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Autore: ShanHoward    15/07/2014    1 recensioni
Converse nere, pantaloncini di jeans, una canottiera indossata almeno un miliardo di volte, un paio di Ray-Ban sul naso , un vecchio ipod in una mano e un’immensa valigia nell’altra…
Brooke, una ragazza come tante, in un luogo a lei sconosciuto...
Genere: Comico, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Alex Turner, Altri, Jamie Cook, Matt Helders, Nick O'Malley
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ciao a tutti...non mi uccidete sono in un megagalattico ritardo. Chiedo venia ma ho avuto il pc fuori uso per un mese...detto ciò, buona lettura e commentate, voglio la vostra opinione =) 

If you were there, beware!!!

 

Il viaggio in aereo fu inizialmente fuori dalla portata di Brooke.
Non era mai salita su di un aereo in vita sua e non aveva la più pallida idea di come ci si dovesse comportare. O per meglio dire, le sue nozioni erano pari a quelle fornitegli dalla visione di qualche film visto di tanto in tanto insieme ai vecchi amici della scuola.


Pertanto, dopo essersi assicurata di aver allacciato correttamente la cintura di sicurezza, dedicò la più completa attenzione alle indicazioni delle hostess.


Superato l’impaccio iniziale, si rilassò completamente godendosi il volo come meglio poteva. Al suo fianco, Eric la rassicurava e le suggeriva di riposarsi, poiché il viaggio sarebbe stato lungo.


Si addormentarono entrambi nel giro di circa 20 minuti, attendendo i soliti passeggieri leggermente in ritardo che stavano ancora salendo e cercando i loro posti.
Fra questi, spiccò la figura di Alex Turner che percorse il breve corridoio e sorrise per l’ennesima volta guardando Brooke addormentata sul suo sedile e sorprendendosi del fatto che nessuno dei due avesse accennato a quale fosse la rispettiva destinazione.
La superò lanciando una breve occhiata verso l’Ipod che teneva in mano, trattenendo l’esplosione del suo ego nel leggere “Arctic Monkeys- Do i wanna know?”.
Deciso a non disturbare, continuò il suo percorso alla ricerca del posto assegnatogli.


Diverse ore più tardi, Brooke ed Eric, si trovavano in macchina diretti verso casa.
Los Angeles era proprio come l’aveva sempre immaginata.
Solo ovunque, brezza costante ed aria estremamente pulita e rinvigorente. Non aveva tutti i torti sua zia a volerla in quella parte specifica degli Stati Uniti.


Qualche altro minuto dopo, la macchina posteggiò davanti ad una villetta recintata da alte siepi. Scesero entrambi ed Eric aprì il grande cancello nero facendola passare per prima. Attraversarono il breve viale ed entrarono in casa ad ammirare tutto il resto.
Diedero una veloce occhiata al giardino ed alle altre stanze che componevano la villa. Dopodiché, Eric le fece firmare l’ultimo contratto e ritenne opportuno lasciarla da sola con tutto ciò che le rimaneva di sua zia, oltre la seconda ed ultima lettera indirizzatagli dalla stessa.
Chiuse la porta alle sue spalle, dopo averla salutata, lasciando crollare un grande silenzio in quella casa così vuota.


Ispezionò stanza per stanza, non osando avvicinarsi nemmeno per un attimo alla stanza che riportava la scritta “Jack & Susan”.
Era una cosa troppo intima entrare in quella camera da letto pregna di tutti quegli effetti personali che avevano caratterizzato il matrimonio dei suoi zii.
Così, volendo tenere la mente occupata, tornò al piano inferiore decisa più che mai ad introdurre in quella casa qualcosa di suo.


Utilizzò gran parte della giornata nella sistemazione delle sue cose, e solo dopo aver trovato un posto per l’ultimo oggetto, si rese conto di ciò che giaceva sul camino in salotto e su alcune mensole. Inizialmente credette fossero scatti di qualche luogo dell’America in cui erano stati, oppure foto della loro casetta a Manchester.
Ma fu la vista di qualcosa di familiare ad attirare il suo sguardo.
Avvicinandosi, ebbe un tutto al cuore…


Sul camino, risiedevano tutte le fotografie in ordine cronologico di Brooke; dal primo anno di asilo fino al suo diploma. Una linea del tempo che rappresentava tutta la sua vita anno dopo anno. C’erano anche foto del loro matrimonio o di una giornata in qualche luogo, ma a quanto sembrava, la loro vita ruotava tutta intorno a lei. Con un ultimo sospiro, vide il sole scomparire sulla linea dell’orizzonte, decidendo così di mangiare qualcosa preso in precedenza su consiglio di Eric; per poi salire nella sua stanza e finalmente leggere cos’altro aveva da dirle Susan.
Si addormentò con le lacrime che sgorgavano incessanti e con tutto il suo amore verso quella sconosciuta zia che la amava da tempo immemore.


