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Autore: Tom Kaulitz    19/07/2014    4 recensioni
La prima volta che lo vide era a dicembre, a Magdeburgo pioveva. Tom stava passeggiando infreddolito abbracciandosi per cercare di bagnarsi meno possibile.
Un'ombra. Un ragazzo dai lunghi capelli neri. Anzi, a pensarci bene era tutto nero, niente escluso: i vestiti, le scarpe, i bracciali e le collane che portava. Aveva la pelle bianchissima, e, quando Tom guardò meglio, aveva alcune meches bianche. Era un ragazzo dai lineamenti abbastanza femminili, gli occhi truccati. Lo guardava, da dietro un albero distante almeno cento metri da lui. Quando l'ombra notò che il rasta lo aveva visto, esibì un sorriso, ma un ghigno malefico, raccapricciante. Poi si dissolse, insieme a tutta la figura, in una polvere nera.
***
Tom rigirò quei fogli nelle mani. Li aveva tutti collezionati nel giro di alcune settimane, trovandoli sulla scrivania la sera, dopo la scuola. Un pennarello nero, tramite la stessa scrittura, aveva scritto alcune frasi inquietanti.
"Non scappare"; "Ho bisogno che tu sia solo"; "Ci riuscirò"; e "Sei molto bello" erano i più interessanti. Nessuna firma, nient'altro, a parte una piccola ciocca di capelli neri e bianchi, ogni volta.
***
Sorrise. «Proprio come lo Yin e lo Yang...»
Genere: Fantasy, Fluff, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Bill Kaulitz, Tom Kaulitz, Un po' tutti
Note: Lime, OOC | Avvertimenti: Contenuti forti, Incest, Tematiche delicate
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1.


Era una giornata di pioggia, Tom stava passeggiando infreddolito per le vie di Magdeburgo abbracciandosi per cercare di bagnarsi meno possibile. Il cielo era di un grigio insignificante, quel colore che Tom tanto amava. Gli trasmetteva calma e la magnifica sensazione di avere tutto sotto controllo e l'immagine di sua madre davanti al fuoco. Alzò gli occhi al cielo. «Mamma» sussurrò fra sè e sè «Perchè ti ricordo sempre nei momenti in cui non vorrei anche se sei morta?»
A volte, circa una o due volte al mese la vedeva sorridente e serena passeggiare accanto a lui.

E poi, dopo pochi minuti a volte secondi di apparizione spariva, in un fumo pieno di strani glitter. Tom non ne aveva mai parlato con nessuno all'infuori di Andreas, neanche con Gustav o con Georg, i suoi migliori amici: si limitava a preoccuparsi da solo per la sua stabilità mentale. Andreas era il solo che aveva il privilegio di entrare completamente in Tom e di poter vedere tutte le crepe che portava dentro, l'unico che riusciva persino a sanarle a volte.

Però, la prima volta che vide LUI fu solo per una manciata di secondi.
Un'ombra. Un ragazzo dai lunghi capelli neri. Anzi, a pensarci bene era tutto nero, niente escluso: i vestiti, le scarpe, i bracciali e le collane che portava. Aveva la pelle bianchissima, e, quando Tom guardò meglio, aveva alcune meches bianche. Era un ragazzo dai lineamenti abbastanza femminili, come Tom del resto, glielo dicevano tutti. Tutti dicevano però anche che Tom fosse anche molto bello, la stessa cosa si poteva dire di quel ragazzo, pur avendo gli occhi truccati di nero. Lo guardava, da dietro un albero distante almeno cento metri da lui.

Tom appena lo vide rabbrividì e non capì subito che non era del tutto vivo. Pensava semplicemente al ragazzo timido a cui piaceva spaventare la gente, che non aveva un cazzo da fare a parte stare nel parco a girarsi i pollici. Invece quando l'ombra notò che il rasta lo aveva visto, esibì un sorriso. Ma un sorriso diabolico, quasi un ghigno malefico, che poi si dissolse, insieme a tutta la figura, nella classica polvere nera. Allora Tom capì che era uno spirito, o qualcosa del genere. Rabbrividì ripensando al sorriso che gli aveva fatto. Raccapricciante. Passò oltre e riprese a camminare rendendosi solo ora conto che si era fermato.

