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Autore: Ornyl    15/07/2014    1 recensioni
Palermo a mezzanotte,quando calano le ombre,quando il mare s'adira.
NOTA DELL'AUTRICE: è un lavoretto sperimentale,work in progress!
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Tra le rocce
(si ringrazia FedaTheKiller per l'ispirazione! <3)
Ho addosso le mie scarpe da passeggio e i jeans spessi e lunghi,senza strappi;in spalla ho lo zaino con l'acqua,la macchina fotografica,carta e penna e qualche spicciolo,il mio cellulare invece farà anche da torcia e ho avuto la premura di mettere anche un piccolo set di pronto soccorso. Ho detto a mamma e a papà che andavo a fare un giro per i dintorni,pieni di piccoli boschetti e case abbandonate vicino al mare,e mi hanno dato il permesso a patto che avessi portato tutta 'sta roba.
-Le persone normali vanno a Mondello,al Politeama .. Tu a girare intorno alle case diroccate!-
-Non ci vado oggi,tranquilla ma'-
-E si può sapere dove vai?-
-Lungomare,tra le rocce-
-E se cadi?-
-Non cado,te lo prometto-
Mi hanno fatto andare via sbuffando,facendomi giurare quasi sul mio nome di tornare prima delle sei. Ma guardo l'orologio,sono appena le quattro e mezza: fa caldo ma soffia un fresco venticello dal mare,quindi la temperatura non sarà un problema. Nemmeno il tempo a disposizione lo sarà,due ore bastano e avanzano,soprattutto se mi sussurrano all'orecchio e mi danno una mano.
-Ma vai da sola?-
-E allora? Esco,ciao!-
Perchè appena ho messo piede qui li ho sentiti subito. Appena la macchina di papà ha imboccato il vialetto del molo,spedita verso la nostra casa delle vacanze,si sono fatti subito vivi come magari non lo erano da tempo.
Brividi,sussurri e piccoli lampi nella mente,nel buio dei miei occhi. Mamma e papà non lo sanno ed è meglio che non lo sappiano mai,sennò oltre ad avere una figlia complessata l'avrebbero pure pazza ed invasata. Solo  nonna lo sapeva,ma lo sapeva proprio perchè era come me,perchè aveva intuito che le mie conversazioni sulle battute della settimana enigmistica davanti alla foto del nonno non erano di certo usuali in una bambina di sei anni e mezzo.
Il vialetto davanti casa mia è deserto. A quest'ora,in un giorno qualsiasi dell'estate palermitana,le persone sono immerse nella loro siesta o sono a mare,non qui ovviamente: qui troppe rocce,qui il mare è nero,qui l'acqua è sporca.
Stringo una bretella del mio zaino e cammino a passi veloci. Niente cuffie nelle orecchie,sguardo vigile e capelli in disordine: l'asfalto è più nero che mai,bollente sotto il sole,ricoperto ogni tanto da foglie secche e cartacce. Da lontano vedo il piccolo rettangolo azzurro del lungomare con i suoi lampioni e la ringhiera
una macchina d'epoca forse primi del novecento sfreccia sull'asfalto,lucida e nera come non mai e colma di gente vestita di bianco
e corro per raggiungerla. I miei passi scattanti rimbombano per tutto il vialetto,poi  mi fermo all'incrocio,controllo a destra e a sinistra se ci siano macchine e poi attraverso finchè non raggiungo l'altra sponda del marciapiede.
Sono ferma appoggiata alla ringhiera,con gli occhi fissi sul mare: una tavola color turchese,splendente di verdino e blu scuro talvolta,si stende davanti a me e bacia tranquilla gli scogli che va a lambire,un tutt'uno con l'orizzonte. Qualche piccola barca colorata si spinge un po' più in là appena metto gli occhi sul porticciolo-poco distante ormai-allontanandosi placidamente da esso.
Bevo un sorso d'acqua e riprendo a camminare a passi veloci mentre l'odore di salsedine mi pizzica le narici. Procedo rasente la ringhiera con lo sguardo sempre fisso verso il mare e le orecchie ben tese.
Ogni sussurro,ogni alito,ogni soffio può anche non essere ciò che sembra. Nonna diceva sempre così.
Ho ormai percorso circa cinquanta metri,mi manca un altro po' e il moletto è ancora vuoto,dormiente sotto il sole. Nemmeno le macchine vogliono camminare sotto questo sole fattosi ormai troppo caldo e ho necessità di
non ti fermare,non fermarti,continua a correre ragazzina
fermarmi a bere. Ma è un secondo,non posso fermarmi. Non devo fermarmi.
Ogni ombra può anche non essere ciò che sembra,a' nonna.
