As an ordinary day I prayed for you a thousand times
It's never enough
No matter how many times I tried to tell to tell you this is love
If tomorrow never comes I want you to know right now that I
I'm gonna love you until the day I die
If tomorrow falls asleep can you hold me first
I'm gonna love you like it's the last night on earth
- Delta Goodrem, Last night on Earth
Tutto procedette
secondo i piani e nessuno toccò Ran prima
del previsto. Haibara e il professor Agasa avevano tenuto
d’occhio casa Mouri per tutta la settimana
cercando di farsi notare il meno possibile. Nel corso degli ultimi mesi
avevano stilato una lista di possibili membri dell'Organizzazione
che
sotto copertura si erano avvicinati alla famiglia del Detective
Dormiente e ai
loro amici, ma alla fine i sospetti si erano rivelati infondati.
Un unico nome era rimasto in forse, o almeno fino a quella
chiamata. Scoprire che quella persona fosse in realtà sotto copertura per la CIA,
l'FBI o chissà quale altra agenzia - d’altronde al telefono avevano parlato di
‘amici americani’ - aveva lasciato senza parole sia Conan che Ai. Quante altre spie
si nascondevano tra gli Uomini in Nero? Quante persone potevano avere la forza
di accettare un incarico così pericoloso?
Se non altro il giovane detective aveva potuto tirare un sospiro di
sollievo dopo giorni e giorni passati a preoccuparsi per Ran, che tra
l'incidente e il resto non aveva avuto esattamente una settimana
tranquilla. Ora però la ragazza era davvero in pericolo e
avevano una sola possibilità di salvarla.
***
Per le vie della città il ragazzo camminava con le mani in
tasca, ripassando mentalmente il piano. Il suo compito era tanto semplice quanto necessario.
Appena avvistò il museo trasse un respiro profondo ed entrò
in una cabina telefonica, compose il numero e aspettò che qualcuno rispondesse.
“Sì?”
“Sono qui, possiamo procedere”
“La vedi?”
“Sì, è davanti all’entrata”
“Perfetto. Sii cauto, d’accordo? Non dare nell’occhio come
tuo solito”
“Faccio quel che posso” disse, sarcastico.
“Sono serio, per una volta evita le tue scenate”
borbottò. In tutta risposta l’altro rise e riagganciò.
Uscì dalla cabina telefonica che aveva già ripreso a
nevicare. Rabbrividì. Odiava il freddo più di ogni altra cosa.
Guardò davanti a sé, in direzione della ragazza che
giocherellava con una ciocca di capelli tenendo lo sguardo fisso a
terra. Non
aveva un ombrello ma non sembrava importarle. Probabilmente neanche si
era
accorta della neve, persa com’era nei suoi pensieri.
Vide una figura avanzare verso di lei. Era ancora piuttosto lontano quindi era impossibile
riconoscere i suoi lineamenti ma quando questo si
avvicinò a Ran per salutarla ebbe la conferma.
Si va in scena.
Quando i due si voltarono per entrare nel museo li seguì,
sarebbe andato tutto per il meglio. O per lo meno, era quello che sperava.
***
Entrata nel museo,
Ran si guardò intorno meravigliata. Le
piaceva visitare luoghi del genere nonostante non lo facesse spesso. In
ogni caso, dopo la partenza di Conan si era chiusa in casa e non aveva
voluto saperne di uscire. Nonostante le mille proposte della madre e di
Sonoko lei aveva preferito rimanere in camera sua, sembrava quasi
avesse perso tutta l'energia che aveva in corpo, il che era
inspiegabile, non aveva reagito in quel modo nemmeno dopo che Shinichi
le aveva chiesto di dimenticarlo.
Ma poi le era arrivato un messaggio di Kohei, le chiedeva di
accompagnarlo al Beika Museum per la mostra dedicata a Hokusai e a quel
punto non era riuscita a rifiutare, forse sarebbe riuscita a pensare ad
altro per qualche ora.
Si voltò verso l’amico, intento a leggere un volantino informativo.
“Stai bene?” chiese lui, spostando l'attenzione su di lei.
“Yup” rispose in fretta “mai stata meglio”
“Grazie, Kohei” disse poi in un soffio, senza nemmeno
guardarlo.
“E di che?” Lei si strinse nelle spalle e senza dire altro si diresse verso una delle opere d'arte.
Mi spiace, Ran.
***
Nella sala monitor le guardie giacevano a terra esanimi,
mentre due individui controllavano la situazione all’interno del museo
comodamente seduti sulle poltrone girevoli. Alchermes non si era mai fidato di
Shochu che alla fine si era dimostrato per quello che era, un traditore. Non che
cambiasse molto le cose, in realtà. Aveva avuto un suo piano fin dall’inizio e
tutto stava procedendo come programmato. Mancava solo qualcuno all’appello, ma
sarebbe arrivato sicuramente a momenti. Non avrebbe mai lasciato andare la sua
bella senza lottare.