Il giorno dopo fu talmente sfiancante alzarsi dal letto, che decise di rimandare la sua giornata da turista in quell’immensa città.
Così trascorse un altro giorno intero in casa godendosi il vento caldo comodamente sdraiata sull’amaca in giardino.
Piena di determinazione e pronta a sfidare tutti i traumi del jet-leg, il mattino seguente Brooke si costrinse a scoprire mano a mano i luoghi che costituivano Los Angeles. Scoprì ben presto che gli abitanti  di quel luogo erano tutti molto ospitali, tanto da dargli pazientemente indicazioni su cosa vedere e soprattutto come orientarsi.
In breve tempo ottenne abbastanza informazioni da capire dove fare la spesa, dove trovare la farmacia più vicina, dove andare se voleva divertirsi e dove se voleva stare da sola. Aveva una piccolissima parte di Los Angeles nelle proprie mani, e ne era molto fiera.
Nonostante l’impaccio iniziale, stava iniziando a sentirsi parte di quel luogo, e finalmente sentirsi a casa.


Un mattino aprendo le tende della camera da letto, intravide un sole a dir poco luminoso che preannunciava una giornata altrettanto meravigliosa. Così, mossa da una potente energia, raccolse il necessario per trascorrere una giornata in spiaggia per rilassarsi.
Di ritorno a casa verso le 18:00, si fermò in un piccolo Starbucks per ordinare un milk-shake. Si sedette sullo sgabello di fronte al bancone ed attese.
Una ragazza le si sedette vicino ed educatamente la salutò.


“Ciao”
“Ciao” rispose lei
“Io sono Claire” sorrise
“Brooke, piacere di conoscerti Claire” le strinse la mano
“Piacere mio” … “non mi sembra di averti mai vista da queste parti” aggiunse
“No, infatti. Mi sono trasferita da poco”
“Ecco spiegato il motivo!” sorrise di nuovo
“Si…torno adesso dalla spiaggia, mi sono goduta un po’ di sole”
“C’ero anche io!!!” esclamò “ecco perché mi sembravi un viso conosciuto appena sono entrata!”


Si intrattennero per altri quaranta minuti, dopodiché, ognuna tornò a casa sua e promisero di rivedersi nei giorni seguenti.


Tre giorni dopo, Eric a sorpresa si era presentato alla sua porta, dicendole che stava tentando di convincere i genitori di Brooke a tornare in Inghilterra ed occupare la casa di Susan. Con l’umore alle stelle, Brooke lo invitò a cena in un ristorante e pretese che gli venisse raccontato ogni dettaglio senza tralasciare nulla.
E lui le parlò apertamente di come quel progetto stesse diventando un vero e proprio obiettivo da portare a termine; di come i suoi genitori stessero prendendo seriamente in considerazione di riabbracciare ogni cosa della loro amata Manchester.
Brooke lo guardò con gli occhi colmi di lacrime perché sapeva quanto i suoi sentissero nostalgia di casa.


“Eric, non so come ringraziarti” ammise
“Oh, piccola Brooke, non serve. Lo faccio con piacere” le sorrise
“Serve eccome! Se la mia famiglia si riunisce, è grazie a te” rispose
“Cosa posso farci? Ho un debole per la tua famiglia!!!”


Risero di gusto, mentre stavano tornando a casa.
Eric la abbracciò sul pianerottolo e le promise che l’avrebbe tenuta aggiornata sugli sviluppi della vicenda.


“Brooke!!!???” una voce li interruppe
“Ciao…cosa ci fai qui?” chiese
“Ti stavo cercando” disse col fiatone
“Sul serio? Ehm, Eric questa è la mia amica Claire. Claire lui è Eric”


Scambiando i convenevoli, Eric le lasciò da sole davanti l’abitazione.