Fu in quel momento che, girandosi, vide sua madre. Aveva visto la scena e aveva una faccia a dir poco turbata. Lanciò un'ultima occhiata a Tom prima di sparire. Come tutte le volte. Lo lasciava lì con troppe domande per la testa. "Perchè tutte oggi?" pensò Tom deluso avvicinandosi al portone di casa e cercando le chiavi in tasca. Aprì la porta e sparì alla vista del ragazzo moro che lo stava di nuovo fissando, stavolta dal mezzo della piazza. Tom non si era accorto di lui. Ghignò come prima e scomparve nella polvere.

*

Tom ripose il quaderno nello zaino. La campanella era suonata, gli studenti stavano uscendo dalla classe. «Ei Tom» lo salutò Andreas «Come va?» lo guardò inquisitorio notando la faccia seria che aveva dal giorno prima. Tom alzò le spalle e sorrise tristemente, un sorriso forzato. L'aveva rifatto. Si era di nuovo procurato dei tagli sull'avambraccio, meno male era inverno e poteva mettersi una delle sue felpone a coprire tutto. Andreas, giustamente, non parve convinto.

«Non l'hai rifatto, vero?» A Tom venne una fitta al cuore, non si era ricordato che Andreas era l'unico che SAPEVA.
Sbuffò e disse con voce nervosa e rotta «Senti, non credo siano...» Il biondo lo interruppe. «...Fatti tuoi? Cristo, certo che sono fatti miei! Sei il mio migliore amico, voglio che tu stia bene! Io voglio aiutarti, Tom, come fai a non capire?» Si fissarono negli occhi. Il rasta credette di vedere tutto l'affetto che provava il suo amico, solo guardando in quegli occhi azzurri, tanto espressivi. Cedette e chiuse lo zaino abbassando gli occhi. Sospirarono entrambi.
«Almeno per le visioni» accompagnò l'ultima parola con un gesto come per disegnare virgolette in aria «come va?»
Tom alzò le spalle di nuovo e rispose mentre si incamminava verso la porta. «Mia madre resta lì. Ah, poi una settimana fa circa ho visto -tieniti forte- un ragazzo dark coi capelli lunghi neri che mi fissava. Poi è sparito dopo aver fatto un sorriso piuttosto raccapricciante. Era malefico, aveva un qualcosa di cattivo..» fece una smorfia e rabbrividì. Andreas alzò le sopracciglia stupito. «Hai un'idea..?» Il rasta scosse la testa energicamente. «No» disse infine.
In silenzio si avviarono verso la mensa. Durante il tragitto molte ragazze guardarono -come al solito- Tom, che era visto come uno dei più belli della scuola. Tom però in quel momento era troppo occupato a guardare se Lise lo degnasse di uno sgaurdo, cosa che puntualmente capitò. Lei sorrise e lui ricambiò.
Tom pensava che Lise fosse l'unica su cui avrebbe fatto un pensierino. Capelli neri lunghi, alta e dalla carnagione chiarissima, solo ora si rese conto che assomigliava al ragazzo moro. Strabuzzò gli occhi e fissò il terreno. Iniziava a perseguitarlo quell'essere, nei pensieri come nel concreto.

Infatti eccolo, appoggiato al muro della mensa: guardava con aria assente fuori da una delle enormi finestre. Tom alzò gli occhi al cielo, infastidito, e cercò di ignorarlo, ma quello, contro ogni aspettativa, sparì per poi ricomparire proprio davanti al rasta, ad un metro da lui.
Ghignò come la prima volta facendo rizzare i peli sulle braccia a Tom e poi sparì de tutto, lasciandolo lì, boccheggiante.

«Tom? Tom!? TOM MI SENTI??» chissà quante volte glielo aveva ripetuto Andreas prima che finalmente si girasse e con un «Eh?» non proprio aggraziato tornasse in sè.
«Che succede? Cosa hai visto?» si preoccupò l'amico. Tom disse piano, ancora incantato nel punto in cui era il moro «Era di nuovo lui. Non so cosa voglia da me. Stavolta si è avvicinato, e mi ha di nuovo sorriso in quel modo strano..»
Andreas fece una smorfia, preoccupato. «Ma secondo te può toccarti? Potrebbe farti male?» Tom reagì un pò stizzito per tutte quelle domande esasperanti a cui non aveva nessuna risposta. «Cazzo Andreas non lo so!» poi, vedendo la faccia del biondo si rese conto di essere stato duro e chiese scusa a bassa voce, turbato. Si sedettero ad un tavolo, poggiando i vassoi col cibo immangiabile, come in ogni mensa che si rispetti. Il rasta stava giocherellando con i suoi spaghetti quando Georg e Gustav li raggiunsero. Alzò il capo e li salutò con un sorriso mentre si sedevano e stavano per iniziare la sessione di discorsi senza senso. Tom scosse la testa divertito; mai che cambiassero.

