corse anche lui a lavarsi.
Uscito dal bagno trovò Takanori seduto sul letto, mentre giocherellava con il cellulare.
Ryo gli si avvicinò, Takanori gli fece un immenso sorriso, mettendo via il telefono nella piccola valigia.
Si infilarono a letto, Ryo diede un veloce sguardo alla sveglia per controllare l’ora: erano quasi le due del mattino.
Strinse a sé Takanori, il quale, ridacchiando appena, si fece catturare dalle braccia dell’altro.
Si cullarono appena, scambiandosi qualche bacio innocente. 

“Ho sonno…” bisbigliò appena Takanori.

“Di già?” disse Ryo, ridendo piano. “Pensavo volessi raccontarmi ancora un sacco di cose.”

“Non ce n’è più bisogno. Lasciamoci il passato alle spalle.” 

“Hai ragione, Taka. Dimentichiamo.”

Rimasero un attimo in silenzio, fronte contro fronte, ad occhi chiusi. Ryo gli riaprì appena per godere dell’infinita bellezza di Takanori.

“Ryo?” chiese il biondo, senza aprire gli occhi.

“Dimmi.”

Ricominciamo?” 

Ryo arrossì. “Solo se mi giuri che rimarrai per sempre accanto a me.”

“Lo giuro.” disse Takanori seriamente.

“E non volerai mai più via da me?”

“Mai più.”

“Guardami.”

Takanori aprì gli occhi, Ryo s’immerse di nuovo in quelle pozze nere, non trovandovi più tracce di rassegnazione e tristezza. 

“Vuoi dunque essere ancora la persona con cui desidero passare le serate a mangiare gelato davanti alla tv, o a cui tirare popcorn nelle ultime file di un cinema, o con cui litigare per scegliere quale film in cassetta vedere la sera?”

“Sì.” disse Takanori sorridendo. Quelle parole non le aveva mai dimenticate.

“Ti amo.” sussurrò di nuovo Ryo, senza staccare gli occhi da quelli di Takanori.

“Ti amo, Ryo. Ti ho sempre amato.” disse Takanori lasciando andare una breve lacrima d’emozione.

Ryo gliela asciugò, chiedendogli di non piangere, ma senza dirglielo direttamente.
Lasciò che fosse il suo debole sorriso a parlare.
Si scambiarono dunque un lunghissimo bacio, tornandosi ancora a cercare, amandosi ancora una volta prima di cadere addormentati, stretti l’un l’altro. 





Quando il giorno dopo raggiunsero casa di Yuu tenendosi dolcemente per mano, Kouyou quasi scoppiò a piangere dalla gioia.
I cinque si abbracciarono fortissimo. 

Dopo pranzo, Yuu, Takanori e Yutaka uscirono in terrazza per fumarsi una sigaretta, ridendo e scherzando fra loro. Ryo rimase ad aiutare Kouyou in cucina, mentre Yuko portò la piccola Masako nella stanza degli ospiti per il riposino pomeridiano. Ryo stava raccontando al migliore amico gli avvenimenti della sera precedente. Kouyou era felicissimo e mostrava a Ryo un immenso sorriso.

“Ho fatto un sogno stranissimo.” aggiunse Ryo, Kouyou si fece attento. “Ho sognato che cestinavo la lettera, Kou. Mi sono svegliato di soprassalto, meno male che non ho svegliato Taka. Abbiamo parlato tante volte dell’importanza di quella lettera, ma ieri sera, credimi… Ne ho capito appieno l’importanza.”

Kouyou sorrise comprensivo, avviando la lavastoviglie e chiudendola. “Ryo, si è chiuso un cerchio ieri sera. Tutto finalmente è tornato al suo posto. Quella lettera ha segnato la differenza fra la felicità e la tristezza.”

Ryo rivolse uno sguardo a Takanori, ancora fuori insieme agli altri due amici, intrattenuto da chissà quale strampalato racconto di Yuu. Kouyou coinvolse l’amico in un sincero abbraccio. 

“Grazie.” gli disse.

“Di cosa, Kou?” chiese Ryo interdetto.

“Per aver sperato fino all’ultimo, Ryo. Ti ho già ringraziato per essere tornato e per avermi ridato la forza di guarire. Ora mi hai anche ridato il fratello mancato e la mia cerchia di amicizie al completo.”