“Ehm, scusami ma ho perso il tuo numero e non sapevo come ritrovarti”
“Oh, mi dispiace. È successo qualcosa?” chiese preoccupata
“No, anzi. Ci stavo pensando da ieri sera e mentre ero al supermarket giù in città, ho chiesto di te in giro e mi hanno detto  dove abitavi” disse imbarazzata
“Hai fatto bene!” sorrise “vieni, dentro si sta meglio”


Entrate in casa, Brooke preparò un thè, come consuetudine delle sue origini inglesi, ed attese che la sua ospite raccontasse il motivo per il quale la stesse cercando da così tanto tempo.
Diverse sorsate dopo, Claire sorrise guardandola dritta negli occhi.


“So per certo che le persone che hai conosciuto da quando sei arrivata hanno tutte una meravigliosa stima di te. Mi hanno detto che sei una persona in gamba e molto responsabile; che anche se con non poca fatica, ce la stai mettendo tutta per inserirti in città ma sopra ogni cosa, ti vedono molto gentile con tutti anche quando sei assorta nel tuo mondo fatto di musica…perciò volevo chiederti se ti andrebbe di lavorare insieme a me nel mio negozio di cd e strumenti”


Un silenzio pervase la stanza una volta proferite le ultime parole di Claire.
Brooke era rimasta non solo sorpresa, ma anche molto grata e felice che Claire avesse pensato proprio a lei per un lavoro del genere. Per lei la musica era tutto, e l’idea di poter lavorare in un certo senso in quel campo la rendeva orgogliosa e fiera di sé stessa.
Avrebbe convissuto con la musica, avrebbe ascoltato milioni e milioni di brani; avrebbe ascoltato  tutte le novità e tutte le anteprime mondiali.
Aveva praticamente tutta la vita nelle sue mani. Col sorriso stampato sul volto, ricambiò lo sguardo di Claire…


“Direi che sarà l’esperienza più divertente della mia vita!!!” disse abbracciandola
“Grazie Brooke!”
“No Claire, grazie a te”


Si congedarono dandosi appuntamento per l’indomani mattina.


Inizialmente fu un po’ imbarazzante presentarsi lì tutte le mattine e non sapere nulla su cosa avesse dovuto o non dovuto fare. Nel corso dei giorni poi, Brooke e Claire trovarono il loro equilibrio e bastava solo un cenno che le due si comprendessero al volo.


Il negozio di Claire era un posto a dir poco stupendo.
C’erano file e file di scaffali stracolmi di CD suddivisi per genere, per i quali Brooke suggerì di divider anche per ordine alfabetico. Le pareti erano di un Bordeaux semi coperto da qualche poster sparso qua e là.
Era un gran bel locale con mattonelle in cui si alternavano scacchi a pentagrammi con tanto di note musicali. Subito in fondo si trovava il bancone, dietro il quale appesi con molta cura e dedizione, vi erano articoli di merchandising di ogni genere.
Nella parete di destra vi era l’angolo dedicato agli strumenti musicali, dal più grande al più piccolo, e solo sotto l’attento controllo di Claire, potevano essere provati.
In quella di sinistra, invece, decine e decine di amanti della musica dei più svariati generi, si soffermava ad osservare la così ribattezzata “Wall of Music”. Un’intera parete contenente gli autografi e qualche foto dei più famosi e innumerevoli artisti che nel loro cammino si erano imbattuti in quel posto.
Ogni mattina che Brooke entrava, rimaneva letteralmente spaesata, come se si trovasse in uno stato tale da non riuscire a comprendere se stesse sognando o meno.


“Claire…posso chiederti una cosa?” chiese un mattino
“Dimmi tutto” rispose sistemando alcuni vinili
“Da quanto tempo gestisci questo posto?”
“Da diversi anni…mio nonno ne era il proprietario, poi passò a mio padre, ed ora tocca a me”





“Mio padre abbandonò me e mia madre quando avevo 7 anni” proseguì
“Cavolo, mi dispiace” s’intromise Brooke
“Tornò che ne avevo 15…era un uomo completamente diverso. Disse a mia madre che l’aveva fatto perché sentiva di doverlo fare. Confessò di aver dormito per anni per strada senza un soldo nelle tasche. Aveva fatto l’autostop così a lungo da non sapere neanche in che stato dell’America fosse. Finché non venne assunto come operaio in una piccola fabbrica. Si rimise in sesto, comprò un auto; dei vestiti nuovi e tornò a casa da noi. Mia madre lo perdonò ancora prima di sentire l’intera storia ed ora siamo più uniti di ogni essere vivente” sorrise
“E’ una bellissima storia Claire” disse abbracciandola
“Grazie…lo penso anche io” rispose
“Comunque, se posso, avete fatto un lavoro magnifico qui dentro”
“Che dire…la musica fa parte di noi” esclamò
“E’ per questo che il tuo mondo è tutto qui dentro?” chiese Brooke
“E’ per questo che ho scelto te per farne parte” rispose spiazzandola