«Come va con Lise, Tom?» chiese curioso Georg intanto sogghignando malizioso. Tom alzò un sopracciglio e si sistemò meglio sulla sedia per rispondere a tono. «Con Sarah come va, caro?» mimò la voce di sua madre mentre glielo chiedeva. Georg sorrise di più e fece una breve risatina prima di affermare «Bene, mi sembra meglio di te..» Gli arrivò un pezzo di pane tirato da un certo rasta.

*

«Papàààà sono tornato!» urlò stanco per poi chiudere la porta. Gordon si affacciò all'ingresso e sorrise. «Ciao Tom, come è andata la scuola?»
«Oh, bene, a parte quella tro... racchia della prof di scienze. Giuro che ce l'ha con me!» buttò la giacca sul divano e ci si sdraiò, stanco, chiudendo gli occhi. Voleva solo sparire, non voleva più vivere, voleva fare compagnia a sua madre. Se non si era già suicidato era soltanto per Andreas e per suo padre.

«Senti Tom» il padre comparì sulla soglia del salotto. Tom aprì un occhio e lo ascoltò. «Devo andare a lavorare anche stanotte. Mi spiace figliolo..» gli poggiò una mano sulla testa e si fermò dietro al divano. «Ti ho lasciato la pasta sul tavolo. E' ancora calda, vai pure. Mi dispiace davvero così tanto che non posso farti compagnia neanche per mangiare..» Aveva anche lui gli occhi stanchi e tristi. Tom sospirò. Da quando sua madre non c'era quasi tutti i giorni Gordon doveva andare a lavorare la notte, per guadagnare almeno la metà di quanto faceva Simone.
Il rasta annuì e fece un leggero sorriso giusto per non farlo sentire più in colpa, e l'altro ricambiò prima di uscire e chiudere la porta.
Adesso era solo.
Si alzò lentamente per andare a mangiare, dopotutto aveva fame.
Mangiò un paio di bocconi, lavò il suo piatto e lo ripose nello scolapiatti. Si avviò verso il piano di sopra e aprì la porta della sua camera sbadigliando.

Ma interruppe lo sbadiglio e la mano gli restò in aria: c'era un foglio sulla sua scrivania. Lesse cosa c'era scritto.
Semplicemente "Ci rivedremo spesso". Chi era? Probabilmente quel ragazzo moro. Ma come faceva a maneggiare un pennarello se non era vivo? Perchè? Da dove era venuto? Troppe domande. Decise di conservare il foglio: lo piegò con cura e lo ripose in un cassetto. Soffiò aria e strabuzzò gli occhi mettendosi il pigiama, pensieroso.

*

Tom rigirò quei ventidue fogli nelle mani. Li aveva tutti collezionati nel giro di alcune settimane, trovandoli sulla scrivania la sera, dopo la scuola. Un pennarello nero, tramite la stessa scrittura, aveva scritto alcune frasi inquietanti.
"Non scappare"; "Ho bisogno che tu sia solo"; "Ci riuscirò"; e "Sei molto bello" erano i più interessanti. Nessuna firma, nient'altro, a parte una piccola ciocca di capelli neri e bianchi, ogni volta.
Però non lo aveva più rivisto, ma dubitava che il ragazzo lo avesse lasciato in pace. A volte della polvere nera gli aleggiava intorno. Decisamente misteriosa la faccenda. Ma stranamente Tom non aveva paura.

 

-Note dell'Autrice-
Ciao a tutti♥
Spero vi abbia incuriosito un minimo, e se volete ditemi cosa ne pensate.♥
L'idea mi è venuta improvvisamente, ero particolarmente ispirata, evidentemente...
In questa ff abbiamo un Tom piuttosto debole, o almeno è un pò, come dire... Confuso..
Avete letto che si taglia, per esempio..
Al prossimo capitolo♥

  
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