Aveva passato mesi a raccogliere informazioni sul giovane
investigatore privato di cui tutti parlavano, Shinichi Kudo, ma non aveva
scoperto molto che potesse essergli d’aiuto nell’impresa.
Dal fascicolo compilato su di lui che aveva trovato in uno
degli archivi del quartier generale risultava morto, ma più volte il suo nome
era comparso nei giornali posteriori alla data del presunto decesso. Diverse
persone avevano testimoniato di averlo visto risolvere casi dopo essere apparso
dal nulla sulla scena del delitto. Era solo un ragazzino stupido, arrogante e
vigliacco. Un classico.
Sarebbe stato facile metterlo fuori gioco, estremamente
facile, anche se la sua vera preda non era lui. Certo che no. L’avrebbe solo
usato come pedina per arrivare al vero obiettivo e a quel punto avrebbe potuto
ottenere la sua vendetta.
Alchermes osservava le immagini muoversi sugli schermi in
compagnia dell’unica persona all’interno dell’Organizzazione di cui si fidasse.
“Quanto credi che ci vorrà?” si sentì chiedere.
“Massimo venti minuti e siamo fuori di qui” borbottò, dopo
aver osservato a lungo l’orologio che portava al polso. L’ultimo ricordo
di un padre che non aveva mai conosciuto.
Era morto in un incendio alcune settimane prima che nascesse. Per anni aveva chiesto alla
madre una spiegazione, ma nemmeno lei sembrava sapere molto. Per questo alla fine aveva deciso
di indagare per conto suo.
Un paio di anni prima, mentre rovistava negli archivi di una
biblioteca newyorkese alla ricerca di qualche informazione valida, aveva
trovato un articolo dove compariva proprio il nome di suo padre. Il giornalista,
un certo Sam Lawrence, riportava un’intervista fatta ad un investigatore
privato che diceva di conoscere l’uomo. Il detective spiegava inoltre che in
base ad alcuni particolari era piuttosto certo che l’incendio fosse di origine
dolosa, al contrario di quanto aveva affermato la polizia. Dopo aver riletto l’articolo diverse volte, si convinse che
forse quell’investigatore di cui non veniva fatto il nome poteva aver ragione.
Con il tempo era riuscito a scoprire che suo padre aveva indagato per
anni su una misteriosa Organizzazione della quale si sapeva ben
poco. Secondo la teoria più accreditata
era stato proprio uno dei membri della stessa a far fuori suo
padre e la moglie. Da diverso tempo era consapevole di essere nato da
una relazione extraconiugale, quindi venire a sapere che l'uomo vivesse
con un'altra donna - sua coniuge, appunto - non era stata esattamente
una sorpresa.
Ma poi era arrivato ad un punto morto e qui aveva deciso di entrare a
far parte dell'Organizzazione stessa. Solo così avrebbe potuto
scoprire di più.
Una volta trovato il nascondiglio sarebbe stato facile diventare uno di loro. D’altronde sua madre
aveva recitato a Broadway per anni, quindi avrebbe semplicemente continuato la tradizione di famiglia. Più o meno.
Non ci era voluto molto poi per scoprire il responsabile - o
meglio, la responsabile - dell’incendio e da lì aveva seguito il suo piano per
filo e per segno. Kudo non era altro che l'ultimo pezzo da abbattere prima di arrivare a lei. Il detective liceale più famoso del
Giappone ridotto a banale esca, che umiliazione.
“Hey” la voce del compagno riscosse Alchermes dai suoi
pensieri “sono scomparsi dalla visuale”
“Che? Ci sono zone non coperte?”
“Così pare..” ammise preoccupato l’uomo, ma
prima che l’altro potesse
replicare, Shochu e la ragazzina riapparsero nei monitor. Era stata
questione
di un attimo. Avevano avuto la stessa reazione quando un ragazzo
si era avvicinato ai due, ma anche in quel caso la scena non era durata
più di un paio di secondi, quindi non potevano aver parlato.
Tirò un sospiro di sollievo e guardò di nuovo l’orologio.
Quindici minuti. Tutto procedeva come da programma e di lì a poco
sarebbe iniziato lo spettacolo.
“Andiamo” disse Alchermes al collega, quando la coppia si
diresse verso l'uscita di sicurezza. Lì li aspettava una
macchina scura che li avrebbe condotti nel punto prestabilito.
***
Ran si ritrovò nell’oscurità più completa senza quasi
rendersene conto, in un paio di secondi aveva visto svanire l’esagerata
illuminazione della sala del museo, mentre una mano premeva sulla sua bocca,
impedendole di parlare. Aveva anche entrambe le braccia bloccate. Come diavolo era finita in quella situazione?
“Mmh.. mmh” mugugnò, cercando di divincolarsi dalla presa dell’altro.
“Shhh” si sentì dire all’orecchio.
Non poteva stare zitta, voleva urlare, chiedere aiuto a
chiunque fosse disposto ad ascoltarla. Avrebbe potuto usare il karate per
liberarsi, ma. Primo, era davvero troppo buio attorno a lei, sarebbe stato
rischioso; secondo, sentiva ancora dolori dovuti all'incidente della settimana prima lungo tutta la colonna vertebrale e
lo sterno, non sarebbe riuscita a fare molto.