Credo fu in quel momento che Brooke Johnston comprese che Claire avrebbe sempre avuto un ruolo importante nella sua vita.
Quella ragazza l’aveva osservata in spiaggia in un banale mattino ed aveva deciso e compreso che Brooke era molto simile a lei sotto certi aspetti, e pertanto voleva che entrambe potessero vivere facendo ciò che adoravano di più. Era minuta, molto dolce ed estremamente divertente.
Iniziarono così a frequentarsi anche fuori dal lavoro e dopo nemmeno un mese e mezzo, vivevano una in casa dell’altra. Ed ogni tanto gli scappava un sorriso mentre pensava di essere volata nella città degli Angeli da poco più di due mesi, e sentiva già di essere a casa.


Un piovoso sabato in cui il negozio rimase chiuso per la riparazione dell’impianto elettrico, Brooke e Claire erano ognuna in casa propria ad oziare davanti la tv.
Brooke ne approfittò per dare una sistemata in giro: ritirò l’amaca dal giardino, lavò i pavimenti ed infine di lasciò cadere sul divano.
Un’ora dopo, il cellulare squillò…


“Pronto?”
“Ciao splendore, che stai facendo?”
“Ciao Claire. Nulla sono morta sul divano” sorrise
“Bene! Volevo invitarti ad una festa privata” esplose lei
“Una festa privata? Non dovremo mica imbucarci, vero?”
“No, no, è di una persona che conosco. Preparati, passo da te alle 20:00”
“Va bene, a dopo”


Alle 20:15 si trovavano sul posto, e Claire suonava il campanello.
Furono scortate nell’enorme villa dove la gente era ammassata. Brooke trattenne a stento uno “Wow” di sorpresa alla vista dell’immensità del luogo.
Due drink dopo, Claire la prese per mano e la condusse verso un ragazzo in giacca elegante.


“Lui è mio cugino Tom”
“Ciao, piacere! Sei nuova di qui?”
“Si, mi sono trasferita da un paio di mesi” rispose sopra il frastuono
“Bene…benvenuta a Los Angeles pupa!!!” disse allargando le braccia


Tra una risata e l’altra, volarono altri drink, e stavolta venne condotta verso una ragazza bionda vicino una sorta di Pub al piano inferiore, dove la gente era appiccicata in quantità industriale.
Si avvicinò lentamente urlando per farsi sentire da sopra la musica.


“Lauren! Lauren!! Lauren!!!”
“Ehy! Perdonami  non sento nulla” gesticolò spostandosi vicino il bancone
“Lauren, voglio presentarti Brooke” … “è la ragazza che lavora con me”
“Oh, un’aiutante! È così patetico!” disse con aria di sufficienza


Brooke espresse un leggero e sottomesso sorriso, sentendo la serata ed il buonumore abbandonare completamente il proprio corpo. Era lì dentro da due ore e voleva tornare a casa il prima possibile.
La sua amica, invece, fece finta di non aver sentito.


“Allora Lauren, come precede?” chiese
“Non mi lamento. La band sta lavorando molto bene e l’alcool scorre a fiumi”
“Hai affittato un’intera band?” disse Brooke
“Ma certo, cosa vuoi che sia! Non ti piacciono le band?”
“Oh, no no. Certo che mi piacciono. Stavo solo chiedendo” si ammutolì
“Lo scorso anno avevo i The Killers” proferì spostandosi i capelli
“Caspita! Non vi fate mancare nulla qui in California” rispose
“Io ho sempre il meglio” … “ah, Brooke. Fra poco ci sarà una Cocktail Race, ovvero una gara a chi riesce a bere quanti più cocktail ideati da me stessa”


Brooke credette che la stesse sfidando in qualche modo, ed invece aggiunse…


“Mi serve qualcuno che versi da bere…aiutante”


Detto questo, prese per mano Claire e affidò Brooke ad un completo sconosciuto che regnava dietro il bancone.
Completamente spaesata e non sapendo come tornare a casa se non con Claire, alla fine cedette e prese posto al fianco del ragazzo che gli spiegò in breve come si sarebbe svolta la gara. Sei persone a turno per un totale di 30, avrebbero dovuto sedersi e buttare giù bicchierini d’alcool non sapendo però che cosa ci fosse mischiato dentro.
Alle prime avvisaglie di stordimento si veniva eliminati, fin quando non ne fosse rimasto uno solo. E ovviamente, più si andava avanti, più i miscugli erano potenti.