Vedo il moletto vicino e accelero la mia corsa,stringendo bene la bretella del mio zaino. Il sudore inizia a colarmi sulle guance e sulla fronte ma poco mi importa,cerco di farmi coraggio ripetendomi che a destinazione finalmente mi fermerò.
Il molo giallino stende il suo braccio di cemento verso il mare,che lo lambisce delicatamente. Qualche barca è ferma a terra,ricoperta dalle reti arancioni e azzurre tutte intrecciate,alcune invece oscillano lentamente sull'acqua,e quel cullare mi arriva all'orecchie insieme agli stridii dei gabbiani in cielo.
Mi siedo incrociando le gambe,appoggiandomi prima sull'asfalto e poi trovando la mia posizione. Prendo fuori la macchina fotografica,carta e penna.
"Giugno,pomeriggio. Il molo sonnecchia e nessuno vi è intorno"poi accendo la mia Nikon e scatto qualche foto davanti a me,tra i pietroni e tra le barche. Click,click,click.
Tutto tace come in un normale pomeriggio d'estate. Non una persona,non un gatto tra le barche e i pescatori son tutti lontani. E' tempo di alzarsi.
Tengo con entrambe le mani le bretelle dello zaino e raggiungo i pietroni. Faccio attenzione a non scivolare e provo a tenere l'equilibrio aprendo le braccia,quasi ridendo di me stessa mentre nessuno è nei paraggi. Finalmente ci riesco e la piccola equilibrista che c'è in me crolla immediatamente,spinta da chissà quale forza che la colpisce alle spalle.
Guarda giù,guarda giù,ai tuoi piedi.
Guardo giù,ai miei piedi. Porto avanti le mani per evitare di distruggermi il naso,poi i miei occhi mettono a fuoco un oggetto tra un roccione e l'altro. Allungo lentamente la mano e lo tiro fuori. poi lo porto davanti al naso per vederlo meglio.
E' una fotografia in bianco e nero,ingiallita e coperta da una patina grigiastra,datata 1916 e bruciata sul lato sinistro. Vi è raffigurata una coppia,marito e moglie nel giorno delle nozze a quanto capisco dai loro abiti,entrambi sorridenti e felici; ma sul ventre di lei v'è una macchia rossa e spessa,dall'aspetto simile alla cera ,
o forse al sangue raggrumato pensaci bene ragazzina,mio Dio cosa hai combinato,metti giù questa diavoleria
a cui vi è incollato un ciuffo di capelli ora grigiastri,ma molto probabilmente un tempo biondi. Forse gli stessi della donnina raffigurata in foto.
Ogni sussurro,ogni alito,ogni soffio può anche non essere ciò che sembra. Nonna diceva sempre così. Peccato che quelli che adesso riesco a sentire,ferma in quella posizione scomodissima,sono urla femminili. Urla di dolore.
Ogni ombra può anche non essere ciò che sembra,a' nonna. Nonna diceva sempre così. Peccato che ciò che riesco a vedere,immobile e madida di sudore freddo con le dita strette intorno a quella piccola foto,è più che un'ombra.
stanza in stile vittoriano pareti gialline e finestra marrone un letto sporco di sangue donne intorno al letto sposa urlante e madida di sudore bacinelle insanguinate lenzuolo insanguinato asciugamano insanguinato dottore al capezzale madre al capezzale marito al capezzale mio Dio cos'ha mia moglie parlate parlate tutti la signora ha abortito non passerà la notte la febbre ormai l'ha presa totalmente qualcuno chiami il parroco per l'estrema unzione ci dispiace signore abbiamo fatto di tutto per salvarla PERCHE' DIO PERCHE'
Fisso un'ultima volta la sposina,o almeno provo a cercarne gli occhi senza alcun successo,solo paura. E' come se qualcuno avesse bruciato il suo volto mentre ero in trace.
Guardo a bocca aperta quel buco dai bordi ramati e una fortissima folata di vento mi investe in pieno,facendomi vacillare sulle mie ginocchia. La fotografia scivola via dalla mia presa e vola lontana,verso il mare adesso leggermente increspato e scuro. Una nuvola sottile ha coperto il sole e il porticciolo dorme ancora sotto una luce adesso grigiastra.
Osservo la fotografia mentre tocca il pelo dell'acqua e si fa cullare dal mare,allontanandosi man mano,e mi faccio il segno della croce. Nonna diceva che allontanasse gli spiriti malvagi e desse a quelli buoni la tanto desiderata pace.
Mi alzo in piedi e guardo lontano,verso i pietroni e verso il mare.
Una brezza fredda mi accarezza la pelle e mi gira la testa.
Io stringo il piccolo rosario di madreperla che ho al polso. Sarà un pomeriggio molto intenso tra le rocce.
   
 
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