Ryo rise appena. “Per il mio migliore amico, questo e molto altro, Kou-kou.” 

Anche Kouyou rise, e si strinsero fortissimo. 

“Ho imparato una cosa, comunque.” riprese Ryo sciogliendo l’abbraccio.

“Cosa?”

“A seguire il cuore, Kouyou. Se quel giorno in cui ho ricevuto la lettera avessi seguito la mia mente, non saremmo qui.” 

Kouyou non rispose, sorridendo semplicemente.



 

 

Ryo e Takanori vivevano insieme. Le prima spoglie pareti di casa Suzuki ora si erano riempite di foto. Non solo quelle che Ryo quel maledetto giorno aveva bruciato, ma anche foto molto più recenti. Una di queste ritraeva Satoshi, il secondo figlio di Yutaka, circondato dal più affettuoso abbraccio del padre. Il piccolo era nato in perfetta salute, e inoltre Yutaka era riuscito a far trasferire la famiglia in una casa decisamente più grande. Un’altra invece ritraeva Kouyou e Yuu, uno scatto che Takanori aveva rubato ad un recente cena. I due erano come sempre indistruttibili. 

Una sera come molte altre, Takanori uscì nel piccolo terrazzino di casa per godersi una sigaretta. Ryo non era ancora tornato da lavoro. Aspirò il fumo, gettandosi in un vecchio ricordo, quello che considerava essere il suo piccolo grande segreto.

Era a Kanagawa ed aveva appena comprato il biglietto per Nagoya, quando sentì le lacrime pungere.
Si sentiva in colpa perché dopo tutti quegli anni non aveva ancora la forza di andare a Tokyo, di raggiungere Yuu, Kouyou, Yutaka e anche Ryo, il suo indimenticato Ryo. Raggiunse dunque una panchina abbastanza appartata, dove si accese una sigaretta e lasciò libero sfogo alle lacrime, nascondendole sotto gli occhiali da sole.
Chiuse gli occhi, ripercorrendo in fretta i ricordi di Ryo: i suoi capelli biondi, i suoi occhi neri, il suo sorriso, la sua dolcezza e simpatia. 

“Signore, va tutto bene?” sentì chiedere.

Alzò appena lo sguardo per trovare una signora abbastanza anziana davanti a lui. “Sì, signora, non si preoccupi.” e si asciugò goffamente le lacrime. 

La donna non ci credette, sedendosi accanto a lui. “Non credo che si pianga quando va tutto bene…”

Non voleva fare il maleducato, invitando la signora a pensare ai suoi affari: sembrava essere sinceramente preoccupata per lui. Quindi rispose: “Davvero, non si deve preoccupare; mi capita spesso.” 

“Non pianga, davvero. Qualsiasi cosa sia successa non deve preoccuparsi.” e fece un leggero sorriso. 

Takanori era sicuro di avere già visto quella signora da qualche parte. Tutto di lei riportava qualcosa alla sua mente.“Va bene, signora, grazie mille.”  rispose scacciando i suoi pensieri. 

“Non c’è di che, Takanori.” rispose lei. 

Lui rimase interdetto. “Come… Come fa a sapere il mio nome?”

Lei sorrise. “Sapevo ti saresti dimenticato di me.”

Lui si tolse gli occhiali per guardarla meglio. Era certamente famigliare, ma non capiva proprio chi potesse essere. In gioventù doveva essere stata una donna molto bella, ma era davvero invecchiata male.

Lei disse: “Forse il mio nome ti ricorderà qualcosa. Moegi Honda Matsumoto.” e sorrise ancora.

Takanori impallidì. 

Sua madre.

Quella donna era sua madre.

Si alzò in piedi, pronto ad andarsene.

“Ti abbiamo visto al funerale di tuo padre, Takanori.” continuò lei. “In tutti questi anni non ho fatto altro che pensarti, e dirmi che sono stata stupida. Mi sono pentita di moltissime cose…”

“Stai forse cercando di chiedermi scusa?” chiese lui non tradendo il disprezzo che provava.

“Sì, Takanori. Voglio chiederti scusa. Non pensavo di trovarti proprio qui, ma era da un sacco che ti stavo cercando. Vorrei poter recuperare il tempo perduto…”

“Potevi pensarci prima.” rispose solamente. 