Dapprima la cosa la divertì un po’, ma poi era alquanto noioso e disgustoso vedere tizi che rigettavano a destra e a sinistra nei loro vestiti comprati spendendo patrimoni inquantificabili.
Il vincitore fu un esuberante ragazzo tutto muscoli che predicava di essere un giocatore di football professionista, e che nella vita avrebbe ottenuto sempre e solo quello che voleva.

Con un’alzata di sopracciglia, Brooke ripulì il bancone e riordinò tutto mentre il ragazzo che era con lei, Ben, raccoglieva i bicchieri distrutti in giro.
La folla piano piano si diradava e c’era chi saliva al piano superiore per oziare sul divano e chi invece restava ancora lì sotto a discorrere su come era stata la serata.  Diede un ultimo superalcolico ad una ragazza e poi prese a riordinare la quantità infinita di bottiglie utilizzate, conscia del fatto di essere passata per la schiava di Lauren.


Avvertì il rumore di uno sgabello spostato, e di un individuo che vi si sedeva sopra.
Sperò con tutta sé stessa che non fosse quell’arrogante di Lauren, ed in qualche modo, il suo stomaco ebbe un sussulto.


“Credi che potrei averne uno anche io?” chiese


Voltandosi, evitò di fracassare in mille pezzi la bottiglia che teneva in mano.
Rimase immobile non capendoci più nulla. Dall’altro lato del bancone, invece, c’era solo un sorriso ed un ampio sguardo scrutatore.


“Ciao…Brooke” disse rafforzando il sorriso
“Ciao… Alex” balbettò lei
“Allora, come mai sei a Los Angeles?”
“Mi sono trasferita qui da un po’ di tempo” rispose ripetendo a tutti la solita tiritera
“Ma che bella notizia! Sono contento. Che fai? Lavori per Lauren?”
“No, nella maniera più assoluta. Sono stata incastrata; suppongo di dover aspettare la mia amica per andare a casa”
“Oh, mi dispiace” si ammutolì
“Già, non vedo l’ora di andarmene” ammise





“Ehy amico, che fai torni con noi?” gridarono alle sue spalle
“Ehy Nick, si un secondo e arrivo” rispose


Invece Nick si avvicinò mettendogli le mani sulle spalle.


“Fai gli occhi dolci alla cameriera?” chiese ridendo
“Chi io? Con una cameriera? Mai amico!” esclamò frantumando l’ego di Brooke
“Allora andiamo” disse andando via e lanciando dei contanti sul bancone
“Si, un secondo, prendo la giacca”


Brooke gli dava le spalle incollerita.
Ma chi era lui per trattarla in quel modo?
Gli aveva detto palesemente di essere stata costretta e l’aveva comunque trattata come una cosa da cui dover stare lontani ad ogni costo.
Era stata felice di rivederlo all’inizio, ma poi tutto era andato in frantumi insieme al flusso di quelle parole colme di disprezzo.


Alex si alzò e prese in mano la giacca sospirando…non riuscì a proferire nemmeno una sillaba sull’accaduto; pertanto, andò via, lasciando uno sgabello vuoto e dei contanti.


Con  l’umore distrutto e stanca fino allo stremo, uscì dalla villa e andò ad appoggiarsi sulla macchina di Claire che la raggiunse dopo quindici minuti.
Inutile dire che volarono insulti e che il litigio si protrasse fin sotto casa sua, fin quando ritennero entrambe di dimenticare la serata e si dettero appuntamento per il lunedì.


Brooke sprofondò sotto la doccia, cercando di dimenticare tutto l’accaduto. Poi, rapita dalla più completa stanchezza, si mise a letto.
Verso le 3:00 del mattino, il display del cellulare si illuminò, ma Brooke dormiva profondamente…


“Eri lì, solitaria e persa nei tuoi pensieri proprio come la prima volta. Chissà in che modo prenderai questo messaggio al tuo risveglio. Credo di aver perso un milione di punti ai tuoi occhi, e spero di recuperarli prima o poi… Al”

   
 
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