Sentì una voce familiare nella testa: “Rilassati. Andrà tutto bene”, ma ci mise un attimo per capire che non si trattava di un
pensiero. Le parole arrivavano dalla persona che le teneva la mano sulla bocca.
Spalancò gli occhi e si voltò appena, come se così facendo potesse vederlo. Ma
non le serviva vedere chi c’era con lei in quello stanzino, sala o corridoio
che fosse, non più.
“Prometti di non urlare” sussurrò di nuovo l’altro.
“Mmh” cercò di dire lei, annuendo.
Lo sentì sbuffare, per poi togliere la mano dalla sua
faccia.
“Sei un idiota, Shinichi” borbottò, incrociando le braccia
al petto “La prima volta non ti era bastata?”
“Se sapessi perché l’ho fatto non diresti così” rispose lui
allontanandosi appena “E poi avevi promesso di stare zitta”
“Idiota. Idiota. Idiota. Idiota”
A dispetto delle parole, nel suo tono non c’era alcuna
traccia di durezza, era felice che lui fosse lì con lei e, nonostante le mille
domande che avrebbe voluto fare - Perché ci troviamo qui? Dov’è Kohei? Cosa
diavolo sta succedendo? - non disse altro quando sentì mani del ragazzo
sfiorare le sue. Ma durò un secondo.
“Ran, dovrai fare tutto ciò che ti dico, d’accordo?”
“Ma..”
“Per favore”
“Okay”
Shinichi sospirò, sollevato. Deglutì e lasciò che la sua
mano destra andasse a cercare quella della ragazza. Quando la trovò la strinse,
chiedendo all’amica di non lasciarlo per nessuna ragione. Disse anche di
prepararsi a correre.
Ran avrebbe voluto replicare, ma rimase in silenzio,
ripetendosi mentalmente che tutto presto sarebbe finito e che finchè lui fosse
rimasto al suo fianco non le sarebbe successo niente.
Shinichi aprì la porta e i due si ritrovarono in un
corridoio appena illuminato dalla luce proveniente da una porta aperta che dava
sulla sala principale del museo. Ricordò di averla attraversata con Kohei solo
una decina di minuti prima, ignorava cosa fosse successo dopo.
Entrati nella sala dell’esposizione, si fecero largo tra i
visitatori cercando di non farsi notare troppo fino ad arrivare all’uscita
principale.
“Dietro l’angolo ti aspetta mia madre” disse il ragazzo
indicando con la testa una via poco distante “Ti spiegherà tutto lei”
“E tu dove vai?” chiese, forse troppo decisa.
“Lo saprai tra un attimo, ora dovresti andare”
Ran non disse altro, non tanto perché non volesse quanto
perché l’amico approfittò di quell’attimo di distrazione per attirarla a sé e
baciarla. Le bastò un secondo per perdere quel poco di lucidità che le era
rimasto.
“Com’è che sembra che tu mi stia salutando per l’ultima
volta?” chiese lei, appena lui si fu scostato.
Shinichi non rispose, si limitò a sorridere e ad invitare di
nuovo la ragazza a raggiungere sua madre. Nemmeno lui avrebbe saputo
rispondere, per quanto ne sapeva poteva anche essere così.
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Buonaseeera
A chi sono mancata? (Nessuno, immagino, ma d'altronde non posso farci niente ugh)
Spero non vi siate dimenticati della
mia storia, avrei davvero voluto aggiornare prima ma davvero non ho
avuto nemmeno il tempo di respirare in queste ultime settimane.
Comunque ora ci siamo, no? La scorsa
volta ho promesso che in questo capitolo ci sarebbe stata più
azione ma tutti diciamo bugie (I've never told a lie and that makes me a liar..
no okay non c'entra). In realtà l'idea era quella, la scena del
mseo doveva durare poco ma poi ho iniziato a descrivere vita morte e
miracoli di Alchermes e la cosa mi è sfuggita un po' di mano oops
In ogni caso vedrete l'azione nel
prossimo capitolo (parola di scout), dove tra l'atro scopriremo chi si
nasconde dietro lo pseudonimo di Alchermes. L'identità del
povero Shochu è invece già stata svelata, quanti di voi
avevano sospettato di Kohei? Io no, mai.
E il baldo giovine che compare all'inizio chi sarà mai? Beh non che ci sia molta scelta uh
E niente, non so che altro dire,
sarà perchè sto dormendo in piedi (capitemi, ormai ho una
certa età) quindi in caso mi venisse in mente altro ve lo
dirò nel prossimo capitolo, che spero di finire a breve.
Grazie mille a tutti coloro che seguono la storia, davvero. Vi mando un cuore virtuale♥
A presto,
Gaia
ps. ancora devo decidere se chiudere la storia con il prossimo capitolo ed eventualmente scrivere una sorta di sequel
(tanto per sistemare alcuni dettagli che non ho spiegato bene) oppure andare avanti ancora un po', brancolo nel buio ahaha