Prese la valigia e se ne andò, quasi correndo, maledicendo tutti i Kami di sua conoscenza.
Non ci volle molto per risentire le lacrime bruciargli gli occhi, e riuscì a trattenerle fino a raggiungere il suo appartamento poco fuori Kanagawa. Pianse tantissimo, cercando conforto come faceva di solito: rivivendo nella sua mente i bei ricordi che aveva con Ryo, Kouyou, Yuu e Yutaka.
L’ombra di quei giorni l’aiutava a stare meglio.
Inevitabilmente però, i ricordi legati alla sua famiglia riemersero come un mostro da una palude; si rivide tredicenne, con quella felpa addosso e il cappuccio in testa a difesa dall’intero universo.
Con un brivido di terrore lasciò che la sua mente gli facesse ricordare le sere passate nella sua stanza a pregare che quella bestia di suo padre si fermasse.
Ma con dolcezza, i suoi ricordi gli fecero rivivere in un attimo la dolce speranza che aveva di scappare da quel mostro e di stare per sempre con la persona che gli aveva insegnato la bontà e l’amore: Ryo.
L’ultima lacrima che versò fu di nostalgia e mancanza.
Guardò il biglietto che aveva in mano.
Ancora pochi giorni e avrebbe raggiunto Nagoya.
Solo pochi giorni.

 

Gettò via il mozzicone della sigaretta, sentendo subito dopo la porta di casa aprirsi: si fiondò in casa per stringersi addosso a Ryo. L’uomo, colto di sorpresa, per poco non cadde all’indietro; ritrovato l’equilibrio ricambiò la stretta. 

“Ciao amore.” gli bisbigliò Ryo all’orecchio. 

“Ciao…” rispose lui sorridendo felice.

Buttò via quello stupido ricordo, la tristezza momentanea, la rabbia e il disprezzo che aveva provato. Specchiandosi negli occhi di Ryo come ogni sera, smise di pensarci, una volta per tutte.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

E così, eccoci qua.
Mi scuso subito perché io non sono capace di scrivere i finali, e questa è la cosa migliore a cui sono riuscita a venire a capo. Più di ogni altra cosa, voglio ringraziarvi, più di ogni volta: siete state voi a farmi amare questa storia ancora di più di quanto io non la amassi già.
Quindi grazie, mie instancabili recensitrici:
Kyoite, miyabi83, Effy_Stonem, taiga chan, SamHmyCchan, Suzuki_san, DarkSoulAlone, Reituki93, jennifer_tomlinson, e Suzuki Akira. Per tutte le meravigliose parole d'affetto che mi avete rivolto, le quali mi hanno sempre dato la forza di andare avanti, non solo con la storia, ma anche nella vita di ogni giorno.

Grazie alle mie lettrici silenziose.

Grazie a le fanciulle che hanno messo la storia fra le preferite, e parlo di
DarkSoulAlone, Kyoite, SamHmyCchan, Sbenny e taiga chan. Grazie davvero per aver considerato la mia storia così bella da metterla addirittura fra le vostre preferite e dunque le più amate.

Grazie alla fanciulla che l'ha messa fra le ricordate,
_Lolita, grazie mille!! 

Grazie a voi che l'avete messa fra le seguite:
ayame_chan4, Effy_Stonem, ERICA MASON, Kaoru_, miyabi83, Suzuki_san e Tifawow. Grazie per aver seguito la mia storiella! <3

Non mi rimane che asciugare queste stupide lacrime di emozione e annoverare per un attimo tutte quelle volte in cui ho riscritto questa storia, fino ad arrivare alla forma finale, quella che voi avete letto ed apprezzato. Molte altre mie storie sono nel cassetto in attesa di essere riviste e rielaborate, dopo anni di abbandono. Potrei addirittura promettervi una spin-off di questa, ma purtroppo non posso assicurarvi nulla (maledetta ispirazione).

Un ultimo ringraziamento lo voglio dedicare ai Gaze, la mia band giapponese preferita, e a quei due babbuini di nome Ruki e Reita che mi fanno fangirleggiare un giorno sì e un giorno sì. Grazie ragazzi <3 

E quindi, ci rivediamo alla mia prossima creazione, chissà quando, ma vi prometto che tornerò.

Grazie a tutte!! Vi voglio bene <3

Yukiko H.
  
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